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Donne da prendere e donne da buttare via

Abbiamo ricevuto una mail che ci racconta mille forme di violenze allo stesso tempo. Violenze maschili, istituzionali, ricatti, costrizioni, abusi commessi nei confronti di tantissime donne che dopo aver passato tutta la vita a rompersi la schiena – in senso letterale – vengono gettate via come fossero immondizia. Ci sono tante donne che sviluppano disabilità in giovane età e gli ipocriti parlano di sostegno, di inserimento nel mondo del lavoro, di valorizzazione delle capacità che vanno oltre l’estetica. Tutto falso, come ci dimostra questa lunga mail.

Ci sono tante donne che sviluppano disabilità dopo aver lavorato a lungo e molte dopo aver subito per anni diverse forme di violenza maschile. Ci sono le donne che soffrono di disturbi dell’alimentazione, quelle che soffrono di depressione, quelle che hanno problemi fisici, problemi di equilibrio (vertigini, labirintite) e di udito dopo aver ricevuto pugni alle orecchie, quelle che hanno problemi oculari dopo aver ricevuto pugni in testa o ai lobi frontali, quelle che hanno sviluppato forme di paralisi parziali per lesioni alla colonna vertebrale, anche quelle grazie alla violenza fisica inflitta dai partner. 

Le donne che la nostra società accetta devono essere sane, pronte all’uso, esteticamente rispondenti ai canoni imposti e soprattutto non devono mai e poi mai rivendicare maggiore rispetto per le proprie condizioni di disabilità. Le donne "usate e da buttare via" ricordano a tutti/e che i costi sociali della loro disabilità, che crea prodotto interno lordo e realizza business per tanti affaristi criminali, non può e non deve pesare solo su di loro. Elena, la donna che ci scrive, ci dice che vorrà scrivere ancora di questo (e noi lo speriamo!) per dare ad altre donne nelle stesse condizioni strumenti di consapevolezza e per condividere esperienze e informazioni. Buona lettura e un grande abbraccio ad Elena!

>>>^^^<<< 

Carissima FikaSicula,

sono una ragazza (te pareva), disoccupata (poco male, siamo in tante),
studentessa (una di quelle che alle proprie facoltà cognitive ci tiene,
insomma), malata (ehh) e disabile (ecco il punto).

Ti scrivo perchè esistono 3 argomenti in special modo che mi stanno a
cuore: gli animali (come se non bastasse sono vegana e antispecista, un
soggetto pericoloserrimo), le donne e i diritti dei disabili.

Mi è venuto in mente di scriverti leggendo gli ultimi articoli anche se
è relativamente poco che seguo il blog, e spero di non affrontare un
argomento di cui hai già parlato. Non so perchè, non me lo chiedere.
Ogni volta che leggo un post di femminismo a sud mi si aprono nella
mente una serie di disquisizioni tangenziali e diagrammatiche e andare a
capire esattamente da cos’è nato cosa è un gran difficile.

Spero avrai
pazienza di leggere la mia storia e seguire il mio filo narrativo.
Intelligenza linguistica + estro poetico/narrativo a volte giocano
brutti scherzi.
Iniziando daccapo, sono classe 19XX. Abito nel XXXXXXXX ma per un
breve periodo di tempo ho vissuto vicino a XXXXXXX, dove convivevo con un
tizio.

Quando vivevo con lui ero nel classico periodo della "bella
addormentata". Non ti sto a descrivere che tipo di persona fosse e
quante me ne ha fatte passare. A darmi la sveglia è stata la diagnosi
che mi accompagna dal 2006. Sono, infatti, malata di sclerosi multipla
in una forma per fortuna non progressiva, invalida al 75% per problemi
motori che mi hanno quasi ridotta alla sedia a rotelle questa estate, e
dico quasi semplicemente perchè mettermi al tappeto non è più così
facile.

