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I media e l’estetica del disagio

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[Foto di un lieto momento del presidio milanese di quest’anno contro la violenza sulle donne e nei Cie]

Ieri sera ho visto Annozero. Ne ho visto una parte. Non ha tradito le mie aspettative. Purtroppo.

I fascisti hanno interpretato la parte dei fascisti. Una volta facevano gli squadristi senza avere alcuna autorità. Ora manifestano l’autoritarismo urlato di chi già si immagina su un balcone al cospetto di una folla di sudditi.

Gli studenti che tentavano di dire che i black bloc non esistono, che sono solo una costruzione dei media per esorcizzare la verità, quella costituita da migliaia e migliaia di persone arrabbiate, sono stati zittiti. Perché nella società dell’immagine deve esistere solo quello che i media ordinano. La realtà non conta niente e chi la racconta viene rinchiuso sulla torre o definito pazzo.

L’aspetto più curioso di tutta la faccenda è proprio questo. Sono proprio i media che fanno finta di guidare masse di gente in rivolta a stabilire chi e come quella rivolta deve essere portata avanti.

Sono i quotidiani, le trasmissioni, a decidere l’agenda politica di chi vive sulla propria pelle la precarietà e i guai che noi, comuni mortali, conosciamo.

E se c’è stata una trasgressione da parte di chi ha manifestato a Roma è proprio quella di non aver rispettato quell’agenda.

Capito ragazzi? Non avete rispettato il copione. Così vi beccate il paternalismo di Saviano, che legittima il paternalismo dei partiti all’opposizione che si oppongono alle persone che vivono disagi più di quanto non siano in grado di opporsi alla maggioranza di governo, che legittima l’autoritarismo dei fascisti e così via.

Oggi come oggi per ottenere l’illusione di un millimetro di ascolto bisogna arricchire gli sponsor, altrimenti gli sponsor ritirano immediatamente supporto e vi scagliano contro il finto giovane che parla ai giovani.

Cosa avrebbe preferito Repubblica? Io lo so. E’ una domanda facilissima.

Tante belle foto di faccine pulite e sorridenti con un post-it attaccato sulla fronte per dire che “questo governo non lo vogliamo, no”.

Tanti giovani, disoccupati, terremotati, campani che lottano per non essere sommersi dall’immondizia, che si rifiutano di essere sconfitti dall’arroganza mascherati da buoni cittadini abbigliati a festa per donare qualche click in più sul sito di repubblica online.

I media si rifiutano di guardare al disagio per quello che è. Hanno in realtà stabilito quale deve essere quella rappresentazione fasulla,  l’estetica del disagio attribuendo parole e giudizi a seconda delle loro esigenze di marketing.

L’operazione di ribaltamento culturale di valori e contenuti parte da qui. Dal fatto che il disagio, quello vero, quello che ti porta a scendere in piazza con tanta rabbia in corpo, che ti fa reagire male quando senti che quel posto che chiamano “culla della democrazia”, il parlamento, è solo un posto dove c’è chi compra e chi vende, e che ad essere svenduti siamo principalmente noi, i nostri diritti, i nostri sogni, il nostro futuro, le nostre prospettive, quel disagio lì non vende, non tira, non ci si guadagna.

Bisogna metterlo in scena, renderlo appetibile, arricchirlo con dettagli morbosi, negarlo o manifestarlo con un po’ di maquillage perchè il disagio puro e crudo non è bello da vedere.

Ed ecco dunque arrivare alla costruzione di una storia in cui gli interpreti vengono manipolati come se fossimo in un grande reality show. Per cui gli studenti di Teheran che manifestano contro il risultato elettorale iraniano sono brave persone che lottano per difendere la libertà mentre gli studenti che in tutta Europa manifestano per impedire che le loro vite siano scippate di tutto sono giudicati terroristi e delinquenti.

Quello che fanno alcuni media è per certi versi perfino peggiore di quello che fa la maggioranza di governo. Perché quella maggioranza racconta attraverso i tg di emilio fede una interpretazione della realtà che si capisce lontano un miglio quanto sia distorta. Ma i media, e parlo di quelli che fanno il tifo per centristi targati in ogni modo possibile, sono maestri nel dividere il mondo in buoni e cattivi. Manifestanti buoni e cattivi. Disoccupati buoni e cattivi. Femministe buone e cattive.

Sono loro che stabiliscono i ruoli e a noi resta solo il dovere di interpretarli. Se non lo facciamo troveremo su quegli stessi media non i tanti video che mostrano la violenza della polizia (o troveremo giusto quelli che per ore e ore sono stati già condivisi sul web in ogni luogo possibile) ma quell’unica immagine in cui si vede il blindato della polizia che va a fuoco.

Il punto è che questi media, che hanno immaginato di poter sostituire una opposizione critica che non esiste, sono perfettamente integrati al sistema e non diranno mai che gli operai che fischiano bonanni sono brave persone così come non diranno mai che gli studenti che non marciano in fila per due sono semplicemente persone che vogliono riprendersi il futuro.

Il punto è che i media sono un filtro sulle nostre vite, sulle nostre narrazioni, sulle nostre lotte. Perciò in tanti creano siti in cui il racconto di quello che accade è genuino, parte dal basso, è vero.

I media sono spesso una fabbrica di menzogne che specula sulle vite di ciascuno di noi per vendere e fare soldi.

La tecnologia ci offre oggi il modo di raccontare la nostra verità senza filtro. E’ nostra responsabilità produrre una cultura differente.

Usiamo la comunicazione per r-esistere. E che r-esistenza sia!

—>>>Il comunicato degli studenti della Sapienza sulla giornata del 14/12

—>>>Lettera a Roberto Saviano

Posted in Anti-Fem/Machism, Anticlero/Antifa, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.