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Il kimono dell’inculata (sempre data e mai ricevuta)

http://www.youtube.com/watch?v=OCH_Ew26rP4

Oggi ci segnalano questo capolavoro di sfottò. Da un lato chiama moralisti i due che sull’unità (piccolo e ravera) hanno timidamente detto a luttazzi di aver realizzato una "stecca". Una dei due, la ravera, a chi ha denunciato di sentirsi offes@, ha ribadito che "solo" di stecca si trattava. Dall’altro, a suo modo, fa la parte del libero inculatore su base consensuale, a legittimare "l’arte" e la "cultura" nel poter trattare di sessismo come libera frontiera della libertà di espressione. Recupera il senso pieno dell’orgoglio del sesso anale (l’ano è mio e lo gestisco io, l’ano è tuo e lo gestisco io, chi di ano perisce di ano ferisce, dove l’uomo incede la donna concede) per la gioia di chi ama questa pratica e di chi ama che se ne parli.

Noi non commentiamo. Segnaliamo soltanto che si è aperta la caccia a chi non incide a fuoco il fondo schiena con la scritta "adoro l’inculata". Finire al rogo per questo ci sembra un po’ banale. Se ad appiccare il fuoco poi sono quell* che immagini compagne e compagni…

Ovviamente tra Abbate e altra ignobile gente c’è un abisso, come lo stesso abisso c’è tra luttazzi e massimo fini, per esempio (noi distinguiamo – NOI – ma la porcheria scritta da fini, anche quella gode della legittimazione del movimento culturale per la libertà di espressione?). In ogni caso, giusto per farvi un’idea del bel mondo in cui razzoliamo non fa male segnalarvi le puntate precedenti:

Misoginia e Il Fatto Quotidiano: sessismo e razzismo pari sono

Sull’intervento misogino di Massimo Fini sul Fatto Quotidiano [su questo sorella Lameduck ci ricorda dettagli che ci erano stati effettivamente segnalati e si ricorda dell’altro guru della rinnovata misoginia italiana – paolo barnard – pronto ad affollare le siepi]

Le antisessiste a convenienza dell’Unità e maschilisti dell’Ordine di Fra’ Travaglio

Libertà di critica per alcuni ma non per tutti

Luttazzi: perchè identificare l’italia servile con tutte le donne?

Lettera alla redazione di Annozero

Posted in Fem/Activism, Pensatoio, Vedere.


2 Responses

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  1. carmen says

    ma io non ci posso credere al discorso di questo esaltato!!!
    vi giuro, io il mio ano di fronte a uomini come questo, lo schiuderei solo per cagargli in faccia!!

    sarebbe la sublimazione del mio disprezzo!

  2. paola says

    Cara Fikasicula, forse hai ragione nel continuare a proporci le porcheriole prodotte dalla mediocrissima materia cerebrale di alcuni satirici-satiristi ma, permettimi un ricordo comparativo. Quando frequentavo una biblioteca nazionale centrale e quando ancora frequento un’università, delle quali non faccio i nomi, allorché dovevevo usufruire dei servizi igienici mi divertivo, e ancora mi diverto, a leggere le scritte dietro le porte. C’era di tutto: dal vetero maschilismo più trito al guizzo ironico della neoconsapevolezza femminista. E i livelli concettuali e formali andavano dall’infimo al sublime. Ecco, le cose che ci è toccato sentire di recente sui mezzi di comunicazione da parte di sedicenti sinistri (o no?) si attestano al gradino più basso di queste manifestazioni letterarie. Perché continuare ad occuparcene? Ma è chiaro, perchè sono la manifestazione di una cultura ancora dominante o, meglio, tornata dominante grazie allo sdoganamento mediatico operatone dal trentennio mediaset, e alla mancata presa sulla società (italiana) del discorso femminista dei decenni passati. A tal proposito, e a proposito dei contenuti culturali del linguaggio, cioè della visione del mondo che esso veicola, e per tentare di uscire dal filone kamasutra che nei nostri commenti si era delineato, vorrei ricordare una circostanza, che forse molte di noi hanno dimenticato. Quando ero ancora adolescente, sembra che avessimo deciso di bandire dal nostro vocabolario le locuzioni a contenuto sessista-maschilista, insomma, le “parolacce” create dalla cultura maschile che tale cultura veicolavano. In questa logica, l’espressione “vaffanculo”, ed altre attinenti alla medesima sfera semantica, erano evitate, anzi, ripudiate, in quanto considerate offensive nei confronti degli omosessuali. Beninteso, non in quanto si considerasse offensiva in sé la performace cui gli omosessuali potevano, eventualmente, dedicarsi con reciproca soddisfazione, ma proprio perché era insita in quell’espressione una visione fallocentrica per cui chi penetra domina chi è penetrat*, chi penetra, in qualsiasivoglia modalità, esercita un potere esaltante, e chi è penetrat* subisce una sopraffazione degradante, chi penetra gode della sopraffazione esercitata e chi è penetrat* gode della sopraffazione subita: insomma, il sesso come stupro, e lo stupro come vis grata a chi lo subisce, se non altro perché non riesce a evitarlo. Ma erano altri tempi, erano tempi in cui gli omosessuali stavano imparando dalle donne a mettere in discussione i ruoli, e mettere in discussione i ruoli significava uscire dal binomio obbligato sopra/sotto, dominatore/sottomess*, prima/dopo, più/meno cui i rapporti tra le persone, ma in primo luogo i rapporti tra le donne e gli uomini dovevano uniformarsi fino ad allora. Oggi ascolto amici omosessuali che ricorrono volentieri a questa locuzione quando vogliono lanciare un’invettiva, e ammetto che anch’io, per amore di facilità di comunicazione, vi ricorro non di rado. Ma sono sempre cosciente di stare scendendo ad un compromesso, e ad un compromesso teoricamente inammissibile. Sono pertanto d’accordo che non bisogna indietreggiare di un centimetro sul fronte del linguaggio, se non altro per riconquistare il terreno perduto, e sensibilizzare le donne sul significato di quello che dicono quando usano le parole della cultura maschile.
    grazie dei tuoi interventi,
    Paola