Che significa concretamente che una donna su due non ha un lavoro e ha perfino smesso di cercarlo?
Significa che le donne sono sempre più dipendenti dalle famiglie di provenienza, dai partner, senza più la speranza di una autonomia, a riadattare le proprie esigenze ad un modello di vita che poteva essere forse quello delle nostre nonne ma di sicuro non è il nostro.
Significa essere di peso perché chiunque sborsi gli euro per darti una mano a tirare avanti comunque non ce la fa. Perché il lavoro delle donne non è neanche un vezzo ma una necessità.
Significa totale assenza di prospettiva, con la necessità di reinventarsi senza sapere da dove iniziare per farlo.
Significa essere senza futuro, accontentarsi di niente, in un paese dove l’unica possibilità sembra essere quella di darla via a pochi o molti soldi al primo che passa. Dove l’unico bene mercificabile sembra essere solo il nostro corpo. Dove il nostro destino è unito a quello di tanti giovanissimi uomini e giovanissime donne che sanno di non avere prospettive e perciò manifestano e si arrabbiano, così come dovremmo fare noi.
C’è una intera generazione di donne che va dai 35 ai 45 anni che non rientra più nei contratti di apprendistato, viene guardata con sospetto se non ha ancora un figlio perché potrebbe sfornarlo di lì a poco, viene liquidata con giudizi crudeli che non lasciano alcuna via di scampo.
Hai lavorato per dieci anni immaginando di poter mettere fine alla precarietà e invece la precarietà c’è ancora e come se non bastasse perdi perfino l’unico lavoro che hai. E bisogna fare uno sforzo terribile per non reagire con violenza quando il tizio che ti fa il colloquio ti dice che se non hai trovato qualcosa di stabile fino ad ora evidentemente deve esserci qualche motivo.
E certo che c’è un motivo, maledetto idiota. E’ la precarietà, è quello il motivo, sono i datori di lavoro come te che hanno prorogato contratti a progetto per anni e che meriterebbero tutti mille vertenze al giorno.
Poi ci sono quelli che ti dicono che sei troppo qualificata e per quanto tu dica che non importa, che hai bisogno di lavorare, allora ti dicono che sicuramente non hai più il fisico per andare su e giù come una trottola. Perché i lavori che danno alle donne sono un po’ sul modello delle marce forzate, la scrivania lì, il computer là, il timbro da mettere due chilometri più giù e bisogna essere pimpanti, felici, gioviali, soprattutto se hai a che fare con quei lavorini da chiacchiera con il cliente, che devi raccontargli un sacco di balle e devi essere anche tanto felice di farlo.
Quanti sono i sorrisi fasulli che regalano le donne? Quante volte alle donne viene chiesto di prostituire i pensieri e le parole? Come mai su venti licenziati in azienda 18 sono donne e solo due sono uomini?
E non puoi neppure dire questo perché già ti fanno sentire in colpa ché a desiderare le pari opportunità nei licenziamenti si fa una figura di merda in ogni caso. E non è giusto neppure prendersela con chi resta perché tanto lo sai che tutti hanno bisogno dello stipendio e che i nemici sono quegli altri e non i tuoi colleghi.
Ma è quello che vogliono, perché chi ti riduce a fare l’elemosina scommette tutto sul fatto che ti concentrerai ad alimentare la guerra tra poveri e non capisce quando tu gli dici che stai andando al sindacato per fargli un culo così.
Le donne che si ribellano alla perdita del posto di lavoro l’abbiamo visto come sono trattate. I ministri in televisione che dicono che devono sapersi arrangiare, che è peggio per loro se non hanno fantasia e capacità d’iniziativa. E grazie al cappero che l’iniziativa non ce l’hai perché ti mancano quei venti mila euro al mese che guadagna un parlamentare che non fa assolutamente niente di niente per nessuno a parte se stesso.
E così si spiega anche perché i maschi mirano a sistemare altri maschi e perché in parlamento ci vanno tanti deficienti mezzi poeti e tanto papponi invece che donne capaci e intelligenti che potrebbero fare bene anche quel lavoro.
