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Elettroshock e “razionalità” di stampo nazista

http://www.annesdoor.com/Foto/elettroshock2.jpg

Ancora a proposito della ricerca targata opsedale San Raffaele che ha scoperto su un campione di ben 78 persone che le donne sarebbero più emotive degli uomini e che avrebbero un dispositivo morale che gli uomini non hanno.

I primi commenti alla faccenda li abbiamo raccolti in due post:

La scienza sessista che sponsorizza il machismo sociale

Il dispositivo morale

Altri commenti vengono dalla discussione in mailing list.

Kzm dice:

"Non ho granchè di commenti a questa pseudo-ricerca.
Non penso che questa è gente che fa scienza.. ben che vada è gente il cui
lavoro è pubblicare articoli
(e li fa pubblicare pure al corriere e alla stampa!).

Leggendo l’articolo, la prima immagine che mi è venuta in mente è quella
di un’elettroshock… una versione rudimentale
di questa "tecnica innovativa", "tutta italiana", "indolore", che già
nella sua prima versione aveva lo scopo
di controllare e modificare il comportamento delle persone.

Dal punto di vista "tecnico".. si dovrebbe provare a leggere l’articolo
per avere una idea più chiara…, ma mi suona così strano arrivare a dare giudizi di carattere generale,
che pretendono di mettere la
parola fine su 3000 anni di filosofia, con uno studio su un campione di 38
maschi e 40 femmine (ma altri due
maschi non li hanno trovati??).

Sarei anche curioso di capire se ad ogni
cavia hanno fatto la stessa
domanda prima e dopo l’elettroshock ricevendo risposte diverse (questo
sarebbe davvero strano.. e mi
farebbe venire dubbi sul fatto che la scossa elettrica sia "innoqua").

Da un punto di vista "morale", innanzitutto non riesco proprio a capire
come si fa a dire che ad una domanda
del tipo «Immaginate di essere un medico e di avere di fronte tre pazienti
che hanno bisogno di un trapianto d’organo.
Potreste salvarli tutti e tre a patto di uccidere una persona sana e di
prelevarne gli organi. Che cosa fareste?» ci sia
una risposta (ucciderne uno) che è "razionale" (!!!?!!), mentre l’altra
(non ucciderne nessuno) che è "emotiva"(!!!!?!).

A me sembra una domanda idiota! Una persona "razionale" ad una domanda
del genere neanche risponde!
Chi ha risposto "razionalmente" che sceglie di ucciderne uno, non è nè
razionale nè emotivo, è un idiota, un criminale,
o un nazista.
E secondo questi illustri "scienzati", la "morale" si misurerebbe su
questioni di questo tipo? bah!

Infine, dal punto di vista di genere: mi pare chiaro che questa
pseudo-ricerca vuole fare pubblicità ai suoi
autori facendo leva sul vecchio luogo comune patriarcale che vuole la
donna incorente, manipolabile, "mobile"
(e quindi neanche libera ed autonoma nel giudizio), mentre l’uomo sarebbe
coerente, quindi libero e non
manipolabile. Tutto ciò ora sarebbe "dimostrato" dalla "scienza", e quindi
"insandacabile", "vero" in ogni tempo
e luogo.

In uno degli articoli, si vuol dare anche un contentino (un’arma
a doppio taglio, in effetti) alle donne,
quando si dice:
"Insomma, il “cervello morale” femminile è più duttile e flessibile. E
forse lo è – ipotizzano gli studiosi – per far fronte ai diversi compiti e
ai numerosi cambiamenti che la donna è chiamata ad affrontare nella vita.
Una specie di “acrobata” che impara a conciliare una gamma virtualmente
infinita di ruoli: massaia e manager, figlia e mamma, moglie e amante."
Anche se nell’elenco manca "santa e puttana" il significato è chiaro: le
donne hanno nel codice genetico il
fatto di potersi e doversi sobbarcare i lavori domestici e la cura
familiare… non chiedete quindi ai maschi
di prendersi delle responsabilità di questo tipo… l’evoluzione naturale
non lo consente(!)."

d-K dice:

"Qui parlano spesso di quanto alcuni giornalisti siano scientificamente impreparati: http://progettogalileo.wordpress.com/

In genere prendono per buono tutto quello che per loro è "curioso" e lo mettono acriticamente dentro articoli che quando va bene sono semplicemente imprecisi ma nella peggiore delle ipotesi diventano addirittura dannosi (come nel caso dell’articolo qui segnalato).
Oltre al fatto che l’autrice dell’articolo non si pone alcuna domanda né accenna alle basi socio-culturali delle emozioni umane e del modo in cui le gestiamo, non si chiede neanche se un campione di 78 individui non sia a dir poco statisticamente inutile a fronte della generalizzazione dei risultati a circa 6 miliardi di persone. Va detto, poi, che di frequente i giornalisti, per ignoranza o con dolo, fraintendono totalmente i risultati delle ricerche trasformando un risultato in tutt’altro o decontestualizzandolo fino a renderlo privo di senso.

