Nei giorni scorsi Agnese ci ha segnalato, tramite la mailing list di FaS, la risposta data da Carrara Fiere al gruppo Carrara Antispecista, che ha fatto partire una protesta contro Mondo Caccia, ‘primo salone della caccia tradizionale e – attenzione – sostenibile’. Dal momento che nella mail inviata da Carrara Fiere si sottolinea di dare giusto rilievo alla cosa, e poffarbacco se vogliamo darne, eccovi qui in breve la risposta di Carrara Fiere in merito alla protesta, e la controrisposta maturata in seguito ad un partecipato scambio di idee tra femministe e disertori in lista… Buona Lettura!
Risposta di Carrara Fiere alla protesta contro Mondo Caccia:
Prendiamo atto di interventi relativi alla manifestazione Mondo Caccia che nasce come primo Salone della Caccia Sostenibile. L’aggettivo “sostenibile” non è per noi casuale: l’iniziativa di CarraraFiere, infatti, intende proporsi come momento di riflessione su un’attività umana che vuole essere sempre più integrata con l’ambiente che rappresenta un valore. In questo quadro il dibattito sull’attività venatoria può essere un momento di confronto serio e proficuo anche per migliorare il rapporto con l’ambiente e le relazioni fra quanti, a vario titolo, interagiscono con esso. Registriamo perciò con rammarico prese di posizione di netto rifiuto verso ogni tipo di riflessione o di confronto su temi di grande interesse che dovrebbero essere affrontati con la volontà di aprire un confronto sereno. Siamo convinti che il punto di partenza non può essere quello dell’offesa, del riferimento ad una propria etica che si vorrebbe universale in un mondo nel quale la diversità viene sempre più accettata come valore ed elemento di confronto. La scelta di essere o non essere cacciatore, all’interno di un preciso quadro di sostenibilità della caccia è una scelta libera che, in quanto tale, non calpesta i diritti di alcuno mentre rischia di essere autoritario chi considera il proprio punto di vista elemento unico e non discutibile.”
Ed ecco la nostra risposta:
Gentili Signori,
partiamo da una doverosa quanto dolorosa presa di coscienza: nell’ambito di un ‘confronto onesto’ sulla questione, è chiaro che risulta difficile trovare un punto di incontro accettabile, dal momento che le nostre posizioni divergono in maniera radicale. Avendo però preso in seria considerazione le affermazioni di cui sopra, vorremmo ribattere nella maniera che appare più appropriata.
Nel vostro documento si parla di ‘sostenibilità’ rispetto alla caccia, e nello stesso paragrafo dell’ambiente come ‘valore’. Sappiamo bene come negli ultimi anni la ‘sostenibilità’ sia diventata lo specchietto per le allodole di un’idea di sviluppo e di libero mercato che di fatto continua a considerare il patrimonio naturale, che dovrebbe essere perlopiù indisponibile, come risorsa sfruttabile: l’aggettivo ‘sostenibile’ è in definitiva svuotato di ogni significato e usato come spolverata di ‘ecologia’. Molto politically correct,sicuramente, ma in nessun modo efficace a descrivere la sostanza dei fatti, che consiste nel caso specifico nel voler mantenere i propri intoccabili privilegi, anche di fronte all’evidenza di un ambiente già pericolosamente compromesso e ridotto ai minimi termini.
Vogliamo parlare della riduzione degli habitat naturali per i selvatici, per via della pressione antropica, dell’edilizia selvaggia, dell’agricoltura su scala industriale che desertifica in termini di biodiversità aree vastissime del paese? I pochi selvatici che ancora resistono in natura, isolati in spazi assimilabili a minuscole riserve nelle quali la vita è già sopravvivenza critica, devono essere perciò ulteriormente preda dei cacciatori? Si vuole quindi lo sterminio di ogni creatura vivente?
