Skip to content


La supremazia della taglia

Ci scrive Chiara (che ringraziamo per le foto e la segnalazione):

"L’altro giorno, girovagando per Milano, mi sono imbattuta in metropolitana in questa pubblicità di un centro fitness (o palestra, che dir si voglia…).

Mi ha colpita molto negativamente per il pessimo gusto del cartellone nel complesso e per l’evidente volontà di imporre un modello estetico preciso, magro, tonico, non rispondente alla realtà nel 95% dei casi della popolazione. Soprattutto, però, è orribile il messaggio sottointeso al cartellone femminile: si vede questa donna sovrappeso, con un’espressione piuttosto ebete, in una camera tutta rosa (quasi infantile) e con un completino sempre rosa ammazza-desiderio. Il sedere modello che si vede nello specchio è invece vestito di un paio di slip di pizzo nero. Quasi a dire: se sei sovrappeso, sei una cicciona, infantile, un po’ tonta e che ovviamente nessuno troverà mai attraente.

Trovo invece leggermente meno offensiva, seppur comunque di pessimo gusto, la versione al maschile, in cui l’uomo in questione è forse un po’ triste, ma non dà quell’idea di “tontaggine” che vuole secondo me trasmettere il cartellone femminile. Senza contare il fatto che la donna è decisamente più in sovrappeso rispetto all’uomo.

Entrambi sono soli, perché non rispondono a certi canoni.

Chiara ha perfettamente ragione e oltretutto i creativi che hanno messo in piedi questa strategia pubblicitaria hanno semplicemente invertito un messaggio che voi tutt* potete rintracciare in rete alla parola "anoressia". Guardarsi allo specchio e vedersi grasse anche se molto magre è un problema non da poco e una pubblicità che sollecita le ragazze a vedersi grasse anche se assolutamente normopeso (io trovo la ragazza del cartellone sana e carina) è una istigazione all’anoressia o alla bulimia. E’ un modo sessista di stabilire qual è il modello estetico che deve essere seguito per risultare socialmente accettabili salvo poi relegarti nella patologia se non mangi più neppure uno spillo e se il tuo peso si riduce allo scheletro. E’ una pressione psicologica che determina insicurezza e ti fa sentire male con te stessa anche se il problema non ce l’hai.

Eleonora ci fa la stessa segnalazione e ci rimanda al blog di Eka che ha fatto un paio di fotografie (che ci concede in prestito: grazie!) e parla senza esitazioni di supremazia della taglia. Lei osserva la questione dal punto di vista professionale, da futura grafica pubblicitaria che si ripromette di non fare mai uno scempio del genere. 

E’ estremamente positivo che il cartellone immortalato da Eka fosse stato "usato" per mandare un messaggio differente. Un esercizio di subvertising che tutti e tutte dovrebbero fare (basta portarsi dietro un pennarello!) che ribalta la questione, prende spunto dallo slogan "pretendi di più" e diventa:

"Si, pretendiamo un po’ di più! Di riprenderci il nostro corpo femminile, maschile, ma non commerciale! Che la "creatività" dei pubblicitari abbandoni questa banalità. Che nessuno si lamenti se imbratto col pennarello qualcosa che imbratta la nostra dignità."

Seguono tante firme, Tiziana, Matteo, Marco, Beatrice, Martina, Sveva e molte altre forse siglate per l’occasione o aggiunte come sottoscrizione alla rivendicazione di libertà di scelta di gestione del proprio corpo. 

 

Non so se sapete ma su questi temi abbiamo partecipato ad un workshop. Antifascismo viola parla anche di questo, dei modelli estetici imposti per vendere, fare soldi, fare capitale, della insicurezza soggettiva mercificata per specularci prima e dopo le sollecitazioni. Prima di dicono che mangiare da mcdonald’s è fighissimo, poi ti dicono di dimagrire altrimenti sei una merda e infine ti imbottiscono di psicofarmaci perchè se sei anoressica o bulimica ovviamente è tutta colpa tua e della tua inadeguatezza.  

Fatina Viola è la nostra Fat-antifa viola, che oppone una immagine combattiva e felice di se’ a quella triste che viene divulgata per farti sentire inadeguata. "Fallocrazia e corpi di servizio" è una raccolta di slide prodotti per il workshop. "Il fascismo è un brand" è un post in cui trovate alcune risorse utili.

