Condividiamo l’appello delle compagne di Noi non siamo complici:
“Oggi uno dei nostri (Elabbouby Moahamed) è venuto a mancare, è suicidato con il gas dopo avere saputo che sarebbe finito al centro di accoglienza nuovamente dopo la scarcerazione, e questo l’ha spinto a farla finita”. Lo racconta, in una lettera, un compagno di prigionia del ragazzo marocchino morto il 15 gennaio scorso nel carcere di San Vittore a Milano.
E così veniamo a scoprire questo altro aspetto del razzismo di Stato: l’intrappolamento nel meccanismo Cie-carcere-Cie, un meccanismo che moltiplicherà le vittime della violenza sancita per legge, un incubo che non prevede risveglio. Lo ha confermato anche il caso di Karim Zitouni, uno degli imputati nel nuovo (ed ennesimo) processo Corelli, che martedì 19 gennaio, nonostante la sentenza e la pena sospesa, è stato portato da San Vittore direttamente al Cie, senza nemmeno passare per la questura – considerata prassi burocratica obbligatoria.
A questo punto noi tutte dovremmo chiederci cosa potrebbe succedere se Joy ed Hellen – attualmente recluse nel carcere di Como – all’indomani della scarcerazione, il prossimo 12 febbraio, verranno portate in qualunque Cie d’Italia.
Se tornano in quello di Milano ritrovano gendarmi & C.; se vengono mandate in un altro Cie, si troveranno davanti altri gestori dell’ordine, colleghi loro, che sanno chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto… E allora cosa potrebbe accadere?
Il lavoro fatto da tutte noi in questi mesi per denunciare gli abusi e le violenze contro le donne nei Cie e la solidarietà espressa alle migranti rinchiuse in quei lager di Stato devono trasformarsi, da subito, in concretezza: non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle mani dei loro aguzzini.
Invitiamo tutte le compagne, femministe, lesbiche ad attivarsi con le proprie modalità per impedire questa violenza e ricordiamo che il blog Noinonsiamocomplici è a disposizione di tutte le donne che partecipano fattivamente a questa lotta.
Per contatti e segnalazioni: complici@anche.no