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Il bastone e la carota

di Feminoska

Mara Carfagna è partita alla crociata contro il burqa. 

Aprendo le finestre di casa un bel mattino ha scoperto che qualcosa deturpava il dolce paesaggio romano: un essere indistinto, un blob umano ricoperto di stoffa.

Un apparizione fugace, ma illuminante.Il suo novello spirito femminista è rabbrividito, e nel preparare il consueto caffelatte mattutino – scambiando i fremiti dei movimenti peristaltici per divina ispirazione – ha annunciato: “A scuola niente burqa!”

Quale nobile intento!Sicuramente per il progresso del genere femminile e per portare DAVVERO le pari opportunità a tutte le giovani donne, immigrate comprese, la nostra eroina doveva partire da un gesto eclatante, liberatorio!

Intendiamoci: il burqa lo detestiamo anche noi … ma davvero sarà così semplice strapparlo di dosso alle ragazze senza che nulla cambi nel modo di pensare delle famiglie dalle quali provengono? O non sarà l’ennesimo modo per permettere che vengano segregate in casa, pur di non mostrare le preziose – o immonde, a seconda dei punti di vista – grazie?

Se i padri e i fratelli padroni non verranno spinti verso il cambiamento, continuando a vivere in una società machista e patriarcale quale è la nostra, quale potrà essere il futuro delle ragazze e delle donne che avremo spogliato e ributtato tra quelle stesse braccia che le avevano coperte come sacchi della spazzatura?

La Carfagna definisce queste donne “vittime di tradizioni, culture e modi di trattare le donne che spesso sono incompatibili con quelli di casa nostra”, e su questo ha ragione: perché da noi la sottomissione delle donne non viene mostrata così platealmente, signori suvvia un po’ di savoire-faire!

Da noi le donne vengono massacrate di botte in casa, e quando vengono uccise – oh si, signori immigrati, le ammazziamo anche qui – poi come minimo si fa finta di cercare di uccidersi, si invoca la depressione, l’infermità mentale!

Mica si ammette platealmente che la colpa è della svergognata, tanto signori è sottinteso! E poi suvvia, basta con tutta questa stoffa! Ma non lo avete ancora capito che il corpo delle donne è un bene prezioso, e soprattutto che è molto più semplice far fare ad una donna quello che vogliamo con la carota piuttosto che col bastone?

Lei si illuderà di essere libera e indipendente, e penserà persino di avere delle idee e delle competenze: noi le diremo che sì, è proprio brava, però insomma con un corpo così, sarebbe tanto più facile ungere vecchi e laidi ingranaggi con pelle morbida e carne fresca…

Poi un giorno la ripagheremo con un ministero burla, e lei cambierà parrucchiere e guardandosi allo specchio scoprirà che il femminismo sta tutto nel giusto taglio di capelli.

A quel punto vedrà la soluzione chiara e semplice… e un mattino, aprendo le finestre di casa e posando il suo sguardo – come fosse la prima volta – su un essere indistinto, un blob umano ricoperto di stoffa lo farà scappare a gambe levate, gridando come una pazza ossessa: “Non lo vuoi fareee un calendarioooo?!?!?!”

—>>>immagine da hardcorejudas 

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Louisa Angioni says

    c’è chi porta il velo, il burqua, chi il turbante o il fez e chi la croce al collo.. che pesa più di un macigno. Un’autentica zavorra per noi donne
    Una domanda: ai sikh che vivono in Italia viene intimato di togliere il turbante?
    o è solo una prerogativa delle donne questa del viso e dei capelli scoperti?
    Oltrettutto non penso la vera emancipazione femminile si possa calcolare dal grado di nudità che una ostenta.. altrimenti l’Italia con il numero impressionante di culi e tette che circolano per gli schermi, sarebbe la nazione con il più alto tasso di donne emancipate.. e nonmi pare proprio.
    I

  2. Sara says

    leggere questo articolo mi ha fatto ricordare di una puntata di porta a porta in cui c’era la santanchè che sproloquiava contro il burqa e contro un rappresentante della religione musulmana in collegamento, il quale ad un certo punto ha affermato: anche le donne cristiane (o italiane, non ricordo il termine esatto) portano il velo. lei ovviamente ha negato e l’ha preso quasi per pazzo. invece io in quel momento ho dato ragione a lui, perchè mi è venuta in mente la foto (si trova facilmente su internet) in cui le nostre “ministre” incontravano il papa. puntualmente vestite con castigati ABITI (quale sacrilegio una donna in pantaloni!) NERI (i colori sono così disdicevoli?) e l’immancabile VELO NERO a coprire le testa (ah, la sensualità delle lunghe chiome femminili…). insomma, chi spiega alle ministre quali santanchè e carfagna, che si sentono tanto femministe perchè “combattono” (termine forte…) contro il burqa, che l’assoggettamento della donna non si calcola in base alla lunghezza o alla semitrasparenza di un velo, ma che qualsiasi velo – a prescindere dalla religione di appartenenza – è simbolo del castigo immotivato che gli uomini hanno imposto alle donne per millenni?