Dopo l’esperienza dei “Dialoghi sulla vagina”, all’interno della nostra mailing list è iniziata un’interessante discussione sul rapporto uomo-pene, partendo dal presupposto che, a differenza degli uomini, noi donne dobbiamo riprendere in mano un discorso con il nostro corpo, con la nostra sessualità, per poterla rivendicare e ripresentare per come è davvero, sicuramente diversa per ognun@ di noi, e non per come ci è stata imposta. Detto ciò, però, possiamo davvero affermare che la sessualità maschile sia più libera della nostra? Su alcuni aspetti lo è certamente. Se un uomo ha una vita sessuale attiva è un grande sciupa-femmine, se ce l’ha una donna è zoccola. Ma aldilà di questo, è indubbio il fatto che anche gli uomini subiscono una sessualità imposta. Devono rientrare nel ruolo dell’uomo stallone, che non deve chiedere mai, che ce l’ha duro ed ecc. Tutto questo quanto pesa sugli uomini? Soprattutto dal lato sessuale?
Mi spiego meglio. Anche se viviamo in una società fallocentrica, dove gli uomini parlano spesso del loro pene, delle loro esperienze ecc (a differenza invece delle donne a cui è stato imposto il silenzio unito alla vergogna per il proprio sesso), nonostante tutto questo “esibizionismo”, mi/vi chiedo: gli uomini si sono mai interrogati seriamente sul rapporto con il loro sesso? A me pare di no, perché quando si cerca di porgli certe domande loro si irrigidiscono o comunque si imbarazzano. Gli uomini parlano del loro sesso solo per farsi grandi, per dimostrare quanto sono fighi, ma poi qual è il loro reale rapporto con il pene? Vorremmo capire se per voi è un organo a sé o parte di un tutto. Se lo conoscete davvero o in parte. Se ve ne siete mai vergognati. Quanto questa cultura vi danneggia nella vita sessuale.
Sarebbe interessante che anche le altre donne scrivessero i propri dubbi, le proprie curiosità, le proprie incertezze sull’argomento. Per esempio io mi sono sempre chiesta cosa pensino gli uomini durante il sesso. Sono ossessionata dall’idea che per loro non sia del tutto un piacere, perché se questa cultura li vuole sempre infallibili, su di loro avrà pure un peso, o no? E allora mi passa nella testa l’immagine di un uomo che per quanto ami quella donna non riesce a non pensare che sì, deve farcela, che non può proprio fallire. Non so… non ho mai osato chiedere direttamente perché se già alle piccole domande i miei amici si imbarazzano, non oso immaginare a questa.
Mara D. invece scrive:
Per me questa proposta di discussione è molto interessante: so che anche gli uomini sono obbligati a mantenere un certo comportamento, un determinato ruolo, in questa società maschilista, ma, effettivamente, ignoro in che termini questo influenzi loro ed il loro rapporto col corpo, soprattutto dato che spesso e volentieri si trovano dalla parte relativamente più avvantaggiata (perché, comunque, se si adattano avranno “il potere”, o una parvenza di esso -mentre se noi ci adattiamo rimaniamo comunque palesemente relegate). Il fatto di illuderli con questa parvenza di potere (che, effettivamente, se ci penso in realtà colpisce anche noi in maniera molto subdola, col concetto di “libertà di sminuirsi come persone”) forse rende più difficile il fatto che inizino a riflettere su questi argomenti e quindi sviluppino anche un percorso di sganciamento dalla mentalità imperante.