L’attività venatoria ha un impatto devastante sugli animali, sull’ambiente e anche sulle persone. Che dire degli squilibri nella composizione della fauna e dei danni causati dall’introduzione nei nostri ambienti di specie non autoctone per il ‘divertimento’ dei cacciatori (l’esempio dei cinghiali dell’est è solo uno dei tanti, ma abbastanza rappresentativo)? E’ questa l’idea di ‘sostenibilità’ di cui si parla, introdurre specie che spesso si rivelano incompatibili con l’ambiente in cui vengono introdotte, per poi avere la scusa per sterminarle? Vogliamo parlare dell’inquinamento ambientale causato dai bossoli e dai proiettili?
Dite che la caccia non lede i diritti di nessuno… Chiaramente a nostro parere gli animali non sono qualificabili come ‘nessuno’, e cosa dire poi delle persone che hanno perso la vita in incidenti di caccia – spesso persone inermi che malauguratamente si trovavano nella linea di tiro di un cacciatore – o di quelle che per via di leggi inique e vetuste non possono impedire ai cacciatori di passare nei propri fondi privati (neanche se sono contrarie alla caccia!) quando per tutte le altre categorie di cittadini l’ingresso ai fondi privati è vietato, o di quelle che davvero vorrebbero passare dei momenti di pace in mezzo alla natura e devono sentirsi minacciate dal molesto rumore di spari tutt’intorno?
Pare difficile parlare di “compatibilità con l’ambiente”, nonché di rispetto dei diritti degli altri esseri viventi (umani e non umani) in questi termini – gli animali non umani hanno – o dovrebbero avere – dei diritti, in primis quello alla vita, che non vengono da voi minimamente considerati – perciò ne risulta chiaramente che l’attività venatoria non può essere sostenibile.
Per i motivi sopracitati, il dibattito dal nostro punto di vista può limitarsi alle modalità di dismissione dell’attuale regolamento venatorio e della riconversione della filiera economica legata all’attività venatoria. Questo è sicuramente un dibattito importante e serio, che risponde perfettamente alle caratteristiche di compatibilità con l’ambiente.
Le prese di posizione non possono che essere ‘nette’ (come vengono da voi definite), quando i termini della questione sono chiari e lampanti: la caccia non fa parte delle attività compatibili con un ambiente estremamente compromesso come quello in cui viviamo, perciò non è ‘sostenibile’. Ne consegue che non può esserci dibattito sulla sua modalità di svolgimento: allo stato attuale dei fatti, semplicemente, deve cessare.
Parlate di offese e di indisponibilità al confronto da parte di chi protesta contro la vs. iniziativa… Spiegateci però a questo punto dove si situa la disponibilità al confronto/dialogo nel mondo venatorio, che contro ad ogni evidenza di emergenza vorrebbe cacciare sempre più specie, anche quelle a rischio estinzione, ampliando il calendario venatorio e le aree cacciabili ad ogni piè sospinto?
Difficile dialogare con chi reputa indiscutibile che la caccia debba esserci, (anche ed ancora nel terzo Millennio, nell’Occidente industrializzato), sorvolando sui “particolari” sopracitati. Questa richiesta di ‘disponibilità al dialogo’ ricorda quella delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche, le quali, quando invocano il dialogo, sorvolano sul particolare che, essendo il loro punto di partenza, ma soprattutto di arrivo, basato su dogmi – ossia convinzioni “non negoziabili” – la posizione di coloro ai quali offrono quel dialogo, come i non credenti / relativisti, NON è simmetrica. In questo caso, la posizione dalla quale partite è che la caccia debba esserci e possa esistere come attività sostenibile, che non è una posizione neutra, checché voi ne pensiate.
Nessuno vuole offendere nessuno: voler vietare qualcosa di nocivo e distruttivo non è immorale. Casomai, immorale è continuare a praticare quell’attività. Trasportare il discorso sul piano dell’etica ne fa una questione personale, e quindi sono possibili offese. Per come la vediamo, la caccia con l’etica non c’entra nulla, c’entra esclusivamente con l’ambiente – questione che riguarda la “cosa pubblica” – e il libero godimento della natura – godimento, beninteso, non ad esclusivo appannaggio degli esseri umani, ma soprattutto degli animali non umani che hanno tutto il diritto a non vivere sempre in guerra e sotto assedio.
