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Per una sessualità libera e consapevole e contro la violenza maschile sulle donne DIFENDIAMO I CONSULTORI

Dalle Malefimmine:

Era il 29 luglio 1975 quando con la legge  n° 405 venivano istituiti i consultori. Le finalità di tali strutture (articolo 1 della suddetta legge) dovevano essere

a)l’assistenza  psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;

b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti;

c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;

d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.”

Succede oggi però che da tutte le parti “scese in campo” per governare questo strano Stato Italiano popolato da cittadin* ormai senza diritti, ci sia stato un continuo attacco alla libertà di scelta delle donne e delle coppie eterosessuali, omosessuali, lesbiche, transessuali, queer.

A partire dai referendum sulla “procreazione assistita” abbiamo assistito a ripetuti attacchi alle libertà di scelta delle donne passati  innanzitutto attraverso il tentativo di svilimento delle leggi ( es. legge 194 1978 o 405 1975) che avevano garantito, sebbene in termini relativi, l’affermazione di un principio fondamentale: la tutela della salute della donna INNANZITUTTO, attraverso “la somministrazione di mezzi necessari per conseguire le finalità LIBERAMENTE  scelte dalla coppia o dal singolo in ordine alla procreazione responsabile NEL RISPETTO DELLE CONVINZIONI ETICHE E DELL’INTEGRITA’ FISICA DEGLI UTENTI”.

In altri termini si riconosceva finalmente, dopo anni di dure battaglie e lotte, alle donne il potere di scegliere autonomamente sulla propria vita e sulla maternità e spettava loro il diritto di poter accedere alle “informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso”.

Oggi, nella regione Lazio la ”riforma Tarzia” cerca di colpire in modo diretto i consultori stravolgendone le finalità: non più tutela della donna ed informazione per i problemi sulla sessualità e sulla maternità, ma “sostegno ai servizi alla coppia e alla famiglia solo rispetto al suo COMPITO GENERATIVO,  contribuendo alla preparazione della coppia al matrimonio responsabile, al rispetto della vita fin dal concepimento”!

Medesimi obiettivi ha Cota, Presidente regione Piemonte, il quale propone di “formare il personale qualificato delle associazioni pro-vita che opereranno nelle strutture ospedaliere”.

E nelle altre regioni la situazione non è migliore: l’assenza di fondi erogati da Stato, Regioni e Comuni mette spesso nell’impossibilità di agire tali strutture sanitarie fondamentali. Il tentativo di chiusura di tali avamposti è fin’ora fallito spesso grazie alla resistenza del personale sanitario e sociosanitario che opera nei consultori.

La lotta per l’autodeterminazione delle donne è una lotta che si basa innanzitutto sulla libertà a vivere una sessualità libera a consapevole! Conoscere il proprio corpo, i propri bisogni e desideri è la prima strada verso l’affermazione di noi stesse. E ciò è reso molto difficile in questo momento storico. L’assenza sempre maggiore di strutture pubbliche sui territori è accompagnato da una riproposizione pesante e permanente di stereotipi di donna e di famiglia categoricamente eterosessuale e patriarcale che negli anni abbiamo sempre cercato di distruggere.

Lo stereotipo della donna madre-moglie -angelo del focolare –fattrice, lo stereotipo della donna oggetto sessuale,  vengono con vigore riproposti su tutti gli schermi dai politici e dalle politiche pubbliche e non sono che due facce della stessa medaglia. In ogni caso i ruoli che vengono oggi attribuiti alle donne passano attraverso ciò che la donna rappresenta nell’immaginario machista, riproposto da una cultura maschilista e da istituzioni maschili.

Questa rivisitazione di ruoli e culture, che sapevamo non superate ma speravamo almeno molto indebolite, si affermano per l’appunto attraverso l’annientamento delle strutture pubbliche che hanno il compito di sostenere la donna come soggetto politico e sociale indipendente e autonomo, come consultori e asili nido, ma anche attraverso la divisione tra “sante e puttane” che non ci piace e che ci viene tutti i giorni riproposta!

Le ordinanze sul decoro urbano emanate da comuni e sindaci –sceriffi negli ultimi anni in molte città o il ddl Carfagna del 2008, sono un aspetto preoccupante in questo senso(su 12 grandi città in Italia, 11 hanno adottato tali provvedimenti. Il maggior numero di tali ordinanze ha interessato La Lombardia, la Toscana, l’Emilia Romagna).

Il controllo diretto a sanzionare qualsiasi atteggiamento o abbigliamento considerato “trasgressivo” passa attraverso la valutazione e la sanzione non di azioni o comportamenti non giusti, ma di ciò che una persona è e di ciò che una persona rappresenta. E ‘ un controllo diretto ad uniformare sulla “morale” confessionale e patriarcale la società tutta guardando alle differenze e alle eterogeneità  come dei limiti alla “pace sociale”. Non è un caso che tali ordinanze somiglino a leggi adottate nei peggiori regimi nazisti e fascisti che hanno caratterizzato il Novecento.

Ad esempio, per fortuna ancora in attesa di delibera, è un regolamento di polizia urbana, la norma “anti abbigliamento succinto” proposta dal sindaco di  Castellammare di Stabia (Napoli): prevede che alla polizia municipale sia demandato il ruolo di “misurare” la lunghezza delle gonne delle donne. (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/10/26/denuncia-per-stalking-ai-vigili-misuratori/).Tali ordinanze  misurano sui centimetri delle nostre gonne quali comportamenti siano accettabili o meno!