Ammetto, però, che sto parlando per ignoranza, dato che non ho alcun rapporto con gli uomini, che vedo solamente per qualche sporadica uscita: mi relaziono, infatti, molto meglio con le donne. Spesso, infatti, il comportamento degli uomini mi dà fastidio, perché li vedo reiterare a parole e a gesti il copione che questa società ha preparato per loro e che, sembra, non hanno intenzione di mettere in discussione. Coi pochi con i quali ho discusso di sessualità, non ho approfondito molto; sono rimasta scioccata solo una volta (che avevo già raccontato qui in mailing list), ossia quando un ragazzo della compagnia mi ha chiesto come fosse possibile che due lesbiche provassero piacere senza la penetrazione. Da qui ho capito che lui in particolare non aveva mai messo in discussione il “dio pene” e non si era mai realmente messo in relazione con il piacere femminile, al di là delle leggende maschiliste già note su come una donna dovebbe godere. Ho avuto la spiacevole sensazione che l’unica cosa importante, per lui, fosse “il buco”, sebbene non avesse espresso, allora, la questione in questi termini e dimostrasse una sincera curiosità (sembrava caduto dalle nuvole, insomma).
Non credo (ci spero, più che altro) che tutti gli uomini siano così, ma, dall’esterno, mi pare proprio che non siano portati a mettersi in discussione, proprio in quanto “soggetto dominante”.
Aspetto con ansia numerose smentite!
E infatti sia conferme che smentite sono giunte all’interno della mailing list, dove, due uomini, hanno voluto condividere con noi le loro esperienze con il loro sesso. Noi li ringraziamo per la disponibilità e vi riportiamo le loro interessanti riflessioni.
Lorenzo scrive:
Proverò, per questa prima volta, a rispondere a qualche domanda.
La cultura machista, che ci vuole per esempio stalloni, pesa moltissimo: fin da prima di avere una vita sessuale sai che non puoi fallire, non devi fallire, se fallisci hai un problema grosso. E ancora non sai che cosa vuol dire fallire! E la cosa più nociva – compresa molto tardi, ovviamente – è che con l’atteggiamento del conquistatore ti perdi la possibilità più importante: conoscere persone di sessi diversi dal tuo. Perché attenzione, partire col pregiudizio dello stallone significa non solo impedirsi di conoscere davvero una donna, ma anche omo, trans e di tutti gli altri sessi.
Alla domanda “gli uomini si sono mai interrogati seriamente sul rapporto con il loro sesso?” rispondo: Ma de che? Se t’interroghi vuol dire che vuoi conoscere, che ti fai delle domande. Ed è proprio questo che viene impedito accuratamente dalla cultura machista imperante. Per interrogarti ti devono succedere delle cose strane, particolari, originali – com’è successo a me – oppure devi avere la fortuna di conoscere amici non machi, o avere un padre non macho e un minimo aperto a certi discorsi. In Italia sono probabilità minime.
Per quello che ho visto e conosciuto crescendo, il rapporto uomo-pene non c’è proprio. Un uomo “normalmente” NON si ascolta, NON si fa domande, NON cerca di capire che rapporto avere con se stesso, dà tutto per acquisito e scontato.
Personalmente mi sono interrogato sul rapporto che ho con il pene, ma sono consapevole di essere una specie di eccezione. L’ho fatto per un insieme di circostanze in parte casuali e in parte volute. Studiando estetica per me è stato facile vedere come un mucchio di scemenze i luoghi comuni sulla bellezza e sul corpo femminile – e intendo sia quelli generati dagli uomini che dalle donne intrise di cultura maschilista. Sgombrato il campo dalla fuffa, il problema era: con cosa costruisco? Ho provato a formarmi una mia idea di bellezza e sessualità, diversa da quella maschile e aperta a quello che le donne potevano farmi capire. Ma non è che – giustamente – tutte siano proprio disposte ad aspettare che capisci le cose. Comunque, dàje e dàje, sono diventato un uomo decente, credo. Il rapporto col mio pene, quindi, ha subito gli alti e bassi di una comprensione reciproca molto sofferta e tutta da guadagnare: esaltazione, disillusione, speranza, sconfitta, luce in fondo al tunnel, vittoria alle olimpiadi, calma piatta, felicità. E’ andata molto meglio col mio stomaco, ma mi ritengo comunque molto soddisfatto. Non la voglio fare troppo lunga, adesso, ma di aneddoti ne ho a mucchi.
