Skip to content


Censura al femminismo nel quotidiano (esercizi di sorellanza)

Riporto una sintesi di alcuni interventi nella nostra mailing list a proposito della censura che le persone che si occupano e preccupano di questioni di genere subiscono. E’ una discussione ricca, intima, preziosa, per ciascun@ di noi. Una “0rdinaria” giornata di comunicazione solidale in sorellanza nel nostro strumento per realizzare una assemblea permanente online. Buona lettura!

A.:

poco fa mi è ritornato in mente un libro di monica lanfranco uscito nel maggio 2009, dal titolo “letteralmente femminista”. snello. conciso. di cui ho condiviso buona parte delle riflessioni.
le prime pagine del libro sono dedicate al racconto di un incontro pubblico a verona nel 1981, per la presentazione di un suo libro sul femminismo. riporta l’intervento di una ragazza che ringrazia le donne più vecchie di lei per tutto il lavoro fatto, le ringrazia per il contributo al suo percorso di autoconsapevolezza, di costruzione di strumenti per leggere la realtà in termini di genere. alla fine dell’intervento dice però che questo l’ha “scollata” dal suo habitat, perché l’ha resa un’aliena rispetto al sentire corrente delle persone attorno a lei. dice che il femminismo l’ha resa sola.

lanfranco sottolinea come “la libertà sprigionata dalla consapevolezza di sé ha dei costi e un prezzo. alto. sempre, come ogni cosa preziosa”.

questo passo del libro, che mi aveva colpita per i risvolti emotivi forti, mi è ritornato in mente oggi in modo potente.

questo pomeriggio ho scoperto di essere stata esclusa da alcuni appuntamenti amicali (cui non andavo assiduamente ma di tanto in tanto) perché in una occasione ho discusso animatamente di sessismo, in termini di potere, e di femminicidi, con alcuni uomini presenti. i quali si sono sentiti offesi personalmente dalle mie affermazioni. preciso che io abitualmente non giro col kalashnikov in borsetta, pronta ad usarlo ogni volta che incrocio un uomo! per evitare che loro si sentissero di nuovo a disagio, poverini, io sono stata esclusa dagli appuntamenti!

visto il livello, mi dico, poco male.

quello che mi colpisce, come riflessione finale su tutta la vicenda, è che si tratta di sedicenti compagni, che discutono animatamente di politica, probabilmente sono scesi in piazza il 13, anche se io nella folla non li ho incrociati… ma quando la discussione viene portata su argomenti quali sessismo e potere maschile, sono “negazionisti”.

insomma, niente di nuovo sotto al sole. io però mi sono sentita davvero male. mi è stato detto da chi organizzava gli appuntamenti “se vuoi venire ci fa piacere… però vedi di non parlare di femminismo donne violenza, perché tizio e caio si sono offesi l’altra volta…”. da quando per andare ad un appuntamento viene stilato l’ordine del giorno degli argomenti da affrontare? il femminismo può rientrare almeno nelle varie ed eventuali?!

io all’appuntamento non sono andata. passata la voglia. mi sono sentita ferita e mi sono arrabbiata moltissimo. per me discutere è normale. non trovarmi sempre d’accordo con tutti anche. niente di personale (tranne qualche volta).

scusate lo sfogo, ma il punto è: che fare coi “compagni che sbagliano”? dovevo insistere? recentemente la questione è stata affrontata qui su femminismo a sud. mi chiedo: per stare bene, non infuriarmi o sentirmi umiliata, devo vivere solo nel (meraviglioso) ghetto di chi la pensa come me? come evitare che mi trattino da “aliena fondamentalista”? non è dal confronto, dalla discussione, che passano i cambiamenti di cultura nella direzione che noi tutt* auspichiamo e per i quali ognun* di noi si applica quotidianamente attraverso il suo vivere sociale? ma questo cambiamento, se non è veicolato/suscitato dal confronto, in quale altro modo può avvenire? io discuto perché lo trovo importante per la mia crescita. senza confronto non c’è nessuno scarto, nessuna possibilità di modificare se stessi. e sempre da lì si deve partire. dalle proprie contraddizioni a confronto con quelle degli altri.

come stare nel mondo e allo stesso tempo evitare la valanga di merda che arriva addosso, oggi sotto forma di richiesta di tenere la bocca chiusa su certi argomenti? come vivere il compromesso? si deve davvero accettare ‘sto compromesso?

