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Madri separate – le nuove povere

Tg3 di oggi: danno notizia di una storia avvenuta a ravenna. Intervistano una specialista in non so cosa che parlava evidentemente per conto della difesa di un padre che ha fatto di tutto per togliere il figlio alla madre. C’era solo la sua versione. Caso finito in tribunale e la descrizione di madre e nonni paragonati a mostri squilibrati e pericolosi per la vita di un ragazzino che non si capisce dove potrà andare a finire. Mio o di nessun altro, sembrerebbero dire alcuni padri riferendosi ai loro figli esattamente come pare essere accaduto a Lucrezia, figlia di una coppia separata, finita in istituto mentre la madre lotta ancora per riportarla a casa.

Cosa c’entra questa notizia con il tg nazionale? Soprattutto cosa c’entra con il tg3? Non si capisce, a meno che la storia non riguardi personalmente qualcuno della redazione giacchè la notizia è stata data senza un contraddittorio e senza nessun elemento critico. Con il processo ancora in corso, l’esperta chiamata a parlarne ha espresso un parere che equivaleva ad una condanna definitiva.

Mumble mumble, pensa e ripensa, ci viene in mente che appena ieri abbiamo beccato in rassegna stampa una notizia succulenta. Fa parte del corredo dimostrativo della lobby "padri separati". Hanno la locandina: padri separati poveri, p.s. depressi, p.s. in coma (questi ultimi sono i più gravi). Tutto ciò ovviamente avviene per colpa delle ex mogli, anzi di tutte le donne.

E’ sempre il corriere, cronaca di milano, che collabora alla vittimizzazione dei maschi e alla criminalizzazione delle donne. Il punto dolente è sempre lo stesso: i padri separati non vogliono pagare gli alimenti per il mantenimento dei loro figli. Piuttosto preferiscono toglierli alle madri, vederli finire in istituto, servirsi di periti psichiatrici, consulenti di ogni genere per dimostrare che la ex moglie non è in grado di tenere quei figli. Qualora il giudice decidesse invece che i figli vanno affidati alla madre ecco allora che si costruisce una giustificazione morale e sociale che autorizzerà i futuri padri separati a non dare un euro alle ex mogli.

Le organizzazioni che si muovono in questo settore sembrano più attrezzate dei centri antiviolenza in difesa delle donne. Parrebbero godere della disponibilità di numerosi consulenti e professionisti e di intellettuali e giornalisti che amano veicolare la loro causa. Potenti, anzi temibili è il termine giusto che a loro si addice perchè non si può neppure analizzare il loro atteggiamento, come loro "analizzano" il nostro, senza subire – da parte di singoli – la velata intimidazione di un ricorso alla querela.

Coincidenza vuole, comunque, che mentre sul corriere si raccontava di padri separati "ridotti in povertà", omettendo di parlare di donne separate costrette a mantenere da sole i propri figli, a tornare dai genitori, a pietire qualunque lavoro per campare, in condizione di totale discriminazione a fronte di una società che privilegia in tutto e per tutto gli uomini e che taglia fuori dal mercato del lavoro qualunque donna che ha avuto, ha, avrà un figlio… il mattino pubblicava un editoriale di un abituè di questi argomenti che in sintesi concludeva che se le donne fossero rimaste a casa a fare le regine del focolare e non si fossero messe a "competere" – lui usa proprio questo termine – per ottenere un lavoro, tutto sarebbe andato molto meglio. Fondamentalmente il nostro intellettuale preferito ce l’ha con le ragazze sveglie, quelle che mandano ‘affanculo il prossimo senza girarci intorno e questa cosa deve preoccuparlo parecchio a tal punto che – per ispirazione indiretta o coincidenza di vedute – se ne sta preoccupando anche l’amministrazione milanese, con quel de corato che pare tanto un affiliato della stessa congregazione.

Leggiamo nel dettaglio: egli descrive una serie di mali sociali omettendo – birichino – di parlare di violenza maschile ovvero di quel fenomeno gravissimo che fa centinaia di migliaia di vittime ovunque. In Italia ogni giorno decine di donne sono uccise, percosse, stuprate, molestate, perseguitate da maschi più spesso appartenenti al proprio nucleo familiare. Dietro i fenomeni sociali dei quali comunque a egli piace occuparsi, secondo il suo appassionato parere ci sarebbe la solitudine (qui la lacrima è d’obbligo). La disgregazione sociale quindi secondo lui non c’entra niente con l’economia liberista, la speculazione selvaggia, il capitalismo, il conseguente razzismo e la cultura economica e patriarcale che riduce tutti i corpi a merce di consumo, operai o consumatori. No. Per lui la questione riguarda la "solitudine". 

