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Stranabologna, la città di notte senza bisogno delle ronde

di Beatrice Busi [da L’Altro]

Chi ha tentato di trasformare la violenza contro gay, lesbiche e trans nell’ennesima “emergenza” utile a legittimare politiche securitarie verrà sonoramente smentito. Chi ha alimentato e cavalcato la costruzione mediatica della paura sperando di spingere la comunità lgbtq a blindarsi nei propri spazi o a tornare nel “privato” sarà visibilmente deluso. Domani [oggi ndb] va in scena la Stranabologna.

Quella che non ha nessuna intenzione di barattare la propria libertà con una protezione pelosa e paternalista, preambolo della normalizzazione, del disciplinamento e della negazione della propria soggettività, della propria differenza. Quella che non ha intenzione di trasformare i propri spazi in nuovi ghetti, sorvegliati da telecamere o da virili ronde. Il movimento lesbico, gay, bi, trans e queer bolognese si riverserà nelle strade proprio “per spezzare il filo nero della paura”, portando in piazza la propria autodeterminazione, i propri desideri, la propria creatività, “per liberarsi collettivamente, senza nessuna delega, della violenza fascista, sessista e razzista”.

Nessuna concessione al “vittimismo”, dunque, nessuna concessione alla logica della paura, bensì un’orgogliosa riaffermazione della visibilità e della potenza indocile delle soggettività lbgtq. A partire anche da una riattualizzazione dei valori dell’antifascismo, rideclinati a partire dai propri corpi, dalle proprie vite e dall’orgoglio per la propria “diversità”. Ed è proprio in base al reciproco riconoscimento e alla messa a volore delle “differenze” che la Stranabologna ha potuto costruire e rinnovare l’alleanza del movimento lgbtq con gli altri movimenti.

Stanno lì a dimostrarlo le numerosissime adesioni alla manifestazione: spazi sociali, studenti dell’Onda, ma anche la Uisp Emilia-Romagna che da quest’anno ha portato proprio a Bologna i mondiali antirazzisti. Quasi “naturalmente”, a promuovere la manifestazione ci sono anche i gruppi e collettivi femministi e lesbici della città, che, sia a livello locale che nazionale, hanno sempre espresso la propria indisponibilità a fare della violenza maschile contro le donne un pretesto per provvedimenti razzisti, sin dal pacchetto sicurezza varato dal governo Prodi.

L’appuntamento di venerdì è per le 17 a Porta Castiglione, di fronte all’entrata del parco dei Giardini Margherita, dove si trova il locale nel quale due settimane fa, durante una festa gay, è stato aggredito un ragazzo omosessuale.

Ad unire simbolicamente le diverse soggettività che parteciperanno alla Stranabologna ci sarà un lunghissimo striscione fucsia, “il colore della vita che vorremmo vivere”, “per togliere il grigio e il nero dalle pareti ammuffite di una Bologna violenta e richiusa su se stessa”.

Performance e azioni comunicative di ridicolizzazione e “trashizzazione” dell’immaginario virilista caratterizzeranno il percorso. La manifestazione si concluderà in una “piazza tematica”, dove verranno allestiti banchetti informativi e proiezioni video e verrà presentato l’istant-book, prodotto per l’occasione da Facciamo Breccia (dall’ironico titolo “In fondo l’Itaglia è tutta qua”), che cerca di riassumere il percorso politico di quella parte del movimento lgbtq che, da anni, ragiona, scrive e parla del pericolo di una strumentalizzazione securitaria del concetto di “omofobia”.

Un concetto che patologizza l’odio nei confronti delle soggettività “eccentriche” riducendolo a “fobia”, per scrollarsi di dosso le precise responsabilità politiche, sociali e culturali che stanno dietro alla violenza. Ma è proprio partendo dalla consapevolezza che l’odio nei confronti di lesbiche, gay, trans, donne e migranti è invece “strutturale” ed è legittimato dall’organizzazione “eteronormativa” e familista delle nostre società, che la memoria della violenza non può essere rimossa.

Per questo durante il percorso della manifestazione verranno toccati e risignificati i luoghi di alcune aggressioni, solo apparentemente diversi tra loro. Come quella del 15 novembre del 2008 in piazza della Mercanzia, nel pieno centro di Bologna, quando venne aggredito brutalmente un gruppo di studenti, colpevoli solo di avere un aspetto e un abbigliamento “di sinistra”. Tra gli arrestati, tutti appartenenti a formazioni dell’estrema destra bolognese, c’erano anche due componenti della “skinheads-band nazionalista e anticomunista” Legittima Offesa, tra i poco edificanti protagonisti del documentario Nazirock.

L’intento principale della Stranabologna, del resto, è proprio quello di denunciare la precisa matrice culturale e politica che sta dietro alla violenza “diffusa”. Per non cadere nel trappolone creato dal nuovo fascismo, istituzionale e non, alla disperata ricerca di “rispettabilità” e “riconoscimento”. Quello che con una mano rifiuta il patrocinio degli enti locali ai Pride, si oppone ad ogni ipotesi di unioni civili, stigmatizza sprezzantemente la genitorialità omosessuale, mentre con l’altra prende in mano la fiaccola, trasformando – com’è successo nella Roma di Alemanno – una manifestazione contro l’odio nei confronti di lesbiche, gay e trans, in una generica parata contro l’intolleranza.

Un trappolone dal quale, con la sua adesione alla Stranabologna, ha deciso di smarcarsi anche l’Arcigay “Il Cassero”, lanciando un importante segnale politico a livello nazionale.

Posted in Iniziative, Omicidi sociali.