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Femministe: queste sconosciute

Ce ne sono tante e sono divise per ceto sociale, età, identità di genere, opinione, azione politica, metodo, pratiche. Ognuna di queste categorie è motivo di frazionamento, conflitto, talvolta vissuto in positivo e altre in negativo.

Alcune hanno cultura, lucidità, strumenti di analisi, senso critico. Altre si aggregano ai branchi, vanno di pancia. Ci sono quelle che fanno entrambe le cose e quelle che quando le vedi arrivare alle assemblee ti rannicchi sulla sedia sperando che non prendano la parola perchè sai già cosa diranno.

Solitamente cominciano gli interventi con: "scusate, sono molto emozionata…" e poi continuano ignorando la discussione in corso per raccontare la "loro storia". Sono interventi della categoria "testimonianza" che non c’entrano nulla neppure con i flussi di coscienza che sarebbero certamente utili se il partire da se’ fosse autentico. Invece è quell’incrocio spaventoso esibito da chi vuole per forza prendere la parola anche senza avere qualcosa da dire per usare l’assemblea come deposito di ogni pensiero possibile: da quello sull’unghio incarnito alla prossima venuta degli ufo.

Le donne che fanno questi interventi insistono in questa dimensione autoctona ovunque esse si trovino: corpi presenti, mailing list, forum. Lo stile non cambia. L’approccio è sempre lo stesso.

In molti casi gli interventi rivelano solo la voglia di comunicare e sono "inutili" nel senso che non chiariscono alcunchè. Appaiono come una somma di slogan, definizioni fanatiche spesso slegate tra loro e in contraddizione l’una con l’altra. Sono interventi senza alcun filo logico. Supplizi per le presenti e momenti di relax per quelle che dopo aver dato la parola e condiviso il microfono si riattivano soltanto quando devono dare il tempo di chiusura.

Una specie di microfono aperto, sfogatoio alla maniera di radio radicale nel periodo della bestemmia libera solo che in questo caso non c’è neppure la bestemmia ma solo tanta noia.

Queste personalità sono solitamente "utili" al femminismo autoritario di cui abbiamo già parlato. Fanno numero, riempiono il tempo, fungono da ostruzionismo e impediscono a chi ha cose compiute e critiche da dire di intervenire nei momenti di maggiore ascolto. Sono dei riempitivi, voti per alzata di mano, pioggia di consenso e barriera contro il dissenso. 

Basta che la capobranco aizzi contro il/la nemic@ e quelle si sguinzagliano disordinatamente come truppe cammellate in un congresso politico alla vigilia del voto alla mozione A, a quella B o a quella C.

In questi casi non c’è esercizio di sorellanza ma c’è l’addestramento di cecchine pronte a far fuoco sul fronte opposto. Niente sfanculamenti privi di livore personale ma ostilità dipendente dalla loro guida spirituale.

Queste presenze, che esistono in ogni luogo e in ogni pezzo di movimento a prescindere dal sesso di appartenenza, sono "utili" anche ai detrattori che certamente quando parlano di noi non parlano di chi vive il femminismo a partire dalle proprie vite, con soddisfazione per i risultati raggiunti, orgoglio per la capacità di vivere privato e pubblico in modo coerente, felicità per la evoluzione delle proprie relazioni affettive e sessuali basate su quella grande dimensione di intelligenza, complessità e soddisfazione sessuale alla quale tendono e che riescono a realizzare le donne davvero libere.

Quando parlano di noi ci descrivono come donne insoddisfatte che devono conciliare vita, lavoro e maternità e non c’è nulla di più falso perchè se il mondo fosse organizzato come lo vorremmo non ci sarebbero difficoltà per le donne, non tutte quelle che crea il sistema etero-cattolico-familista fatto apposta per rendere le donne infelici.

Le femministe invece, proprio perchè conoscono le difficoltà di realizzazione dei propri percorsi "scelgono" e non "rinunciano". Scelgono la maternità, la vita di coppia e se non riescono a scegliere il lavoro comunque aspirano a qualcosa di meglio e lavorano in quella direzione. Le femministe tendono alla felicità, prima di esprimere concetti roboanti all’esterno agiscono sulle proprie vite, sulle proprie contraddizioni e tengono attiva l’intelligenza per costruire molto altro di nuovo e diverso nella consapevolezza che per cambiare il mondo bisogna partire da se’, dal proprio privato, dai proprio affetti.

