Angela, dalla nostra mailing list:
“La figura materna è l’archetipo della vita: madre che protegge, che si prende cura e che rinuncia a se stessa per i propri figli“.
Esordisce così l’articolo su Repubblica di oggi dal titolo “Il club delle cattive mamme” [1] [2] e che vanifica tutti gli sforzi dell’educazione di genere. Non vi riporto tutto l’articolo anche perchè non essendo ancora online dovrei ricopiarlo dal cartaceo e non ho molto tempo. Quello che però vorrei condividere e quello su cui vorrei confrontarmi sono
due parole: archetipo e cattive.
La figura materna NON è l’archetipo della vita, la figura materna è un ruolo sociale che la società patriarcale ha conferito alle donne pensando che fosse la conseguenza logica di una caratteristica biologica.
Ma essere in grado biologicamente di partorire un figlio significa anche e necessariamente essere le uniche in grado di dare la vita? (e per vita intendo un futuro, un’educazione, protezione e cura)
Come può l’archetipo (o meglio il modello) della vita imporre la rinuncia a se stessa, la morte emozionale di un’altra vita?
Il prendere coscienza di tutto ciò non viene intesa come un progresso dei rapporti interpersonali, un’evoluzione dei ruoli sociali ma come il capriccio di dissidenti.
Certo, l’articolo (ben tre pagine) di repubblica riporta opinioni scientifiche, titoli di libri e quant’altro in una perversa logica di politically correct ma in modo subdolo insinua il senso di colpa affiancando, nel titolo, accanto alla parola mamma l’aggettivo cattiva.
In questo modo chi è ancora all’inizio del percorso legge un qualcosa che, se da un lato la tranquillizza mettendola in relazione con una realtà che esiste e si sta espandendo, dall’altro le punta il dito contro ferendola nell’orgoglio e nella dignità di madre.
Io non sono mamma e francamente sono quanto di più lontano possa esistere dall’istinto materno, ma sono stata, sono e sarò una figlia.
Quando mia madre usciva con le sue amiche per andare a vedere un concerto e lasciava a mio padre il compito di mettermi a letto non ho mai pensato che fosse cattiva pur avendo la tipica ferocia nei giudizi dei bambini.
Quando il mattino dopo la vedevo preparare la colazione era ritemprata, rinvigorita e di questo ne giovavamo tutti.
Io in primis che sono cresciuta con un’idea femminile diversa.
Allora questo articolo di repubblica non è un gioco sadomaso che ti fa vedere cosa puoi essere ma ti ricorda che se lo fai sarai marchiata?
Non è come offrirti un pezzo di torta e ripeterti che ingrasserai fino a che non si desiste e la torta la si lascia lì?
Se sono questi i termini in cui i canali ufficiali devono parlare delle donne forse sarebbe meglio auspicare il loro silenzio perchè altro non fanno che contribuire ad una situazione
veramente difficile.
—>>>La donna tuttofare è opera di Nicoletta Boris