Continuo ad averli, ed è uno dei motivi per cui mi incazzo
quando qualcuno, nei giorni in cui riesco a camminare senza ausili, mi
fa notare tra le righe che il 75% di invalidità per me è troppo.
Penso che tu possa immaginare o già sappia cosa voglia dire per una
donna avere dei problemi di salute seri e trovare o cercare di tenersi
un posto di lavoro, ma a scanso di equivoci vorrei raccontarti un paio
delle mie esperienze e accennarti la storia di altre donne.

I miei problemi sono iniziati il giorno in cui mi sono svegliata e avevo
perso la sensibilità alle gambe. Tatto, caldo e freddo, dolore,
solletico, non sentivo più niente. Riflessi completamente assenti,
coordinazione persa nel vuoto. Farsi la ceretta era una passeggiata, ma
immagina cosa significa non riuscire a capire se stai mettendo un piede
davanti all’altro, e te ne accorgi solo quando inciampi e finisci faccia
a terra.

All’epoca lavoravo da circa un mese come segretaria in un’agenzia
immobiliare gestita da fascistoidi maschilisti, ero ancora in prova ed
era anche il primo lavoro a cui avevo avuto accesso da oltre un anno. Il
mio ex era precario, lavorava 2 mesi si e uno no, e vivendo da soli
l’unica era accettare qualsiasi possibilità lavorativa che mi veniva
offerta per quanto schifosa fosse.

Il mio ambiente lavorativo era così composto: nella sede principale la
segretaria era una donna con una sesta di seno che in ufficio arrivava
sempre in minigonna, latteria in vista, e tacco a spillo da 12. Se
paragonassi la sua intelligenza a una piantina di basilico, il basilico
avrebbe motivo di risentirsene. Il capo, il classico uomo di mezza età
fallocentrico. Due agenti immobiliari maschi che facevano di tutto per
fregarsi i contratti a vicenda.

Nella filiale a 300 metri dalla sede principale c’eravamo io, 24enne con
all’epoca problemi di peso, del tutto incapace di portare un tailleur,
impossibilitata da problemi alla schiena a portare scarpe col tacco più
alto di 5cm, completamente avulsa alla moda e alla chiacchiera idiota; e
un’agente immobiliare che a vederla pareva un uomo, sia nei modi che nel
portamento e nel modo di vestire. Io non potevo mettermi un cerchietto,
ma lei poteva masticare cicche o panini a bocca aperta davanti ai clienti.

Inizialmente imputai i miei problemi alle gambe ai succitati problemi
alla schiena. In attesa di una visita ortopedica avevo iniziato a
mettere uno di quei busti che servono a scaricare il peso sulle gambe
anzichè sul lombare, e quando a lavoro dissi che forse lo dovevo tenere
permanentemente per almeno 4-5 anni non mi chiesero come mai ma "Non è
che poi si vede sotto i vestiti? I clienti potrebbero sentirsi a disagio".

Tenni duro in quelle condizioni per circa un mese, ma finii ricoverata
d’urgenza in neurologia un lunedì mattina. Da lavoro si incazzarono
perchè non avvisai per tempo, e mentre ero in ospedale in attesa di
accertamenti non chiamarono mai per chiedere come stavo, ma quando sarei
tornata a lavoro perchè avevano bisogno di me. Il giovedì mi informarono
che potevo starmene a casa perchè avevano già iniziato i colloqui per
trovare un’altra segretaria. La domenica firmai le dimissioni per
tornare a casa su al nord, ma mi levai lo sfizio di farmi accompagnare
da mio suocero (uomo fantastico) e permettergli di fare in agenzia una
piazzata epocale dando degli stronzi a tutti davanti ai clienti.

Quando
tornai due mesi dopo per far su le mie cose tornai lì per riconsegnare
le chiavi dell’ufficio, dissi alla mia collega, quella che pareva un
maschio, perchè mi avevano ricoverata e conclusi rivolgendomi alla nuova
segretaria dicendole di fare attenzione perchè erano un branco di serpi.

