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Alcune riflessioni sul 13 febbraio a Milano

di Monica Perugini

Non c’era un briciolo di posto, nonostante la pioggia battente per gran parte del pomeriggio, 60.000 persone c’erano davvero….

Come gruppo abbiamo diffuso oltre 2500 volantini e il banchetto è stato veramente preso d’assalto, le donne chiedevano e leggevano con attenzione l’appello e il testo e il nostro striscione con le bandiere e i fazzoletti rossi ha fatto centro!

Certo se si fosse organizzato il corteo… sarebbe stato possibile lanciare qualche parola d’ordine più efficace e unire le persone che non erano in sintonia con la baracconata mediatica della organizzazione che dalle modalità espressive,  caratteristica dello stile urlato berlusconiano ha decisamente imparato molto…. ma che pare di questi tempi funzionino  più che mai. Il corteo infatti è stato trasformato in manifestazione, così come del resto anche il patetico e melodrammatico appello della Gregorio  aveva dovuto subire inversioni di rotta.

Da  tempo ormai, non  c’è comizio o intervento su problemi sociali e politici che non veda l’assalto in massa dei big televisivi.

A Milano da un po’ va per la maggiore Lerner:  ce lo eravamo ritrovato anche al comizio della Fiom dopo don Gallo, che c’entrasse non si sa…..  E c’era anche domenica. Uguale. Una volta ci si lamentava dei politici sempre presenti, adesso ci sono i giornalisti che dettano la linea, gli attori, i presentatori e gli esperti tv: di tutto di più! Alla fine il discorso non poteva che risultare dispersivo e incongruente, zeppo di un linguaggio sessista e con immancabili doppi sensi che si dice a gran  voce di non voler più sopportare, essendo appunto donne/uomini per bene… la solita ipocrisia e il piccolo gusto di permettersi una battutaccia verso il vecchio sporcaccione che ci piace di più offendere come tale che non come avversario di classe che ha ridotto la gente di questo paese a quello che oggi è.

Una dritta però arriva subito.

In avvio fra le primissime a parlare, presentata come una star, direttamente dal PalaRHO dove si svolgeva il congresso dei post fascisti, Flavia Perina che interviene dopo una poesia sulla patria che ha fatto fischiare la piazza, non tanto perchè internazionalista, ma che non credeva possibile poter tornare  alle elementari di 40 anni fa,  quando la Lega e soprattutto ipocrisia e demagogia non erano ancora state  svelate dal disinganno.

Ecco dunque  il nuovo corso del il PD, organizzatore occulto o preteso dell’evento:  raccoglie le firme per cacciare B e  lancia l’appello con le donne perbene, anche se fasciste, che importa se hanno governato con la destra fino a ieri e proprio ieri approvato la riforma Gelmini, una delle maggiori nefandezze degli ultimi anni, in particolare per le donne che, in massima parte precarie e in gran numero insegnanti,  ne stanno vedendo delle …brutte. Che importa se hanno approvato il collegato al lavoro, tolto il divieto alle dimissioni in bianco per le donne. Silenzio tombale.

Si glissa anche sull’avanzato stato di smantellamento dei consultori pubblici, a partire dall’Emilia, per non parlare della Legge Tarzia del Lazio, si fa finta di niente anche se proprio questi sono i problemi patiti dalle donne e che ne limitato e privano l’autonomia!

Oggi FLI appare la salvezza per una democrazia messa in ginocchio da un tipo impresentabile col quale proprio a Milano,  pochissimi anni fa, quegli stessi fascisti avevano fatto insieme un mega partito di governo che partiva da Milano…. non sapevano chi fosse?

Insomma: ben presto il palco ha dimenticato di parlare delle donne, a parte Franca Rame e un breve accenno sulla condizione delle lavoratrici, la direttrice del carcere di Bollate si è dimenticata di dire che le detenute straniere, in realtà, oggi e senza condanna, stanno nei CIE, inaugurati dalla legge Turco / Napolitano  e che le magrebine sbarcate coi figli a Lampedusa,  sono ostaggio di una legge razziale che si chiama Bossi / Fini.

Quanto a battutacce da taverna, poi, la conduttrice,  una siciliana attrice di cui non ricordo il nome, non aveva niente da invidiare alle idiozie che sentiamo nei quiz televisivi di ogni canale.

Non è mancata la passerella politica nel parterre: tutti insieme contro B,  senza dire  cosa vogliamo fare davvero se ce la facciamo a mandarlo via. Se faremo nuove leggi per le donne e per le lavoratrici, se cambieremo quelle attuali di cui ci lamentiamo, se imposteremo un diverso tipo di società, basato su  principi diversi dall’omologazione imperante, legati all’eguaglianza sociale nelle differenze, alla esigibilità del diritto …

Niente, l’emergenza è cacciare un tiranno impresentabile;  ma mi sa che così lo sia diventato anche perchè proprio sulle scelte e sulla sua cultura di riferimento, nessuno di quelli di oggi che hanno organizzato l’evento, abbiano mai avuto intenzione di contrastarlo.

