Non se ne accorge nessuno ma le donne continuano a morire per mano di un uomo che vanta su di loro un diritto proprietario. Su questo Udi di Napoli ha qualcosa da dire. Buona lettura!
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ACCOLTELLATE IN UN RAPTUS DI FOLLIA
Accoltellate in un raptus di follia. Di nuovo la stampa sintetizza così l’ennesimo crimine contro le donne in Italia.
A Posillipo, Napoli, tre donne accoltellate per diritto proprietario. È questa la vera follia, che non attenua ed anzi aggrava il delitto: il presunto diritto proprietario che induce la facoltà di uccidere, invalidare, schiavizzare.
È molto tempo che si sono affermate parole per dirlo questo delitto, che finisca o no nella morte: femminicidio. Ma anche queste parole non hanno scalfito la coscienza profonda nei media, nella politica, nei tribunali.
E nei tribunali è tornata la follia attenuante, il raptus, e quella che rende più grave il delitto non viene neanche nominata.
Sarà fra pochi giorni il 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, e siamo nel 2011, a due anni e pochi mesi dal 2014, l’anno nel quale tutti gli Stati membri dell’ONU si sono impegnati ad adeguare legislazioni, azioni di governo ed impiego delle risorse all’obiettivo dell’eliminazione del femminicidio, comunque e a qualsiasi titolo perpetrato.
Le faticose e deboli conquiste in questa lotta di portata mondiale, hanno una maternità che si chiama Antiviolenza donne, una sorta di cartello mondiale e solidale che non smette mai di lavorare e di trovare modi e tempi per “non capire ed adeguarsi” a culture, usi, costumi religiosi e leggi che fanno sinergia per nascondere, accogliere, giustificare ed infine favorire a violenza degli uomini sulle donne.
Non sono andati avanti gli stati, ed ognuno si ostina a chiamare ritardi quella che è una vera e propria determinazione politica a tollerare e rendere normale il femminicido.
In Italia manca una legge organica per il contrasto alla violenza degli uomini sulle donne: dopo le poderose manifestazioni degli anni passati, fatte da centinaia di migliaia di donne, il topolino partorito dal governo è stata una legge sullo stalking, per altro mal studiata, che costituisce l’infinitesima parte dei provvedimenti necessari ad un serio contrasto al femminicidio.
In tutta l’area del mediterraneo le leggi varate di fronte al femminismo duro e determinato delle donne dei cosiddetti paesi socialmente arretrati, vengono aggiornate ad un ritmo che consente ai poteri forti di riposizionare il predominio maschile di volta in volta.
Complessivamente nei rapporti tra Stati diventa quanto mai visibile un sistema di valori nei quali la vita delle donne, appunto, non costituisce un valore. E non parliamo solo delle fanciulle Italiane costrette ad ascoltare il dittatore Gheddafi. I trattati commerciali tra Stati sono intrattenuti spesso mettendo in conto che i diritti delle donne possano non costituire un problema, e che anzi nello scambio possa essere prevista una merce non dichiarata come tale : le donne. E anche in questo caso non ci riferiamo solo alle aberranti dichiarazioni di Berlusconi in merito al trattato tra Italia e Albania per l’immigrazione. La strage permanente di Ciudad Juarez, per esempio, è il prezzo in vite di donna pagato per il trattato commerciale tra Stati Unii e Messico.
Guardare fuori dal nostro paese ci aiuta a guardare meglio alle responsabilità oggettive del nostro Stato nello scenario internazionale, e ci aiuta anche ad individuare le analogie Italiane con i paesi canaglia verso le donne.
Nel nostro paese le donne presidiano i Tribunali in occasione dei processi per femminicidio, e volta per volta si è visto tornare sotto forma di attenuante il concetto di irresponsabilità per follia, per gelosia, per disperazione o solitudine del delinquente. Insomma di nuovo, tra le righe, le donne nei tribunali e nelle sentenze tornano ad essere provocatrici e complici dei reati che subiscono.
Tra attenuanti, misure alternative, sempre e davvero sempre, chi ha accoltellato, ucciso, violentato, torna a farlo con un’altra vittima o con la stessa, laddove avesse fallito la prima volta.
E sempre in Italia il femminicidio è senza dubbio anche amministrativo. Le già esigue risorse (ma quando mai c’è stato il ben che minimo elemento per parlare di sprechi?) ai centri antiviolenza, sono state tagliate per la quasi totalità. Eppure quelle risorse sono una parte che riguarda il danno già avvenuto, cioè la violenza conclamata e denunciata. Riguardano il danno avvenuto. Eppure sono state tagliate.
Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non basta ricoverare e curare. Questo male sociale e radicato richiede risposte in termini di occupazione, di indipendenza dai capi famiglia, in termini di disponibilità abitativa.
Costi importanti da pagare sul piano nazionale e quello internazionale che, in periodo di crisi, sono l’investimento per lo sviluppo inimmaginabile che i Paesi nel mondo intero possono imprimere all’umanità attraverso la liberazione delle potenzialità femminili. .
Eppure piccoli e grandi Comuni, Provincie e Regioni continuano a sottrarre i fondi contro la violenza, per farne altro uso o per cercare di farne altro uso ( La Regione Campania fulgido esempio), illudendosi di continuare nella normalità dell’abuso verso le donne, e ricostruire la stabilità politica che la storia e i movimenti dei cittadini hanno ormai archiviato.
Nulla come la tolleranza verso la violenza sulle donne rende impresentabile la politica. Dovrebbe perciò stupire la pervicacia con la quale il potere continua a rimanere inerte di fronte al femminicidio. Invece non stupisce, per i noti e antichi motivi di predominio di un genere sull’altro, e per motivi nuovi. Si trattadella nascita delle lobbies maschiliste che in palamento, subornano, inducono, suggeriscono. Sono lobbies potenti che rivendicano una lettura della realtà ribaltata, che vede le donne come detentrici del potere nelle istituzioni, nelle famiglie, sul lavoro. Sono lobbies che hanno diversi nomi, spesso accattivanti, spesso apparentemente neutri, ma sono ben determinate a creare nuove forme di persecuzione “legale” verso le donne.
Forme inedite ed arcaiche si fondono in un quadro che non si addice al terzo millennio. Perpetrare la violenza sulle done sembra il terreno di accordo tra litiganti.
La parola sinergia tra media, politica, economia, tribunali e religioni, è quella che meglio descrive il cerchio da spezzare, e che le donne di volta in volta spezzano e continueranno a spezzare ogni volta che viene rattoppato. Qualcuna a costo della vita, ma in maggioranza vive e forti fino al risultato più vicino.
Il 25 novembre 2011 è necessario che venga nominata dovunque la legge organica per l’eliminazione della violenza, è necessario dare un nuovo impulso incurante dell’arretratezza della classe politica ancora imperante. Il modo per continuare a spezzare il cerchio.
Stefania Cantatore