Ci sono però anche quelle dissociate con se’ stesse e con il mondo, che vivono una vita di contraddizioni e come sempre avviene è chiaro a tante che quello che dicono non corrisponde a nessuna elaborazione personale perchè non parlano con il cuore, con il cervello, con l’energia spesa a migliorare la propria vita, a scontrarsi con tutte le grandi complicazioni che essa pone. Le vedi nervose, non in grado di sorridere, per niente solari, senza senso dell’umorismo, e parlano di cose che non conoscono e dicono parole che non hanno forza e temono chi esprime concetti forti come molt* tra voi proverebbero forse difficoltà di fronte ad una persona che parla con compiutezza, in modo diretto, guardandovi negli occhi persino attraverso i mezzi di comunicazione in web.

Ci sono donne che scambiano una assemblea per la puntata di tombola della parrocchia sottocasa, dove il "vogliamoci bene" si trasforma in livore senza la bellezza del superamento del buonismo a tutti i costi. 

Cattive ragazze abortite, in una situazione in cui si parla di rivoluzione dove c’è chi vive una dimensione di scontro adolescenziale alla tenera età di sessanta anni.

Le donne che non hanno argomenti e grande capacità di analisi politica agiscono di pancia. Se provano antipatia la esprimono male, vivono allo stadio infantile della politica, quella in cui se non sei d’accordo con qualcun@ non ci parli e non la saluti. 

In psicologia c’è chi direbbe che gli scontri spesso sono surrogato di una comunicazione fragile, priva di intimità perchè se la nostra forza sta in quel personale che diventa politico allora bisogna prima trovare le parole per ragionare del "personale", raccontarselo e poi definire il "politico" che a quel punto non avrebbe bisogno di slogan e di definizioni dogmatiche.

Una idea è forte se te la sei vissuta addosso. Un intervento è forte se lo vedi venire fuori dal tuo vissuto, se è autentico, compiuto, chiaro, incazzato, cattivo alla maniera in cui si può essere bad-grrlz in questo mondo di perbeniste, moraliste e di suore di clausura che popolano il centro sinistra.

Mi piacerebbe parlarci con le donne che fanno interventi che non riesco ad ascoltare per chiedere com’è la loro vita, di cosa è fatto il loro femminismo, come e se funziona il loro privato.

Credo che anche a noi sia successo, per un immascolinimento del linguaggio della politica, di evitare di parlarci tra noi per davvero, di generalizzare i nostri discorsi, di fare insomma tutti quegli errori di comunicazione tra persone che fanno i maschi. E invece dovremmo parlarci davvero, così potremmo smettere di celebrare pantomime assembleari con gli interventi pro e quelli contro le mozioni di minoranza e maggioranza, con le testimonianze di quelle che fanno "sbuffare" tutte per inconsistenza e totale distacco dalla realtà, con le riproposizioni dei vogliamoci bene a tutti i costi anche quando non abbiamo nulla da dirci.

Credo che bisognerebbe proprio eliminare a questo punto la modalità assembleare per arrivare a momenti di aggregazione su obiettivi: la marcia, il corteo, il convegno, il presidio, la passeggiata, la fiaccolata, il footing, la scampagnata, il bivacco, etc etc etc. L’obbligo però dovrebbe essere che ciascuna dovrebbe portare un manifesto "privato" e raccontare il perchè ha davvero voglia di partecipare o perchè no. Il perchè personale, di convenienza privata o pubblica, il perchè intimo che spiega, motiva, esaurisce il perchè politico.

Raccontarsi per davvero significa scoprire quali sono i modelli di relazione che tendiamo a ricostruire di riflesso, quali sono gli aspetti da valorizzare, quali sono i nostri percorsi personali/politici e a quali conclusioni ci hanno portato. Spiegano il perchè siamo allergiche ad alcuni atteggiamenti e perchè no, perchè siamo arrivate ad alcune conclusioni politiche e perchè no e solo a quel punto possiamo discutere alla pari avendo tutte consapevolezza di cosa è "personale" e cosa è diventato "politico".