Per quanto riguarda l’immagine “di un uomo che per quanto ami quella donna non riesce, durante un rapporto sessuale, a non pensare che sì, deve farcela, che non può proprio fallire”, è’ esattamente così. Pensi sempre alla sconfitta, ma non vuoi ammetterlo. Per liberarti dall’ossessione del risultato ci vogliono anni di lavoro su te stesso – e donne molto pazienti. Oppure indifferenza, ovviamente.
Infine alla domanda “Se davvero si raccontassero per una volta senza fare i fighi, credo che gli uomini potrebbero aiutarci/si a capire molto di più sull’altro/loro sesso. Voi che ne pensate? E’ una cosa impossibile?” rispondo che non lo è, e che io lo trovo anche divertente, e sicuramente istruttivo. Vi dirò, sento anche che mi fa molto bene. E non a caso, credo, abbiamo risposto io e Jones: abbiamo scoperto da un po’ (io grazie a lui) quanto fa bene parlare fra uomini di ciò che di solito non si dicono gli uomini.
Quindi grazie FaSud.
Ed eccovi ciò che ha scritto Jones:
Tra uomini è difficile parlare di qualsiasi cosa che ci riguardi da vicino, o che ci chiami in causa dalle viscere. Non solo il pene, quindi. Ma anche corpo, malattia, emozioni, sentimenti, desideri, paure.
Io ho avuto la fortuna di avere tante suggestioni per interrogarmi su di me e di incontrare altri uomini disposti a interrogarsi (Non siamo pochi, anche se ci facciamo vedere e sentire poco, e non parlo solo dei gruppi che ruotano intorno all’associazione “maschileplurale” ma di un sacco di uomini che tentanto di vivere diversamente).
Ma il punto di partenza non può che essere un disagio rispetto ai modelli di maschilità che respiriamo fin da piccoli.
Non piangere, non avere bisogno di aiuto, sopportare il dolore, difendersi da soli, farsi rispettare, essere forti, saper giocare bene a pallone, insultare di continuo madri e sorelle dei tuoi amici (“pulle”, “arruse”, “sucaminchia”), dare del frocio (e sucaminchia) a chiunque, anche a tuo fratello.
Giocare a far vedere quanto uno ce l’ha lungo, a chi piscia più lontano, e mettere alla berlina qualcuno dicendo che “non ce l’ha”, che non gli si rizza, magari perchè è una palla di lardo (e quindi il pene affonda nel grasso inguinale).E poi magari tornare a casa e prendersi qualche cinghiata o manrovescio da tuo padre se mostri una debolezza (tutto fa brodo per tirare su un bel maschio 100%).
Tanto per tornare sul parallelo maschilismo-mafia, mi ricordo, tra le altre cose, che mio fratello fu preso di mira da un bulletto (noi all’epoca dicevamo “mafiosicchio”) ed evitò accuratamente di scendere con lui sul terreno della violenza fisica, denunciando tutti i suoi abusi alle insegnanti della scuola media, finchè questo tipo non fu sospeso. Per una un anno fu chiamato dai suoi compagni di scuola “Buscetta” e frocio. (I “veri uomini” si sanno difendere da soli e chi parla di diritti va insultato e disprezzato se è un bambino, se invece è adulto e magari fa il magistrato gli si può sempre sparare in testa o mettergli una bomba sotto al culo).
Queste cose di cui vi parlo (per non dirne di peggiori) personalmente le ho vissute, viste, compiute e subite in un età compresa tra i 7 e 12 anni quando vivevo ancora in Sicilia, ma credo che facciano parte dell’esperienza di tantissimi uomini a tutte le latitudini e longitudini.
Procedo in ordine sparso…
Da piccoli piacere, intimità, eccitazione ed erezione stanno insieme e non sono immediatamente sessualizzati. Poi purtroppo le cose vengono stravolte e da li vengono i disastri e le tragedie.
