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La donna secondo Bmw e Meltin Pot

Grazie Rosa che dal suo "Un altro genere di comunicazione" ci segnala queste pubblicità sessiste. 

Origine della notizia il sito "Protocollo contro la pubblicità sessista" nato per volotà del fotografo Ico Gasparri e di altri colleghi e colleghe che hanno realizzato, proposto e sottoscritto un protocollo, una sorta di deontologia antisessista per chi si occupa di pubblicità e affini.

Si tratta della pubblicità Bmw che illustra una bella fanciulla seguita dall’invito di farsela d’inverno se non te la sei fatta d’estate ("è il momento di farti una tedesca" – chiarisce il manifesto). Di pessimo gusto, degno di alcune pubblicità per aziende di provincia in cui il sessismo non è neppure celato sotto un cumulo di effetti speciali che attribuirebbero alle pubblicità il riconoscimento di "arte".

Il confronto tra auto e donna in realtà non è una novità. Basta pensare alle donne che strusciano il loro corpo svestito sulle auto al motor show, nei padiglioni in cui si fa esposizione auto. Basta pensare agli spot che sono sempre pronti a collocare donne in macchinine piccole e maschi in macchine vigorose e potenti. Donne che guidano per fare la spesa e maschi che userebbero le auto per andare all’avventura tra monti e valli fino ad arrivare, come richard gere, nella savana africana in mezzo ai leoni.

Ti vendono l’auto e ti vendono uno stile di vita. L’auto diventa uno status symbol. La compri e immagini che la donna sia un optional da richiedere alla consegna.

Poi c’è la Meltin Pot, marca di jeans e roba del genere. La loro ultima campagna consta di un harem con volti da maialina che stanno attorno al maschio.

La Meltin Pot non vende maschere da maialina ne’ biancheria intima quindi le donne sono accessori decorativi per far rilevare la situazione cui può aspirare un uomo se compra quei jeans.

Abbiamo anche la versione "giochiamo al dottore". 

E la versione "donna inscatolata per il ludibrio maschile".

Per pubblicizzare i jeans da donna, come giustamente sottolinea Rosa, si scelgono immagini differenti. Una donna vestita non può che essere mostrata accanto ad una bestia feroce. Donna quindi uguale preda che peraltro non tenta neppure di affrontare il suo persecutore per difendersi. Semplicemente tenta la fuga. Notate che a lei non viene neppure data licenza di guida. Al posto di comando c’è qualcun’altro.

Questa seconda immagine invece inserisce la donna nell’unico altro ruolo possibile: quello di moglie che va a fare la spesa accompagnata dal marito per tenere lontani i mostri.

Eccola qui la donna secondo la Meltin Pot. Io non ho mai comprato i loro jeans e la loro maglieria perchè non mi è capitato. Di certo non mi mancheranno ora che so che ne farò perfettamente a meno.

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali.


4 Responses

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  1. Lorenzo Gasparrini says

    Alessandro,
    ho letto tutto quello che hai scritto con piacere e con interesse, ma da studioso delle immagini e del linguaggio devo dirti che mi pare proprio che tu abbia completametne frainteso gli argomenti di fikasicula.
    Qui non è in discussione cosa “voleva dire” la tale campagna pubblicitaria: è in discussione cosa essa è come “fenomeno”, come essa appare ai sensi.
    Le due campagne pubblicitarie sono due insulti sessisti, e lo sono né per il loro contenuto linguistico né per le immagini usate.
    Lo sono per la loro percezione, per il loro valore squisitamente estetico.
    Come sai – e spero che tu lo sappia, dato il lavoro che fai – prima di una comprensione linguistica e prima di una comprensione immaginativa (due operazioni mentali) sono i nostri sensi a comprendere la realtà, e a porgerla alla mente come l’hanno percepita. Fikasicula ha cercato con le parole di descrivere la sostanza percettiva delle due campagne pubblicitarie, e la sostanza è: la donna è a disposizione; la donna è subalterna; la donna è un premio; la donna è lì per te, maschio, prenditela. Punto.
    Ciò che avviene dopo può essere pieno delle migliori intenzioni e delle più ardite speculazioni, ma è tardi. Questo stato di cose non è certo prodotto dalla Melting Pot, né della BMW, né mio né tuo né di fikasicula; ma le cose vanno chiamate con il loro nome, dato che lo hanno.
    Le tue spiegazioni sono sincere e complete, e il resto delle campagne pubblicitarie è senz’altro improntato ad un altra percezione del femminile. Ma, insisto, tutto ciò è perso in partenza se le immagini sono quelle. Anche perché – e anche questo tu lo sai bene – al pubblico-target non si danno spiegazioni; si dà la campagna ben sapendo in anticipo quali saranno le sue reazioni – o quali si vorrebbe che siano.
    Il fatto che la campagna abbia scelto proprio quelle immagini è – forse suo malgrado – il risultato di quel “clima percettivo” di cui si lamenta fikasicula, non ne è certo la causa. E questo, secondo me, è molto più grave.

