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La correttezza

http://www.youtube.com/watch?v=e074wTC3Ejo

Lui non sapeva neppure cosa fosse. La correttezza, intendo. Aveva la sindrome da pene piccolo e faceva a gara a chi ce l’ha più lungo. Solo che quella gara la faceva con me che un pene non l’ho mai avuto.

Non mi sono mai posta il problema della misura del pene ma a lui quel problema lo assillava di continuo e quando gli dissi che doveva risolverlo con i suoi pari, imparando a diventare persona senza misurare ogni questione secondo la lunghezza del suo organo sessuale, se la prese con me.

Loro lo distruggevano e io dovevo risollevare le sue sorti. E non c’è niente di peggio che un uomo completamente acido, di quelli che a momenti fanno i vermi per quanto la muffa gli abbia invaso il cervello.

Quando mi resi conto della pericolosità del soggetto e non gli confermai il nostro terzo appuntamento cominciò la persecuzione.

Faceva cose puerili, apparentemente poco importanti ma determinanti per la mia vita. Per prima cosa decise di cambiare il nome sul campanello della mia casa. Così mi impediva di ricevere posta e di confondere chi veniva a visitarmi. In seguito telefonava tutto soddisfatto immaginando di aver fatto chissà quale grande gesto.

Poi le sue molestie si spinsero un po’ oltre: non so come ma prese a sorvegliarmi attraverso il computer. Rallentava la mia connessione, spiava i contenuti dei miei file. Non me ne sarei accorta se non fosse stato per un amico che ne capisce più di me. Lo lasciammo fare, per un po’, tanto da raccogliere dati per fargli il culo.

Nel frattempo, con altro nome, faceva una devastante campagna di diffamazione attraverso il web. Tentava di mascherare il suo ip ma era facilmente individuabile come lo sono tutti i cazzoni che molestano lasciando tracce dietro di se’.

Ogni tanto ricevevo mail da sconosciuti che tentavano approcci di vario tipo. Avevano tutti lo stesso stile. Uno addirittura chiedeva di conoscerci senza conoscerci. Una cosa al buio. Virtuale e al buio. 

Peccato che i maiali, per quanto siano istruiti, li si riconosce subito e non c’è niente che possa mascherarne il fetore.

Il punto era che lo stronzo aveva già avuto a che fare con la legge e aveva capito che qualunque cosa facesse non avrebbe comunque dovuto mai rispondere delle sue responsabilità. Andava in giro con il ghigno arrogante che gli dava la sua impunità e feriva il mondo intero immaginando perfino di avere ragione.

Sapete come è finita? Che un esercito di amiche hanno cominciato a devastargli la vita come lui aveva fatto con la mia.

Le donne, si sa, sono dappertutto. Spesso passano inosservate ma attraversano la tua casa, puliscono i tuoi cessi, ti rifanno il letto alla mattina, passano la cera sui tuoi pavimenti, rassettano i tuoi uffici, ti rammendano le tue mutande, ti vendono la rivista all’edicola e ti conoscono. Eccome se ti conoscono. Specialmente se vivi in una piccola città.

Il suo campanello per un po’ risultava a nome di un tale dal nome irripetibile. La sua posta gli arrivò di frequente bagnata, dalla pioggia, e illeggibile. Il suo quotidiano preferito non c’era mai. Nel suo ufficio veniva cambiato l’ordine delle cose. Le sue mutande diventarono strette all’elastico e segavano i testicoli in modo esemplare. Capolavoro dei capolavori fu la ricucitura del paltò. La sua manica perdette almeno sei centimetri e lui dovette andare in giro con un braccio monco. La barista gli serviva il panino con ingredienti immangiabili. La cassiera del supermercato lo teneva sempre bloccato alla cassa per difetto della sua carta bancomat. Lui si beccava gli insulti di tutti. Oramai era conosciuto con vari nomignoli lasciati sul muro della sua casa e non fu possibile scoprire chi gli lasciasse quei messaggi neppure con le quattro telecamere che lui fece installare.

Toccò il massimo della paranoia quando gli arrivò per posta una fotografia di lui che faceva una tal cosa dentro la sua macchina. Allora rimase chiuso in casa. Porte e finestre blindate a capire come ci si sente ad essere assediati. Qualunque cosa dicesse alla polizia lo guardavano come si guarda un matto. Parlava di una organizzazione mondiale di donne, da quella della nettezza urbana a quell’altra del supermercato e i militari lo guardavano come si guarda un pazzo pericoloso.

Cominciò a scrivere al giornale locale per dire che le donne della sua città ce l’avevano tutte con lui e che a causa loro aveva perduto contratti, lavoro, occasioni. Provò a dire che il ritardo di una lettera dall’amministrazione utile a partecipare ad una gara fu causa di una impiegata dell’ufficio comunale. 

Il suo sguardo diventava sempre più quello di un folle senza criterio. Infine dovette trasferirsi perchè nessuno gli credette. E per me fu meglio così.

La questione vera che mi piacerebbe faceste vostra è che denunciare uno stronzo non serve a molto. Rendergli la vita impossibile invece serve. Serve eccome.

—>>>E’ una storia di pura invenzione. Una favola per adulti liberamente ispirata al libro "Uomini che odiano le donne" e al film "Ameliè". Ogni riferimento a fatti, cose, persone è puramente casuale. 

Posted in Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali.