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Terroni d’Italia

E’ uno spettacolo teatrale della compagnia Crypton in prima al teatro studio di Scandicci (Firenze). Ieri l’ultima data. Sicuramente ne risentirete parlare per altre date. Vi consiglio vivamente di inseguirlo, reclamarlo, vederlo.

Per sapere in dettaglio di cosa parla per bocca del suo protagonista, Fulvio Cauteruccio, potete ascoltare una sua intervista che trovate in file audio QUI. Se volete leggere la loro presentazione potete trovare una scheda QUI.

Qualunque cosa loro abbiano voluto dire con questo spettacolo vi dico cosa ne ho tratto io.

E’ la storia di Pippo, un ragioniere che voleva fare l’attore di arte drammatica. Siciliano, di un paese del catanese, racconta le vie tutte intitolate ai savoia, re e regine, segno tangibile di una colonizzazione che ha cancellato la cultura siciliana, racconta la violenza di chi a scuola ti insegnava una pronuncia con l’intenzione di cancellare ogni minima inflessione dialettale, l’emigrazione di tutti i meridionali che andavano a morire in Belgio nelle miniere di carbone per dare “energia” alle fabbriche del nord.

La vita di Pippo scorre parallela a scene di attori denudati, la storia per quella che è, senza omissioni, con le cifre dei morti di quella “forzata” colonizzazione del sud a partire da garibaldi e i mille, dai massacri dei contadini, dagli stupri delle donne meridionali, dai furti di tutte le ricchezze del sud che sono andate ad ingrassare le casse dei Savoia, dall’impoverimento di una terra ricca, in cui c’erano persone che combattevano affinchè quella ricchezza fosse equamente ripartita, poi derubata, sfinita, massacrata, da gente che ha semplicemente annesso in modo violento il meridione al regno di Savoia creando il “Regno d’Italia”.

E da quella povertà i meridionali sono dovuti fuggire, con una valigia di cartone, attraverso una ferrovia che ancora ha un binario unico in quella terra dove insiste il paradosso del progetto del ponte sullo stretto. Fuggire per andare a servire quelli che avevano bisogno di manodopera, mentre nel frattempo veniva operata una terribile cancellazione dell’orgoglio della gente meridionale.

Gente che improvvisamente diventava inferiore, terrona, brutta, diversa, da civilizzare.

E poi si racconta per flash l’Italia per com’è adesso, canzoni sanremesi che insistono nella realizzazione di una palese mistificazione, così piene di retorica, revisionismo e omissioni. E scorrono le immagini delle ribelli e dei ribelli che i colonizzatori chiamarono “briganti”, nude le donne, esposte al pubblico ludibrio, ammazzati gli uomini, le cui fotografie venivano affisse a monito delle popolazioni. A ricordo di tantissimi uomini e tantissime donne che morirono per impedire saccheggi, quelli delle cose necessarie alla sopravvivenza della gente e quelli di musei e banche meridionali completamente svuotate dai ladri colonizzatori.

C’è la rappresentazione di scene recitate in vari dialetti, il veneto, il napoletano, il calabrese, il piemontese, il siciliano. E c’è quella bandiera, rossa, bianca e verde, della quale resta appena un frammento, quello verde, che potrebbe definire simbolicamente la lega nord e i suoi reiterati razzismi.

C’è tanto da vedere e da sentire, inclusi i sapori di frutti e marmellate, salse sapientemente preparate e ricette di cucina che esigevano di essere raccontate, con la maestria con la quale si raccontato tutte le arti, e quello che ti resta, alla fine, è l’orgoglio di essere parte di quel sud così martoriato, mortificato e ancora oggi derubato salvo essere utilizzato per la costruzione di discariche che contengono i rifiuti delle fabbriche del nord o per quella di centrali nucleari che serviranno ad ammazzare definitivamente quei pochi meridionali rimasti ancora vivi. Un sud massacrato a Terzigno se la gente si ribella alle discariche e alla militarizzazione coatta del territorio. Un sud educato alla schiavitù culturale, duramente represso se si ribella e incoraggiato se vota esclusivamente a mantenimento di privilegi di pochi.

Avevamo parlato a lungo su questo blog del fatto che non ci importava delle celebrazioni di una “unità d’Italia” realizzata con il sangue dei nostri bis o trisnonni. Vi riproponiamo quei post, semmai a qualcuno venisse voglia di rileggerli. Da parte mia un grazie a questo gruppo teatrale, senza dimenticare il coautore, assieme a Fulvio Cauteruccio, Giuseppe Mazza e gli altri bravissimi attori Laura Bandelloni, Massimo Bevilacqua, Umberto  D’arcangelo e Francesco De Francesco, per una serata che mi ricorda che potrò anche fare parte di un popolo sconfitto ma non per questo dovrò stare zitta (sei sconfitto, statti citto, è un detto calabrese ripetuto nello spettacolo).

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