L’esperienza lavorativa seguente la ebbi quando mi fui completamente
ripresa circa sei mesi dopo. Presi a lavorare come commessa in un
negozio di telefoni, e quando feci la visita alla asl per l’idoneità
lavorativa comunicai alla dottoressa che avevo la sclerosi, che non
potevo ovviamente dirlo ai miei datori di lavoro, e lei complice capì
perfettamente e scrisse sul fogli di idoneità che non potevo affaticarmi
nè portar pesi superiori ai 5kg e la quantità di pausa di cui
necessitavo.

La sclerosi è una malattia che ha come sintomo principale
ma invisibile uno stato di stanchezza cronica che peggiora facendo
attività fisica. L’unica attività fisica che non stressa è il sesso,
almeno in quello sono salva!

Durante il mese e mezzo in cui lavorai lì subii le seguenti cose:
– molestie sessuali da parte di un cliente abituale a cui non riuscii a
reagire perchè la cosa mi prese totalmente alla sprovvista – nota:
studio hindi e cultura indiana all’università, conoscere uno yogi non è
cosa di tutti i giorni, ma il predatore bastardo quando capì che ero del
tutto rapita (e come biasimarmi, ero del tutto presa dalla
conversazione) mi mise le mani addosso iniziando a dire porcherie a
tutto spiano.

I miei datori di lavoro, marito e moglie per inciso,
quando feci presente la cosa mi risposero che non potevano farci niente
perchè era pur sempre un cliente. Dallo stato di terrore in cui versavo
mi "salvò" solo il mio collega che si premurò di rimanere il più
possibile con me in negozio, e mi consigliò di far finta di niente e non
aprire la porta se si fosse ripresentato fingendo di essere in bagno in
quel momento.

Parlando con le altre colleghe seppi che aveva fatto lo
stesso anche con loro, e che non avevano detto niente ai titolari.
L’errore che feci fu di non denunciarlo. I miei mi dissuasero dicendo
che tanto non sarebbe servito a niente, e che avrei anche corso dei
rischi. Ne avevo ancora di cose da imparare…

Molestie verbali da parte della titolare. Quando mi criticò perchè le
vendite in negozio erano troppo basse – anche se rimanevo a coccolare i
clienti ben oltre l’orario di apertura senza percepire straordinari – e
io le risposi che il fatto che il negozio fosse in piena zona pedonale
con 0 parcheggio lì intorno non favoriva sicuramente la vendita, mi
consigliò di vestirmi un po’ più da zoccola con minigonna, seno in vista
e tacco alto, come fanno le hostess alle fiere. Li capii che se pure mi
avessero confermata dopo il periodo di prova avrei rifiutato io il lavoro.
– Per vendicarsi del mio rifiuto alla mercificazione del mio corpo,
andarono contro alle direttive mediche e per diversi giorni fui
costretta a trasportare da un negozio all’altro a piedi per minimo 200
metri degli scatoloni pesanti anche 10-12kg.

Al termine del periodo di prova, oltre il quale ovviamente non fui
confermata, mi rivolsi ai sindacati raccontando tutto e chiedendo se si
potesse far qualcosa, ma mi risposero nisba. Il danno che subii comunque
mi fu utile ad accrescere la mia volontà di non farmi mai più mettere i
piedi in testa per nessun motivo al mondo.

I problemi seguenti li incontrai quando a marzo del 2009 per problemi
economici in famiglia decisi di ricominciare a lavorare almeno part
time. Siccome fu allora che la mia salute iniziò ad aggravarsi tanto che
da marzo a ottobre vidi più i miei neurologi che mia nonna, decisi di
inoltrare le pratiche per il riconoscimento dell’invalidità civile per
poter avere accesso a quelle che vengono comunemente chiamate "categorie
protette". Categorie che di protetto non hanno un bel niente.

Ti dico
solo che in 10 mesi di ricerca attiva di lavoro quello che sono riuscita
a rimediare cercando sia nel collocamento mirato che negli impieghi per
persone "sane" sono stati un concorso a novembre e un colloquio la
scorsa settimana.