Piano piano il pene assume vita autonoma. Diventa una entità separata. Si separa dal resto del corpo. Contemporaneamente si separano il corpo dalla mente, la mente dalle emozioni, i desideri dalle relazioni, i ruoli dalla vita. Tutti i messaggi che arrivano è che solo il corpo femminile è desiderabile quello maschile no (sporco, peloso, violento, aggressivo, oppure flaccido, goffo, ingombrante). La sessualità maschile è ridotta ad animalità e fisiologia, descritta come istinto “basso” e “sfogo”.
Se la sessualità maschile è questa e non può essere altro, noi maschi possiamo solo viverlo in una dimensione miserà e poco soddisfacente (repressione, controllo e dominio su di se, il proprio corpo e quello dell’altra), oppure violenta e feroce (tutte le volte che repressione, controllo e dominio di se’ vengono meno).
Poi ognuno si regola da se in base alle proprie inclinazioni (“cumannari e megghiu ca futtiri”, viagra, porno, impotenza, andare a puttane e chi più ne ha più ne metta).
Questa operazione di riduzione della sessualità maschile è tutt’uno con la riduzione della donna al suo corpo e del suo corpo ad oggetto. Il nostro sguardo cambia e comincia a “fare a pezzi” il corpo delle donne ben prima delle violenze e dei femminicidi, la messa a fuoco si discosta dal tutto e si sposta sulle parti: il culo, le tette, le gambe, le mani, il collo, il piede, le dita del piede etc (Mi ha colpito qualche mese fa la pubblicazione di una ricerca europea sulle pratiche sessuali fetish e sadomaso che evidenziava comeper gli uomini tali pratiche da strumento per eccitarsi e preludio al rapporto sessuale finivano col sostituirsi completamente ad esso)
Allo stesso modo tutte le cartteristiche considerate (a torto) connaturate alla femminilità vengono guardate con disprezzo.
La sensibilità diventa piagnisteo e debolezza (roba da froci), la condivisione di pensieri emozioni e vissuti degradata a pettegolezzo invidiata e al contempo guardata con disprezzo e diffidenza, vissuta come minaccia.
A cementare le maschere e le barriere impenetrabili di cui si è parlato, l’omofobia. Quella sottile arma che separa gli uomini (i maschi, dico), gli impedisce di entrare in comunicazione, di condividere con sincerità emozioni desideri e fragilità.
Ognuno di noi così isolato e separato diventa una pentola a pressione pronta a esplodere in qualsiasi momento.
Diventiamo piloti del nostro corpo mentre il nostro pene viaggia per conto suo. Si rizza quando non dovrebbe per poi magari farti lo scherzo di sgonfiarsi sul più bello. (Jacopo Fo nei suoi libri descrive bene la frigidità di quegli uomini che quando si accoppiano hanno una regolare ejaculazione ma in realtà non provano alcun piacere. Per non parlare della povertà dell’esperienza sessuale di tantissimi uomini il cui piacere è “concentrato” in pochi secondi e in quella parte del pene che sporge dalla superficie del corpo, e che non hanno la minima idea di cosa potrebbero arrivare a percepire di se e dell’altr*)
Diventiamo estranei al nostro corpo e alle nostre emozioni e incapaci di stare nelle relazioni in modo adulto e autonomo.
Gli spazi che abitiamo, il loro ordine e la pulizia li affidiamo (li imponiamo) alle donne e alle loro cure, incapaci di prendercene cura da soli e su questo instauriamo rapporti infantili, di dipendenza (che non vogliamo e non possiamo riconoscere) e poi “inspiegabilmente” percepiamo di subire un potere “subdolo” delle donne cui ribellarsi e reagire con frustrazione/evasione/rabbia/violenza.
Spesso rimettiamo le nostre stesse amicizie e relazioni alla cura delle nostre compagne.
