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Misoginia e sessismo in politica: se la suonano e se la cantano, ma non ne parlano davvero

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Valerio D’Alessio, candidato per le regionali di Bologna nella lista IDV, ha deciso di affrontare il tema della mercificazione del corpo femminile. Voi direte, era ora!!! Ma, se fossi in voi, non esulterei così facilmente.

Durante questo evento hanno pubblicizzato il libro della D’Addario, contro il quale non ho nulla ed anzi lo comprerò, ma la sua presenza non la trovo consona, non perché non possa parlare di tale tema o perchè non ne abbia le competenze, ma semplicemente perché immagino che la sua presenza sia stata strumentale ai fini del partito: cioè puntare il dito contro quel sessista di Berlusconi, che sessista lo è e nessun* lo nega, ma che per l’Idv sembra essere l’unico. Una bella autocritica da parte dell’Idv quando ci sarà?

Saranno loro forse meno sessisti e misogini di Berlusconi? Basta citare la legge che regola l’affido condiviso per accorgersene. Presumo che la D’Addario non abbia parlato della prostituzione come sarebbe stato giusto, senza renderla un mezzo per denigrare le donne e per colpire un presidente del Consiglio senza però poi dire che il suo è un atteggiamento diffuso e presente in ogni dove.

Mi permetto di dire ciò perché ricordo tutte le apparizioni della D’Addario, le offese che lei riceveva ad Annozero e a cui nessuno rispondeva, la strumentalizzazione che si è fatta della sua storia per demonizzare un uomo e non un concetto, perché se fosse stato il concetto allora la critica si sarebbe estesa ad altri partiti e soggetti.

Ciò non è avvenuto e quindi per me è solo l’ennesimo sfruttamento del corpo delle donne, che oltre a servire come mezzo di attacco a Berlusconi (che ci può stare ma è fine a se stesso e quindi parziale, non oggettivo, perchè non porta ad approfondire il tema ma si ferma sul "Berlusconi và a prostitute"… e gli altri uomini’ gli altri politici? e tutti gli altri tipi di prostituzione? di quello non si parla) ha anche con se una condanna alla libertà delle donne, che per me sono libere di prostituirsi come di non farlo, e di dover ricevere pari dignità e rispetto in entrambe i casi. Una testimonianza di ciò che dico è presente nell’intervento sulla vicenda di Veronica Vicinelli, candidata Idv, che trovate su Donne Pensanti e che vi incollo:

Cara Francesca
Sono candidata IDV nella Provincia di Bologna e nella stessa lista di Valerio D’Alessio.
Rispondo al tuo post per dirti che il tuo sconcerto è stato analogo al mio sconcerto, quando, qualche giorno fa, ho visto i volantini della serata organizzata con Patrizia D’Addario.
Disapprovo un modo di fare campagna elettorale che non punti sulla qualità della politica. Disapprovo che, per condannare quel modello culturale che fa del corpo di una donna una merce di scambio, si utilizzi proprio chi ha deliberatamente scelto di adottare quello stesso modello.
Vedi, penso (anzi sono sicura) di non aver mai usato il mio corpo per fare politica o per ottenere vantaggi personali; considero svilente anche per me questa iniziativa, proprio perché, usando le tue parole, ho sempre cercato di promuovere un diverso modello di donna, di promuovere la mia specificità (nel lavoro, nella politica, nelle relazioni sociali), senza sfruttare il mio corpo per avere favori. Senza fare del mio corpo (e quindi, indirettamente, del corpo delle altre donne) un oggetto di marketing.
Il tuo sconcerto è il mio sconcerto.E forse anche di più.
Pensa che, proprio lunedì sera, abbiamo organizzato una serata, come Coordinamento Donne IDV, sul famoso documentario di Lorella Zanardo, “Il corpo delle donne”. Abbiamo chiamato a parlare anche una giornalista di Milano che ha fondato un blog, “Donne della Realtà”, per certi versi analogo al vostro. Il tema della serata era, naturalmente, l’utilizzo del corpo femminile come strumento di potere e visibilità. Alla fine della serata ho parlato dei manifesti della campagna elettorale di Mambelli, candidato della Lega Nord per la regione. Proprio quello a cui si riferisce D’Alessio per pubblicizzare la sua serata. Ho mostrato che, in questi manifesti, tre ragazzine in atteggiamento ammiccante, tre lolite, con un chiaro richiamo erotico, sottostanno a uno slogan apparentemente ambiguo: “Scrivi Mambo, Mambo sei tu” [Leggi post su Femminismo a Sud ndb]. Non solo “scrivi Mambo” (il candidato che invita a scrivere il suo nome), ma anche “Mambo sei tu”, all’apparenza uno slogan più oscuro, in realtà un invito: noi, tre belle ragazzine giovani, siamo di Mambo, e quindi siamo anche un po’ tue, se lo voti.
Non ne posso più di questa sottovalutazione continua di un problema che, invece, è molto grave.
Faccio politica perché mi sta a cuore occuparmi del bene comune e sono candidata per un partito a cui, sono certa, stanno a cuore i problemi delle persone. La mia passione è rivolta ai diritti civili e alla giustizia sociale, al lavoro di cura e riproduzione, all’istruzione e all’ambiente. Domani sera sarò presente, per ribadire il mio pensiero sull’inopportunità della scelta.
Non mi resta che esprimere tutto il mio disappunto per una simile iniziativa e dissociarmi.
Veronica Vicinelli
Candidata IDV al Consiglio Regionale