Da questa valutazione alla legittimazione della violenza di genere il passaggio è pericolosamente molto breve! Non dimentichiamo che solo dal 1996 nel nostro paese la violenza sessuale è valutata violenza contro la persona e non contro la morale. E rispetto a questo il decreto antistupro, ad esempio, rappresenta un passo indietro. La strumentalizzazione della violenza maschile sulle donne ha avuto un doppio obiettivo repressivo:

a)      Creare l’immagine dell’immigrato pericoloso stupratore contro cui fare battaglia legislativa (e non solo se si pensa alle ronde);

b)      Creare un’immagine raccapricciante delle donne, dipinte come esseri indifesi da tutelare, con nessuna capacità di reazione e di analisi politica. Da questo viene il decreto antistupro (Decreto Legge 23 febbraio 2009 n.11) il cui fine dichiarato dal governo è “assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto dei delitti  di violenza sessuale e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti  reati, all’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori, ad una più efficace disciplina dell’espulsione e del respingimento degli immigrati irregolari, ad un più articolato controllo del territorio”( per un’analisi del decreto: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/02/24/decreto-antistupro-un-analisi-di-barbara-spinelli/ ) . Quindi di nuovo la violenza  diventa un problema esclusivamente di tutela della sicurezza pubblica e non viene analizzata rispetto alle cause scatenanti. Inoltre nel decreto si parlava di esclusiva violenza sessuale, ma non si proponeva  di affrontare il problema della violenza più diffusa ( colpisce il 70% donne) che è quella domestica.

Rispetto a quanto detto dunque non riusciamo a cogliere alcuna differenza tra chi commette una qualsiasi forma di violenza sulle donne e chi ci vuole privare di tutti quegli avamposti pubblici che ci hanno accompagnato nel nostro lungo percorso di autodeterminazione.

La violenza maschile sulle donne è frutto della stessa cultura che trasforma i consultori in avamposti sanitari che hanno come scopo la cura del concepito e della donna solo in quanto madre. La violenza maschile sulle donne è la riduzione della donna da soggetto a oggetto rispondente solo ad aspettative e voleri imposti da altri.

Viviamo in uno Stato che ogni giorno promuove politiche “femminicide” [i] senza valutare i costi che tali politiche hanno per noi.

Gli atti di vandalismo al consultorio Danisinni rispondono alla stessa logica!

Esprimendo la nostra solidarietà alle/agli  operatrici/operatori dei Danisinni, ribadiamo  il nostro impegno contro le politiche sessiste di questo Stato  e la nostra lotta per l’autodeterminazione delle donne.

A seguire i link per firmare la petizione contro la riforma Tarzia:

http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-i-consultori-della-regione-lazio-dalla-proposta-di-riforma-tarzia/1977


[i] Per femminicidio si intende qualsiasi violenza sulle donne in quanto donne, e per questo essa non dipende né dal passaporto, né dalla religione, né dalla situazione economica, ma è una violenza esercitata sulle donne dagli uomini, dalla cultura dominante (che è maschile), dalla società,da istituzioni e legislazioni che sono frutto della cultura patriarcale! Trattasi della costante situazione di discriminazione a cui le donne sono sottoposte dalle famiglie ai luoghi di lavoro, dalle concrete azioni quotidiane alle limitazioni poste alla nostra libertà di scelta.

Per info: malefimmine@gmail.com

www.malefimmine.noblogs.org

www.myspace.com/malefimmine

comunicato stampa
FURTO E ABBANDONO AL CONSULTORIO DANISINNI
Gravissimo il furto avvenuto questa stamattina(25 ottobre) nei locali del consultorio di Danisinni situato all’interno dell’edifico di proprietà comunale ove è situato anche l’asilo nido Galante, chiuso dal 2007 per una ristrutturazione ancora di là da venire.”Intendo denunciare con forza lo stato di abbandono di questi cittadini ‘sfortunati’ che vengono privati di un sevizio essenziale importantissimo  – spiega Antonella Monastra, gruppo Un’altra Storia – ma che sono sopratutto oggetto di un vergognoso disinteresse dell’Amministrazione comunale. Le donne del quartiere non hanno già più una risorsa fondamentale come l’asilo nido e viene coinvolto oggi un servizio sanitario dell’Asp , il consultorio, che svolge una intensa ed efficace attività di prevenzione e di supporto sia in ambito sociale che in ambito sanitario.Sarebbe gravissimo se l’Asp,infatti, ritenendo il consultorio a rischio di ulteriori aggressioni volesse chiudere questa struttura, presidio istituzionale importantissimo in un’area così degradata.Chiedo conto al Sindaco della tutela dei minori che a causa del fermo dei progetti finanziati con la legge 285 del 97 vengono lasciati a se stessi e in balìa di ogni possibile forma di devianza.”
25 ottobre 2010

ANTONELLA MONASTRA

Posted in Fem/Activism, Iniziative, Omicidi sociali, R-esistenze.


2 Responses

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  1. paola says

    Eccone un’altra: http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article7128

  2. paola says

    L’attacco ai consultori delle Regione Lazio è la dimostrazione che è in atto un passaggio dalla fase di alimentazione di un contesto culturale ad una fase di iniziative pratiche, legislative, di demolizione istituzionale delle conquiste delle donne. Per questo è importante non sottovalutarlo, e attivarsi, tanto più che in questo caso c’è un obiettivo pratico e immediato sul quale concentrare il nostro intervento efficacemente. Come fare? temo che le nostre firme non basteranno, né l’attivazione delle/dei nostri rappresentanti in Consiglio Regionale, né la presa di posizione della Provincia di Roma, né la mobilitazione dei lunedì della Casa internazionale delle donne.