E noi sempre più soli e disperati, diffidenti (magari del nostro migliore amico con cui la nostra compagna cerca di tenerci in contatto perchè a noi ci pesa il culo anche alzare il dito per una telefonata) e “gelosi” della capacità delle nostre compagne di stare al mondo e in mezzo agli altri.
Il nostro corpo, la sua fragilità rimane ignota e ignorata fino a che la malattia non ci riporta alla sua realtà. Lì allora possono riaprirsi spazi per recuperare l’ascolto di se e degli altri/e.
Quando le nostre compagne muoiono rimaniamo soli e depressi, ci spegnamo come fiammiferi o finiamo in mano alle badanti.
Molte donne invece le vedi rifiorire a 70 anni quando si sono tolte finalmente il marito dal groppone
E l’hanno amato, e soffrono perchè lui non c’è più! Ma la loro vita era resta fatta di tante altre cose per cui vale la pena andare avanti,e negli anni hanno saputo coltivarsi amicizie, compagnie, reti di solidarietà, interessi, attività, impegni.
E’ per questo che vivono mediamente 4-5 anni più di noi, non per qualche gene misterioso sulla seconda copia del cromosoma X.
Quando ci lasciano, la nostra vita si disintegra e piuttosto che permetterlo siamo disposti a compiere una strage e a suicidarci dopo averla commessa.
Non c’è solo questo però!
Un sacco di uomini, per fortuna, imparano, si mettono in discussione, ricostruiscono rapporti decenti, imparano a prendersi cura di se, dei propri, spazi, delle proprie relazioni, dei propri figli, imparano a continuare a vivere anche nel dolore e nel lutto di una separazione senza, spaccare, uccidere, perseguitare nessuno, e uscendo da queste separazioni migliori come uomini e come padri.
Ho conosciuto uomini che andando a cercare una ragazza per strada e pagando per avere sesso hanno conosciuto la realtà della tratta di esseri umani e combattuto con quelle che poi sono diventate le loro compagne uscire dalla schiavitù e dalla violenza. Hanno dovuto rimettersi in discussione completamente per stare in una relazione e reinventare la loro sessualità per poter stare con donne che avevano subito ogni tipo di violenza e tortura.
Per non parlare di tutti quegli uomini che scelgono di essere dei padri e compagni/mariti “non separati” presenti nelle vite delle loro compagne e dei loro figli, che tornano a casa e non hanno la pretesa di trovare la pappa pronta e si rimboccano le maniche per fare quello che c’è da fare in quel momento, che cercano di mettersi in gioco per intero.
Direi che ho sproloquiato abbastanza. Spero di non aver fatto troppa confusione.
La discussione continua nella nostra mailing list e quindi invitiamo sia gli uomini che le donne, che lo vogliano, a parteciparvi. Raccontateci le vostre paure, i vostri dubbi, le vostre esperienze e riflessioni. Intanto segnaliamo questi libri indicateci da Jones e Adriana:
Libri:
“Uomini e padri. L’oscura questione maschile” di Giuditta Lo Russo
“Essere maschi tra potere e libertà” di Stefano Ciccone
@Lorenzo e maralibera:
Grazie! 😀
Cmq sono ancora qui 😛
Vediamo se riesco ad articolare un po’…
Io ho parlato di solitudine e di abbandono… diciamo che è la dimensione che sento più forte, della questione. Ci sono anche altre questioni in ballo… andiamo con ordine.
Anzitutto l’abbandono… vorrei utilizzare questo termine al posto di “solitudine” perché voglio esprimere un’assenza di relazione… per gli studi che faccio Solitudine mi significa altre cose..
Parlo di assenza di relazione perché è ciò che accade quando al posto di vedere una persona, vedi una maschera oppure (per restare in tema) un insieme di pezzi di corpo succulenti. La cultura odierna, ha preso la piega della mercificazione strumentale del corpo femminile e propone agli uomini (ma anche alle donne) uno sguardo che “smembra” la persona che hai davanti.
