[l’immagine fa parte di una campagna di comunicazione brasiliana contro la pedofilia]
Sono poche righe di una notizia che sicuramente può passare inosservata. Noi siamo commosse. Abbracciamo virtualmente questa donna coraggiosa che dopo 40 anni ha avuto la forza di denunciare pubblicamente il nonno, oramai morto, e di dire attraverso dei volantini affissi in pubblica piazza, in un paesino del salento, in un sud che conosciamo fin troppo bene, che quando lei aveva 5 anni quell’uomo che lei definisce "quel pazzo perverso", aggiungendo che "la banalizzazione, l’ingiustizia, il silenzio che uccide" ha abusato di lei e di una bimba vicina di casa.
Vorremmo tanto leggerlo per intero questo volantino, e diffonderlo, passarcelo di mano in mano, per parlare del coraggio di questa donna e del suo bisogno di sentire riconosciuta la sua rivendicazione di vittima, di dire a qualcuno quello che le è successo.
Chissà quanti saranno quelli che in quel paese avranno detto o pensato, e noi sappiamo che l’hanno detto e pensato, che oramai quel nonno è morto, "bon’armuzza", i suoi peccati potevano morire con lui, che bisogno c’era di infangare la sua memoria?
E così vediamo che anche quando un uomo che commette un abuso su una bambina è già morto il giornalista nel dare la notizia usa il "potrebbe", per prudenza, per paura di una querela dall’oltretomba, perchè la fiducia nelle vittime viene sostituita dall’omertà e da un malinteso senso di discrezione che tutela i carnefici, perchè certi uomini non si toccano neppure da morti, perchè a nessuno importa delle vittime, quelle che sono ancora vive e che devono morire ogni giorno negando a se stesse di urlare il dolore che custodiscono da decenni.
Quanta vergogna hai dovuto patire? Quante sofferenze? Quanto dolore, cara sorella…
Noi ti abbracciamo, virtualmente certo, ma con tutto il cuore e ti diciamo che hai fatto benissimo.
Ci siamo noi e noi ti crediamo.
