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Il brand “Italia”, il danno all’immagine e la struttura patriarcale di mafia e antimafia

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Berlusconi ha ragione. La mafia non esiste, ce la siamo inventata noi per rovinare l’immagine di questo bel paese. E ce l’hanno detto in tanti che i panni sporchi bisognava lavarseli in famiglia. Stessa logica patriarcale applicata su donne violentate e massacrate dai mariti. Allo stesso tempo il premier non ha odore proprio come il protagonista del libro di suskind "Profumo",

Berlusconi ha veramente ragione: la piovra fa schifo. Non perchè rovina il brand "Italia" ma perchè è l’espressione più banale, semplicistica, stereotipata di un fenomeno che già allora era qualcosa di molto diverso. La piovra era fiction, rappresentava quel mondo di "professionisti dell’antimafia", così come la disse sciascia, di eroi maschili che rafforzavano la cultura patriarcale giocando alla contrapposizione dura tra poteri forti.

La piovra fa schifo perchè già allora ricordo di essermi chiesta dove fossero le donne. Il film le piazzava in parti sceme: la moglie urlante del poliziotto ucciso, la compagna andante dell’eroe di frontiera, la parente del delinquente che faceva la complice per amore e sottomissione. E le altre? Quelle che passavano la vita a demolire la cultura mafiosa, che subivano le conseguenze della mancanza di risorse e di diritti, che insegnavano alle figlie a scegliere un futuro diverso, che si opponevano in senso culturale restando schiacciate da una pressione che ti voleva mafiosa o antimafiosa solo in un senso. Dov’erano le altre? Dove sono le altre?

Ancora oggi, dite: quali sono le donne che associate alla lotta contro la mafia? Mogli, sorelle, parenti di uomini eletti ad eroi perchè uccisi. Quasi tutte tranne rita atria che era una testimone "pentita" di quello che aveva visto accadere nella sua famiglia. E poi? Poi niente perchè non esiste altra mafia e altra antimafia se non quelle che si muovono in senso maschile. Ed entrambe si rafforzano a vicenda perchè si riconoscono reciprocamente come nemici degni.

Uomini d’onore in un senso o nell’altro dove gli uomini dello stato dovevano essere militari di carriera, dirigenti delle forze dell’ordine o magistrati galantuomini. Nessuno di loro metteva in discussione la modalità vera grazie alla quale si sviluppava e veniva legittimata la cultura mafiosa. Dall’altro lato uomini di mafia che venivano rappresentati con tanto appeal, gente furba, intelligente, leader carismatici che raggruppavano attorno a se seguaci come gesù i suoi discepoli. E anche lì le donne facevano da contorno salvo sostituirsi agli affari del marito se finiva in carcere o fare da prestanome in proprietà e attività che il mafioso latitante non poteva possedere e svolgere a proprio nome. In entrambi i casi si tratta di uomini di rispetto, che conducono una guerra come capitani coraggiosi d’altri tempi, dove alla fine chi vince stringe la mano all’altro con l’orgoglio di aver lottato contro un nemico meritevole.

Linguaggi di contrapposizione maschile in cui la virilità era il primo tratto distintivo. Il machismo in sicilia partiva anche da questo: se volevi essere un uomo vero dovevi lottare con una divisa addosso e con la pistola in pugno; se volevi essere un uomo vero dovevi fare il picciotto con l’arma pronta ad ammazzare.

Due modelli di machismo che perciò obbligavano le donne ad appiattirsi ad essi. Di fatto non c’era una antimafia che parlasse un linguaggio diverso se non quello della satira feroce di peppino impastato che innanzitutto spogliava se stesso dagli abiti del macho e poi ridicolizzava il boss facendolo apparire per l’omuncolo inconsistente, bieco, pavido, che era. Quell’antimafia durò poco e non ebbe riconoscimento perchè giusto in quell’occasione furono d’accordo, mafiosi e carabinieri, nel ritenere che fosse meglio dire che peppino era un terrorista invece che una vittima di mafia. Vale a dire che quando i due modelli vengono messi in discussione, se fai antimafia senza aderire all’unica prospettiva accreditata allora sei un individuo scomodo perchè scardinante.

L’altro esempio è quello della redazione dei Siciliani, un gruppo di ragazzi che facevano inchieste e che quantomeno all’inizio si muovevano in una lotta che era culturale e politica più che giudiziaria perchè anche loro, come peppino, facevano informazione e non avevano difficoltà a dire che la mafia era semplicemente un insieme di banali idioti criminali, gente rozza e ignorante, che potevi contrastare con l’istruzione e la cultura più che con la delega in bianco alle soluzioni securitarie. Non avevano difficoltà a diffidare di giudici e polizie e a descriverli per quello che sono: uomini, deboli, spesso in vendita. Così potevi leggere come la cassazione aggiustava processi e come la politica faceva leggi che servivano alla cassazione ad aggiustare processi. Neanche i ragazzi dei siciliani infatti erano ben visti da nessuno.