Spiega: si tratterebbe della solitudine dovuta ai legami sociali allentati e alla mancanza di solidarietà e affetto della famiglia.

Che intende per famiglia il suddetto? Lo chiarisce in un passaggio successivo che noi reinterpretiamo così. Famiglia sarebbe quella cosa a senso unico, strettamente funzionale al padre padrone che deve poter contare su “lo sguardo attento e amoroso di una donna”.Tutto ciò sarebbe stato corrotto dalla competizione economica e dei generi. Ergo se la donna se ne fosse rimasta a casa a fare la calza tutti ‘sti problemi non ci sarebbero stati.

Certo è che costui in un modo o nell’altro ha rigirato un problema che noi affrontiamo da un punto di vista completamente differente. Una delle peggiori accuse che viene rivolta alle donne dai soggetti (maschilisti e misogini) che gravitano attorno ai gruppi di padri separati è che esse sarebbero orientate a non dividere con gli uomini la responsabilità dei lavori di cura e preferirebbero farsi mantenere da loro.

Tali pregiudizi sarebbero tra quelli che questi soggetti usano per denigrare le donne, le femministe, tutte coloro che devono essere individuate come nemiche.

Non possono certo sapere – se gli viene detto quotidianamente il contrario – che le donne hanno lottato tanto proprio perchè ritengono che la maternità debba essere innanzitutto responsabile e che le responsabilità dei ruoli di cura debbano essere condivise in maniera eguale all’interno della coppia. Non possono sapere che le donne hanno lottato e continuano a lottare per ottenere autonomia economica dal mondo maschile o da qualunque mondo in generale.

L’autonomia economica non è una questione di competizione tra generi ma semplicemente una conquista dignitosa di ogni soggetto che vorrà vivere del proprio lavoro senza dover chiedere elemosine a nessuno.

Ce lo dice oggi Victoria De Grazia su l’unità: c’è poco da discutere sulle ragazze che vanno a fare le veline o qualunque altra cosa affine. Il problema è la totale assenza di offerta lavorativa per le donne. 

Le donne non trovano lavoro, non c’è possibilità di reddito. Quelle che un lavoro ce l’avevano lo stanno perdendo e la situazione peggiora sempre di più. Le donne non vengono valorizzate in nessun settore della nostra società e di sicuro non c’è nessuna competizione in corso giacchè l’ultimo posto in classifica è già nostro e non ci siamo mai poste il problema di dover prevaricare qualcuno per essere economicamente indipendenti perchè miriamo semmai alla equa redistribuzione delle risorse. Non è certo un caso se in piena crisi economica in tante aziende all’estero stanno recuperando donne competenti a sanare i bilanci e c’è persino un nobel alla nostra idea di economia solidale che dimostra che abbiamo ragione.

Le donne non competono, non tutte almeno. La competizione è propria di un metodo machista. Chi la reinterpreta al femminile ha solo introiettato un brutto modo di intendere le relazioni umane e professionali. 

Molte donne vogliono sopravvivere, vivere, recuperare autonomia senza dover essere impegnate a fare fellatio "attenti e amorosi" a nessun uomo a meno che non se ne abbia davvero voglia. Il punto vero che ai maschi è difficile comprendere è che tante donne hanno smesso di separare il piacere e il dovere. L’aspirazione, soprattutto quando si parla di convivenza, di nucleo solidale, è che sia più un piacere che un dovere. La famiglia per il "dovere" di tenere al caldo il maschio disorientato è la trovata di chi ha attribuito alle donne il ruolo di ammortizzatrici sociali. E’ la trovata di chi è ancora impegnato in una campagna di marketing che vuole fare intendere che le donne che sanno vivere con "sacrificio" siano sante, da apprezzare. Problema è che nessuna di noi vuole fare la missionaria nè diventare santa. Volevate madre teresa di calcutta nelle vostre case potevate sposarvi lei.

Oltretutto si sta con qualcun@, uomo o donna che sia, per amore e non per dipendenza economica e se la vostra richiesta è di evitare che le donne siano a carico degli ex mariti allora lottate affinchè esse abbiano uno stipendio che corrisponda al tempo che hanno sacrificato per la cura della vostra casa, dei vostri figli, dei vostri anziani, per voi.