Perciò sarei davvero lieta di fare un esperimento sociologico: vorrei ci incontrassimo tutte ad una iniziativa che parla di non so che, va bene tutto, il nucleare, la guerra, il revisionismo storico, la fenomenologia delle lucertole e poi fare interventi il più possibile distanti dal tema scelto, a ruota libera, tutte sintonizzate con quella dissociazione che alcune esprimono, quella non centratura di facile strumentalizzazione, quella fragilità soggettiva che prende il posto dei pedoni negli scacchi, sacrificabili perchè non fondamentali mentre le regine stanno al caldo, ben protette.

Il caos, quello che se ne fotte dei tempi di intervento, dei turni, dello schema da tavolo presidenza e intervenute dal pubblico, della suddivisione tra donne autorevoli e donne non autorevoli, forse può farci scoprire cosa siamo davvero perchè se non riusciamo a parlarci neppure tra noi… come pretendiamo di parlare alle altre? 

—>>>Vi suggerisco di leggere un pezzo bellissimo sui revisionismi d’assemblea: a partire da quella che si alza a fondo platea e inizia l’intervento chiarendo "non sono femminista, però…" a quella che afferma "non sono comunista, però…". Accanto a quelle che aprono e chiudono gli interventi aiutate dalla presa di distanza formale dal femminismo ci sono anche quelle che dicono "Io sono femminista… e mi schiero… e giudico…".

—>>>immagine da riotclitshave

Leggi anche:

Contro il femminismo autoritario

Non si discute più di politica
Manifestazione del 28 novembre: la genesi  
Report a proposito dell’assemblea del 31 ottobre a Bologna e della manifestazione del 28 novembre 

Posted in Fem/Activism, Scritti critici.


One Response

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  1. Doriana says

    ne hai dette tante sulle sconosciute, le donne, e come sai fare molto bene.
    Quello che accade sempre, sempre più spesso è che le conosciute non si
    riconoscono, non riconoscono più neanche sè stesse, ci si riconosce però
    l’essere donna e bisogna fare attenzione, perche se ti limiti genericamente a
    questo termine, non riconosci l’altra…sei riduttiva,,,una gabbia perversa e
    meschina e dal momento che ce ne mettono tante di queste celle di contenzione
    nelle giornate qualunque,ti invito ad aprire altre porte, dove ci sono folle di
    donne che aspettano solo di essere riconosciute come persone. Le energie
    finiscono, aumentano le contraddizioni e ognuna ha un buon motivo femminista o
    meno, per non conoscere niente, sapendo tutto. Non fà caldo per niente, c’è un
    freddo mortale.

    Dramma questa mattina intorno alle 9 all’ospedale di Belcolle.
    Una ragazza di 16 anni di nazionalità algerina si è gettata nel vuoto da una
    finestra del bagno di Ostetricia e Ginecologia al quarto piano, perdendo la
    vita.

    Alcune donne che si trovavano nel reparto in quel momento l’avrebbero
    vista entrare in bagno, aprire la finestra che di norma è chiusa dall’interno,
    sedersi sul davanzale e, poco dopo, lanciarsi nel vuoto.

    Il corpo della
    ragazza è caduto sul tetto del laboratorio analisi, che si trova proprio sulla
    facciata principale della struttura sanitaria.

    A nulla sono valsi i tentativi
    dei medici di salvarle la vita.

    Sul posto sono arrivati Vigili del fuoco che
    hanno provveduto a rimuovere il corpo. Gli agenti della Polizia di servizio al
    Pronto Soccorso, accorsi anch’essi, con l’ausilio di colleghi della Questura
    hanno raccolto tutti gli effetti personali della giovane e sono al lavoro per
    capire la dinamica della tragedia.

    La giovane, che prima viveva in Sicilia e
    che si era trasferita a Viterbo circa due anni fa, frequentava la 2B
    dell’Istituto Orioli di Viterbo. La ragazza è descritta dalle compagne di
    classe e dai professori come una ragazza solare e rispettosa, anche molto brava
    dal punto di vista scolastico.

    Nessun comportamento precedente dunque avrebbe
    potuto far presagire un epilogo simile.