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Lettera aperta a Riccardo Gottardi, segretario nazionale di Arcigay

LETTERA APERTA A RICCARDO GOTTARDI Segretario Nazionale di Arcigay

e p.c.

aAurelio Mancuso, Francesca Polo, Alessio De Giorgi, Paola Brandolini, Lorenzo "Q" Griffi, Flavia Madaschi, Elisa Manici, Flavio Romani, Emiliano Zaino, Amelia Esposito, Armando Nanni, Andrea Benedino, Franco Grillini

Le vicende accadute nel nostro paese – e di riflesso nel mondo e nel movimento lgbtq – nel corso dell’ultimo periodo hanno modificato non solo la nostra realtà, ma prima ancora la nostra percezione della stessa. La violenza che si abbatte quotidianamente su di noi non è più interpretabile in termini di una fobia – o meglio di un pregiudizio – della diversità che si esprime attraverso insulti e sporadici attacchi fisici, ma come realizzazione di un progetto politico articolato su diversi piani e con strategie diversificate.

Una di queste strategie è indubbiamente il riuscito tentativo di spaccare al proprio interno tutti i movimenti sociali, e quindi anche quel movimento dentro al quale un tempo ci riconoscevamo in tante e tanti.Non scrivo questa lettera aperta con l’intento di lanciare un appello ad una improbabile “unità”: se nuove alleanze stabiliremo sarà attraverso nuovi percorsi, non certo ripercorrendo vie che si sono dimostrate fallimentari.Il mio scopo è piuttosto quello di ripulire il terreno da una questione che è stata spostata dal piano politico a quello giudiziario.

Come ben sai, quasi un anno e mezzo fa fui violentemente portata in questura dalle forze dell’ordine durante il Pride di Bologna, dove mi fu notificata una denuncia per resistenza e lesioni finalizzate alla resistenza. Non voglio rivangare sul perché di quell’intervento delle forze dell’ordine: mi limito a dire che dopo un anno tutto il procedimento è stato archiviato perché nulla di penalmente rilevante era accaduto, ma semplicemente avevo cercato di non farmi mettere le mani addosso da uno sconosciuto, senza usargli violenza, solo cercando di sottrarmi ai suoi spintoni.

Da molta parte del movimento furono lanciati appelli affinché l’associazione che rappresenti si facesse parte attiva nel cercare di risolvere la questione. Io mai chiesi alcunché, anche perché ben sapevo che – ormai – non potevate fare più niente: nel momento stesso in cui era stata coinvolta la polizia voi avevate perso ogni gestione della vicenda.Ho sempre avuto fiducia sul fatto che il percorso giudiziario avrebbe potuto chiarire la vicenda, e le molte attestazioni di solidarietà, spesso anche concrete, mi hanno permesso di superare un momento davvero brutto.

Mi è stato raccontato che, quel giorno, mentre venivo brutalmente ammanettata, sul palco del Pride è successo un pandemonio: la vostra versione è stata che le/i mie/i compagne/i vi hanno assaliti. Non avete però detto che questo “assalto” generalizzato era per chiedervi di sapere dove fossi stata portata, per cercare di aiutarmi e non lasciarmi sola. A qualcuno hai detto di esserti preso due schiaffi da Elena Biagini (non solo mia compagna di percorso in Facciamo Breccia, ma per molti anni anche mia compagna di vita, e tutt’ora amica carissima).

D’altra parte mi è stato raccontato che, mentre lei, molto spaventata per me, ti implorava, in un contesto di concitazione generale, di darle qualche notizia sul mio conto, tu le hai risposto solo che il mio arresto sarebbe stato giusto. Fatto sta che il giorno dopo ti sei premurato di querelare Elena per “minacce e percosse.”

Io querelai invece tutta una serie di persone (quelle in indirizzo) che avevano rilasciato – o diffuso come fatti certi – pubbliche dichiarazioni di dati falsi che potevano rendere difficoltosa la mia difesa.Quelle querele stanno facendo il proprio corso giudiziario, ma nel momento in cui è stata riconosciuta la mia innocenza, per me non hanno senso: ripeto, il conflitto fu sul piano politico, e su quel piano vorrei che ritornasse.C’è un unico motivo per cui non le ho ancora ritirate: la tua querela contro Elena Biagini.

Ritiriamo le querele che scaturiscono da quell’episodio… Te lo chiedo come atto politico.In un paese dove la politica è sempre più ridotta ad una guerra giudiziaria a suon di querele, lanciamo un segnale: almeno fra chi dice di voler combattere una battaglia per libertà e diritti, ritorniamo su un terreno di civiltà. Continuiamo a non pensarla allo stesso modo su tante questioni, ma le aule giudiziarie non potranno dare la vittoria politica a nessuno, così come non lo ha potuto fare la polizia al Pride di Bologna nel 2008. Il nostro permanere su quel piano può solo indebolire ancor più la resistenza che quotidianamente dobbiamo opporre a chi vuole la nostra morte politica prima ancora che fisica.

Ti scrivo nella forma di “lettera aperta” appunto perché non si tratta di un fatto privato fra noi, ma di una vicenda politica e, per lo stesso motivo, gradirei da te una risposta in forma altrettanto pubblica, qualsiasi essa sia.

Graziella Bertozzo

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Facciamo seguito alla lettera di Graziella Bertozzo, che condividiamo pienamente, per aggiungere una ulteriore precisazione riguardo alle nostre querele nei confronti di un articolo diffamatorio verso antagonismogay apparso sul Corriere di Bologna a ridosso dei fatti del Pride.

In quel momento (in ogni momento) era fondamentale per noi respingere il tentativo di mostrare la nostra area politica come estremista e violenta, di delegittimare il nostro discorso politico e di aggravare la posizione di Graziella Bertozzo.Siamo disponibili in qualsiasi momento a ritirare le querele e a tornare su un piano di dialettica politica.

Renato Busarello
Marco Geremia

Posted in Iniziative, Omicidi sociali.