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Rimettiamo a posto le finanze italiane con una tassa sulle prostitute?

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Sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Un senatore ha trovato il modo di “fare cassa per rimettere in sesto le finanze del Paese”: propone una tassa sulle prostitute.

Un attimo, mi sfugge qualcosa. Questo è il paese dove la prostituzione che esce dalle mura dei palazzi importanti è perseguitata e non riconosciuta come lavoro? Che in nome del decoro cittadino ha emanato decreti e provvedimenti contro la prostituzione di strada? E’ l’Italia il paese del Vaticano che ha sempre condannato tale lavoro?
Credo di sì. E allora cosa succede? Questo senatore sarà mica un rivoluzionario, uno che ha deciso finalmente di schierarsi dalla parte dei/lle sex worker? Eh già, perché se tassano la prostituzione la devono riconoscere come lavoro. O no?

Lo so, sono ottimista. Immaginare che nel nostro paese, bigotto e bacchettone, alle/ai sex worker possano mai essere riconosciuti un minimo di diritti è davvero da ingenui/e. Sapete cosa penso? Che se passasse questa proposta lo stato si comporterebbe come un pappone che sfrutta le prostitute per assicurarsi una rendita maggiore. Questo paese è così ridotto male, è così al verde che non bastano i tagli alla scuola, alla ricerca, alle imprese medio-piccole, che hanno portato milioni di persone a perdere il proprio posto di lavoro o ad andare in cassa integrazione, a perdere la casa perché non potevano permettersi il mutuo o l’affitto, non gli bastano le tasse che gli/le italian* versano a differenza dei/lle ricchi/e evasori fiscali, l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne, i tagli alla sanità ed ecc… a loro non basta tutto questo.

Hanno bisogno di più soldi e dato che hanno tagliato tutto l’immaginabile (a parte gli stipendi dei potenti) l’unico modo per aumentare le entrate sono le tasse. Si inizia a tassare tutto, e quindi anche ciò che è stato sempre tacciato come “indecente e indecoroso, vergognoso” ecc.

E’ risaputo che il mercato della prostituzione è florido e ampio, quindi perché non sfruttarlo? Spremere i/le sex worker fino all’ultimo centesimo? Quello che mi chiedo è: faranno la differenza tra tratta e prostituzione autodeterminata? Oppure non gli importa di alimentare le vittime della tratta sessuale? Perché se a loro importa fare cassa potrebbero non interessarsi della provenienza di quei soldi. Quindi rischieremmo di ritrovarci uno stato complice della tratta (anche se già lo è sotto molti aspetti), che la accetterà purché paghi la tassa, purché lo sfruttatore si presenti ogni mese con la bustarella di soldi in mano.

Poi che abbia costretto, rapito, picchiato, stuprato, ucciso decine di donne poco importa, c’è la crisi e bisogna fare tutto il possibile per risanarla (evitando accuratamente di intaccare il benessere dei potenti e dei loro amici). Quindi se da una parte avremo più vittime della tratta, perché lo stato potrebbe chiudere un occhio ma anche tutte e due, dall’altra avremo delle prostitute autodeterminate che pur rifiutando il magnaccia se ne trovano uno impostogli, a cui però non potranno chiedere ne diritti ne norme di riconoscimento del lavoro, perché se restano in nero sono più ricattabili.

Mica si possono mettere pure loro a chieder diritti!!! Devono fare come tutti e tutte gli/le italian* che pagano le tasse anche se si vedono togliere un diritto al giorno, mentre crescono i doveri. E se si ribellano e non pagano le/gli si ricatta in modi diversi (per esempio aumentano la polizia nelle zone in cui lavorano, multando i clienti, seguendole/gli e impedendole/gli di lavorare ed ecc…) o se sono immigrate/i minacciandole/gli di mandarle/gli nei CIE e di espellerle/gli.
Voi cosa ne pensate, sono troppo drastica?

Ps: ovviamente se al pagamento della tassa corrispondesse una risposta in diritti, sanità, sicurezza, pensione, la questione sarebbe ben diversa.

Posted in Pensatoio, Precarietà.


One Response

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  1. rosario spadia says

    ottimo post