Io quando posso cerco di osservare e di auto-osservarmi.
Anche io ho acquisito questo modo di guardare all’altro sesso, ovviamente, e finché si tratta di apprezzare la bellezza (soggettiva) di una ragazza *partendo* da un dettaglio per rapportarlo al resto della *persona* (qui non sto parlando più solo di corpo) va anche bene… ma quando mai mi sorprendo ad usare io stesso l’occhio “da macellaio”, mi accorgo di quanto sia desolante e frustrante, perché improvvisamente sono solo in mezzo ad un mare di oggetti, golem senz’anima, corpi (e pezzi di corpi) senza nome che hanno l’unica funzione di indurre uno stato di eccitazione che non ha un Senso perché fine a se stessa.
In realtà non è davvero fine a se stessa… è funzionale all’alienazione, dagli altri e da se stessi.
E’ funzionale ad un sistema culturale che promuove lo smembramento dei corpi per trasformare una Relazione con un Senso in una Mercificazione di un Prodotto.
Adesso entra in gioco l’altra questione che sento molto forte…
Qui ci siamo posti la domanda di quanto la cultura maschilista pesi sugli stessi uomini che pure dovrebbero ricoprire un ruolo “di potere”.
Io direi: più di quanto si pensi.
Basta guardarsi intorno: siamo totalmente assediati da campagne pubblicitarie che sfruttano il corpo femminile smembrato. Questi corpi femminili hanno uno scopo specifico, ovvero quello di attivare nel maschio osservatore uno stato di eccitazione sessuale (con le normali conseguenze da un punto di vista fisiologico e psicologico). Lo scopo è quello di ottundere sempre di più il pensiero dell’osservatore, di indurgli uno stato di coscienza alterato, di metterlo in una posizione di bisognosità di appagamento “a prescindere”. Appagamento che, ovviamente, non può arrivare, perché ad averti stimolato non è una persona vera li’ accanto a te, in una situazione d’intimità, ma un’immagine anonima su un cartellone. E così eccitazione e frustrazione vanno di pari passo, la sessualità perde il suo valore relazionale e contestuale (che senso ha essere stimolati all’eccitazione in un autobus piendo di sconosciuti, per dire?), l’eccitazione frustrata può indurre facilmente reazioni negative verso l’oggetto “distante e sadico” (tutti processi di pensiero primitivi che vengono puntualmente stimolati) etc…
Il tutto perché il “consumatore” deve trovarsi in uno stato di dipendenza da parte del “produttore”. Il tutto perché il maschio deve esistere solo come bestia da sesso.
Perché un maschio confuso nella sua identità, nelle sue relazioni (ripeto: essere eccitati è una cosa intima e riguarda un certo aspetto delle relazioni: che senso ha esserlo in contesti deputati ad altre cose, dove sei in rapporto con estranei?), perennemente bisognoso e frustrato, preda di stati emotivi confusi anch’essi… è un maschio Castrato nella sua assertività: l’essere se stessi, portatori del proprio “mondo”; è un maschio che viene preso per i fondelli, abbabbiato, raggirato, a cui non è consentito pensare ad altro che al sesso ( http://www.youtube.com/watch?v=BRpF6B7KVYQ ) pena la morte, che al mondo non può avere altro da dire se non “voglio chiavare”.
Ecco, secondo me, fino a che punto può spingersi il peso del maschilismo sulle spalle di un maschio.
Andrea, ho detto qualcosa sulla bellezza qui:
http://questouomono.tumblr.com/post/1096828630
ma possiamo continuare a parlarne quando vuoi. Iscriviti alla mailing list.