Metà della popolazione femminile che non ha un lavoro è il collasso dei nostri diritti, è la nostra piena ricattabilità, è la nostra sovraesposizione a qualunque genere di violenza, è la minaccia che ci fa piegare le ginocchia e che ci fa dire di si a tutto pur di avere da mangiare, un tetto, e da campare per i nostri figli se ne abbiamo.
Le donne dovrebbero fare un gran casino, sciopero ad oltranza in tutte le case perché la loro esclusione dal mercato del lavoro le costringe a fare le schiave in casa a tutte le ore facendo risparmiare un sacco di soldi a chi ha fatto del welfare la nostra trappola.
Le donne dovrebbero mostrare tutta la loro rabbia, non perché c’è un puttaniere che usa i suoi soldi per fare dei corpi femminili un bene privato ma perché ci hanno tolto il reddito, ci hanno tolto i diritti, ci hanno tolto tutto.
Possibile che siete ancora lì a chiedervi cosa fare? Che altro devono togliervi per farvi incazzare come si deve? Non vi fa male sentirvi dire che avete l’indole da schiave? Che state bene a casa a farvi mantenere da qualcuno? Non vi fa arrabbiare da morire che qualcuno possa sindacare sulle vostre scelte perché voi non siete in grado neppure di aprirvi un conto corrente alla posta?
Chiedetevelo e quando ne avrete abbastanza fate un fischio. Magari è già ora di fare una bella rivoluzione.
E nel frattempo, mentre state ancora lì a rimuginare, cominciate a comprare di meno. Comprate quasi niente. Mandate in frantumi i consumi, smettete di farvi prendere in giro dalle pubblicità per comprare quella cosa di marca che costa il triplo e vale tanto quanto il prodotto da discount. Mandate in crisi chi vi manda in crisi perchè se non ci sono soldi non possono perfino pretendere che vi indebitiate per mandare avanti l’economia.
Smettete di comprare. Smettete di alimentare un capitalismo che vi sfrutta e vi butta via quando non servite più. L’unica cosa che vi serve è il cervello. Non fatevi rubare anche quello.
@pippokennedy
sei venuto a creare confusione?
@XYZ
“Vuole sapere cosa consigliano alle ragazze appena uscite dalla scuola secondaria?”
è esattamente ciò a cui mi riferivo con “tirare fuori le palle”. Cioè sono le donne stesse a demoralizzarsi e convincersi di avere capacità e attitudini non all’altezza dei maschietti perché ascoltano il parere di qualche genitore sessista è un po’ difficile farla ‘sta rivoluzione.
“ma lei sa, vero, cosa pensano gli stessi ingegneri di una donna iscritta a ingegneria e che magari passa tutti gli esami con 30 e lode?”
per esperienza personale posso dirti che non pensiamo assolutamente niente di male, né i compagni di studio né chi seleziona il personale nelle aziende. E’ il solito discorso, ci sarà sempre il solito ignorante che la pensa a modo suo, ma non vedo il motivo di farsi pesare la cosa.
RIVOLUZIONE, Sì MA DAL FONDO. E BASTA ANCHE con IL DELIRIO propinato da alcune tra “donne reali” e “puttane”…
COSA VUOL DIRE “PUTTANA”?
http://www.micropunta.it/powertothesisters/
Non ho un lavoro ergo non faccio un figlio.
Rifiutarsi di fare figli. E dirlo ad alta voce in tutte le situazioni e luoghi possibili.
Ci insulteranno, derideranno, minacceranno e sbraiteranno. Ma alla fine non potranno assolutamente farci nulla.
Questi credono seriamente di continuare a “vivere attraverso di loro”? Perfetto.
Non c’è assolutamente niente che li terrorizzi di più di morire. E basta.
@Paola
Ti ringrazio, ma io non riesco proprio a trovare qualcuno con cui confrontarmi. Ogni volta che cerco di respirare c’è qualcuno che mi fascia di nuovo. Come si fa a campare così, sempre. Strappi e loro rimettono, strappi e rimettono. Ad un certo punto ti domandi pure se ne vale la pena. Sotto i ponti non paghi le tasse, è vero, ma almeno non esisti e nessuno può più giudicarti se non produci.