Posso fare solo lavori d’ufficio o che non richiedano
grosso impegno fisico (il prossimo che mi dice che fare la commessa è un
lavoro leggero fisicamente lo faccio a fettine). Perchè le aziende anche
se sono obbligate, o dovrebbero esserlo, ad assumere un disabile lo
vogliono comunque sano. E’ una situazione che ha del paradossale.

Non ti so fornire i dati, ma a dicembre lessi un articolo non mi ricordo
dove, ma lo scoverò, dove si diceva che le donne sono già normalmente
svantaggiate nel lavoro, ma se sono disabili la situazione si fa
drammatica.
A me tutto sommato va "bene" perchè dal 75% di invalidità al 99% si ha
diritto all’erogazione di un assegno di 260 euro al mese circa, e da
quando ce l’ho il mio peso in famiglia si è drasticamente ridotto e
posso anche levarmi un paio di sfizi; l’università anche mi aiuta
moltissimo perchè con la mia % di invalidità ho diritto al tutorato se
non riesco a frequentare (e non riesco a frequentare) e quindi ho dei
ragazzi deliziosi che prendono appunti per me e mi forniscono dispense e
testi fotocopiati gratuitamente.

Ma penso a quelle donne, e diverse le conosco, che hanno una situazione
di salute anche peggiore della mia, che hanno una disabilità al 100% con
accompagnamento, uno, due o tre figli, e se sono in grado di lavorare
non trovano niente perchè vengono scartate. Perchè sono mogli, madri, e
quindi hanno già il loro bel da fare, e in più sono disabili.

Penso a V., che ha il 66% di disabilità, cioè pochissimo, che perde
l’equilibrio e deve camminare con una stampella sui brevi percorsi e usa
la sedia per i tragitti lunghi. V. che ha 28 anni, è sposata, è mamma
di una bambina di 5 anni, ha una laurea in economia con 110 e lode, e
nessuno la prende a lavorare nonostante sia una donna in gamba, piena di
risorse, con un cervello invidiabile, perchè è disabile. Nemmeno per i
posti riservati ai disabili la vogliono.

Penso a G., che ha una cinquantina d’anni, che ha dovuto smettere di
lavorare per via della sclerosi e di altre patologie, a cui la pensione
d’invalidità e l’accompagnamento (che si è sudata in 3 anni di battaglie
legali con l’inps) forniscono poco più di 700 euro al mese, e suo marito
ha dovuto iniziare a lavorare in giro per l’Italia per mantenere lei e
la loro figlia, che oltretutto è celiaca, e quindi sono altri problemi.

Penso a M., anche lei cinquantenne, che ha convissuto per 20 anni
con la sclerosi senza grossi problemi, e poi nel giro di sei mesi è
rimasta invalida al 100%. Il marito dopo 25 anni di matrimonio l’ha
lasciata sola insieme alla figlia allora quindicenne, che non ne vuole
sapere più niente del padre e non vuole continuare a studiare perchè
vuole portare i soldi a casa. Non so come facciano a vivere queste due
donne coraggio. Le cifre sono sempre quelle, circa 700 euro al mese e il
mantenimento da parte del marito fa arrivare la cifra a 1000 circa.

Penso a S., che ha appena 22 anni, sta per sposarsi, vuole dei figli,
ma non riesce a trovare un lavoro perchè non ha ancora diritto
all’invalidità ma le trema una mano.

A St., 22 enne, il cui sogno era quello di fare l’operatore di sala
in un albergo di lusso e non può più farlo per via della sclerosi.

Sai, a volte penso di riuscire quasi a giustificare la mentalità
manageriale. Ma siccome per certe mansioni il nostro status di persone
handicappate non significa assolutamente calo di prestazione lavorativa
– per esempio io nei lavori che richiedono impegno mentale sono
eccezionale – mi chiedo perchè dobbiamo essere discriminate.
Per ora sospendo qui, mi rendo conto che già così l’email è
chilometrica. Mi sono anche iscritta alla mailing list, non ho problemi
a parlare del mio stato di salute nel caso volessimo proseguire il
discorso in qualche modo.
Mi auguro quanto meno di averti dato qualche spunto, intanto ti
abbraccio e ti ringrazio per tutto il lavoro che fai quotidianamente.