Mara, sicuramente hai centrato uno dei punti “caldi” della questione.. spesso ad un uomo sembra necessario mantenere un certo comportamento ma, almeno nel mio caso, io lo mantengo solo con gli uomini che reputo “ignoranti” con amiche o uomini con i quali ho una certa intimità posso finalmente liberarmene… non è sicuramente il migliore dei comportamenti… me ne rendo conto (ma qua si erano chieste risposte sincere e tali ho dato) è indubbio che questi comportamenti limitino il percorso di cui parli e rimangono atteggiamenti (anche se solo tra uomini) di cui poi ci si vergogna un po’ con se stessi…
Bhè il rapporto con l’altro sesso però, credo sia necessario se ci si vuole avvicinare.. e non solo per questioni sentimentali ma proprio per migliorarci, al di là del genere sessuale. Mi permetto di raccontarti una cosa che mi ha lasciato basito (probabilmente per ignoranza) e che il racconto del tuo amico mi ha riportato alla mente… qualche anno fa stavo parlando con una coppia di mie amiche, che sono ancora una coppia e ancora mia amiche fortunatamente, ed è venuto fuori che nei loro rapporti sessuali non facevano mai a meno di oggetti sessuali per penetrarsi. Sarò sincero, sul momento mi è sembrato strano (forse stupidamente un maschio pensa che due donne odino il pene o un suo eventuale sostituto) ma ho pensato che le mie due amiche avevano il diritto di divertirsi come meglio credavano senza che io le facessi domande stupide… “se a loro piace così.. andrà bene così” ho pensato…. mi sono detto che io, personalmente, ho sempre trovato la penetrazione una parte del sesso ma non tutto il sesso o la parte più importante, ma che la maggior parte la pensa diversamente… alla luce delle tue parole però il mio pensiero mi sembra ancor più stupido e non capisco più…
K
Ahiahi ahi sono arrivato tardi e la discussione è partita veloce… proverò a dire la mia sui vari spunti:
“Detto ciò, però, possiamo davvero affermare che la sessualità maschile sia più libera della nostra? Su alcuni aspetti lo è certamente. Se un uomo ha una vita sessuale attiva è un grande sciupa-femmine, se ce l’ha una donna è zoccola. Ma aldilà di questo, è indubbio il fatto che anche gli uomini subiscono una sessualità imposta. Devono rientrare nel ruolo dell’uomo stallone, che non deve chiedere mai, che ce l’ha duro ed ecc. Tutto questo quanto pesa sugli uomini? Soprattutto dal lato sessuale?”… io non so dire se è più libera una o l’altra (anzi provo un po’ di sgomento a dare un genere ad una cosa come la sessualità che dovrebbe essere la cosa più “unica” nella persona).. so per certo che i miei comportamenti sessuali, fino ad una certa età sono stati influenzati da questi stereotipi; mi son sempre considerato in media più sensibile della maggioranza degli uomini nel rapportarmi con le donne… ma solo dopo un po’ ho capito che era il modo di essere a dover variare e non solo il modo di rapportarmi. la questione “sciopufemminee zoccola” poi mi ha sempre innervosito… trovo essenziale che la mia partner abbia avuto le esperienza che ha ritenuto necessarie.. sono conscio però del fatto che per un bel po’ di anni lo stereotipo dello “sciupafemmine” mi ha condizionato e non poco… l’uomo stallone che ce lo deve avere sempre duro mi pesa alquanto… sotto tutti i punti di vista… data anche la mia particolare situazione sentimentale…
Verissimo gli uomini parlano spesso del loro pene… ma spesso, anzi quasi sempre, solo a frasi fatte… le verità rimangono sempre nascoste.. sono sempre, e solo dialoghi, senza alcun approfondimento… mi sembra di capire da amiche che almeno loro, quando ne parlano, ne parlano veramente…
“E allora mi passa nella testa l’immagine di un uomo che per quanto ami quella donna non riesce a non pensare che sì, deve farcela, che non può proprio fallire…” a domanda diretta risposta diretta: si è veramente un peso… anche gli uomini subiscono il peso di dover essere pronti e a volte sembra che sia necessario l’atto sessuale per dimostrare l’amore o altro, grazie a dio (o a vaghe forze metafisiche) di questo con la mia partner ne ho parlato….