Jo’ (risponde ad A.):

Mi dispiace enormemente per ciò che ti è successo, ma proprio come sostenevi è  una cosa che può capitare (abbastanza spesso in verità) alle femministe. E  figuriamoci ai disertori, posso solo immaginarlo! Purtroppo questo tipo di  tematiche sono argomento tabù, ma con alcuni “compagni” gli argomenti tabù  alcune volte sono proprio a vagonate, il femminismo è chiaramente uno dei più  gettonati nell’ostracismo, ma anche la religione non è malaccio e ti consiglio  se proprio vuoi spaccargli i maroni di provare anche con la differenza tra  antisemitismo e antisionismo…in realtà in questo paese gli argomenti da NON  trattare stanno cominciando a diventare un pò troppi per chiunque (mai parlar  male di Vendola ai vendoliani, di Grillo ai grillini, di Benigni, Saviano e  compagnia ai piddini..abbasta!)

Non so neppure io come fare con i compagni che sbagliano, tantomeno con le  compagne, di solito mi comporto di conseguenza in base a ciò che è accaduto. Alcune volte credo che insistere non serva a nulla, non sono testimone di Geova e non ho voglia di convertire nessuno, non è difficile capire con chi si può avere un dialogo in questo senso e con chi no. Certa gente non VUOLE neanche ipotizzare che le cose possano stare diversamente da come gli suggerisce il
grande coniglio rosa nel giardino della sua fantasia e tu sei esclus* solo perchè non hai le sue stesse idee (politiche, sociali, religiose, musicali ecc). Con altre persone invece può capitare di non avere nessuno scambio perchè annuiscono, fanno sìsì con la testolina e ti danno sempre ragione ma poi si comportano in tutt’altro modo. Con altre ancora ti ci scontri invece quotidianamente, magari ti arrabbi tutte le sante volte e finisci per instaurare quegli strani meccanismi in cui ognuno resta delle proprie idee (a volte anche opposte) ma poi si finisce per provare una grande stima reciproca perchè nessuno si sognerebbe mai di escludere l’altro a causa delle proprie convinzioni. E poi ci sono quelle persone con cui si hanno idee simili e allora ti senti nel tuo elemento, ti senti accolta, ti senti a casa.
Credo che quello che ti è capitato non sia solo una cosa grave, ma GRAVISSIMA e poco ha a che fare con l’appartenenza politica, sentirsi offesi per una discussione sul sessismo fino al punto di escludere una persona credo che sia un chiaro sinonimo di CHIUSURA MENTALE TOTALE e che i fondamentalisti siano loro (tu non hai escluso nessuno mi pare). Più che altro mi stupisce chi ti chiede espressamente di non parlare di quello che ti pare…
connivente con i negazionisti? Problemi di gerarchie e di potere all’interno del gruppo? Quindi tu saresti la parte “debole” per così dire..beh, solo per questo ci sarebbe da mandarli un pò tutti in analisi, ma non glielo dire altrimenti ti escluderanno fino alla fine del mondo.

Guerrilla Girl Terrona (risponde ad A.):