@Pippokennedy
Piccolo appunto per Lei. Vuole sapere cosa consigliano alle ragazze appena uscite dalla scuola secondaria? A me, guarda caso, hanno invitato dolcemente ad abbandonare l’idea di iscrivermi presso una facoltà parzialmente scientifica, perché, scondo loro, non sarei stata capace di portare fino in fondo gli studi. E come me chissà quante donne hanno abbandonato quella idea grazie ai loro cari… Nel mio percorso di studi non mi hanno mai seguita. Ho dovuto lottare come una pazza per giungere dove sono ora. Ingegneria? Certo, ma lei sa, vero, cosa pensano gli stessi ingegneri di una donna iscritta a ingegneria e che magari passa tutti gli esami con 30 e lode? Me lo dica lei. A lettere sono di più perché, a quanto pare, una volta conclusi gli studi, i lavori correlati sono anche gli unici lavori disponibili per le donne.
E perché, comunque, nel mio cammino, ho incontrato molte donne laureate in ingegneria, matematica e fisica? Esatto anche matematica e fisica. Ah, no, è vero, forse le ho scambiate per uomini…
Ma veramente pensate che una donna desideri fare la casalinga e la moglie? Ma veramente?
cara rosangela, un commento come quello di pippo rivela tanti di quei pregiudizi che non vale la pena neppure rispondere.
secondo lui ce ne stiamo a grattarci tutto il giorno. buon per lui che non ha presente quanto abbia lottato e lotti tutti i giorni ogni donna che si trova ad avere a fianco.
Volevo rispondere al primo commento lasciato.
Chi dice che NON E’ VERO che la società dà più possibilità agli uomini che alle donne NEGA la realtà dei fatti. Se poteste anche solo per un giorno essere donna e ritrovarvi a 28 anni come me ad andare in giro a cercare lavoro e sentirti dire ovunque ti giri che a quest’età è un pò difficile che ti assumano, allora cambiereste idea. Un uomo a 28 anni è nel pieno della sua fertilità lavorativa. Per una donna è la fine perchè tutti si aspettano che a 28 anni vogliamo sposarci, avere figli e di conseguenza saremmo soltanto un peso.
Allora dimmi, continui a non vederla la differenza?
la soluzione non è come suggerisci invitare le casalinghe a non spendere i soldi guadagnati dai loro mariti…
se proprio volete fare questa rivoluzione – cosa che da maschietto approverei dato che odio uscire con una tipa che ritine culturalmente appropriato che sia io a pagare da bere – tirate prima fuori le “palle” (il messaggio è generico ovviamente). Non è affatto vero che la società dia più possibilità ai maschi che alle donne, è vero però che alla facoltà di lettere il 90% degli iscritti sono di sesso femminile, ad ingegneria è l’opposto – spero di essermi spiegato.
@XYZ, ho pensato tante volte nella mia vita quello che scrivi: “devo finire il lavoro che sto facendo, e poi, se non riuscirò a sopravvivere, posso anche morire”, beh, io ero più drastica. Ma sono ancora viva, e ancora devo assolutamente finire un lavoro incompiuto, e poi, ho già fatto testamento (olografo, eh!). Finisci il lavoro che devi finire, l’importante è farci trovare vive, sempre, e non rinunciare a quello in cui crediamo finché possiamo. Baci
Io ho smesso di comprare, ho smesso di essere alla moda e non m’importa più di come mi giudicano. Io rientro in quelle che non lo cercano più, un lavoro, dopo aver elemosinato fondi al comune (e restituirli a mie spese con le banche di mezzo e il fiato sul mio collo, sulla mia reputazione e no! manco quello!), dopo aver chiesto come posso aprire un’attività mia e il rifiuto continuo. Dopo aver rigettato avances su avances in questi anni! Avrei dovuto vendermi! Sì! Dopo che l’unico lavoro disponibile sembra essere in nero e mal pagato. Io non compro più e manco mi frega se finirò sotto i ponti. Ho fatto una promessa e finirò il lavoro che sto facendo, ma poi me ne vado veramente a vivere sotto i ponti. Non credo che qualcuno potrà fermarmi. Ormai ho capito che io non sono niente per questo paese. Un nulla, un peso e come tale me ne andrò dove non lo sarò più. Chiuso.
Siete grandi ragazz*. Spero sinceramente che le generazioni future siano più fortunate della nostra.
E scusate queste mie parole crude.
io ho persino sentito: voi ci avete rubato il lavoro!