Comunque, che pena questi articoli…"

Elena dice:

"Francamente quello che trovo assurdo è che si ponga sempre la
razionalità come una "dote" più elevata rispetto all’emotività.
L’emotività compone pressochè l’80% della nostra vita quotidiana, quando
ci arrabbiamo, quando ci emozioniamo, quando ci innamoriamo, quando ci
spaventiamo…

Fate caso a quante reazioni emotive avete nel corso della
giornata piuttosto che razionali.
L’etica e la morale sono molto spesso frutto delle emozioni, perchè se
sono valori sani e non tradizionali derivano dalla sensibilità individuale.
Ne veniamo soverchiat* solo perchè non le conosciamo e la nostra cultura
ci spinge a reprimerle piuttosto che a manifestarle apertamente, ma
senza le emozioni arte, musica, e anche molte delle intuizioni
(l’intuizione per ciò che mi riguarda è il risultato della suprema
collaborazione tra parte razionale e parte emotiva) più geniali che
hanno permesso all’uomo di progredire in certi ambiti non sarebbero mai
esistiti.

In conclusione, se pure la donna fosse più emotiva dell’uomo e meno
razionale non ci vedo nulla di male, anzi! Tanto di cappello! Sono i
toni e le intenzioni/giudizi tra le righe a lasciarmi quel gusto amaro
in bocca."

Baubo dice:

"Quoto (sono d’accordo) al mille per mille questa affermazione. Oltre al pensare che avrei
da ridire – e molto – sul fatto che mentre io a 35 anni mi ritrovo precaria
a guardare al futuro con incertezza e devo fare del funambolismo una virtù,
qua evidentemente qualcuno ha soldi da buttare – probabilmente pubblici eh
– in cagate pazzesche!

Trovo assurdo sprecare tempo ad arrabbiarmi di certe cose, ma voglio
sottolineare con forza che l’emotività o l’irrazionalità, o la follia se
proprio vogliamo dirla tutta, non deve essere per forza vista sempre come
qualcosa di negativo. Usciamo dalla ridicola dicotomia yin yang per favore,
fatta di maschile positivo e femminile negativo.

Bisogna cominciare a mettere seriamente in discussione i capisaldi di una
cultura – quella patriarcale – che fa acqua da tutte le parti e che è
l’apoteosi dell’autoreferenzialità e della violenza organizzata in funzione
della repressione di qualsiasi altra forma di pensiero.

Credo che come femministe e soprattutto come persone che desiderano
mettersi in discussione in maniera seria certe cose vadano date per
assodate e forse bisognerebbe, invece che mandare un manifesto incazzato,
mandarne uno ironico! Non prendiamo noi per prime queste cose
seriamente…una risata li seppellirà!"

Elena dice, ancora:

"A me è venuta in mente l’ultima serie di un telefilm
che seguo da diversi anni che si chiama "Torchwood", spin-off del più
famoso "Doctor Who". Mi è venuta in mente perchè, in un contesto
fantascientifico, il quesito morale che pone la serie stessa (e mi
dispiace spoilerarla) è proprio "è giusto sacrificarne pochi a vantaggio
di molti?", che è un leit-motiv proprio di entrambe le serie che però in
questa specifica, forse perchè i pochi da sacrificare sono dei bambini,
viene messo su un piano molto crudo e molto brutale che è risultato
essere un vero pugno allo stomaco per tutti quelli che hanno seguito il
telefilm.

Gli autori e gli sceneggiatori concludono sostenendo che "An
injury to one is an injury to all" – un’offesa a uno è un’offesa per
tutti, per chi non mastica l’inglese. E che quindi no, non è giusto e
non è moralmente accettabile sacrificarne pochi a vantaggio di molti.

Sempre per contribuire, mi viene in mente anche che le letture che faccio da un
anno in qua sul femminile sacro soprattutto nella preistoria (la
Gimbutas, Selene Ballerini e Vicky Noble in special modo) mettono in
luce soprattutto come le culture matriarcali rispetto a quelle
patriarcali siano state (e siano in quei rari esempi che troviamo ancora
oggi) molto più improntate sulla collaborazione/cooperazione e sul
"pacifismo" anzichè sulla violenza, sulla conquista e sul predominio di
una cultura sull’altra.

Stanno venendo insomma fuori delle prove a
livello storico, antropologico e archeologico che dovrebbero far
riflettere. Ovviamente, soprattutto per quanto riguarda l’enorme lavoro
che sta facendo la Gimbutas, il boicottaggio o la presa in giro di certe
osservazioni e conclusioni sono davvero all’ordine del giorno."

Francesca conclude:

"Credo che in molt* condividiamo l’idea delle radici corporee del pensiero, concetto su cui le teorie e i movimenti femministi hanno insistito e lavorato tanto: le conoscenze -e le "verità" che ne derivano- sono situate, parziali, condensate nel sentire, vissute nell’esperienza collettiva e individuale, in mutamento continuo.