l’esclusione sociale è la prima forma di mobbing che viene fatta su chi non la pensa nella maniera “comune”.
alle elementari mi@ figli@ veniva pres@ in giro perchè noi genitori avevamo chiesto che nell’ora di religione lui facesse altro. che so: storia delle religioni per esempio. di tutte le religioni. dato che nella sua classe, multietnica, tra l’altro, c’erano bambini di altre etnie, mi@ figli@ veniva soltanto messo in una stanzina a fare niente assieme agli stranieri. oggi va alle superiori e ancora ci ringrazia per avergli permesso uno scambio culturale che gli è servito moltissimo negli anni a venire. in realtà ha conosciuto si la storia delle religioni e ha conosciuto molte altre cose che ne fanno la persona intelligente e aperta che è adesso.
ti parlo di mi@ figli@ perchè è attraverso l*i che ho provato quello che provi tu. i bambini vengono invitati alle feste di compleanno. alle feste vengono accompagnati dai genitori. più spesso dalle madri. e le madri dovranno pur conversare. e se la conversazione è stretta da alcuni limiti tutto diventa più difficile. scivolare su argomenti più privati viene giudicata una forma di intromissione. quindi per tante persone la socializzazione è una vuota prova di presenza in un tal posto alla tale ora. oltretutto non si può essere invadenti in un contesto che poi si vendica escludendo dalle feste tu@ figli@. ed è in quei casi che mi sono sentita davvero a disagio. mai la possibilità di essere se stessi. mai la possibilità di rlevare contraddizioni evidenti.
ma se tutto ciò è in qualche modo comprensibile quando c’è di mezzo un* bambin@ certamente non lo capisco ne mai lo avrei accettato nelle relazioni con gli adulti.
funziona tra amici o negli spazi in comune di militanti. dovrebbe essere chiaro che sono i sessisti che dovranno essere esclusi e non il contrario.
vedi questa lista, per esempio, sta in un progetto, autistici, che da quel che leggo nella policy è antisessista. chi partecipa a questo progetto in qualunque modo deve seguire questa policy. idem per un centro sociale. se c’è un compagno che fa lo stronzo con una donna bisogna che sia la donna a sentirsi inclusa, circondata di solidarietà e non il contrario.
la società tutta, ed è in fondo uno dei motivi per cui lottiamo, dovrebbe essere women friendly, e chi avanza questa pretesa viene giudicat@ male. lo sappiamo. ne siamo consapevoli. ne teniamo conto. ma andiamo avanti non perchè la nostra sia una crociata mistica ma perchè quello che facciamo ci riguarda tutti i giorni. perchè ogni giorno io devo guadagnare un pezzetto di libertà per me. perchè l’alternativa è morire. e questo lo sappiamo tutte. è necessario, come l’aria, come il cibo, come la cultura.
e quindi per quello che riguarda le conversazioni tra amici, il punto non credo sia di restare chiusa in un ghetto, perchè non è di ghetti che parliamo, ma di creare degli spazi sociali in cui i tuoi argomenti possono crescere con te. possono essere sviluppati. ci può essere un confronto senza che nessuno ti guardi come se fossi una visionaria perchè hai messo in dubbio l’esistenza di dio.
perchè quando parliamo di uomini e violenza sembra davvero che si metta in dubbio l’esistenza di dio. e l’atteggiamento ricorrente è quello di chi ti dice “oh, ma tu ragioni così perchè sei femminista” come se le donne non sedicenti femministe invece amassero farsi picchiare dalla mattina alla sera.
è una strategia misogina, che va combattuta, senza spammare e senza il fanatismo integralista dei fascisti maschilisti che fanno stalking all’umanità per convincerti che la violenza sulle donne è un bene.
contamini le persone nella tua vita di tutti i giorni, in un modo o nell’altro, dove svolgi le tue battaglie serie. quando stabilisci delle regole in casa tua che non violino i tuoi millimetri di libertà e quando sul lavoro lotti per ottenere rispetto. quando ti sganci poco a poco dalla dimensione di una famiglia patriarcale e persino quando dal parrucchiere conversi con la signora che si fa la permanente e scopri che ha un genero che ha massacrato sua figlia e che lei ti sta a sentire quando le racconti che esiste qualche legge che può esserle utile per difendersi.
in realtà poi la gente è più simile a noi di quanto non si creda. perchè non c’è donna che non viva problemi come quelli di cui noi parliamo. non c’è donna che non sia stata almeno una volta nella vita mortificata, umiliata, abusata, stuprata, picchiata, comunque discriminata, nella vita, nel lavoro, nello studio, in famiglia, fuori. […]

Wildsidez (reply to A.):

La consapevolezza di me è arrivata dopo aver subito una violenza maschile. Prima, delle questioni di genere ne sentivo solo parlare, anzichè rifletterci sopra e sentirle nella propria carne. Prima, davo la priorità ad altre cose. Ed è vero che ad “emarginare” chi riflette su queste cose, sono anche le donne stesse.
E se, oltre ad essere consapevoli, si ha la “sfortuna” di essere anche eterosessuali, riuscire a trovare un compagno di vita e di dialoghi decente, minimamente egualitario e non maschilista, è più difficile che vincere al superenalotto.
Dopo aver acquisito questa consapevolezza, si può solo LASCIARE il partner che ti obbliga a pensarla come lui o ad accettare le sue priorità, quel partner (magari antifascista in pubblico ma maschilista in privato) che dà per scontato che è la donna che deve adattarsi all’uomo e non viceversa, e neppure vicendevolmente come dovrebbe essere in qualunque relazione equilibrata tra esseri umani. La consapevolezza ha un prezzo molto alto, se non sei disposta a barattare la tua dignità di persona con la “compagnia” di qualcuno.