Nel rispetto dell’ambiente sono possibili tutte le diversità; l’attività venatoria, per sua definizione, non rispetta l’ambiente, quindi – come precisato al principio di questo intervento – non è possibile un reale confronto, perché si va fuori dai termini minimi per una discussione possibile.
La scelta di essere o non essere cacciatore non è libera, poiché il cosiddetto “preciso quadro di sostenibilità” è una costruzione fasulla ad uso e consumo di chi ne ottiene il vantaggio maggiore (i cacciatori). Come altrimenti sarebbe possibile ostinarsi a definire la caccia sostenibile, quando la realtà dei fatti non è questa non solo per gli animali, ma anche per chi cacciatore non è e vede calpestati i propri diritti di cittadino? L’accusa di ‘autoritarismo’ in questo senso, può essere reciproca.
Ci domandiamo quali sarebbero i termini della cosiddetta ‘discussione serena’ invocata dal Direttore Generale Paris Mazzanti, visto che l’unica discussione che proponete si muove negli angusti confini di una regolamentazione della caccia e non di cosa realmente la caccia sia? La caccia sostenibile è come la guerra umanitaria, un ossimoro!
Leggendo tra le righe del vostro discorso invece traspare una semplice operazione di marketing che assolve ad una precisa funzione: siccome il cacciatore non vuole rinunciare a sfruttare e uccidere animali non-umani, e nel farlo calpesta i diritti degli animali come anche quelli degli altri esseri umani non cacciatori o contrari alla caccia, e siccome l’immagine che ne deriva non è esattamente accattivante, si cerca “serenamente” di far ingoiare il rospo a chi è contraria/o, utilizzando aggettivi qualificanti e in voga come “sostenibile».
Signori, questo piano evidentemente non ci interessa. La caccia non è sostenibile, di più: è una crudeltà sugli animali, un’abuso nei confronti degli altri cittadini, uno scempio dell’ambiente senza se e senza ma; In effetti un confronto onesto in questi termini non è possibile: non ci interessa andare agli albori della civiltà umana, quando la caccia era mera sopravvivenza, per giustificare una pratica che oggi, e ancor di più nell’Occidente ricco e pasciuto, non ha altro scopo che quello ludico. E se ci permettete, da un punto di vista femminista – ma non solo – la violenza*, l’abuso, lo sfuttamento su altre/i non sono pratiche ludiche, nè pratiche “da discutere”, ma da eliminare.
L’attività venatoria vìola per definizione una enorme quantità di diritti, e di svariati esseri viventi. Il punto di vista di chi difende quei diritti non è autoritario: è, appunto “difensivo”, quindi non vuole imporre ma vuole ripristinare dei diritti calpestati, aboliti, villipesi, rimossi. E di quale autorità parliamo visto che, ad oggi, nessuno vieta ancora a nessuno di scegliere di continuare comunque l’attività venatoria?
Il nostro scopo resta e resterà sempre vietare la caccia in modo che la vostra attività, prima che immorale, sia illegale. Poi se continuare a fare i fuorilegge (tra l’altro armati), sarà una vostra scelta che nessuno verrà a discutere. Del resto se accettate tranquillamente la responsabilità di sparare a creature viventi, di mettere a rischio l’incolumità di altre persone per ‘divertirvi’, di compromettere l’ambiente che volete lasciare ai vostri tanto amati (a parole) figli e figlie, o comunque di sostenere coloro che lo fanno, immaginiamo che le questioni di diritto non siano per voi poi tanto importanti.
