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Sugli uomini che temono che le donne siano informate dei propri diritti

Il fine settimana scorso, ad un altro giro porta a porta che abbiamo fatto per informare e parlare con la gente di quello che succede in italia alle donne e non solo, abbiamo incontrato una ragazza giovane. Normalmente facciamo volantinaggio fuori e in spazi pubblici ma il porta a porta è stimolante e permette di chiacchierare a lungo, in maniera intima, scambiarsi confidenze sul privato, il nostro, quello della persona che ci accoglie.

Ci rendiamo conto che in sicilia è facile, poi in questa stagione, tutte tengono la porta aperta, c’è chi siede fuori davanti allo scalino, c’è chi ha proprio voglia di scambiare due chiacchiere.

Solo un paio di noi avevano fatto questa esperienza per vecchie campagne elettorali, quando ancora i partiti di sinistra erano radicati sul territorio invece che nei programmi di Bruno Vespa.

Dicevo, c’era una ragazza con un gran sorriso, una espressione solare, difficile da dirsi perchè bisognava proprio vederla. Le abbiamo passato il volantino, ci ha chiesto di che si trattava, l’abbiamo informata dei provvedimenti legislativi in discussione, in sicilia e in italia, le abbiamo chiesto se conosceva qualcuna che subisse violenze da parte del marito o del fidanzato, l’abbiamo informata sull’esistenza dei centri antiviolenza più raggiungibili, i numeri di telefono da fare, le leggi sulle quali possono contare.

Ci ha invitate ad entrare, ci ha offerto un caffè, degli ottimi biscottini, ha preteso che facessimo il giro della casa per farci vedere quanto fosse ben tenuta, pulita, sistemata, ordinata, ha raccontato che lei impiega per fare le pulizie meno di due ore al mattino, poi esce a fare la spesa, torna per fare il pranzo, arriva suo marito, mangiano, lei sparecchia e lava i piatti, lui fa un riposino, torna al lavoro, lei resta a rassettare, si organizza per la cena, lava e stira, riceve perfino qualche visita, come nel nostro caso, si concede alcune chiacchiere, poi arriva lui, mangiano, lei sparecchia e lava i piatti, lui si siede sul divano a guardare la tivù, lei lo raggiunge e si addormenta regolarmente prima della fine di una trasmissione o di un film (il suo maggior rammarico non riuscire a vedere la fine di un film), si trascina verso il letto, lui fa tardi al computer, chatta, conversa con signorine sconosciute, ogni tanto geme, si masturba, poi va a letto e abbraccia la moglie. Il giorno dopo la stessa identica storia.

Alla fine del suo racconto ha decisamente detto che lei no, non è una donna che subisce violenza, suo marito è una brava persona, anzi vuole farcelo conoscere perchè sicuramente gli fa piacere, invece la vicina urla sempre, litiga con il marito, che la picchia, però sono cose di famiglia e nessuno si impiccia, diversamente tutti le danno addosso perchè in quel gran casino lei ogni tanto si lascia sfuggire qualche rimprovero spazientito con la figlia che tuttavia le vuole molto bene e quando suo padre picchia la mamma si mette in mezzo cercando di difenderla in tutti i modi.

La ragazza che ci parla ha più o meno 25 anni, una ragazzina, giovane, che aspetta solo il momento di avere un figlio per riempire il vuoto, la noia, lo squallore di un rapporto in cui gli unici punti di riferimento sono i mobili, il corredo, le giornate scandite dalle necessità del marito. La sua vicina però sta molto peggio dunque lei non può lamentarsi.

Ci dice che ha smesso gli studi dopo il diploma perchè tanto non c’è lavoro e il suo fidanzato, che non ha preso un titolo di studio, l’ha voluta sposare presto, prima che lei avesse la possibilità di andare all’università, chissà perchè.

E’ curiosa e vuole sapere di noi, le diciamo cosa facciamo, scopriamo che la figlia di una nostra amica è stata a scuola con lei, il mondo è piccolo in fondo, la sua espressione solare ci fa sentire speciali, ci tratta come fossimo star, donne coraggiose che hanno intrapreso vite differenti. Le diciamo che alcune di noi sono passate attraverso esperienze pessime. Abbiamo solo qualche anno di più e lo abbiamo impiegato per cambiare le nostre vite.

Non ci piace mettere appeal alla descrizione di quello che siamo perchè siamo fragili donne come tante, vicine a tutte, sorelle di tutte. Lei però ci guarda come fossimo chissà che.

Ci dice che le sarebbe piaciuto viaggiare, prova invidia perchè noi possiamo farlo invece lei ha dei doveri. Le diciamo che il nostro unico impedimento sono i soldi perchè abbiamo famiglie e compagni anche noi ma nessuno ci proibirebbe di fare quello che vogliamo. Le viene lo sguardo triste, un po’ amaro e si lascia sfuggire un “quando ero ragazza...”. Una di noi le dice che ha solo 25 anni, che diamine, non può sentirsi vecchia a questa età. Eppure lo sappiamo che è così, quante ne abbiamo incontrate di ragazzine imprigionate in un ruolo che somiglia a quello delle loro nonne, con gli occhi spenti, bisognosi di calore, di amore, di stimoli, di vita.

Ci trattiene quasi fino all’ora di cena, non ci riesce di sganciarci perchè lei ha voglia di parlare e ci racconta tante cose e dettagli della sua vita con una meravigliosa spontaneità. Ha incontrato delle donne e semplicemente si fida, come altre hanno già fatto senza alcun timore.