Cogito, sento e desidero, quindi sono, esisto vivo, esprimo giudizi morali, faccio azioni, posso essere ironica, cinica, lucida e razionale, incoerente o quadrata…ma devo essere io a scegliere le priorità e le modalità della mia vita.
Anch’io, come molte di voi credo che il problema di questa ricerca stia nelle conseguenze politiche che ne possono derivare.

In un mondo in cui si chiede distacco, freddezza, lucidità e razionalità per poter fare il chirurgo (il primo esempio che mi viene in mente), non voglio essere scartata a priori dalla professione, perchè degli studi « scientifici » provano che per natura io non possiedo queste determinate qualità.

Certo, rivalutiamo l’ironia, le emozioni, usciamo dai dualismi, stravolgiamo le scale dei valori, ma è più facile farlo se abbiamo tutte le carte in mano…e devo dire che in questo momento storico non siamo messe tanto bene.
Ho fatto di recente una ricerca sul tema done/lavoro/maternità (lo so, fritto e rifritto…) e ho potuto osservare i dati sul lavoro delle donne in Italia e negli altri paesi europei e sono rimasta colpita.

Secondo i dati Eurostat 2008, per esempio, il tasso delle donne a capo di imprese in Europa è solo del 28%. La percentuale di donne che occupano dei posti da dirigente, in Italia, è del 31,9% e lo scarto di remunerazione tra uomini e donne è del 9%. Lo so, aspirare a raggiungere i piani alti del capitale non è un valore in sé, anzi, siamo in lotta perenne contro questo sistema schizofrenico di sfruttamento del lavoro, disumanizzato, maschilista e chi più ne ha più ne metta; ma un fatto è che oltre a tutto cio’, questo mondo è anche il mondo con cui facciamo i conti ogni giorno ed è pervaso dalle discriminazioni verso il genere femminile e non solo.

E credo che questo lo paghiamo poi quando ci ritroviamo senza lavoro, quindi senza reddito, quindi legate per sopravvivere a un uomo che ci picchia, che odiamo, che non ci rispetta, etc (en passant l’Italia è al penultimo posto in Europa per il tasso di impiego delle donne : 40,6%, dopo c’è solo Malta con un tasso di impiego femminile del 36,9%).
Ecco, per tornare alla ricerca sessista in questione, per me sono barriere che si aggiungono alle barriere.

Senza contare che anche se noi donne avessimo sviluppato determinate qualità innate per far fronte ai mille ruoli da interpretare durante la giornata, sarebbe l’ora che queste qualità venissero considerate come competenze e come tali remunerate, da qualche parte e in qualche modo, anche perchè dopo secoli e secoli che pratichiamo il lavoro di cura (per dirne una), sarebbe carino che quest’esperienza (collettiva e vitale) venisse valutata come sapere.

Al di là di queste considerazioni, mi mettono sempre a disagio le teorie che cercano di spiegare effetti culturali e sociali, attraverso la biologia (anche se mi raccontassero che il cervello delle donne per natura è più potente di quello degli uomini), perchè quando si ricorre alla natura per spiegare cosa succede al mondo, si chiude ogni possibilità di cambiamento.
Anch’io, come XXXXX, vivo in Francia e oggi, per caso ho letto il giornalino che mi arriva a casa ogni settimana, della mia « mutuelle » (assicurazione complementare che quasi tutti hanno). Ora, pur non essendo questo un giornale femminista ( la sua principale missione è quella di promuovere l’assicurazione in questione), vi è un articolo sull’intelligenza umana che sostiene che l’intelligenza è una funzione troppo complessa per essere ridotta a numeri (una critica all’ossessione crescente per il QI dei bambini) e si preoccupa di definire sorpassate e false le teorie che iscrivono la differenza dei sessi nel cervello!

In questo articolo senza pretese ci tengono a sottolineare che : « Ce serait plutôt le conditionnement social, dont est imprégnée la société dans son ensemble, y compris parfois la communauté scientifique, qui contribuerait à perpétuer des aptitudes considérées à tort comme innées. ».
Andando a ruota libera , tra sessismi e sociobiologia, mi viene in mente il discorso del rettore dell’università di Harvard, Lawrence Summers, il quale affermo’ che il basso numero di professoresse -universitarie- di matematica e affini, era dovuto al fatto che per natura le donne sono meno portate per le scienze esatte.

Insomma, quello che mi preoccupa e mi innervosisce di questi pseudo studi scientifici, degli articoli che ne derivano e dei discorsi lasciati cadere là per caso da gente che occupa posizioni di potere, è che si tratta di argomenti che veicolano il sessismo ordinario, quindi meno visibile, anche se altrettanto pericoloso e diffuso."

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. davide says

    Non sono il tipo che faccio differenza tra emotività e razionalità, sono 2 cose usate per fare campagna sessita e per rovinare la capacità di pensiero delle persone. La scelta inteliggente è a sua volta etica e rispettosa del prossimo (sono 2 cose legate).
    Quindi un medico non dovrebbe uccidere nessuno per salvare altre persone (se la testa gli cammina…).
    Questo mi ricorda tanto il traffico in nero di organi, gente che viene uccisa per vendere i suoi organi a chi ha i soldi, le due cose pur non essendo uguali sono molto simili.