Se  domenica si fosse presentata la Marcegaglia e come nelle Casalinghe Disperate della FOX avesse cacciato a calci il malfattore, sarebbe stata incoronata dalla folla: che c’entra se poi chiude Mirafiori e delocalizza, tagliale pensioni, fa lavorare 10 / 12 ore al giorno senza garanzie sociali e diritti, taglia i servizi, privatizza acqua, beni comuni  e risorse, privatizza Finmeccanica, compravende banche di quà e di là del Mediterraneo? …. senza addentrarci nelle questioni di genere e soffermarci sulle leggi etiche….

L’asservimento ai media maschera l’indignazione per la politica, ma i partiti i media li hanno già conquistati da tempo, sono diventati un unicum, col risultato che adesso i leader sono i presentatori.

E per chi non ha più nemmeno una classe dirigente presentabile e credibile e si riduce a far battute e improbabili sintesi con modi di dire che non hanno lo scopo di rendere semplice l’analisi, ma sono proprio solo semplicistiche e superficiali frasi fatte, non resta che questa delega che tanto piace.

E’ come se una volta avessimo dovuto ricorrere direttamente a Pippo Baudo o alla Ricciarelli, a Mike o Daniela:  allora erano  loro a  nascondere i loro velati scandali privati, allora permessi poichè si trattava di gente di spettacolo. E adesso che differenza fa? Qual è la diversità fra i due spettacoli?

E se la politica di questa gente,  da Bersani a Vendola, da Di Pietro a Ferrero, da Pisapia ai post fascisti va bene così, anzi essi credono di aver convinto la piazza che basta la spallata, poi… ci pensano loro a governare!  la piazza ha risposto che quello non è il loro sogno, già nella difficile Milano di domenica era molta gente era diversa,  anche se intruppata ad arte ad ascoltare lo show.

Organizzazione di base non ce ne poteva essere nella città borghese per eccellenza che ha, sistematicamente e da tempo, diviso i lavoratori,  chiuso le fabbriche, attaccato il conflitto, la lotta e la critica,  trasformando tutto in cemento e vetrine.

Ma alla stantia piccola borghesia attaccata al teleschermo e alla voglia di applaudire finalmente dal vivo e non in salotto, quante donne, ragazze, straniere con varie sfumature,  hanno risposto cogliendo la consapevolezza che ci si sta giocando davvero tutto. E se il lato osceno di B non avesse preso di mira questioni attinenti al sesso, alla sottocultura maschilista, all’ipocrisia cattolica,  al moralismo ed alla regressione sociale, la piazza non si sarebbe di certo riempita.

L’evidente strumentalizzazione che il PD ha tentato di mascherare porgendo il fianco e lasciando il palco ai post fascisti in nome della trasversalità e della sua ansia di potere senza consenso, è riuscita solo in parte: si vedrà sulle cose da fare e sulle scelte politiche cosa  combineranno Bindi & c.: la spiaggia è proprio l’ultima.

In compenso buona parte della gente che è scesa in piazza domenica non è più disposta a ingurgitare di tutto per fermare il despota: poichè la sua sottocultura è già passata, è già stata introiettata anche dal gergo, dal vocabolario neosessista e ordinariamente volgare, in molti stanno comprendendo che non basta cacciarlo, ma serve rifare le basi di una convivenza civile che non può più essere quella che i figliocci dell’eterno D’Alema, ovvero del reale salvatore di un despota allora in disarmo, che pur di mediare l’impossibile per salvare postazioni di mero interesse e potere limitato alla casta dei suoi, ci ha sbattuto il tiranno sulla schiena più forte che mai mentre gli interessi e gli affari legati all’azienda PD, dalla banche,  alle coop, ai consigli di amministrazione, proliferavano a gonfie vele.

Monica Perugini

Sinistra Popolare

Posted in Fem/Activism, R-esistenze, Scritti critici.


2 Responses

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  1. Cristiano L. says

    Non capisco l’accusa di berlusconismo alle manifestazioni di domenica scorsa: purtroppo o per fortuna, le mobilitazioni di piazza, i comizi dal palco e l’alto grado di emotività nei comizi preesistono a Berlusconi, e non li ha creati lui. Farei attenzione a non ricondurre qualsiasi aspetto del presente a questo tragico ultimo ventennio di vita politica. Ma forse, avendo partecipato alla manifestazione di Torino, intesa come un enorme flash mob con successivo corteo (niente palchi né comizi), posso aver avuto un’impressione differente.

    Non capisco neanche l’uso (non solo tuo) del termine “borghesia” come strumento per racchiudere chi ha posizioni politiche o origini sociali diverse in una comoda etichetta da delegittimare (e in questo, l’accusa della Gelmini di “poche radical chic” funziona nello stesso modo). Io ho due genitori in pensione, facevano gli impiegati: sono un piccolo borghese? A me sembra che l’etichetta abbia perso qualsiasi valore descrittivo (soprattutto nel modo in cui la usi in questo post); ma ha certamente conservato, questo sì, un valore emotivo e retorico.
    Infine vorrei fare un paio di considerazioni e domande, fuori da intento polemico.