Ma di questo ho parlato anche con tante mie amiche ed ho notato che anche loro subiscono, e tanto, lo stereotipo uomo prestante con pene grosso….
Sfortunatamente adesso ho poco tempo e sarò via per un paio di giorni ma la discussione è interessante e mi piacerebbe rispondere ad un paio di spunti intravisti nei commenti a questo post… lo farò in seguito ma prego subito Lorenzo di approfondire la questione della bellezza… io non ho studiato estetica e non me ne occupo ma anche io mi son sempre posto un po’ di quesiti.
K
Sono davvero felice di essermi iscritta alla mailing list… Non sono molto attiva per ora (mi manca er tempo, inoltre sono pure imbranata ad usarla ahaha) però leggo davvero delle cose interessanti, degli spunti riflessivi molto validi! Forse sarebbe più comodo un forum, ma almeno la mailing list è privata (se fa per dire, visto che leggevo prima che è spiata… è vero?) Grande FaSud!
@federico, se hai voglia di parlarne con noi iscriviti alla nostra mailing list http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/11/25/femminismo-a-sud-abbiamo-una-mailing-list/
sarai il benvenuto.
ciao 🙂
Eccoci Federì. Non te ne andare. Siamo qui. Dàje.
Sinceramente mi ha scosso un po’ ritrovare tutte queste cose così familiari, riassunte in due post…
Adesso non riesco a trovare le parole giuste, in realtà non saprei che dire…
La cosa che fa più male, io sento, è il profondo senso di solitudine (forse è più giusto dire abbandono) in cui si versa quando la propria sessualità naufraga su questa realtà di silenzi e angosce…
Ragazz* ho messo online il libro di Eve Ensler ^^ Qui: http://www.scribd.com/doc/39485331/eBook-Ita-Eve-Ensler-I-Monologhi-della-Vagina
Altri libri che ho caricato: http://www.scribd.com/Voluptas91/documents (sono più pagine)
Bacio!
Bel post…siete bravissime complimenti!
Cmq è vero anche gli uomini non hanno una vita sessuale libera..se nn manifestano di aversi fatto tante donne e di avere un bel pene vengono considerati gay…:((
Mi fanno schifo questi pregiudizi!
Ci sono tantissimi ragazzi bravi che vengono chiamati gay o frigidi solo perchè fanno sesso solo x amore..
Potremmo vivere in una società migliopre se nn ci fossero qst tabu’.
Intanto dovremmo iniziare a romperli anche noi. Io ad esempio me ne sbatto dei pregiudizi. Con i ragazzi parlo liberamente di sesso, faccio spesso battute e non mi vergogno a dire che quando sono single non escludo il fatto che se mi capita a tiro un bel ragazzo non ci penso due volte e portarmelo a letto. Spesso tendo a precisare che non mi faccio nemmeno scegliere..anzi sono io spesso a “cacciare” e prendere iniziativa. Insomma, faccio la parte della donna che non deve chiedere mai. Beh magari sicuramente mi fanno a pezzi alle spalle ma almeno mi sento libera perchè manifesto il mio io.
Qualche anno fa avevo dei pregiudizi imbarazzanti..avevo paura di essere giudicata. Ora che me ne frego sapete che è successo?
Che ho una vita sessuale + soddisfacente e + appagante…Addirittura anni fa faticavo a avere l’orgasmo proprio x il fatto che mi sentivo in colpa e pensavo di fare qualcosa di immorale anche selo facevo con il mio ragazzo. ora mi masturbo senza sensi di colpa e credetemi che la mia vita è migliorata. Sono fiera di essere donna e di avere la vagina!. Io credo che la libertà di genere parte dalle relazioni private che si hanno con l’altro sesso.