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Riviste femminili: quanto ci rappresentano?

Prendo in prestito le parole di Martinoalcott, che del nostro collettivo fa parte, per ragionare di riviste femminili e per finire poi una chicca per ragionare di blogger al femminile. Non come la vediamo noi ma a proposito di quello che ci propongono quelle che si fanno chiamare fashion blogger.

Riviste femminili, dalle più conosciute in allegato a testate nazionali ad altre più o meno nuove come WomenMag.
Riviste patinate, glam, con le foto con la luce soffusa, tecnicamente abbastanza buone ma discutibili come impostazione dell’immagine, i testi banali e retorici, il concetto di eccellenza che permea ogni pagina, un gioco al ribasso di difesa e attacco che fa emergere un’immagine triste delle donne che vogliono rappresentare.

Partiamo dall’inizio.
Copertine atroci. Potrebbero essere pubblicità dei trucchi, donne ritratte spesso completamente prive di vitalità, lo sguardo fisso a pesce lesso, fiocchi sulla gola che svettano come cappi.
Titoli, sulla meraviglia dei corpi perfetti o sulle ragazze da marito: e ci sarà qualcuno che spiegherà perchè studiare conviene e qualcun altro che ti dirà perchè è bene allisciarti la pelle per meglio figurare al cenone di capodanno.
Ci saranno interventi maternalisti, che mi indottrinino e illustrino i misteri che da sola non capirei.
Capisco che devo ringraziare anche per considerare me lettrice così imbecille da non arrivare a certe considerazioni piuttosto ovvie senza uno spirito guida.
In piccolo, sulla copertina, si leggono i contenuti del numero, tra cui qualcosa che parlerà di un ipotetico individuo famoso e il titolo dirà: “sarà pure famoso ma in casa comanda la moglie” (così, per non farci mancare nulla..a noi mica interessa destrutturare un modello di potere, no no, a noi interessa portare i pantaloni in casa, comandare!)

Pagine di pubblicità patinate, con il solito abuso del corpo della donna, morto, ammiccante, eteroconforme al desiderio del patriarca d’oggidì (notevole per i magazine che si reputano una ventata fresca adatta alle donne moderne e indignate) e poi la presentazione delle firme del giornale.
Le firme del giornale vengono presentate in riduzione: potrei dire qual è il mio profilo lavorativo e presentarmi in un modo interessante, ma voglio ammiccare a chi legge e dimostrare quanto sono ggggiovane, carina e glam..e via con le banalità..
Notevoli le varie autrici strafatte di stereotipi di decoro al nome e notevoli anche i titoli appellativi (leggo su una rivista e mi chiedo: cosa sarà mai una childfree o una social girl?).

Iniziano poi gli editoriali e ne becco uno su WomenMag, il nuovo prodotto Snoq, dal sorprendente innovativo titolo “Merito o marito?” con la considerazione a lato che sarebbe meglio non scegliere (invece desiderare qualcos’altro?). Editoriale intriso di banalità tra cui l’insito e “inevitabile” altruismo delle donne..luoghi comuni e stereotipi a non finire..tra cui la “narrazione apoliticamente politica” che cosa vuole dire lo sa soltanto l’editorialista.

Prosegue con “La libertà basta volerla eppure..”
non si capisce bene perché questa donna che da sola sta tanto bene deve mettersi in storie deprimenti che poi la lasciano semidistrutta psicologicamente dopo ogni trascorso…seguono modelli maschili.. se ne evince peraltro che si sta insieme solo uomini e donne. Almeno dalla sua narrazione. E che la coppia è ciò che rende complet* altrimenti è onanismo. Peccato per questi uomini che ci sono in giro.
Viva la famiglia, viva la coppia eteronormata, viva la gabbia binaria, strano che non si parli di figli.