Non ho nulla in contrario alla lotta contro la mercificazione del corpo della donna, anzi sono felice che stia diventando un tema sempre più discusso, ma mi infastidisce il “moralismo” da bigotte che condanna chi del proprio corpo vive. Nessuno può dire ad una donna cosa vendere e cosa no, quali sono i limiti entro i quali può servirsi del suo corpo… questo atteggiamento bacchettone nei confronti di chi in modo autodeterminato decide di vivere del suo corpo mi avvilisce, perché ci lascia ancora una volta divise tra sante e puttane, una categorizzazione che non lascia spazio alla fierezza di essere puttane di cui abbiamo tanto parlato… mi chiedo quando potremmo essere considerate solo come donne.

Leggi anche:

Fiere di essere puttane

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. veronica vicinelli says

    Provo a difendermi dall’accusa di bigottismo e moralismo facendo notare che non hai focalizzato una parte del problema.

    Tu affermi: “mi infastidisce il moralismo da bigotte che condanna chi del proprio corpo vive. Nessuno può dire ad una donna cosa vendere e cosa no, quali sono i limiti entro i quali può servirsi del suo corpo”

    Ma io non avevo attaccato l’autodeterminazione della persona in questione a prostituirsi, bensì il fatto di FARNE UN MODELLO. Vedi, la parte del problema che non hai focalizzato ma che è CENTRALE è la componente mediatica. Infatti questa persona non ha utilizzato il suo corpo per ottenere favori (più che legittimo, del suo corpo decide lei) NASCOSTAMENTE, ma lo ha dichiarato PUBBLICAMENTE, con un libro (nella fattispecie presentandolo alla serata di D’Alessio). Ecco, quando un personaggio pubblico o che si mostra al pubblico dichiara di agire in un certo modo, deve prendere in considerazione anche che possano esserci altre persone, ragazze nella fattispecie, che la osservano, la ascoltano e possono anche prenderla come modello.
    E’ il vecchio adagio che la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri (che in realtà è una visione un po’ riduttiva) o, meglio, che ognuno è responsabile delle sue azioni nei confronti degli altri (e delle altre). Per questo ho scritto che
    “Disapprovo che, per condannare quel modello culturale che fa del corpo di una donna una merce di scambio, si utilizzi proprio chi ha deliberatamente scelto di adottare quello stesso modello.”
    Siamo donne libere di autodeterminarci ma dobbiamo prendere coscienza che ogni nostra azione (nello specifico NON il fatto di PROSTITUIRSI ma di presentare un libro dal titolo “Gradisca Presidente”) ha delle conseguenze.
    Per questo ho scritto anche
    “ho sempre cercato di promuovere un diverso modello di donna, di promuovere la mia specificità nel lavoro, nella politica, nelle relazioni sociali, senza sfruttare il mio corpo per avere favori. Senza fare del mio corpo (e quindi, indirettamente, del corpo delle altre donne) un oggetto di marketing.”
    Forse avrei dovuto aggiungere senza farlo pubblicamente.
    Cosa significa essere libere di vendere il proprio corpo? Mi chiedo: esiste una donna veramente felice di scambiare la sua intimità per beni materiali o immateriali? Vedi, ascoltando le parole della D’Addario quella sera, non ho avuto affatto l’impressione di una persona libera né tanto meno autodeterminata, ma succube e condizionata. E profondamente infelice.
    Certo, come hai detto tu, qui si entra nell’ambito delle scelte personali e quindi ingiudicabili. Ma quali sono i singoli eventi che contribuiscono a costruire un modello culturale (che poi condizioni giovani e meno giovani nelle scelte)?

    Veronica Vicinelli