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Sicilia: come fare passare a livello regionale la “priorità” dell’affido condiviso!

Ne abbiamo scovata un’altra. Le associazioni dei "padri separati" oltre a supportare i progetti di legge che vorrebbero cambiare in senso regressivo il diritto familiare in ambito nazionale, oltre a trovare conforto in una campagna mediatica che criminalizza le donne e consegna i bambini ai padri anche quando i figli di quei padri non vogliono saperne, sollecitano le istituzioni a livello regionale per creare delle apposite sedi specializzate in "composizione del conflitto".

Ne siamo a conoscenza perchè di recente si è avuta una discussione nella prima commissione dell’assemblea regionale siciliana e da questa discussione traiamo che già il lazio si è adoperato in questa direzione e che in toscana parrebbe esserci (bisogna che le sorelle toscane ce lo confermino) una discussione su una proposta dello stesso tipo.

Il ddl n. 500 sulle "Norme per l’istituzione ed il coordinamento dei centri i composizione familiare" è firmato dall’udc Cordaro. Nella sua scheda personale e tra i disegni di legge da lui presentati trovate anche quello di cui vi stiamo parlando assieme ai link per accedere alla discussione in sede di commissione. 

La commissione suggerisce l’accantonamento del ddl perchè ritiene che si debba fare attenzione affinchè una legge regionale non determini una ingerenza in ambiti riservati alla legge statale. Significa che una regione, per quanto sia a statuto speciale, non può decidere di questioni che devono prima essere approvate e inquadrate in ambito nazionale. E’ interessante però che leggiate tutte le motivazioni per cui il ddl si è arenato. Per esempio, nella relazione del presidente della commissione si dice che:

"Si segnalano, quali punti critici del testo, in primo luogo il
comma 2 dell’articolo 2, che individua i centri di composizione
familiare come istituzioni private
sotto qualsiasi forma
giuridica, pertanto anche a scopo di lucro, escludendo gli enti
pubblici.

Suscitano perplessità anche le previsioni del punto b) del
comma 1 dell’articolo 3: l’avvocato specializzato in diritto di
famiglia e/o minorile è una figura auspicabile, ma non esiste
al momento un albo ove siano inseriti avvocati specializzati;
il counselor e/o consulente familiare viene relegato al ruolo,
riduttivo e poco appropriato, dell’accoglienza, considerato che
lo stesso è un professionista laureato e con successiva
specializzazione; il mediatore interculturale non sembra una
figura prioritaria per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Manca, inoltre, nell’equipe, il mediatore familiare validamente
formato secondo i parametri attualmente riconosciuti dal Forum
europeo della mediazione familiare, una figura fondamentale
nella transizione familiare dalla coniugalità alla
genitorialità.

La stessa composizione dell’equipe di lavoro sembra improntata
prevalentemente in funzione di aspetti patologici o
disfunzionali
, che necessitano quindi dell’apporto dello
psicoterapeuta o dello psicologo dell’età evolutiva. In ultimo,
la presenza del rappresentante di una associazione senza scopo
di lucro operante in problematiche familiari appare una
soluzione oltremodo pericolosa, tenuto conto che chiunque può
associarsi e conoscere di tematiche familiari.
"

A noi spetta, ed è nostro diritto farlo, analizzare il progetto di legge da un punto di vista di genere.

All’articolo 1 già si stabilisce che la regione siciliana diventerebbe una isola protetta per ritenere che "la regione tutela la famiglia e la coppia con prole come principale nucleo di socializzazione...".

Che una regione possa decidere quale sia il nucleo di socializzazione principale da tutelare, discriminando ogni altra forma di convivenza sociale, da quelle miste, a quelle senza prole, a quelle con persone dello stesso sesso, è tutta da dimostrare.

L’articolo uno decide ancora che in ambito regionale si possano saltare i passaggi derivanti dalle incongruenze create dalla legge 54/2006 sull’affido condiviso. Ovvero dice che la regione "favorisce" l’affido ad entrambi i genitori sempre. Come possa una istituzione regionale intervenire in questioni private non si capisce. 