Poi però fummo tutti inghiottiti in una nuova epoca in cui la critica antimafiosa equidistante, quella che non eleggeva eroi e non santificava martiri, fu cancellata quasi del tutto da una riedizione del dualismo mafia/antimafia allargato fino a comprendere i giornalisti, maschi, e fu così che anche loro, quelli morti e quelli vivi, divennero rappresentanti di machismo con un riconoscimento che veniva concesso se si schieravano con la magistratura e con le forze di polizia, come fossero un prolungamento di essi. Così avvenne che assistemmo alla costruzione di altre figure "autorevoli", rappresentativi del "senso dello stato" e per "stato" si intendeva un solo tipo di "Stato" possibile, non criticabile, mai liberatario, mai liberato dalla fabbrica di costruzione di modelli autoritari. 

I giudici non ebbero più bisogno della "società civile" perchè diventarono essi stessi parte attiva della rappresentanza politica e quella società civile finì come finisce fisiologicamente qualunque movimento: i leader vennero assimilati in una struttura istituzionale e tutti gli altri divennero esuli in patria con la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato o di essere stati funzionali a qualcosa o a qualcuno. Oggi la società civile è spesso capeggiata da altri leader, soggetti, personaggi, giudici, e mi sembra abbia perso quell’effetto dirompente di chi muoveva la propria indignazione facendo emergere i mali sociali piuttosto che farseli dettare dai giornali rappresentativi di altre strutture di potere.

Allo stesso modo la mafia non aveva bisogno di rappresentanti istituzionali collusi perchè nel frattempo ne eleggeva di propri. Quando fu in parlamento a fare leggi che aggiustassero i processi capì che era più semplice fare in modo che i giudici fossero "eletti dal popolo" ovvero piegati alla politica e capì anche che i processi potevano essere cancellati semplicemente eliminando il reato.

E tutto ciò è avvenuto anche grazie al fatto che nessuno ha messo in discussione la formulazione stessa di quel "senso dello stato", l’attitudine militare e maschia della contrapposizione mafia/antimafia, riproduzione di duelli ottocenteschi dove chi si sottraeva alla partita per giocarla in modo differente era definito un vigliacco. Perchè le contrapposizioni machiste rafforzano e legittimano la cultura patriarcale e machista. Vale a dire che non finirà mai fintanto che questi sono gli unici schemi in cui ci muoviamo.

Ancora oggi siamo alla venerazione di saviano, bravo per carità, superprotetto dalla polizia e legittimato dalla magistratura, ed è un ruolo che forse gli sta stretto o forse no. Passerà del tempo e forse rivedrà questo suo momento con occhi più sereni. Oggi lo vedo costretto in un ruolo che comprendo nella posizione in cui si trova ma che comprendo poco quando si spinge a santificare in teatro la figura di Neda, quindi di una donna, eletta ad eroina perchè vittima nel momento in cui stava cercando di esprimere una idea. 

Neda non è rappresentativa della contrapposizione tra poteri giusti e poteri ingiusti. Neda era solo Neda. Una donna ammazzata mentre manifestava e a proteggerla non c’era di sicuro ne polizia ne magistratura perchè in Iran, dicono, non c’è alcun potere che abiti le stesse zone di chi si ribella alla dittatura. Una donna forse usata dai poteri occidentali che hanno necessità di criminalizzare l’Iran per ragioni economiche, certamente non umanitarie.

Saviano invece diventa sempre più usato per legittimare un sistema rispetto al quale dovrebbe mantenere equidistanza. Perchè se la cultura si piega alle logiche della contrapposizione tra dualità bipolari, in cui vince il più "forte", chi ha più armi e più muscoli, allora non compie più il suo ruolo. Diventa solo uno tra i tanti soldati di questa guerra che mai mette in discussione i termini culturali in cui si svolge. E le donne saranno sempre sconfitte a prescindere da chi tra i due vincerà.

Forse sarebbe necessario rifletterci su.

—>>>foto presa in prestito da qui 

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Scritti critici.


2 Responses

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  1. roz says

    bel post, si dovrebbe parlare di più delle donne (non mogli, sorelle, figlie ecc) che combattono la mafia e la mentalità mafiosa, cancro di questo paese, da Milano a Palermo e ritorno!

  2. Grande Sorella? fratello!! says

    Vi ammiro molto e volevo chiedervi dato che non vedo ho non spulcio ancora tutto il blog, articoli sul grandel fratello, oh bordello?? che ne pensate voi di femminismo a sud??

    saluti e grazie;

    http://corrieredelveneto.corriere.it/…5882.shtml