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«La Bestia, comunque, era maschio»: riflessioni di una donna bulimica a Natale

Eve Blisset è oramai una nostra sorella e perciò ripubblichiamo questo suo splendido post tratto dal suo blog La Femme Cannibale. Il resto ve lo racconta lei. Buona lettura!

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Non parlo quasi mai dei cosiddetti cazzi miei in rete: scrivo racconti e un sacco di roba, dicono che “produco un sacco”, eppure mai roba troppo spinta verso l’autobiografia. Ho sempre ritenuto la pratica del “raccontare i cazzi propri” un misto pericoloso tra autoreferenzialità ed autocommiserazione con una punta di attention keeping, e poi mi avrebbe fatto saltare per aria la reputazione da donna forte,tosta&impegnata, che cazzo! Poi, grazie a un post di Femminismo-a-Sud (ripreso anche dalla Lipperini) sono riuscita a parlare per la prima volta in rete della mia bulimia. Meditavo da allora sull’idea di riparlarne e ho deciso di farlo adesso, in concomitanza con questo periodo nero in cui il cibo la fa praticamente da padrone e la crisi psicologica è dietro l’angolo. 

(image credits: whoa-melly)

Da bambina adoravo l’idea di avere il compleanno pochi giorni prima di Natale, significava doppi regali. Adesso è una cosa che odio: significa iniziare a mangiare quattro giorni prima, iniziare a rivomitare sistematicamente tutto quello che mangio quattro giorni prima e, riassumendo, avere quattro giorni di tempo in più per ridurmi lo stomaco a un colabrodo e annegarmi il cervello nei sensi di colpa.

Sensi di colpa. Impari a conviverci quando hai a che fare con questa cosa. Con questa malattia (non mi viene mai di chiamarla malattia, la chiamo sempre cosa. Magari ci sta meglio la C maiuscola. Cosa. Come il film di Carpenter). Comunque, dicevo, i sensi di colpa.

Ci sono quelli che hai quando mangi. Prima ho fatto questa scena terribile,
cinematografica, metà comicotrash e metà amara: ero in cucina, da sola, mangiavo avanzi del pranzo di Natale, roba tipo patate al forno, alle cinque del pomeriggio nel solito modo compulsivamente disgustoso e piangevo. Piangevo, proprio, non la lacrimuccia accennata della Fornero, voglio dire.

Ci sono quelli che hai quando rivomiti tutto quello che hai mangiato. Durante i pranzi di Natale coi parenti, siccome lo stomaco è ampiamente andato e non regge svariati antipasti, un primo e un secondo contemporaneamente, dovevo vomitare ad ogni intervallo. Antipasto, bagno. Primo, bagno. Secondo, bagno. Dolci, bagno.

Poi c’è la gente. Ci sono quelli che ti dicono “Macomestaibene, sei dimagrita? Hai fatto una dieta?”. E tu ti trovi al bivio. A)Dico si, invento il nome di un dietologo, e buonanotte, poi se lo cercano e non lo trovano, cazzi loro. B)Dico“No, veramente mangio come un maiale, solo che poi rivomito tutto, quindi è come se non avessi mangiato un cazzo”, beccandomi la compassione o il “Ma non sai che fa male? Smettila! Vai da qualcuno! Fatti aiutare!” dei sapientoni di turno. C)Dribblo la domanda e me ne esco con un semplice, simpatico e sempreverde “Nah, sto attenta, ho tolto i dolci, roba così…”

Ci sono i compagni che lo sanno, ti vorrebbero aiutare, ma non ci riescono e non fanno altro che dirti puttanate da sinistra clichè del tipo “Sei-troppo-intelligente-per-fare-una-cosa-del-genere”, senza rendersi conto di essere loro stessi schiavi del clichè che divide e stereotipizza le donne in due classi: quelle oche, fissate col corpo, la palestra, le diete, il fashion, Cosmopolitan, Vogue, e via discorrendo, e quelle intelligenti e impegnate, che sono il contrario di quelle di prima e anzi, in eterno conflitto con le suddette. I media promuovono largamente il clichè e la sterotipizzazione, tant’è che l’80% delle bulimiche e delle anoressiche sono modelle o aspiranti tali, e i compagni (spesso, anche le compagne), abboccano, e vanno in crisi, non riescono a capacitarsi del fatto che una persona a detta loro “intelligente”, una compagna, militante, attivista, ecc. ecc. ecc., possa essere anche una bulimica, una di quelle che si pesa ottocento volte al giorno eccetera eccetera eccetera. Quindi, o semplicemente rimuovono la questione e finiscono per confluire nel gruppo di quelli che “Ma come stai bene! Ma come sei bella! Sei dimagrita! Ti trovo sempre meglio!”oppure se ne escono di tanto in tanto con un generico “Smettila!” ecc. ecc. ecc.