Feminoska (reply to A.):

[…]

E’ così. Devo dirti quanti ‘compagni’ hanno atteggiamenti machisti o violenti, o di dileggio delle ‘compagne’, o dei ‘finocchi’ eh…o cosa che mi fa ancora più arrabbiare, che quando si deve discutere di qualcosa che c’entri con l’antisessismo fanno parlare le compagne con un gesto pseudocavalleresco che in realtà indica disinteresse totale per il tema…insomma, serata antifemminista? Beh, ve la cantate tra di voi, noi se ne approfitta per fare un pò di “supermachoantifaboxe”!

Ciò dimostra quanto siano bigotti e irregimentati anche gli ambienti che si definiscono libertari o antiautoritari.

In ogni caso non è che tu devi vivere nel ghetto perchè le altre persone non sono all’altezza, ma sono le altre persone che ti ficcano volente o nolente nel ghetto, non accettandoti o cercando di normarti… allora la domanda che ti devi fare è: potrei vivere serenamente fingendomi diversa da ciò che sono, o peggio, piegando ciò che sono a ciò che è politically correct per una categoria di persone (perchè poi non è qualcosa di universalmente valido, of course). La risposta a questa domanda è la risposta al tuo dubbio.

In fondo l’apertura al confronto è possibile solo se si è disposti a mettersi in discussione, e perciò cambiare quando sia necessario. Questa è una qualità umana che definirei “rarefatta”, e la civiltà egocentrata nella quale viviamo non facilità certo l’illuminazione etica.

Io non accetterò mai (di fingere ndb), perchè non sarei più io, e preferisco essere me stessa infelice e incazzata, che un’altra comunque infelice ma rassegnata (tanto la felicità è a sprazzi, e poi come fai ad essere genericamente felice in un mondo così pieno di ingiustizie? Puoi avere momenti di felicità, ma se per dirla in soldoni, stai dalla parte del più debole – o sei il più debole – le botte le prendi anche te – magari però ti togli la soddisfazione di restituirle). Perciò io ti dico che no, non lo devi accettare sto compromesso, perchè ti ‘compromette’ nel vero senso della parola con l’unica persona a cui devi fedeltà, ossia te stessa. Vedi qualcuno che lo accetti *veramente* felice? Ci arrivano anche le soap operas a definire le ‘desperate housewives’…

Dimenticavo: nel ghetto ci stanno loro, sono come pecore autorecluse in un recinto mentale – più resistente allo scardinamento di qualsiasi gabbia.
Tu sei libera, come un uccello selvatico, puoi volare dove loro nemmeno si sognano di farlo perchè non se lo permettono… davvero sceglieresti di intristirti nella gabbia per sentirti meno sola, o vale la pena cercare altri selvatici che come te conoscono il valore della libertà? 🙂

Lafra (risponde a Feminoska):

sono talmente d’accordo con questa affermazione che sento il bisogno di dirvelo! e l’immagine è stupenda! ho proprio voglia di stiracchiarmi le ali perché ultimamente ogni piccolo compromesso che ho dovuto fare mi è già diventato stretto. siamo streghe no? e allora voliamo alto! un abbraccio svolazzante

FikaSicula (risponde a Lafra, Feminoska e A.):

beddamatri come sono d’accordo 😀
della serie “sei sola quando sei sola o sei sola anche quando stai in mezzo a tanta gente”.
per dire: alla manifestazione del 13 febbraio quante tra voi hanno avvertito una sensazione di solitudine sociale? eravamo presenti per sentirci meno sole o per affermare l’esistenza di altro rispetto a quello che c’era? non fosse stato così avremmo fatto volentieri a meno di quel bagno di folla o no?
e si chiama sopravvivenza e senso delle priorità.
d’altro canto l’ostracismo è una dimensione che viviamo anche nelle nostre realtà. il mondo vive in branco. le streghe che vogliono volare lontano sono in numero assai ridotto.
non mi ricordo chi l’ha detto, forse wildsidez, rispetto al fatto che la scelta di vedere, sentire e pensare rende precaria la vita affettiva.
ma perchè? chi invece non vede non sente e non parla (o non pensa) ha una vita più semplice? a me risulta che ci sono donne che hanno tanti lividi e in casa sono obbedientissime.
e in generale gli affetti sono una cosa ampia. costruisci la tua rete a partire dalla consapevolezza che con quegli affetti vuoi stare bene.
sia che sei etero che se sei lesbica cerchi una persona che diserta i ruoli o che sta compiendo una ricerca, una crescita che può essere anche diversa da quella che compi tu ma comunque sarà pur sempre una ricerca.
abbiamo vissuto troppa vita e sappiamo troppe cose per perdere tempo con soggetti ai quali devi spiegare l’abc delle relazioni umane.
come dire, chi sta con me o partecipa alle mie lotte esattamente come io partecipo alle sue o altrimenti ciao ciao, è stato bello e amen.
la vita è troppo breve, sorelle, noi valiamo tantissimo, dobbiamo essere certe che la nostra intelligenza non può essere sprecata con chi la insulta, e ci piacciono di più le persone complesse che si pongono dubbi, hanno capacità critica, sono curios* rispetto a quello che resta censurato piuttosto che quell* che si nascondono dietro le certezze per non perdere l’uscita del sabato sera con partecipanti decorativi.
@adri: hai mai pensato di mandare agli appuntamenti una bambola di gomma con un sorriso stampato in faccia e con un registratore incorporato che ripete cose gradite agli ospiti?