Cordialmente,
Femministe e Disertori
Salve Gianluca,
sinceramente le tue motivazioni mi lasciano assolutamente indifferente, foss’anche solo per un motivo: poiché le stesse non prendono minimamente in considerazione il diritto alla vita dell’essere vivente che tu ammazzi in tutta serenità, nella convinzione di essere nel giusto, o di fare “qualcosa di buono per l’ambiente”. I ragionamenti astratti sono buoni per pulirsi la coscienza: detto questo, nel momento in cui tu ammazzi un animale, ne cancelli la biografia, negandogli il diritto alla vita, causandogli dolore (oltrechè la morte) portandolo via ai suoi affetti (dato che anche gli animali ne hanno, dato che hanno figli, genitori, altri simili di riferimento, branchi, proprio come noi). Non credo nessun umano accetterebbe di buon grado di poter essere eliminato dalla faccia della terra, anche se questo in molti casi risulterebbe essere assolutamente auspicabile per il “bene dell’ambiente” (considerato l’impatto frugale dei selvatici sull’ambiente rispetto a quello di qualsiasi essere umano sul pianeta). Ma ecco che no, di questo non si può parlare: gli uomini hanno il diritto di vivere, di amare, di godere della propria esistenza, di essere felici. Gli animali no, sono “a disposizione”, i loro affetti e i loro sentimenti per il modo di ragionare antropocentrico non ci sono o valgono ben poco. Ma non è perché tu, per sentirti libero di fare ciò che fai, li ignori che cessano di esistere. Nel corso dei secoli questi stessi diritti fondamentali sono stati negati allo stesso modo a tantissime persone, ma il fatto che qualcun* si sentisse in diritto di disporre della vita altrui soltanto perché era concesso farlo, non rende meno grave l’ingiustizia. Perciò continua pure a cacciare se vuoi, ma renditi conto che ti stai arrogando il diritto di decidere di un’altra vita, con tutto quello che una vita significa (e la vita significa tutto per tutt*, non solo per gli esseri umani) non perchè meno meritevole della tua o meno importante, ma solo perché meno tutelata e in grado di difendersi. Ammazzare è sempre ammazzare, non esistono due pesi e due misure per questo.
Forse non tutti sanno che…:
i cacciatori sono i primi a tentare di mantenere gli habitat con la gestione faunistica ed ambientale del territorio (vedi Ambiti Territoriali);
la caccia, consentita per solo pochissime specie, non incide per oltre l’uno per cento della mortalità naturale annua delle specie cacciabili,
l’ assenza di predatori naturali (tra i quali l’uomo atteso che una minima percentuale di persone si dedica oggi all’attività venatoria), non giova alla specie ma ne favorisce l’estinzione ;
la caccia in Italia è limitata a soli tre mesi l’anno, lontani dal periodo degli amori della cova e dell’allevamento della prole;
la caccia, certamente selettiva è da sempre indispensabile anche nella gestione dei Parchi Naturali in tutto il mondo;
Ma ci sarebbero moltissimi argomenti su cui basare un confronto costruttivo tanto moderato quanto intelligente, con il fine comune di conservare il patrimonio faunistico e ambientale del nostro meraviglioso Paese.
Purtroppo molto spesso (fortunatamente non sempre) prese di posizione puramente ideologiche non permettono neppure di conoscere il mondo della caccia moderna e cosa effettivamente viene fatto dai cacciatori per l’ambiente in generale.
Ovviamente parlo di cacciatori quali uomini che provengono da una cultura rurale che tende a svanire, che condannano i predatori intesi come sia come bracconieri ma anche come coloro che in vario modo, per profitto economico, distruggono gli habitat, senza neppure porsi il problema del bene comune.
Mi meraviglio infatti che proprio ai piedi delle Apuane ci si preoccupi tanto di ” Mondo Caccia” ma nessuno si preoccupi delle distruzione delle montagne per la produzione di carbonato di calcio (ma questa è una riflessione che esula dall’argomento…… dal momento che la causa di tutti i mali è la caccia).
Firmato Ratti Gianluca
Un cacciatore che se solo avesse il semplice dubbio di arrecare un danno all’ambiente smetterebbe immediatamente (anzi avrebbe già smesso)