Non so se avete letto l’articolo che Laura Eduati ha scritto su Liberazione a proposito della campagna di diffamazione sulla compagna di Gianfranco Fini.
Siamo oltre le tette di Veronica Lario pubblicate in prima pagina per dimostrare la sua “ingrata velinità” nei confronti del suo, possiamo dire, ex consorte.
Siamo oltre la infame campagna misogina che ha presentato per più di un anno le donne come assetate dal potere, disposte a vendere corpi e anima per un primo piano, in cerca dell’acquirente più facoltoso per sistemarsi per tutta la vita.
Ne più e ne meno che puttane, donne da niente, con gli uomini presentati sempre alla maniera degli anni ’50: dei maschi che non dominano la carne, che si lasciano concupire, che sono generosi con chi gli concede grazie, grazielle e grazie al c…
Maschi che alla fine, a prescindere da quelle con le queli fanno le cose “sporche” tornerebbero in famiglia, pronti a dettare la morale e noi femmine per dirci che non dobbiamo essere come quelle là, perchè quelle là sono la rovina dell’universo.
Di Fini pensiamo quello che pensiamo, ma per dire quello che pensiamo mai ci sogneremmo di insultare la sua compagna. Insultare una donna per colpire l’uomo è una pratica sessista che continua a perpetrare la tradizione del “prestigio” che deriva al maschio dal possedere una femmina moralmente ineccepibile. Una vergine, illibata, con un imene grande così e una aureola ben visibile perfino quando viene mandata a fare la spesa dal panettiere.
Lo sdoganamento sulla stampa di una abitudine così provinciale, tamarra, schifosamente maschilista è l’ennesimo segno di una degenerazione culturale che vede le donne come vittime in ogni senso. Una degenerazione che le donne pagano cara, ogni giorno.
Personalmente non sentivo insulti al “maschio” di questo genere dagli anni in cui, ancora adolescente, venivo perseguitata da conoscenti di mio padre che poi gli riferivano notizie circa la mia illibatezza, persa la quale avrebbe determinato un attacco all’onore del genitore.
Una sorta di gara a punti in cui l’uomo valeva di più se moglie e figlia erano considerate medaglie da attaccare alle pettorine maschili. Premi di riconoscimento sociale. La perfetta premessa per il delitto d’onore e per le lapidazioni talebane dopo il giudizio di un “adulterio”.
Pensavo fosse finita lì e invece rieccoci, sopravvissuta all’impensabile, nel medesimo, se non peggiore, clima culturale, con la grande tentazione di emigrare definitivamente verso luoghi più civili.
E si che prima o poi lo farò.