E poi ci sono i film e i libri. Ci sono i film Disney (non solo, ma soprattutto) che ti insegnano il concetto, teoricamente positivo, praticamente ipocrita e buonista, che l’aspetto fisico non conta, che è un generico “altro” ad importare, ecc. ecc. ecc. e ci sono un sacco di libri e fumetti dove, cazzo, i personaggi esteriormente brutti sono obiettivamente fighi, e affettivamente meritevoli. Quindi passi tutta la preadolescenza ad abbuffarti e a fregartene di quando ti vedi ingrassare a dismisura allo specchio, che tanto, l’aspetto fisico, mica conta, poi passi tutta l’adolescenza da ragazzina obesa a piangere perchè vorresti tornare indietro e non ci riesci fino a ritrovarti donna che è tornata indietro, che “E’ bella, sta bene, ecc. ecc.”, ma paga le conseguenze. E si ritrova a pensare che dopotutto la storia dell’aspetto fisico, nei cartoni animati Disney, sembra valere solo per i maschi: se Belle non fosse una figa la Bestia l’avrebbe divorata e/o tenuta come colf a vita, se per Cenerentola non fosse arrivata la fata madrina col vestito glamour e le scarpine di cristallo al massimo il principeazzurro l’avrebbe assunta in nero per farsi fare le pulizie a palazzo, e la Sirenetta, che stasera è trending topic su Twitter, anche se ha la coda è comunque una figa magra mentre Ursula è cicciona e cattiva.

Posted in Corpi, Critica femminista, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze.


3 Responses

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  1. Luciana says

    Però non dimentichiamo che i disturbi dell’alimentazione in tanti casi nascono da problemi affettivi, più che di adattamento ai canoni di bellezza imposti.

  2. roscia says

    Hai notato che quandoi maschi mangiano tanto si ammirano la pancia stragonfia e si congratulano tra loro e poi quando passa una donna in carne la sfottono.
    Son bravi tutti a dire “ti fa male” ma poi sono i primi a dirti che devi dimagrire.
    Nei negozi ci sono manichini con gambe sempre più fine, in tv ormai le persone grasse non sono contemplate se non per deriderle.
    Il mito della magrezza è l’arma più forte mai inventata per paralizzare le donne.
    Nei negozi non esistono taglie oltre la 44, “signorina gliela vado a prendere in magazzino”.
    Perchè questo siamo, persone da nascondere in uno squallido magazzino e che il messaggio ti arrivi forte e chiaro.
    Allora che devo fare?
    Devo essere magra o devo avere la mia autonomia?
    Dove cazzo lo metto il mio sedere in questi pantaloni a vita bassa?
    Non abbiamo tutte perennemente 15 anni.
    A me non piace mangiare.
    Vorrei poterne fare a meno, ma come si fa?
    E’ una battaglia persa in partenza ma comunque la combatti, tutti i giorni.
    Nessuno si chiede come fai a dimagrire tanto a fasi alterne, son contenti, si congratulano.
    Perchè ovviamente la donna grassa non piace a nessuno.
    Però se scoprono che votimi il cibo ti guardano con disprezzo come se gli avessiucciso il gatto.
    Io ora non vomito più come prima, il mio stomaco non lo permette.
    Ma mi manca tanto farlo.
    Mi faceva sentire invincibile.
    Eh si cari e care…perchè questo non te lo dice nessuno.
    E’ come una droga…avere il controllo del tuo corpo ti fa sentire bene, altrimenti che lo faresti a fare?
    E’ un pensiero fisso che ti leva un sacco di energie ESSERE MAGRA.
    Non crediamo che basti dire ” a me non importa nulla” perchè i condizionamenti son talmente forti che è difficilissimo sottrarsene.
    Ma il punto alla fine forse non è neanche la magrezza.
    Il punto è che fai una cosa sapendo che potrebbe ucciderti ma pensi che ne valga la pena.
    Lo pensi anche dopo che vomiti sangue, che i tuoi reni ti mandano a cagare ei tuoi capelli cadono.
    Lo pensi e basta.
    Non puoi tenere dentro di te quel cibo che ha diecimila significati diversi.
    Lo devi espellere da te.
    E questo all’industria della moda fa tanto gioco.
    Non si diventa anoressiche o bulimiche per la moda, ma è la moda che sfrutta la tua malattia per il suo tornaconto.
    E’ ora di ribaltare la visione.
    Sennò sembriamo tante sceme superficiali che nella vita volgiono solo essere belle.
    No!!
    Io combatto con una malattia che viene sfruttata per fare soldi.

    baci a tutte

  3. Luciana says

    I disturbi alimentari sono molto lontani dal mio modo di essere, e in questo sono stata fortunata. Tuttavia per qualche motivo mi hanno sempre toccato in modo particolare. Non so spiegarlo, ma empatizzo tantissimo con chi soffre per problemi simili, e mi chiedo sinceramente se esista un modo di stare vicino a ragazze e donne che ci combattono. :/