Arriva suo marito, un uomo un po’ più grande di lei. Il rombo del motore segna indistintamente la proprietà di una macchina di grossa cilindrata, la misura del suo successo sociale. Lui però indossa una tuta da muratore, è uno di quelli che mette un mattone dopo l’altro e costruisce le case, un bel mestiere, faticoso, ben pagato se sei il proprietario dell’impresa edile e lui non lo è.

Anche lui ha un bel sorriso, è contento che qualcuna abbia “tenuto compagnia” a sua moglie. “E’ sempre sola” ci spiega. Noi facciamo a meno di dirgli che potrebbe non esserlo se fosse libera di scandire le sue giornate in modo diverso, ma è una sua scelta e noi non siamo in giro per orientare le scelte altrui.

E’ una persona semplice, lui, di quelli che non si aspetta che le donne siano qualcosa di diverso da come se le immagina. Chiede sommariamente cosa stiamo facendo e glielo spieghiamo. Subito si mette sulla difensiva, ci dice che non ha mai picchiato sua moglie e che sua moglie può testimoniarlo. Chissà perchè quando una donna informa l’altra donna dei suoi diritti affinchè si difenda contro la violenza il suo uomo si sente immediatamente giudicato, pensa di essere sospettato di qualcosa. Forse per cattiva coscienza o per appartenenza al branco. L’alternativa sarebbe quella di non dare informazioni alle donne perchè gli uomini non si sentano minacciati? O perchè si sentano liberi di fare tutto ciò che vogliono giacchè le mogli non sono coscienti dei diritti che possono rivendicare?

Vediamo la ragazza che si affatica a trovare una serie di giustificazioni al fatto che noi siamo rimaste lì su suo invito fino a quell’ora. Quindi lo rende complice e dice che ha raccontato della vicina, quasi a volergli dire “sei fuori pericolo, non temere, non sono qui per te“, quasi fossimo poliziotte o fustigatrici degli uomini cattivi.

Una di noi dice all’altra in un orecchio che se facciamo questo effetto con un semplice e innocuo volantino pensa te se ci mettiamo ad imitare la gulabi gang indiana.

Lui si sente sgravato di un peso e ci invita ancora ad accomodarci, fa il padrone di casa, parla ad alta voce con sua moglie per fare capire chi è il padrone “ma come, non le hai offerto niente? nemmeno un po’ di gelato? la volete la granita? volete restare a cena con noi? vado a farmi dare il pesce da mio zio…

Come se avessimo accettato, siamo rimaste fin troppo, no grazie, troppo gentile. Ci tiene a farci sapere che siamo le benvenute tutte le volte che vogliamo, prima di salutarci sulla porta però si rivolge ad una di noi e le dice che l’ha riconosciuta.

Tu non eri qualche anno fa in quella festa?

Boh, si, forse… non mi ricordo. Perchè, c’eri anche tu?

Si ma ero piccolo. Tu eri con uno più grande, eravate abbracciati…

Improvvisamente lei ricorda, vai a sapere con quanti avrà pomiciato in feste varie. Mica solo lei. Tutte, in generale. Voi ricordate i nomi di tutti quelli con cui avete limonato ad una festa?

Sicchè glielo dice:

Aaaahhhh si, è vero. Stavo pomiciando con tizio. Cavolo ma sei fisionomista tu. Io non mi ricordavo neppure di lui e tu ti ricordi di me…

Ti ho riconosciuta subito. Eri… sei… un gran pezzo di figa…

La moglie lo guarda stupita. Lui la rassicura.

Voglio dire che tra noi adolescenti si parlava di te…

Perchè? Mi consideravate una facile?” – omette di dire che gli serviva una immagine sulla quale esercitare il sesso autoctono.

Nooooo, che dici, perchè eri una  tra le più belle… anzi eri proprio bona...” – dice fiero immaginando che il suo complimento sia gradito.

La serata finisce in convenevoli e qualche frase di circostanza. La porta chiusa alle nostre spalle. La nostra amica che ci fa segno di stare zitte. Dalla casa si sente lui che dice alla moglie che “quelle là, poveretto quello che se le è prese, ne hanno fatte di tutti i colori…“. E vai con il mito della esclusività dell’illibata. Oltre agli insulti anche il crocifisso per ridurci a timorate di dio.

La targa delle gran pulle insomma non ce la toglie nessuno. La moglie tenta di dirgli che eravamo felicemente accoppiate, meno una che non si vuole ancora accoppiare in via definitiva ma di sicuro non siamo da rottamare e i nostri compagni sono il “meglio” (non certamente gli scarti che trasudano virilità al rombo di un tamarro motore turbo e al prezzo di un estinto machismo da quattro soldi), così come noi siamo il meglio per loro. Lui risponde con la intenzione narrativa del segaiolo virtuale in vena di raccontare leggende metropolitane. Tanto per mettere una distanza tra noi e la moglie. Perchè se non la pensi come lui, che quella moglie l’ha rinchiusa in casa non permettendole neppure di socializzare, non puoi che essere una puttana.

La parte positiva sta nel fatto che abbiamo saputo che su quattro che eravamo, due delle quali provenienti da altri territori, una aveva la fama di essere grande nelle prestazioni orali (infatti parla benissimo) e l’altra aveva fama di essere una piaciona delle cavalcate anali.

Ma se sono stitica…” concluse ella. E ridendo come matte siamo andate a finire la distribuzione dei volantini nella piazzetta in cui si riuniscono le badanti.

Avete una vaga idea di quanto sia salutare ridere in rumeno?

—>>>Immagine da Humanity is Trash

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze, Storie violente.


One Response

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  1. Arguzia says

    Non sono riuscita a staccare gli occhi dallo schermo nemmeno un secondo tanto mi piaceva quello che stavo leggendo.