  2. Alessandro says

    Carissima fikasicula,
    sono felice che ci possa essere confronto sull’argomento.

    La pubblicità è fatta di immagini e testi. E molte pubblicità, senza la lettura e la comprensione dei testi possono esser fraintese o addirittura scambiate per pubblicità di altro (pensa allo spot di uno pneumatico).
    Per questo si dice che l’headline deve completare e argomentare il messaggio suggerito dal visual.

    Non prendertela, ma per quanto possa trovarmi d’accordo sulle obiezioni riguardanti la prima delle due campagne Meltin’Pot (che come gran parte delle pubblicità di jeans voglion solo inserire il prodotto in mezzo a tette e culi), mi trovo ad obiettare per quanto riguarda la seconda, quella dei mostriciattoli.
    Beh prima di tutto, ho usato “mostriciattoli” apposta.
    Non dico che siano come quelli del film Monsters&co, ma poco ci manca. Non sono veramente atti a fare paura, anche perché se l’obiettivo fosse stato inserire degli elementi che rappresentavano in toto l’idea dell’incubo, si sarebbero usate figure più audaci come una mummia, un cavaliere senza testa e via dicendo.
    In questo caso sono dei mostri relativamente pacifici, che non farebbero paura a nessuno e che, probabilmente, se tu avessi visto affrontare una ragazzona come quelle in foto, beh, ti saresti messa a ridere.
    Le bestiole, qui, sono l’incarnazione (forse banalizzata) di un concetto più complesso, ovvero dell’incubo.
    La campagna realizzata è studiata sia per il jeans maschile che per quello femminile, per cui è ovvio che nei visual (ma se vai a guardare il sito dedicato alla campagna, vedrai che non è così in tutti) spesso si vedono delle coppie uomo-donna.
    In particolare, l’osservazione “moglie che va a fare la spesa accompagnata dal marito per tenere lontani i mostri” è, come dire, condizionata.
    Nell’immagine si vede chiaramente che la spesa l’hanno fatta insieme, che camminano insieme e che il mostro sta nel carrello, quindi l’hanno lasciato li, per lasciarsi indietro questo incubo. Vorrei farti notare il plurale dei miei verbi. Sono in 2. Non c’è solo la donna.
    Se vedi l’intera campagna (http://arabaquarius.blogspot.com/…nsters-in.html) puoi notare per esempio (e ti rimando al discorso che la donna non affronta il mostro) come in una delle ultime immagini ci sia chiaramente una ragazza che, davanti all’aeroporto porge un biglietto aereo al mostriciattolo per sbarazzarsene. Lo affronta, no? e nella maniera più concreta e ironica che si potesse utilizzare. O dobbiamo vedere per forza sangue e pugni chiusi?
    Purtroppo nel mondo della pubblicità è facile ricorrere a culetti rotondi, pettorali scolpiti e via dicendo, ma nell’ambito dell’abbigliamento è quasi scontato che sia così, a meno che non si tratti di taglie forti 🙂 E, ahimé (e questo lo dico per esperienza), è più facile vendere un’idea di questo genere, che qualcosa di più concettuale e di prodotto, ad un cliente ITALIANO, che deve pensare al proprio pubblico medio e agli interessi della propria azienda (le vendite a questo pubblico medio che guarda Veline e i pacchi su RAI1).
    Quindi non bisogna per forza criticare una pubblicità per l’immagine, ma si dovrebbe analizzarla e discuterne per il significato che vuole esprimere. L’analisi contenuta nell’articolo non considera affatto il concetto espresso dall’headline e giudica violentemente il lavoro del creativo in base solo all’idea visiva.