Il secondo articolo insiste e dice che per applicare le belle intenzioni manifestate all’articolo 1 bisogna istituire questi centri di composizione familiare ed è al secondo comma che si spiega che "i centri sono istituzioni private, costituite sotto qualsiasi forma giuridica, che possono ottenere riconoscimento ed inclusione negli elenchi provinciali".

Ed è qui che nella commissione un deputato ha concluso che questo ddl non prevede in alcun modo l’uso delle energie già radicate nei territori e gestite dagli enti locali. Vale a dire che un simile ddl presupporrebbe lo smantellamento o il non utilizzo dei consultori familiari.

Nel terzo articolo viene spiegato come un centro possa essere meritorio di inclusione nelle liste provinciali. Per le incertezze del caso rimandiamo all’intervento in commissione che abbiamo sopra citato.

L’articolo 4 spiega quando si può realizzare l’attività dei centri: "nei casi che potrebbero giustificare il ricorso al giudice […], nonchè in caso di procedimenti di separazione, divorzio…".

E’ un centro dunque che compone il conflitto o che quando tale conflitto inevitabilmente non può più essere ricomposto interviene in sostituzione o a "ricomporre" quello che giuridicamente dovrebbe svolgersi dentro le aule dei tribunali?

L’articolo 5 stabilisce anche quali sono le modalità e i principi per l’attività dei centri. Si dice che in caso di conflitti familiari nei quali i coniugi manifestano volotà di separazione gli operatori del centro danno informazioni su tutte le conseguenze del caso e informano su tutto quello che si ritiene si debba sapere in tema di applicazione dell’affido condiviso. Detta così sembrerebbe un punto info di alcuni soggetti interessati alla materia.

Al comma due si dice che il centro farà firmare un consenso ad accettare la "collaborazione" nella gestione della separazione al centro il quale, con predisposizione di alcune clausule, sottoporrà la questione al tribunale.

Al comma 7 si dice che i Centri vorranno attivare un servizio che accompagni i genitori in un percorso "volontario" in direzione dell’affido condiviso. Forniranno una consulenza finalizzata alla "prevenzione e alla risoluzione delle crisi" (immaginiamo con un gran rispetto per il genere femminile). Attiveranno un servizio di "formazione" per i genitori da dirigere inequivocabilmente verso la bigenitorialità "anche di fronte a situazioni conflittuali" (e qui ci stupiscono con effetti speciali!). Vorranno educare i genitori e finanche gli adolescenti nelle scuole per condividere il sapere di cui il Centro dispone.

All’articolo 6 il centro autorizza se stesso ad acquisire dati privati presso ogni istituzione pubblica in relazione ai casi trattati. Poi decide di poter "coadiuvare", fuori dalla normale e democratica attività parlamentare, la Regione "nella progettazione di politiche di tutela della vita della famiglia e della coppia" e di sostegno alla genitorialità condivisa.

Immagina di dover costituire "un punto di riferimento (addirittura) prioritario" per i tribunali impegnati in separazioni e affido dei minori.

Il resto è abbastanza coerente a questo quadro. Si completa l’opera con la proposta di istituzione di una "agenzia regionale per la certificazione dei centri di composizione presso l’assessorato della famiglia. Per finanziare tutto ciò immaginano un finanziamento nei bilanci regionali pluriennali e altri soldi presi dai bandi comunitari (europei? l’europa può dare soldi per questo genere di progetti?).

Non ci sembra di aver letto di un solo punto che parli di violenza sulle donne e sui bambini. Nessun punto in cui si parli di tutela di donne e bambini maltrattati.  nessun punto in cui si parli di violenza domestica. Nessun punto in cui si spieghi che le ragioni di molti conflitti non sono "ricomponibili" a meno di tutelare donne e bambini allontanandoli immediatamente dal marito/padre maltrattante.

Si ricompone tutto? Anche le ferite? Anche gli abusi? Anche le violenze?

Come dire: ci sembra un progetto che aderisce perfettamente al detto rassegnato delle nostre nonne. Le stesse nonne che pativano violenze di ogni genere e che alla fine di ogni sessione di percosse così dicevano: "solo alla morte non c’è rimedio!". 

Già: tutto il resto per loro era "riconciliabile". E che vita fantastica era la loro, vero?

Posted in Fem/Activism, Misoginie, Pensatoio.