Intervista al famoso mogliedipendente…dove la moglie sarebbe il boss perché porta i figli a scuola..dove si ironizza sullo shopping (per fortuna mia moglie non è brava a fare solo quello, perché porta i soldi a casa) dove si parla con le lacrime agli occhi di questa bellissima relazione…

Ecco, non stupisce che womenmag, per esempio, collabori con snoq, perché lo stereotipo della donna che portano avanti è esattamente lo stesso, perché quest’anno vanno di moda il rosa pallido, il glam e il sogno senza fiato delle ragazze.
Un sogno molto anni cinquanta, a voler essere progressiste.
Mi sembra un’operazione di marketing spinta con il presupposto di cavalcare l’onda del movimento femminile apoliticamente politico, come lo definiscono loro, che sta spopolando in questo momento, dando ancora più spazio a narrazioni mainstreaming che mi chiedo quanto poco ci metteranno ad arrivare alla solita dicotomia santa-puttana o donne perbene donne permale.
Oltre ad essere inutile, mi sembra anche dannoso, perché propone con una presunta leggerezza una serie di concetti aberranti, di immagini stereotipate, di ironie che ammiccano a questo sistema di potere.
E, implicitamente, a me pare che si pongano già su un piano di inferiorità e non paritetico con gli uomini con cui vorrebbero collaborare..il che secondo me è assurdo perché non credo che l’obiettivo sia stabilire egemonie, quanto creare relazioni altre..
perché non dare spazio a ciò che esiste ed è altro?
perché non smettere di tingere tutto di questo rosa scialbo, e non iniziare a narrare storie vere?
Le ragioni, credo, le sappiamo. Cambiamo tutto, affinché nulla cambi.
Mi sembra finto, prima di tutto, questo magazine.
Con la pretesa di essere vero ed avanguardistico.

E che dire del servizio fatto a Massimo Fini, notoriamente misogino che non si capisce per quale ragione debba fruire di ospitalità presso queste riviste.

E questo è quello che succede sul cartaceo, che certo sta pure online. Poi c’è il mondo al femminile delle blogger che pare possano essere “fashion” (?!?). E per prima cosa mi sono chiesta, ohibò, che sarà mai questa creatura stravagante? Cosa c’avrà di diverso da una come me? A parte i contenuti assai differenti che condividiamo, ovviamente, il che non è poco.

Mi passano, ridendo, un post che mi istruisce su come diventare una fashion blogger. Non sono snob e per carità diddio, mi leggo pure le riviste femminili perché ogni tanto ci trovo cose che mi possono interessare, ma questa, per davvero, è una di quelle cose che penso: quale dovrebbe essere l’apporto concreto alla mia vita, precaria, fatta di sacrifici e studio, di lavoro e vita piena di impegni?

Cioè, per essere una fashion-blogger secondo la scrivente dovresti essere “ricca”, classista (estremamente), griffata, perché senza un abitino firmato non puoi poggiare le falangi sulla tua preziosissima tastiera. Poi dovresti avere un “fidanzato zerbino”, dice proprio così, perché un “tipo carismatico” potrebbe offuscare la tua luce. Perciò a questo genere di blogger qui serve un fidanzato/portaborse un po’ autista e un po’ fotografo che sia disposto a leccarti il tacco della scarpa (in realtà questa tizia vuole fare la mistress sadomaso ma non lo sa). Di più, lui dovrebbe essere proprio un idiota, lo definisce “privo di personalità”, perché ad avercene, i personalità, non sceglierebbe mica di stare con una così superficiale salvo che sia veramente bona.

Poi bisognerebbe essere cattivissime. Se hai delle editor (???) che ti correggono le bozze (ma che pianeta è?) dovresti carpire i loro segreti (tipo dove sta la punteggiatura) e poi ammazzarle.

Il kit della perfetta blogger secondo ella dovrebbe essere lo smarthphone e una agenda di una rivista femminile. Ti suggerisce pure le marche perché se non sono quelle non sei una fashion, giacchè sicuramente non sei una blogger.

Devi essere strafrequentante delle sfilate di moda e poi sarebbe obbligatorio il tacco 15, perchè per scrivere ‘sta gente sta sui trampoli. Devo aver disposto la tastiera su una scrivania altissima.

Insomma ha suggerimenti d’ogni tipo e ci crede pure a quel che dice. Non ride neanche un po’ e non è uno scherzo. Si prende assai sul serio.