Anzi sollevatele da questo impegno e condividetelo con loro. Aiutatele a recuperare autonomia economica. A diventare soggetti protagonisti delle loro vite e della vostra vita in comune. Lottate affinchè lo stato riconosca alle donne uguale diritto di accesso al lavoro. Lottate affinchè il progetto di welfare state, quello voluto dal ministro sacconi e ben riassunto nel suo libro bianco, non attribuisca alle donne il ruolo di ammortizzatrici sociali in famiglia senza nessun riconoscimento economico e pensionistico.

Lottate affinchè i nostri stipendi siano uguali a quelli degli uomini, la nostra maternità non sia motivo di perdita del posto di lavoro, le nostre prospettive di vecchiaia siano migliori di quelle che abbiamo attualmente.

E’ lo stato che ci vuole dipendenti da voi. Noi non abbiamo alcuna voglia di dipendere da voi, di farci mantenere da voi. Noi non abbiamo nessuna voglia di essere schiave di nessuno. Il quadro giuridico del nostro paese rispetta solo questa formula. Non siamo noi il vostro nemico. Non è "l’abbattimento" della famiglia che costituisce un problema ma il mantenimento della stessa ad essere lesivo dei diritti di ciascuno. 

Le donne non possono essere costrette a restare con la forza con uomini con i quali non vogliono più restare solo per fare un favore a sacconi o al papa. E fino a quando lo stato non si assumerà la responsabilità di riconoscere alle donne l’autonomia di un reddito sufficiente e di un riconoscimento per tutto il lavoro che compiono è lo stato stesso che stabilisce la separazione di ruoli tra coniugi: datore di lavoro e schiava. Con il vizio di forma che dice che il datore di lavoro non si sgrava della schiava fintanto che la schiava non si sarà economicamente emancipata (cosa difficilissima a meno che non passi di schiavitù in schiavitù). 

Le donne vengono uccise in tanti modi: fisicamente e socialmente. Togliere alle donne diritti, figli, casa, soldi è uno dei modi attraverso i quali una donna viene uccisa socialmente. Noi sappiamo che gli uomini non lasciano andare impunemente le loro ex. La vendetta si può compiere in tanti modi. Spesso capita che le donne vengano lasciate in vita ma bisogna comunque punirle fino in fondo togliendo loro tutto. Tutto ciò al quale tengono.

In questo senso non c’è nessuna competizione ma solo il più forte che come sempre si spinge fino a sopraffare il più debole.

Ci sono tante donne poverissime in italia. Molte sono state rilevate dall’istat nell’ultimo censimento. Sono madri single, madri separate che sono costrette a tornare a dipendere dai padri padroni, madri separate che non sanno dove sbattere la testa. Donne in stato di povertà assoluta, alle quali nessuno passa un euro, che devono pietire l’assegno di mantenimento per il figlio o la figlia, un assegno che puntualmente non arriva. Donne in grave stato di soggezione, preda di qualunque uomo, sia esso datore di lavoro o soggetto interessato a una relazione intima, in grado di ricattarle in ogni modo possibile. Donne punite da un altissimo livello di solitudine sociale, niente servizi per i bambini, niente servizi per loro, povertà assoluta persino per quelle che vengono fuori da gravi situazioni di violenza domestica e si sono separate per sopravvivere alle percosse dell’ex marito. Di queste donne nessuno parla. Come fossero già morte, loro assieme a tutte le altre.

—>>>immagine da hardcorejudas  

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà.


One Response

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  1. ila says

    Eccomi qua, si parla di me…. 44 anni separata da 13, divorziata da 3, un figlio di 16 anni, 1.050 euro al mese sudati + 76 euro di assegni familiari + 100 euro di assegno da ex marito (perchè non può dare di più…) per un totale di poco più di 1.200 euro al mese. Mai lamentata.

    Sempre stretto i denti. mai prostituita, anche se la tentazione l’ho avuta e l’occasione pure. Un decennio di solitudine totale. Ora non mi ferma più nessuno.

    ciao fikasicula grazie per questo post, le donne sole con figlio, non hanno la forza neanche di parlare, figurati di urlare. Ho pagato abbastanza la mia scelta, è terribile dover pagare le proprie scelte, ma non ho mai smesso di guardarmi allo specchio con orgoglio. Ho pagato caro e pago la mia autonomia. Ma nessuno mai, me la toglierà. Solo la morte. E per ora, non è arrivata. Stringete i denti donne, lottate. Perchè la libertà, la dignità, l’autonomia non hanno veramente prezzo. Ma sappiate che nessuno, ma proprio nessuno, ve le regala. un caro saluto ila