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I ventriloqui e le pupazze

http://danaperkins.com/ventriloquist%20big.jpgI ventriloqui si caratterizzano per l’uso che fanno dei nomi, dei volti, delle firme delle donne per accreditare tesi che altro non sono che la descrizione in chiave un po’ più accademica delle proprie teorie personali.

Capita sempre nel corso di un dibattito in cui c’è un conflitto di genere che l’uomo si travesta da donna, rubi foto da internet per creare profili falsi nei social network, usi i corpi delle donne per attirare più amicizie alle quali propagandare le proprie teorie, infine tenga in serbo la firma al femminile per accreditare tesi altrimenti non credibili specie se quelle tesi sono fortemente discriminatorie per le donne.

Questo metodo è generalmente usato da chi trascorre molto tempo a denigrare le donne salvo poi tirarne fuori una dal mazzo per “usarla” a proprio vantaggio e farla intervenire in sua vece.

Succede sempre, nei movimenti, in politica, nella società. E’ una prassi a noi nota e facilmente riconoscibile. Si tratta pur sempre di organizzazioni gerarchiche in cui ai posti di comando, a muovere le fila del discorso ci sono sempre e solo uomini. Un po’ come si fa nelle comunità con i leader che pronunciano il verbo e i discepoli pronti ad immolarsi per lui.

Le donne che attraversano le varie comunità sociali, professionali, o entrambe contemporaneamente lo fanno per scelta, per necessità, spesso perché hanno bisogno di lavorare e vedono in alcuni spazi la possibilità di farsi strada.

Sono possibilità aperte a tutte noi, chiunque tra noi può dire di avere avuto a portata di mano una “possibilità” professionale salvo scoprire che ci sarebbe costata la dignità, l’integrità, perché avremmo prostituito le nostre idee, i nostri stessi principi.

Chissà quanta strada avremmo potuto fare, per esempio, se avessimo accettato di essere allineate alla mafia invece che combatterla. Altrettanta strada avremmo fatto se ci fossimo riconciliate con organizzazioni religiose invece che essere testardamente laiche.

In sicilia si impara una cosa e la si impara molto presto: non bisogna mai mettersi nelle condizioni di dover dire grazie a nessuno altrimenti la tua vita non vale più niente.
C’è un margine di compromessi che ciascuno di noi non deve superare sapendo che si tratta di una scelta che costa cara, sudore, fatica, sangue, sacrifici.

Però in sicilia sappiamo che accettare un caffè offerto da un mafioso significa essere incastrata con quello stesso mafioso fino alla fine dei tuoi giorni. Perciò niente caffè, niente debiti con gente che compra il tuo silenzio o ti chiede di prostituire le tue idee, niente svendita della dignità, sulla nostra testa c’è scritto "non si vende".

Piuttosto è molto meglio fare la cameriera, lavoro faticoso, di braccia, ti sanguinano i piedi, ti pagano in nero, ti fai un culo così, ma quello che c’è nella tua testa resta solo tuo.

Quante sono le donne che vendono la propria testa? Quante sono quelle che parlano per difendere tesi indifendibili? Quante sono quelle ricattabili, che hanno mutui da pagare, famiglia, figli, spese da affrontare, una vita da costruire, che intravedono nella svendita della propria testa e della propria integrità una possibilità di carriera?
Quale differenza c’è tra una donna che prostituisce il suo corpo e una che prostituisce il cervello?

Perché lo fanno? Soprattutto: chi sono, chi le conosce, quali titoli hanno a parte una laurea, breve o lunga, che chiunque può prendere? Che tipo di carriera accademica hanno svolto? Che pubblicazioni, ricerche, master, dottorati hanno conseguito? Chi sono?

Troppo spesso sono solo nomi accanto ad una qualifica. Nomi che si inventano una specificità e una competenza in virtù della capacità della ditta che le promuove di fare marketing.

Accade anche in politica con il vota donna. Accade nei congressi di partito dove si cerca sempre l’intervento della faccia fresca e giovane che abbia tante cose sfacciate da dire. Quelle figure che possono dirottare il voto dei delegati dalla mozione A alla mozione B perché sono tanto carucce, fanno tenerezza, e poi che prodigie, così giovani, sanno perfino parlare e hanno le idee già così chiare, con quella grinta e quel tono che fanno tanto bene ai segretari – maschi – di partito.

Ci sono anche le donne “controfigura”, quelle che le porti in giro ma non le fai neppure parlare. Ad una donna così le fai solo dire che è presidente di quella o di quell’altra organizzazione salvo poi non concederle neppure un secondo di intervento.

Ci sono le donne che vengono candidate in lista perché il vota-donna è una figata, così come ci sono donne che le fai diventare ministre e che parlano la lingua del padrone alla perfezione.

Perché lo fanno? Perché lo fate?

Non siamo ingenue e sappiamo che ci sono donne che marciano contro le donne, più spesso sulla spinta del dividi et impera degli uomini. Sono loro che diffondono misoginia, odio puro e che ci convincono che delle donne non ci si possa fidare, che sono cattive, indiavolate, e tutte quelle altre cose brutte che non ci hanno mai abbandonato sin dai tempi che hanno preceduto l’inquisizione e il malleus maleficarum.

Se le donne sono allineate al patriarcato non abbiamo difficoltà a dire che non basta essere donne per avere una coscienza di genere.

E le altre perché lo fanno? Perché si vendono e vendono la propria faccia, reputazione, firma, storia?

Quando parlate con una donna che espone delle tesi prima di prenderla sul serio chiedetele che lavoro fa, per chi lavora (se si tratta di maschi sessisti il conto è presto fatto) e se il suo lavoro coincide in larga misura con le tesi che divulga allora regolatevi di conseguenza. Se una donna lavora per una tale televisione, per esempio, e poi si esprime a favore delle idee del padrone della ditta per cui lavora, possiamo rispettare la scelta di quella donna di fare l’attrice, interpretare un ruolo di una sceneggiatura scritta da uomini, mettersi al servizio di un pensiero ma di sicuro siamo abbastanza laiche da poter dire che delle scelte altrui noi non dobbiamo pagarne le conseguenze e a quelle scelte non dobbiamo allinearci. Ciascun@ vive della propria parzialità ed è nostro diritto dubitare, essere critiche, avere una opinione differente ancorchè non allineata a mondi autoritari. Ne abbiamo diritto e chiunque ritiene che sia lecito "fermare" una idea perchè diversa dalla propria commette un grave atto di censura e di discriminazione. Chiunque ritiene di usare i corpi delle donne per rendersi più credibile agli occhi del mondo commette una discriminazione anche maggiore. 

Pensateci: non è forse vero che le donne che si esprimono per proprio conto, che mostrano una opinione autonoma da mondi maschili, più difficilmente saranno accreditate e tanto più spesso saranno denigrate, disprezzate, marginalizzate, mobbizzate o insultate? Quante sono le possibilità di vivere, lavorare, esprimersi per una donna che vive delle proprie idee e che non vende la propria integrità ai mondi sociali, economici, politici, professionali dominati al maschile? 

Semplice, no?

Posted in Anti-Fem/Machism, Omicidi sociali, Pensatoio.