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La vita segreta delle api

Film di Gina Prince-Bythewood tratto dal libro di Kidd Sue M., racconta la vita di alcune donne nell’america degli anni sessanta, quando veniva redatta la carta per i diritti civili e gli afroamericani ancora erano vittime di apartheid.

Non è un film eccezionale, buonista nel suo svolgimento e nelle sue conclusioni. Molto conciliante e hollywoodiano nella maniera di trattare i conflitti ma in qualche modo ci ricorda che quel tempo non è mai passato.

Sullo sfondo della storia un marito/padre violento che costringe la giovane moglie a fuggire, prima ancora di essere uccisa mentre il marito vuole obbligarla a restare, e costringe la figlia a cercare le tracce di quella madre che  non ha mai davvero conosciuto per arrivare alla tenuta di tre donne afroamericane che producono miele.

Analogie con il nostro presente sono davvero tante: dalle donne nere che, così come oggi, venivano usate solo per fare le baby sitter e le badanti agli uomini bianchi che ritenevano di poter linciare e picchiare chiunque pur di mostrare il proprio potere. Una società che si è arricchita sulla schiavitù di uomini e donne nere (così come oggi su altre etnie) che solo dopo gli anni sessanta conquistano il diritto di voto in quella terra infausta.

In italia siamo ancora nella fase precedente, quella dell’apartheid, quella delle ronde e dei linciaggi, degli incendi dei campi rom, dei lager, dei rastrellamenti e delle deportazioni degli immigrati, dello sfruttamento delle badanti, senza che esse abbiano conseguito nessuno dei diritti civili sui quali dovrebbero poter contare.

In italia le donne vengono sostanzialmente trattate da molti uomini come proprietà e così anche le figlie e come nell’america delle lotte per la conquista dei diritti civili le donne bianche o europee tuttavia non riescono sempre ad essere solidali con le donne immigrate che pure sgravano da tanto lavoro che mai viene redistribuito tra i differenti sessi.

Il legame tra europee ed immigrate avviene ogni tanto, nell’unione di lotte che vengono compiute nella consapevolezza che non si può realizzare la libertà di nessuno se c’è di mezzo la schiavitù di qualcun altr@.  Ecco perchè l’antirazzismo è indispensabile. Ecco perchè non si può accettare nulla di quello che viene fatto a donne e uomini stranieri in europa.

Il film,  concedetecelo, rasserena un po’ di una dimensione di accoglienza che le donne dovrebbero sempre garantire. Nulla a che vedere con il bellissimo “L’albero di Antonia” ma a suo modo una traccia, un trucco, un segreto sussurrato per dire alle donne che possono trovare casa e tutela presso altre donne.

Questa è la sensazione che abbiamo sempre provato. Questa è una dimensione di sorellanza che abbiamo sempre vissuto. E non c’è nulla di meglio di una forte sorellanza per sconfiggere la paura di esistere in balia della violenza istituzionale e maschile.

Se vi capita, guardate questo film, possibilmente degustando almeno un po’ di buon miele.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Vedere.