    A me sembra che quando si scende in piazza non succeda mai – a parte nei rari casi di manifestazioni indette da un solo partito o una sola sigla sindacale nei quali ci si riconosce – di trovarsi circondati da persone che la pensano tutte allo stesso modo e tutte come te. La piazza è necessariamente un luogo di confluenza di anime e visioni politiche diverse attorno – si spera – a un minimo denominatore comune. Ed è anche, inevitabilmente, un luogo di semplificazione temporanea del discorso politico. Naturalmente, prima e dopo, è giusto discutere e sviscerare il dibattito su quel minimo denominatore comune: da spettatore esterno, mi sembra che il pensiero e i movimenti femministi siano particolarmente attrezzati per questo, proprio a causa delle loro articolazioni e differenze, che spesso assumono toni forti. Anche se capisco quelle donne che, davanti alle divisioni, dicono: “dobbiamo proprio dividerci tra noi, in un momento come questo?”, mi viene comunque da pensare che le donne (come gli uomini) non sono tutte uguali, neanche quando scendono in piazza per i propri diritti.
    Detto questo, però, l’identità di un singolo movimento o di una singola corrente di pensiero non si gioca nella piazza e in occasione della partecipazione a una manifestazione. Domenica, in piazza, non avete (abbiamo) deciso dove devono andare i movimenti delle donne, o come si risolveranno i problemi delle donne in Italia; domenica abbiamo espresso disagio e indignazione, oppure, secondo una formulazione meno “borghese”, abbiamo cercato di alzare il livello di conflitto sociale partendo dalla centralità delle questioni di genere. Nessuno ci obbliga ad abbandonare la lettura di Foucault, Spivak o Braidotti per abbracciare quella di Nussbaum, Giddens o Alberoni (che comunque non fa male, a parte forse Alberoni) solo perché abbiamo condiviso la piazza con una femminista liberista o una giornalista di destra. Possiamo continuare a pensare con la nostra testa.
    Se non siete d’accordo con queste osservazioni – lo ammetto – tutto sommato banali, come avete potuto partecipare con il vostro banchetto nella stessa piazza della manifestazione generale? E se siete d’accordo, perché passare la seconda metà di questo post a criticare e delegittimare una manifestazione a cui avete partecipato? Nel complesso, il successo di quella manifestazione è stato un successo anche per voi, oppure no?

    Come uomo, io ho partecipato alla manifestazione sia per solidarietà verso le donne che conosco (solidarietà era una parola di sinistra, una volta; e penso che un uomo possa essere solidale alle lotte delle donne – di tutte le donne, non di “mogli madri e sorelle” – in modo non paternalista); sia perché sono d’accordo sul fatto che le orge di Arcore hanno aperto una “questione maschile” ancor prima di una “questione femminile” in relazione al potere in Italia, come hanno scritto tra gli altri Ida Dominijanni e Stefano Ciccone; sia, infine – e lo ammetto – perché credo che in questo momento avrei partecipato a qualsiasi manifestazione mirata ad esprimere il dissenso dell’opinione pubblica verso Berlusconi e a mettere sotto pressione il governo e la classe politica tutta. Non dico questo per minimizzare le rivendicazioni delle donne; lo dico perché penso che sarebbe utile mettere la manifestazione di domenica in un contesto più ampio, perché abbiamo il dovere di guardare quello che succede attorno a noi e sopra di noi. Questa è l’ultima fase – forse la più pericolosa, certamente la più imprevedibile – del ventennio berlusconiano, e la mobilitazione di domenica scorsa è stato un pezzo importante di questa fase, del conflitto e del dissenso crescenti, di un’immagine dell’Italia che sta cambiando anche sui giornali stranieri, ecc. Non penso che l’Italia senza Berlusconi si trasformerà istantaneamente in un paradiso terrestre; ma che sarà un paese un po’ “meno peggiore” di oggi, sì. E quello che diventerà dipenderà anche dai movimenti sociali, dai movimenti delle donne, da quanto terranno (terremo) presente le questioni di genere nell’immaginare un nuovo paese.
    Se la manifestazione “Se non ora, quando?” avrà contribuito a far vacillare il governo e al tempo stesso a riportare all’attenzione di chi vuole progettare un’alternativa un problema fondamentale (più problemi!) come quello dei diritti delle donne, penso che le si possano perdonare i limiti o le generalizzazioni di cui è stata accusata.

  2. francescap. says

    Condivido le riflessioni di questo post , io ho portato la mia testimonianza in piazza Castello non per applaudire dal vivo , non per essere strumentalizzata dal mio partito ma perchè sono una femminista di 40 anni , sono viva e voglio parlare, urlare, studiare e voglio insegnare a tutte le bambine il femminismo. Come disse una grande donna meridionale direttrice di un giornale e martire della rivoluzione napoletana del 1799 Eleonora Fonseca Pimentel: “Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo” .