Noi, scusate, una risata ce la concediamo. Non perchè siamo superiori rispetto alle frivolezze perché di frivolezze ne abbiamo pure noi ma perché dai, il fidanzato zerbino, il tacco 15, la coscienza di classe buttata dentro il cesso. Ma che razza di zoo è?

Insomma anche con questo abbiamo a che fare in Italia.  Le donne stanno in crisi su tutti i fronti e c’è chi regala normalizzazione e stereotipi a go’ go’. Bello, eh?

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio.


7 Responses

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  1. Mary says

    Crte rivista fanno venire il volta stomaco ma sono lo specchio del nostro Paese o meglio di come il Pese considera le donne. Quattro giorni fa ero in edicola e h visto un giornale (nn ricordo il nome) che consigliava come essere sexy al cenone di capodanno grazie all’abbigliamento all’ultima moda per conoscere il partner (come se un uomo interessi solo il nostro aspetto) è chiaro che dietro ciò c’è un messaggio subliminale che ti consiglia di essere sexy per farti usare per una notte (dal momento che un ragazzo che vuole una storia non guarda solo il nostro aspetto), in pratica ti consigliano di essere una donna-oggetto a tua insaputa. Io al cenone sono andata in jeans, scarpe da tennis e maglione, l’unica tra una fila di ragazze tutte in abito da sera e tacchi a spillo (che dopo 2 ore le facevano male i piedi).

  2. Paolo84 says

    ho letto l’articolo: credo anch’io che l’obiettivo di chi l’ha scritto fosse prendere in giro le fashion blogger (contro le quali non ho nulla, personalmente), certo come umorismo non è granchè, uno Stefano Benni, una Geppi Cucciari o una Littizzetto avrebbero fatto di meglio

  3. cloro says

    Insomma, sta robbaccia (2b di proposito) http://blog.grazia.it/blog/2010/12/17/come-diventare-una-fashion-blogger/ sarebbe ironia? Ironia è “dire una cosa dicendo il suo contrario” cosa vogliono dire, che la fashion blogger è tutto il contrario della tipa incarnante quei requisiti lì? Che ridere….Mi ridono anche i peli delle ascelle…posso dire che anche ad umorismo, queste qui stanno messe male?
    barbara

  4. sara says

    ti segnalo che il decalogo linkato è appunto ironico, anche se tragicamente preciso e drammaticamente credibile nel descrivere situazioni e mentalità. una vera fashion blogger, del resto, non avrebbe mica spiegato al resto delle femmine, da lei percepite come rivali, come fare per metterla in ombra.

  5. Paolo84 says

    non ho letto questa rivista quindi faccio solo alcune considerazioni generiche: parlare di coppie etero, in maniera seria o divertente, non significa negare che esistono anche quelle omo.
    poi non posso credere che una rivista femminile che si pone come “nuova” o “controcorrente” non parli anche di omosessualità almeno in un articolo

  6. hce says

    sorelle, quella era autoironia!
    (leggere i commenti aiuta)

  7. cloro says

    è normale che le riviste femminili propalino un modello di donna retrivo e reazionario. E’ normale che non facciano cultura e che la considerino un accessorio non indispensabile. Io non ne compro mai, quando me ne viene in mano una (p.es dal parrucchiere) noto che sono composte di 300 pagine di cui 270 di pubblicità. Sono giornali neo-liberisti, conservatori per definizione. Ormai l’incanalamento della sottocultura manda sempre il messaggio del “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Il cambiamento è il vero feticcio spaventoso di questo sistema, non per nulla d’ora in poi sarà l’ “eurogendfor” a reprimere le manifestazioni di piazza. Che dire poi dei falsi miti della positivita’ del pensiero? c’è un bell’articolo su donchisciotte riguardo questo http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9597 e purtroppo noto che a questo pensiero (diffusissimo perchè diffuso soprattutto dai media e da ‘ste riviste) si rivolgono soprattutto le donne. Non credo vi sia niente di piu’ paralizzante, come sentimento di lotta. Nulla di piu’ individualista in senso deteriore C’è da combattere una sottocultura che è infiltrata in ogni tipo di messaggio, anche laddove non te l’aspetteresti. Buon anno.