Agnese (risponde a tutte):

Dopo aver passato una settimana di malumore, per colpa del 13 febbraio, e di riflessione (anch’io!) sulla solitudine prodotta dalla consapevolezza, i vostri messaggi mi restituiscono il sorriso. Grazie a voi ho trovato la catarsi realizzando una vignetta che ho pubblicato sul mio blog : http://blog.benio.fr/index.php?post/2011/02/20/Lo-scorso-13-febbraio

A.:

oggi sono già più infuriata che ferita. è un buon passaggio per le azioni a venire! è come se stessi passando una fase di metamorfosi. la vecchia pelle è fatta anche di relazioni affettive con persone che hanno scelto altre direzioni, che non contemplano anche la mia. anzi la escludono o la negano. appunto il prezzo da pagare. a volte provo fatica ad ammetterlo e a gestirlo. però le ali ci sono. eccome. meglio strega sola ma aperta al mondo che compromessa con me stessa! leggervi mi ha fatto un gran bene. come sempre.

Zia Tolly (risponde a tutt*):

Mi ricollego a quello che ha scritto A. in ultimo: leggervi mi ha fatto bene, come sempre.
Ringrazio il giorno in cui ho digitato la parola femminismo su google e mi ha suggerito “Femminismo a Sud”. Mi avete aperto a nuovi scenari, avete dato voce e concretezza ai miei pensieri e soprattutto mi sono sentita meno aliena.
Non mi consola il fatto che ci siano altr* che si trovano nella mia stessa situazione di esclusione. E non mi consola neanche sapere che di compagn*anomal* ce ne sono tanti. Uno di questi ha cercato di violentarmi ma purtroppo per lui ha trovato i miei calci. Quell’aggressione nonostante tutto mi ha segnato e potete immaginare quanto. E sapete quale fu la prima cosa che mi disse? “Adesso farai scrivere un bel post su Femminismo a Sud?”. Capito che tipo….
Io non frequento centri sociali, soprattutto perchè nel mio paese sperduto dal mondo non ne esistono e un per timidezza soprattutto non sono mai riuscita a entrarci in quelli napoletani, ma seguo le loro lotte e le appoggio anche concretamente appena mi è possibile. Ho partecipato a tante manifestazioni da quelle contro le discariche a quelle studentesche. E devo dire che più o meno i visi ho imparato a conoscerli, anche grazie a fb. Alla manifestazione del 13 io ero in piazza e di quei volti ne ho visti davvero pochi. Non è esclusione anche quella. La gente che non ha fatto altro che condannare l’indifferenza della gente per le lotte anti discariche o nelle lotte a sostegno degli operai fiat dove stava?
Anche in quell’occasione mi sono sentita sola e non solo quando mia cugina, compagna di una vita, si dilegua perchè io metto in discussione la religione che ci hanno propinato o quando mia madre mi dice che sono un diavolo….

Lorenzo (risponde a tutt*):

Non manco più, ormai da qualche tempo, di far sentire le mie parole di disertore sempre e comunque, tutte le volte che sento “puzza” di sessismo o peggio. Ed è stato questo – lo dico senza problemi – a farmi capire subito chi fossero gli amici e chi no. Gli amici, e per ora intendo maschi, stanno a sentire, si confrontano, condividono, apprezzano, qualcuno prova a seguirti. Io non chiedo “conversioni”, chiedo una serena riflessione. C’è chi si rifiuta di farlo: i miei sentimenti non cambiano, ma quella persona, per me, è segnata. So che non posso condividere con lui cose importanti. Pazienza. Quel maschio invece che si oppone, che risponde risentito o offeso o ridendo alle mie parole, per quello ho una sola parola: fascista. Puoi essere dentro i centri sociali, avere tatuato il Che ovunque, vestirti con pagine del “Capitale” cucite insieme: sei fascista. Il perché è ovvio, e non ci sono alternative. Non puoi riempirti la bocca di antirazzismo e di “anticapitalismo” e ridere dell’antisessismo. Sei un cretino ipocrita – nella migliore delle ipotesi – o un criptofascita – in quella più generale. Punto. In entrambi i casi, stammi lontano ché puzzi forte. Giusto ieri sera chiacchierando un’amica raccontava stupita di come il compagno potesse essere tanto “tranquillo” e “di sinistra” su tante cose per poi diventare rosso di rabbia e gridare “‘STA BOCCHINARA!” appena vede il nome o la faccia di XXXXXXXX. C’è tanto lavoro dare, gente. Tanto.