    Se non ci fosse stato bisogno dell’headline, non sarebbe stato messo.

    Con affetto.
    Ale

  3. fikasicula says

    Ciao Alessandro, 🙂
    dici che la gente normalmente legge gli headline? Pensi che le immagini non siano già un mezzo per comunicare qualcosa?
    Le immagini comunicano e parlano. Non bisogna essere esperti di semiologia per saperlo.
    Parlano i gesti del corpo, le pose, le inquadrature.
    Prendo atto della tua buona fede ma credimi il linguaggio di quelle immagini è esplicito, mica solo per noi.
    Dice che una donna non affronta il mostro ma se ne va, fugge oppure che riesce ad evitarlo solo in compagnia di un protettore (che comunque è l’unica alternativa che tu consegni alla donna anche quando le dici di abbandonare il mostro).
    Non c’è una donna che digrigna con i pugni stretti e che fa paura al mostro mettendolo in fuga. Non c’è una donna che si lascia indietro il mostro che la guarda con aria sconsolata mentre lei sceglie una vita autonoma, senza alternative familiste, sacchi della spesa e marito al fianco.
    C’è quello che avete proposto e il giudizio che ne traiamo è di una campagna quantomeno non attenta alle questioni di genere.
    Le altre immagini della metin pot sono ingiustificabili. Le donne sono decorative, vestite per arrapare i maschi e con le maschere da porcelline. Tutto l’ambaradan che serve per dire a chi compra i jeans che oltre ai lavori eccitanti (eccitanti perché? Per la presenza di belle fighe?) troverà tanta bella figa disponibile che attende solo lui.

    Per il resto se usi la metafora “mi faccio la tedesca” per riferirti alla birra posso solo dirti che non hai inventato tu lo slogan ma una nota marca di birra che tutt’ora è sul mercato. Le pubblicità formano, educano e sostituiscono persino il tuo vocabolario. Quel “fatti una tedesca” o “fatti una bionda” veniva sempre contrabbandato con una bella donna bionda accanto in pose conturbanti.

    Perciò tu ripeti un frasario sessista senza saperlo.
    Ti ringrazio comunque di aver lasciato questo commento e di aver voluto discutere con noi.
    ciao

  4. Alessandro says

    Mi permetto di commentare poiché ho studiato la campagna Meltin’Pot che viene citata nelle ultime due immagini e l’interpretazione data è totalmente sbagliata.
    Basterebbe leggere l’headline (che sta li apposta per completare quello che l’immagine non dice) che recita: “This summer abandon your nightmares”.
    Nella prima col mostro, la ragazza ha appena abbandonato il mostro (che impersonifica il concetto di incubo) per strada, per liberarsene; così come nell’ultima, dopo esser andati a fare la spesa insieme, i due protagonisti abbandonano il proprio incubo nel carrello e se ne vanno via sereni ignorandolo.
    Ora, per quanto non condivida l’esecuzione dell’idea creativa, mi permetto di dissentire totalmente dal coinvolgere questa campagna (che, voglio precisare, non ho realizzato io) in una sterile polemica sessista.

    Per quanto riguarda le altre della Meltin’Pot, per quanto non le conosca a fondo come quelle di cui sopra, mi permetto nuovamente di suggerire una migliore lettura del messaggio pubblicitario: l’headline dice “001 STEP TO AN EXCITING JOB”. Ora, sono d’accordo che l’uso esagerato delle fanciulle spogliate invada questa campagna così come le televisioni nazionali e private… ma il messaggio, per quanto allusivo, non discrimina le donne, ma dice che chi compra questi jeans è una persona che ambisce a lavori esaltanti, eccitanti.

    Su quella BMW, poco da dire. Per quanto, personalmente, quando dico che mi faccio una tedesca parlo solitamente di birre.

    Ale