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Nessuno può rubarmi la libertà di pensare!

[Foto da Riotclitshave]

C’è stato un momento in cui ho davvero creduto di non farcela. Lui mi massacrava di botte e una mattina mi sono svegliata con uno strano formicolio alle gambe.

Ho temuto che mi avesse leso il midollo spinale e allora ho preso mio figlio e stavo per andare dal medico.

Voi non avete idea di cosa significhi per una donna che vacilla e non ha equilibrio con le gambe che non fanno da puntello dover scendere le scale con un bambino in braccio.

Scivolai rovinosamente e mio figlio con me. Due intere rampe di scale con il bambino in braccio, a rompermi la schiena per proteggerlo, a fare la giravolta per non fargli sbattere mai neppure un centimetro della sua carne, a schiantarmi sulla parete mentre stringevo forte il mio bambino.

Lui stava bene, io un po’ meno. Il fatto è che allora non esistevano telefonini e che in un paesino un’ambulanza te la sogni.

Cominciai a urlare forte per attirare l’attenzione di qualcuno di passaggio. Mi rispose una signora che andò a chiamare un fabbro. Aprirono la porta e mi trovarono a fare da culla a mio figlio mentre lui dormiva tranquillo.

Sono sulla sedia a rotelle da allora. La caduta sulle scale non ha peggiorato nulla. Era già tutto in procinto di avvenire. La caduta è stata una conseguenza della disabilità che arrivava.

Il mio ex compagno in quel caso si è volatilizzato, una parente si prende cura di me che dal bacino in giù non sento più niente.

Mio figlio è cresciuto con una madre che doveva fare attenzione a non fargli notare che si pisciava e cagava addosso esattamente come lui.

Poi lui ha tolto il pannolino, io invece non ho mai tolto il catetere.

Ho preso la patente per accompagnarlo quando serviva ma per tante cose ci pensa mia madre che povera donna non meritava di dover supplire ancora ad un ruolo che doveva essere il mio.

Il mio ex marito non mi passa neanche un euro di mantenimento. Io non ho neppure i soldi per pagare un avvocato e denunciarlo.

Mi sono decisa un giorno a raccontare tutto ad una amica la quale mi ha chiesto di aiutarla con un lavoro che io posso fare da casa. Per prima cosa ho avuto in regalo la connessione e un computer e questo mi da la possibilità di informarmi per dire a mio figlio cose diverse da quelle che lui ascolta in televisione.

Poi ho cominciato a scoprire che ce ne sono altre come me. Donne maltrattate e disabili che non possono più condurre una vita normale per responsabilità dell’ex marito o dell’ex coniuge.

Volevo dire che ci siamo anche noi a leggervi. Non cerchiamo vendetta. Vogliamo continuare a pensare, confrontarci, vivere, contribuire ai ragionamenti che fate perché la nostra testa funziona ancora.

Quando parlate di donne che sono vittime di violenza, quelle morte ammazzate e quelle sopravvissute, mettete in conto che esistiamo anche noi, le invalide, le disabili che hanno voglia di costruire pensieri, ragionamenti, analisi, progetti, perché prima di essere vittime di uomini violenti noi siamo persone, siamo donne, soggetti pensanti e l’unica cosa che non vogliamo è restare ripiegate in una esistenza che finisce ancora per farci restare schiave di chi ci ha ridotto così.

Ho steso un lenzuolo anch’io. Mi ha aiutato mio figlio. L’ho steso per me. Ho scritto: “Nessuno può rubarmi la libertà di pensare!”. Nessuno.

Grazie!

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Storie violente.