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Discriminazione sul lavoro: “non ti assumo per il tuo bene”!

Un racconto di T., tratto dalla nostra mailing list, della serie – quando l’emergenza stupri diventa alibi per discriminazioni sessiste sul lavoro (ovvero, come direbbero i maschilisti di ogni tipo, se ti stuprano non si interviene sullo stupratore ma sei tu che devi stare tappata in casa e rinunciare a lavorare):

Ieri avevo la seconda parte di un colloquio di lavoro, il colloquio tecnico con quello che sarebbe potuto diventare il mio capo e quello che sarebbe potuto diventare un mio collega. Ho iniziato il colloquio con il probabile futuro collega, un ragazzo simpatico e gentile che mi ha torchiato con le domande tecniche per circa 30 minuti. Poi è arrivato il capo, che mi ha ricordato di nuovo quanto fosse delicato il ruolo che avrei rivestito e bla bla bla.

Io rispondo che so perfettamente che l’amministratore di rete riveste un ruolo chiave in ogni società e che nessuno meglio di me, che lavoro per uno dei maggiori service provider italiani, ha chiaro questo concetto. Inizia di nuovo il mitragliamento di domande tecniche ed anche questa volta rispondo in maniera puntuale e precisa.

Finalmente dopo un’ora di rottura di ovaie mi comunica che il colloquio è finito ma, prima di decretare il suo responso, mi rivolge l’ultima domanda: “lei dove abita?”. Rispondo che, come c’è scritto sul curriculum, abito in provincia di XXXXXX, mi sposto con la macchina e faccio questa vita da 12 anni.

A questo punto mi dice che il colloquio è andato benissimo, che sono tecnicamente preparata, che il mio profilo risponde esattamente a quello che stavano cercando, che umanamente gli ho fatto un’ottima impressione, ma che, con tutto quello che si sente oggi, il fatto che una donna si sposti la sera da sola per tornare a casa non lo rende tranquillo. Dopo un primo momento di smarrimento, rispondo che durante il mio precedente lavoro, mi è capitato diverse volte di uscire a mezzanotte, all’una e alle 3 di notte dall’ufficio e che per me non rappresenta un problema. Interviene anche quello che sarebbe potuto diventare il mio collega e dice al capo che io mi sposto in macchina e non con i mezzi e che non vede quindi dov’è il problema.

Il capo allora incalza dicendomi “noi qui possiamo offrirti solo fatica, e opportunità di crescita professionale certo, ma guardi che qui fatichiamo molto”. E certo perchè io, che lavoro per un service provider, me la gratto dalla mattina alla sera.

Si accomiata facendomi capire con un giro di parole che continueranno a cercare per qualche giorno e se troveranno un uomo con i miei stessi requisiti, per la mia incolumità fisica avrà lui il posto. Purtroppo non ho potuto ringraziarlo quanto avrei voluto, perchè se continuerò ad essere sfruttata tramite un contratto di collaborazione rinnovato di 3 mesi in 3 mesi lo devo solo al suo spirito umanitario da vetero maschilista di merda.

Posted in Omicidi sociali, Personale/Politico, Precarietà, R-esistenze.


5 Responses

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  1. Natla says

    E’ da molto che penso che bisogna andare ai colloqui di lavoro muniti di mini-telecamera nascosta. E spargere la voce.

  2. XYZ says

    Le risorse umane dovrebbero essere dei computer, a questo punto… eh, che tristezza.
    La storia del maschilismo è terribile, Silent. Io mi domando dove sia la logia di certi individui. Boh.

  3. Silent says

    Mia sorella ha avuta un’esperienza molto simile. A seguito di un colloquio di lavoro è stata riempita di complimenti per la sua preparazione. Inoltre, sulla base di altri lavori svolti in precedenza, era esattamente il tipo di figura che cercavano. “Purtroppo, preferiremmo un uomo”, le hanno detto. “Ma lo sa perché? Perché è un ambiente molto maschilista, rischierebbe di trovarsi male”. Lei ha risposto subito che voleva decidere da sola se davvero si sarebbe trovata male, ma alla fine non l’hanno presa. Una scelta maschilista giustificata dal fatto che “in giro c’è tanto maschilismo”, è davvero il colmo.

  4. Karmelina says

    E cosi ho scoperto dal sito che le donne sarebbero le serve dei servi, ma che storia-
    Estratto da don chiglione.org

    “Gloria al lavoro” è un motto massonico.
    Non a caso c’è chi dice che gli Dei extraterrestri ed evoluti che ci hanno creato lo hanno fatto per un unico scopo:
    lavorare al loro posto.
    Budda e Gesù erano degli iniziati.
    Le donne sono le serve dei servi.
    Fare la casalinga è un lavoro nobilissimo, con un’unica pecca:
    non è retribuito.
    Il lavoro è spiacevole e doloroso e per una semplice ragione:
    è un dovere.
    E’ così spiacevole che in passato dovevano pagarci per lavorare.
    Oggi sono stati così bravi a rimescolare le carte che lo consideriamo un diritto o un favore concesso dall’alto.
    Non è difficile trovare giovani disposti a lavorare gratis sobbarcandosi anche le spese per arrivare al lavoro, solo in cambio della PROMESSA di un lavoro futuro retribuito anche temporaneo.
    Siamo davvero al paradosso, ci hanno fregati devvero bene.

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  1. Tweets that mention Discriminazione sul lavoro: “non ti assumo per il tuo bene”! – Femminismo a Sud -- Topsy.com linked to this post on Dicembre 18, 2010

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