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Educare gli uomini

Oggi grazie ad una donna fantastica ho letto un articolo uscito sul Manifesto che parla delle donne afgane di Herat e del loro strepitoso lavoro. Mentre lo leggevo ho pensato che queste donne mi/ci dimostrano che le cose possono cambiare attraverso l’informazione, l’istruzione ed il dialogo. E’ quello in cui crediamo in molte quindi lo condivido. Ecco l’articolo:

«Dobbiamo educare gli uomini. E i mullah»

di Giuliano Battiston

In cerca di una via d’uscita dalle sabbie mobili afghane, gli strateghi dell’amministrazione americana hanno da tempo abbandonato la retorica dei diritti umani, e delle donne in particolare.

Si accontentano di ripetere – come ha fatto ancora pochi giorni fa il generale David Petraeus, comandante delle forze Usa (e di quelle Nato) in Afghanistan – che l’obiettivo della guerra è impedire che si creino nuovi santuari di al Qaeda nella terra natale del mullah Omar.In Afghanistan c’è però chi guarda ai diritti umani come a un esercizio quotidiano, per realizzare conquiste sociali.

Tra questi c’è Hasina Nekzad, una donna pragmatica, poche dichiarazioni di facciata, molto lavoro sul campo: «Quando devo parlare con ilgovernatore di Herat, non prendo mica appuntamento: potrei aspettare più di un mese. Meglio andarci direttamente, presentandomi con 30 donne. A quel punto preferisce riceverci», ci dice con un sorriso smaliziato.

Direttrice per l’area di Herat e provincia dell’Afghan Women Network, una rete di organizzazioni della società civile che si occupa soprattutto di questioni di genere, Hasina Nekzad ci spiega che a Herat la sua associazione è stata fondata nel 2006.

Oggi ne fanno parte 14 organizzazioni non governative, «abbiamo 455 singoli membri, soprattutto studenti universitari, docenti, impiegati statali».

Le aree di lavoro sono tre: la promozione e la diffusione della cultura dei diritti delle donne e dei bambini; la formazione per gli impiegati delle Ong, l’assistenza alle donne nelle aree rurali.

In questo periodo l’Afghan Women Network è presente in tre distretti della provincia di Herat, «dove gestiamo dei centri di formazione, teniamo corsi di letteratura e di preparazione professionale. Abbiamo inoltre dei centri di consulenza legale per le donne. Soprattutto, organizziamo seminari e incontri. In totale sono 36, su 6 aree tematiche connesse alla cultura dei diritti umani, tra cui i diritti dei bambini, le convenzioni internazionali ratificate dal governo afghano, i matrimoni precoci, la violenza fisica e psicologica».

I seminari trattano soprattutto dei diritti delle donne, dunque, ma i partecipanti sono per metà uomini.

«Sono state proprio le donne a pregarci di tenere i workshop anche per i mariti. Ci hanno detto che era importante che anche loro avessero quelle informazioni, altrimenti il nostro lavoro non solo sarebbe stato inefficace, ma perfino controproducente, dal momento cheavrebbe causato nuovi conflitti in famiglia».

La cosa curiosa, racconta Nekzad, «è che spesso gli uomini sono contenti di quel che imparano. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli attiostili che commettono sono frutto dell’ignoranza, della mancanza di consapevolezza.Non pochi alla fine del corso si dichiarano riconoscenti. Ricordo un ragazzo, molto giovane, sposato da poco più di un anno, che non smetteva di piangere. Diceva che erano troppe le cose di cui avrebbe dovuto chiedere perdono alla moglie».

Se grazie a incontri del genere la mentalità degli uomini lentamente sta cambiando, sostiene Nekzad, è anche perché loro non si appellano aicommi del diritto internazionale, ma alle parole dei profeti dell’Islam: «Quella afghana è una società profondamente islamica. Non bisogna dimenticarlo. Per questo cerchiamo sempre di partire dal Corano, dagli esempi dei profeti, per dimostrare che è proprio dell’Islam rispettare quei diritti».

Per Nekzad dunque non c’è alcuna incompatibilità tra Islam e democrazia, come recita un mantra degli antimusulmani.

E tanto meno tra diritti delle donne e Corano: «In Afghanistan le donne devono ancora ottenere i propri diritti. Intendo i diritti islamici,quelli riconosciuti nel nostro libro sacro, il Corano».Per costruire l’Afghanistan del futuro, e una società a cui le donne possano contribuire più apertamente rispetto a ora, bisogna dunque lavorare con gli uomini, sostiene Nekzad – e piaccia o no anche con i mullah, soprattutto nelle aree rurali.

«Negli scorsi anni non si è prestata attenzione all’educazione dei mullah. Che invece è fondamentale, perché in questo paese sono proprio loro a parlare con le persone e a influenzarne, sopratutto quelli giovani, le scelte.

Noi ne abbiamo selezionato alcuni, quelli di cui le comunità locali ci dicevano di fidarsi, e abbiamo offerto loro dei corsi di diritto internazionale.Con l’obiettivo di trovare esempi tratti dall’Islam che vi corrispondessero. I risultati sono stati sorprendenti».

Soprattutto in ambito educativo, spiega.

«Un giorno alla nostra sede ha bussato un gruppo di donne venute da tre villaggi diversi. ‘Parlate dei diritti dei bambini, dell’importanza dell’educazione, ci hanno detto, ma non riusciamo a mandare i nostri figli a scuola. Scappano, hanno paura degli insegnanti!’.

Allora abbiamo organizzato una riunione con il nostro personale, continua Hekzad, e deciso di invitare i presidi e gli insegnanti delle scuole di quei villaggi. Dopo aver mostrato dei filmati, abbiamo detto loro: viviamo in un paese che non è quello dei nostri antenati, che su di noi non hanno più alcun diritto. L’Afghanistan non è il paese dei nostri padri, ma quello dei nostri figli. Dobbiamo tenerlo vivo per loro. E tener vivied educare i nostri figli fino a quando non saranno in grado di occuparsene. Ebbene, dopo qualche tempo una di quelle mamme è tornata: mi ha detto che il figlio andava a scuola volentieri. E che voleva diventare il futuro presidente dell’Afghanistan».

Che si tratti di donne inconsapevoli dei propri diritti, di uomini violenti, mullah retrogradi o insegnanti severi, per Hasina Nekzad il futuro dell’Afghanistan è nell’istruzione .

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali.


One Response

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  1. Valentina says

    Come dire: sono perfettamente d’accordo ed è bello avere qualcosa da imparare dagli altri. L’educazione è certamente la chiave, fu la chiave per le donne d’Occidente, e sarebbe bene rivedere il nostro agire quotidiano con i figli, maschi o femmine che siano o con i nostri uomini. Indagare la religione può anche essere una buona soluzione, il messaggio evangelico o coranico descrivono l’universalità e l’uguaglianza, l’uomo l’ha poi deformato su logiche di potere e economiche. Riprendere il messaggio e rivelarlo sotto un’alra luce non può che essere una logica vincente in paesi dove la religione è ancora molto forte. In Italia tra l’altro, sebbene io non sia credente, funzionerebbe a meraviglia.