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Spot Ikea: il passato stanca e non vende!

Eccolo “l’invasore” svedese.

Ecco gli ossessionati dell’estinzione della “razza” italica, che tra una definizione della “invasione” dei migranti e una invenzione su una presunta incostituzionalità di tutto ciò che ideologicamente non condividono, creano un caso su un manifesto pubblicitario che dice una cosa ovvia.

Una sintesi della questione QUI. L’articolo de Il Giornale totalmente schierato contro questo manifesto QUI. Da Gaytv la recensione di qualche commento omofobo. QUI il commento a favore di Giovanardi di Giorgio Merlo (PD) [e poi non si spiegano come mai quelli del Pd perdono voti].

Se il sito di Ikea fino a qualche tempo fa ti permetteva di chiacchierare con un avatar etero che si annoiava a sentir parlare di lesbiche e gay, l’esercizio commerciale che apre a Catania, munito di fotovoltaico e dunque non inquinante e indipendente dal punto di vista energetico, ha suscitato una polemica che neppure il più sessista dei manifesti in cui viene utilizzato in modo volgare un corpo di donna ha mai provocato.

Non ci piacciono i grossi centri commerciali, quelli che tolgono lavoro ai piccoli artigiani, che pagano i dipendenti un tot al chilo come fa un qualunque mc donalds, che ti obbligano a entrare in un edificio in cui il tuo cammino è imposto da frecce che ti costringono a percorrere tutta l’esposizione prima di trovare l’uscita. Non ci piace l’idea di una società con mobili tutti uguali, ordinata, dalle case uniche, pensiero unico, modalità unica. Perchè Ikea è un brand, vende un modo di vivere, esattamente come fa disneyworld o mediaset.

Abbiamo sempre detto che la pubblicità non è neutra ma offre un punto di vista o interpreta un umore dopo aver individuato un target. Ed è legittimo che chi non è d’accordo dica in modo più o meno diretto, come fa klaus davi e giovanardi, che non andrà a comprare in quella azienda. Il punto è che non abbiamo sentito nessuno, a parte noi, ad opporsi agli spot che inneggiavano alle ronde mentre si parlava di prodotti igienici per le nostre vulve, o quelli che vendevano una marca di insetticida contro i “clandestini”, o quelli che “gliela diamo gratis”, o quelli che svendono tette e culi in quantità per commerciare in mattonelle per il bagno o in pennelli per dipingere le inferriate.

Tra tanto pessimo marketing una volta tanto si promuove l’antisessismo, la non discriminazione dal punto di vista commerciale, che poi è anche quello che fa mediaset quando presenta il suo circo di gay, trans, lesbiche che si prestano a show di dubbio gusto, a formare quella mentalità tollerante ma che distingue il gay buono da quello cattivo. Perchè c’è quello che se ne sta al suo posto e si limita a raccontare la sua storia fatta di buoni sentimenti, l’attaccamento a mammà, lacrimucce e ricerca di accettazione e poi c’è quello che rivendica diritti, che non fa il baciapile, che dice le cose come stanno e non hanno alcun interesse ad attirare le simpatie dell’italietta nazional popolare rappresentata da loschi figuri che agitano l’arma della paura del diverso per dominare le masse.

Questo manifesto non dice nulla di eccezionale. Come dire “Siamo aperti a tutte le etnie”. Nulla rispetto a quello che farebbe qualunque commerciante a meno che non si tratti di soggetti dell’italia razzista al tempo in cui si scriveva in vetrina “qui non entrano negri, cani, ebrei”.

C’è qualche bottegaio cattolico che chiuderebbe la saracinesca se a comprare arrivasse una bella famigliola di fatto composta da gay o lesbiche o trans?

Davvero siamo al punto in cui si esprimono pensieri discriminatori che potrebbero attecchire in persone poco equilibrate, integraliste e fanatiche pronte a commettere azioni come quelle di chi anche di recente è andato in giro a imbrattare, incendiare, vandalizzare, distruggere librerie gay, negozi e locali alternativi?

Sarebbe l’ultima cosa che avremmo mai pensato di fare – difendere l’Ikea – ma se l’azienda viene attaccata da persone che hanno perso l’ultimo treno della storia viene resa martire ed è quella la strategia di marketing vincente. Promuovere una pubblicità progressista in una italia ferma agli anni ’50.

Forse, chissà, potrebbe essere un’idea per i creativi pubblicitari, come Toscani, che hanno esaurito le proprie idee e che dovrebbero aver capito che la mossa intelligente da fare, ora, è quella di realizzare  – che so – una bella pubblicità che parli bene degli immigrati o che osi regalando una visione nuova e migliore delle donne.

I risultati di campagne di quel genere potrebbero sorprendervi. Perchè quello che vende meglio è il futuro. Il passato, alla fine, stanca!

Posted in Anticlero/Antifa, Pensatoio.


3 Responses

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  1. Nunzia says

    Condivido tutta la riflessione.. lo studio di marketing strategico di Ikea, infatti si basa proprio su un target ben studiato per i loro profitti… La loro individuazione sull’impostazione dello spot ha fatto si che un popolo come quello omosessuale diventasse semplicemente un numero indefinito di potenziali consumatori e basta. Non mi piace neanche a me!!!!

  2. elvira says

    GRAZIE! come al solito siete riuscite a intercettare esattamente quello che è anche il mio pensiero. Perché provare repulsione per quello che afferma Giovanardi non significa dover fare ancora più pubblicità a Ikea.
    Non dimentichiamoci quanto detto dal sindaco di Treviso (il leghista Gian Paolo Gobbo), vorrei sentire cosa ne pensano gli omosessuali trevigiani e più in generale i cosiddetti “gay di destra”

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  1. Sono precaria e sono una fetta di mercato « Malafemmina linked to this post on Aprile 27, 2011

    […] questa cosa e ne parlavo con una persona che lavora nell’agenzia in cui faccio la pr precaria […]