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Articolo 21 intervista Joy

Articolo 21 intervista Joy e noi condividiamo articolo e intervista:

Storie invisibili: il caso di Joy da Via Corelli a Ponte Galeria

di Ambra Murè

Qualcuno di noi la ricorderà. Qualcun altro l’avrà già dimenticata.
Perché Joy è un personaggio scomodo. 28enne. Nigeriana. Un passato da
parrucchiera, in patria. Un altro da prostituta sfruttata, in Italia.
Un presente da “clandestina” sballottata da un Cie all’altro. Un futuro
incerto. Fin qui, una storia purtroppo simile a tante altre. A rendere
speciale Joy è il fatto di aver trovato il coraggio di denunciare,
durante il processo per le rivolte nel cie milanese di via Corelli, le
violenze e i soprusi che avvengono all’interno di mura ancora più
impenetrabili di quelle delle carceri. La verità di Joy è una verità
che fa male alle nostre orecchie. Abbiamo deciso comunque di
ascoltarla. In questa lunga intervista, lei racconta tutto dall’inizio.
Racconta del presunto tentativo di stupro subito da parte
dell’ispettore di via Corelli, tentativo da lei
denunciato durante il processo e costatole una contro-denuncia per
calunnia.

“Si è sdraiato sopra di me, ha cominciato a toccarmi le
tette. Io mi sono messa a gridare. ‘Sto solo scherzando’, mi ha detto”.
E racconta anche della notte d’estate (13 agosto 2009) in cui gli
immigrati inscenarono una rivolta all’interno del cie al grido di
“Libertà, libertà”. Quella notte, ricorda Joy, l’ispettore si
presentò nella sua stanza e, senza un motivo, cominciò a picchiarla,
accusandola di aver preso parte alla rivolta. Per colpa di
quest’accusa, Joy è stata condannata a sei mesi di carcere. Quando le
porte della prigione si sono aperte, nel febbraio di quest’anno, è
stata prelevata di notte e velocemente rinchiusa in un altro cie.
Questa volta a Modena. Da qui, qualche giorno fa, è stata
improvvisamente trasferita a Roma, nel centro per immigrati di Ponte
Galeria. Nei giorni scorsi, la voce di un suo imminente rimpatrio ha
fatto il giro del web.

In Nigeria, Joy non può e non vuole tornare.
Laggiù l’aspettano i suoi sfruttatori, quelli che l’hanno ingannata
promettendole un lavoro onesto in un paese più ricco e poi l’hanno
costretta per anni a battere. Si sono già fatti vivi con i suoi
familiari e adesso lei teme per la sua vita. La legge italiana dovrebbe
e potrebbe proteggerla. Come spiega il suo avvocato, Eugenio Losco, Joy
avrebbe diritto a ottenere un permesso di soggiorno speciale per
restare in Italia. Un doppio diritto. In quanto vittima di tratta, in
base all’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione. E in quanto
persona offesa da un reato (tentato stupro) per il quale deve
celebrarsi un processo. Come andrà a finire? “Io non sono fiducioso”,
confessa l’avvocato Losco. “E’ evidente che vogliono mandarla via,
perché forse temono qualcosa”. E Joy? Cosa vuole lei? “Io voglio solo
tornare libera. Desidero uscire da qui, trovare un lavoro normale.
Cambiare la mia vita”.

Ascolta l’intervista a Joy

Ascolta l’intervista all’avvocato di Joy, Eugenio Losco

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Posted in Anticlero/Antifa, Fem/Activism, Omicidi sociali.


One Response

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  1. carmen says

    c’è da diventare pazze dalle rabbia!
    io so bene che eticamente è improponibile di rispondere alla violenza con violenza…ma.. certi uomini meriterebbero di esser pedinati e picchiati da gruppi di sole donne!!