Siamo le sole ad essere nauseate dalla retorica usata per porgere la notizia di un parto post mortem?
“La mamma che non potrà mai posare lo sguardo sulla sua creatura era arrivata a Torino direttamente dalla Somalia” recita la Repubblica, sempre più in abito talare.
Tradotto in italiano significa che una donna morta, il cui utero è stato ventilato artificialmente, ha contenuto una piccola che è stata fatta nascere molto prima del tempo, non si sa con quali conseguenze, che non saprà mai che è stata il vessillo nazionale di questa italietta catto-fascista che le somale le fa speronare dai libici nel mar mediterraneo, che siano incinta o meno, o le fa rinchiudere dentro un Cie.
Una operazione immagine, come quelle propagandate da altre aziende ospedaliere che si dicevano capaci di separare le creature a due teste salvo poi vederle morire entrambe dopo aver guadagnato in pubblicità e prime pagine sui media.
E’ quella parte della scienza che da una lato finge di voler dimostrare che può andare oltre quello che la natura ci riserva e dall’altro si riduce a mettersi al servizio, a scendere a patti, ad essere funzionale a dogmi che usano la “scienza” esclusivamente per abusare dei corpi delle donne in funzione riproduttiva.
Le donne non sono incubatrici. La donna dalla quale hanno estratto un feto incompiuto, che non si capisce chi mai compenserà del trauma di essere stato rinchiuso per un mese dentro il corpo di un cadavere, che fine ha fatto ora?
E’ stata aperta? Ricucita? Messa dentro un sacco d’obitorio? Quindi tutto a posto?
Per noi non lo è. Ci sembra sia stata compiuta la violazione più grande che si possa fare ad un corpo di donna.
Non basta che i corpi delle donne debbano essere abusati quando sono vive. Ora eleggiamo a metodo anche la tecnica dell’abuso delle donne morte.
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Non capisco.
Son d’accordo che la retorica giornalistica è ridicola.
Son d’accordo che spesso tali tecniche mediche vengano utilizzate da parte delle strutture sanitarie per ottener più fondi – viviamo in un mondo dove il profitto regna.
Certo, fatti come questo non sono una cosa di tutti i giorni, sono situazioni straordinari (che esulano dalla normalità).
Non capisco però perchè consideriate negativa la nascita del feto – comunque di 28 settimane, quindi destinato a divenir nella maggioranza dei casi una persona normale.
Nel mentre saluto.
Francesco
Ma a parte la retorica, il calcare la mano sul gesto eroico (come se di donne che sacrificano se stesse per i figli non ce ne siano mai state), perché sarebbe sbagliato tentare di salvare una vita? La madre era ormai irrecuperabile e credo che la maggior parte delle madri tenterebbe di salvare un figlio, magari lo ha chiesto lei. Mi spiegate perché sarei in errore?
no che non sei melensa 🙂
e ti vogliamo bene anche noi perchè la solitudine sociale su questi temi è davvero diventata eccessiva. fanno passare tutto come fosse normale e normale non è.
un abbraccio a te e tanta riconoscenza alla brava caterina botti
Se vi dico che vi voglio bene so’ troppo melensa?
E’ che mentre pensavo a quanto mi facesse schifo tutto questo mi sentivo terribilmente sola. Mi sentivo una specie di mostro insensibile perché non stavo gioendo per la nascita della bambina.
Volevo scriverne, ma mi mancano le parole, almeno per ora.
Quindi grazie a voi che mi avete fatto sentire meno sola.
(Ah, io con Caterina Botti c’ho anche fatto un esame!)