Giusi (risponde a Lorenzo):

Fino a ora  non ho scritto perchè mi piace parecchio ascoltare …
In  realtà  non ho molto  da aggiungere a quanto  già detto, ma la mail di Lorenzo mi ha suscitato una piccola riflessione
Per il suo “catalogo” di qualità delle relazioni quasi tagliato con l’accetta 😉
In effetti il grande equivoco, perlomeno nei gruppi di donne che frequento, è quello di instaurare (apparentemente) relazioni personali&politiche.
Avviene cioè  quello  strano  fenomeno per cui la cerchia delle relazioni amicali coincide in parte con quella  “politica”.
Salvo poi sputare fuori quello che risulta incongruo, spostante e problematico nella vita e nelle relazioni tra le persone.
Il  punto  stà qui: la  vita reale delle persone è spesso scollata dalle enunciazioni di principio per cui:
si agisce “politicamente” quando si và in piazza, si discute nelle riunioni, si partecipa alle  iniziative etc …se ci sei (forse,  ma forse) vali,
ma agire politicamente anche nel privato\quotidiano è tutt’altra  faccenda.
Ho  la  fortuna di un compagno per niente sessista – nei fatti – e in grado di discutere sulle questioni di principio
Però,  a  proposito di accetta, mi hanno sempre colpito le sue valutazioni su i miei momenti di crisi in cui, lavorando in\con gruppi femministi, mi sono sentita emarginata
Anzi per dirla tutta l’espressione giusta sarebbe “non socialmente rilevante”
L’analisi che fà lui è: ci sono le persone con  cui “fai le  cose” e poi ci sono “gli amici”.
Quindi mi viene  da pensare  che  questa  modalità molto “maschile” (passatemi la generalizzazione), sia in qualche modo LA modalità
che presuppone perlomeno la rimozione della discussione sui comportamenti, specie se sessisti e omofobi (e spesso tra le donne anche non-solidali) di “amiche\amici”
Quello che accade spesso è che  questa  modalità diventa sotterranea e dietro l’apparente costruzione di relazioni di condivisione profonde e piene,
c’è  solo superficie, o  perlomeno parzialità  (non dichiarata, però)
Esistono strutture gerarchiche non esplicite nei meccanismi  di discussione di gruppi e assemblee (anche e specie nei centri sociali)
in cui l’orizzontalità delle discussioni è solo un’enunciato di principio.
Voglio dire, e poi chiudo,  che ci sono modalità e  meccanismi talmente radicati anche negli ambienti più “insospettabili” che parlarne diventa la cosa più difficile.
Ma non sono pessimista.
Individuare le  “strutture” di pensiero nascoste è un  buon passo, e il primo da fare,  per cambiarle.

Posted in Fem/Activism, Pensatoio, R-esistenze.


One Response

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Lorenzo Gasparrini says

    E te pareva che l’email non mi funzionasse proprio in questi giorni…

    Non so se è una pratica condivisibile, ma io chi assume posizioni aprioristiche contro il sessimo lo chiamo con l’unico nome possibile: fascista. Anche se è un amico – anzi, soprattutto se lo è – gli faccio notare come sia stupido e contraddittorio, per esempio, detestare il razzismo in ogni sua forma e poi usare un linguaggio e un pensiero sessista. In genere questa sveglia è sufficente, dopodiché il passo successivo è, appunto, l’aggettivazione più consona: fascista. E senza ridere. Poi quello può pure avere il Che tatuato sulle chiappe e vestirsi con pagine cucite del “Capitale”; sempre fascista sei, parlano i fatti.
    Non ti sta bene? Ciao. E’ un tuo problema, sei tu che discrimini e usi violenza. Ripassa quando ti sei dato una ripulita.
    Finora – l’ho già detto altrove – c’ho solo guadagnato.