Elena

—>>>L’opera è della eccezionale artista frida kahlo

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Precarietà, Storie violente.


4 Responses

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  1. Elena says

    ciao Sonia, la storia di Dell’Osso la conosco fin troppo bene. E non ne ho un’opinione positiva, proprio per niente. Non proseguo oltre perchè se dico quello che penso rischio una denuncia e un linciaggio da parte di tutti i suoi “fan” 😀

  2. sonia says

    ciao elena, complimenti per il coraggio e grazie per la tua storia. grazie anche alle donne del blog che mi stanno aprendo la mente. Se ti può essere utile, ti mando una segnalazione di una storia di sclerosi multipla : http://www.beppegrillo.it/…bile_e_possibile.html
    sonia

  3. Elena says

    Vivi grazie per il commento ^^ Forse per una forma di disistima non mi aspettavo tanto interesse per l’argomento.

    Sto lavorando su quello che spero sarà solo il primo dei pezzi che vorrei donare con il cuore a questo blog. Purtroppo è una materia molto complessa, e mettere insieme l’emotività e la burocrazia (che è sempre in mezzo quando bisogna far valere i proprio diritti) non è cosa facile, a maggior dimostrazione di quanto tutto il sistema sia alienato rispetto a certi argomenti che più di tutti dovrebbero suscitare non pietà ma compassione e immedesimazione.

    Come te, odio la pietà che suscitano certi interventi, soprattutto televisivi. Tra i miei compagni “sclerati” (in tutti i sensi!!) molti la pensano così, perchè soprattutto per quelli che si ritrovano a dover convivere ex-novo con una malattia o un handicap, più che quello che non possiamo fare vorremmo mettere in bella mostra quello che invece riusciamo a fare, come un ragazzo che conosco che con tutto che è sulla carrozzina si lancia col paracadute! Perchè non è che tutto muore quando sei malato, anzi!

    Per le donne a mio parere è tutto più difficile, ho trovato un paio di articoli molto interessanti che dimostrano come per le donne disabili la discriminazione sia multipla, non solo sul lavoro ma anche in altri ambiti, e che linkerò a quello che sto scrivendo.

    In questi 3 anni ho scalato montagne, ma se c’è una cosa che ho imparato è che non bisogna MAI, per nessun motivo al mondo, mollare.

  4. vivi says

    Elena grazie di cuore per quello che ci hai scritto, e che spero continuerai a scrivere. Personalmente, lo ammetto, non conosco pressapoco nulla delle difficoltà che hanno le donne disabili, quindi le tue parole mi hanno fatto capire che bisogna saperne di più, parlarne di più. Mi fà rabbia vedere che i sindacati non vi tutelano, perchè non capisco cosa cavolo ci stanno a fare lì…
    Bisogna tener conto che però questo è un paese schizzofrenico, dove prima si elogia il merito, e poi quando ci si ritrova una laureata con 110 e lode la si scarta perchè non è “fisicamente adeguata” in quanto disabile… queste sono le cose che non accetterò mai. Inoltre, e spero di non essere insensibile nel dirlo, il corpo dei disabili è mercificato in un sacco di trasmissioni, viene usato per commuovere e fare audiens, mentre dai politici (tutti, nessuno escluso) per accaparrare voti… vi usano come usano i corpi di tutti/e per scopi che con le nostre vite non centrano nulla. Personalmente quando vedo mia madre guardare e commuoversi per questi programmi mi arrabbio, perchè vorrei che capisse che dopo, quando i riflettori degli studi televisivi si spengono di quella gente non se ne fregherà un cavolo nessuno, niente cambierà e allora cosa mi serve “commuovermi”/”sensibilizzarmi” per 15 minuti? Penso che sia meglio che si parli di ciò che è realmente la vita di un disabile, dei suoi problemi nel mondo del lavoro e capire cosa fare per migliorala ma senza romanzarla solo per renderla più appetibile. Quindi ti ringrazio ancora e spero di cuore di rileggerti.
    un abbraccio