Il punto che speriamo non vi sfugga è che la pubblicità usa la persuasione per farvi sentire mancanti di qualcosa e poi vi propina un prodotto da comprare. Le aziende produttrici pensano solo a rendervi dei consumatori e delle consumatrici passive. E’ necessario per loro indurvi a pensare che avete assoluta necessità di qualcosa per farvi comprare e spendere. I corpi sono usati e strausati in questo meccanismo privo di etica e fanno parte del gioco. E’ l’ideologia dominante dalla quale nessuno sfugge. Il burqa estetico imposto. L’omologazione dei corpi, il conformismo, il corpo unico che prelude al pensiero unico, l’estetica nazista, identica, che segue modelli precisi e viene veicolata tra uno spot per andare in palestra e quello per il detersivo per i piatti. Voi siete merce. Solo questo. La nostra battaglia, da fare anche con un pennarello, è quella di riuscire a essere semplicemente persone.

Buona lotta a tutti/e!

—>>>Vi segnaliamo uno splendido esempio di estetica sovversiva: Guarda le foto di Musa Disoccupata 

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Precarietà.


7 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Chiara says

    Purtroppo non si trovano se non con difficoltà vestiti per chi non pesa 30kg…la 46 è considerata una “plus size” figuriamoci trovare un jeans tagli 56!Io prego ardentemente che le mie 2 paia di pantaloni che mi vanno bene durino molti molti anni…

  2. Susanna L. says

    mi fa piacere vedere che questa pubblicità non ha agghiacciato solo me…
    La trovo vergognosa…
    Pochi giorni fa inoltre erano esposti (sempre in metropolitana), manifesti di sensibilizzazione verso i disturbi dell’alimentazione (se ami qualcuno dagli peso…): mi sembra quantomeno schizofrenica la comunicazione che si vuole dare alle persone che passano di lì. (per non parlare del gioco d’azzardo legalizzato dallo Stato…ma lasciamo stare).
    La risposta che da il marketing dell’azienda mi sembra veramente una presa in giro…mi fa addirittura pensare che sia una risposta già preparata in attesa della prima obiezione che avrebbe ricevuto… Per fortuna ci sono persone che si ribellano a questi schemi e non si limitano ad abbassare il capo e pensare che corrispondano a verità. Ciao a tutti e grazie!

  3. Silent says

    Chissà se in Italia potrebbe mai nascere una proposta di legge come questa:

    http://www.corriere.it/…-84dd-00144f02aabc.shtml

  4. Daniela F. says

    Eleonora, ma questi del marketing GetFIT ti/ci prendono sonoramente per i fondelli! E con quale veemenza e convinzione! Incredibile, dicono il tutto ed il contrario di tutto… La faccia tosta esibita è senza eguali.

    A proposito di peso e della sua tirannia, una cosa allucinante che mi è regolarmente capitata dopo la prima maternità (ora il mio primogenito ha 20 mesi, e si dà il caso che io stia per partorire per la seconda volta, una bimba stavolta). Dopo il parto molte persone, anche parenti stretti e vecchi amici, persone che “mi vogliono bene”, anziché chiedermi come stavo, come mi sentivo emotivamente, come gestivo il terremoto esistenziale di una nuova maternità, se avevo eventualmente bisogno di qualcosa, ecc, al contrario mi chiedevano se avevo preso dei chili di troppo, e quanti. Si da il caso che io abbia sofferto, e non poco, di depressione post parto in seguito ad un trattamento allucinante ricevuto in ospedale. Questa è una cosa di cui ho sempre parlato apertamente, perché aprirmi a riguardo mi pareva il modo migliore per uscirne, cercare aiuto aiutando me stessa. Della depressione post parto molti parlavano mal volentieri, perché è ancora un argomento un pò tabù, ma sull’adipe in eccesso che si supponeva che la gravidanza mi avesse procurato, vedevo pochi tentennamenti. Per alcuni, anche persone che considero intelligenti, era letteralmente una delle prime cose che mi veniva chiesta, spesso seguita dal consiglio di andare in palestra, che sicuramente dopo mi sarei sentita meglio. In realtà non ero nemmeno ingrassata… è un pò un luogo comune che si ingrassi mostruosamente da incinte. Può capitare, ma vi sono anche molte donne che non ingrassano particolarmente, e che addirittura, soprattutto durante l’allattamento, dimagriscono. Ma divago… questo è irrilevante. Quel che colpisce è che nell’immaginario collettivo di molti, se hai partorito, magari sei diventata madre per la prima volta, e quindi la vita ti si è capovolta in modo indescrivibile, qual’è la cosa più importante? Se sei ingrassata o meno. Rendiamoci conto.

    Daniela F., Roma

  5. Morrigan says

    Se quello era il messaggio che avevate intenzione di comunicare, potete farvi rendere i soldi spesi per la campagna!!! Sfido chiunque a capire una cosa del genre da quell’immagine.

    “Purtroppo siamo abituati a guardare alle cose, soprattutto alla pubblicità, senza attenzione ai particolari. Ci facciamo cogliere dalla prima sensazione, da codici superficiali: uno sguardo d’insieme è sufficiente per entusiasmarci o deluderci.”

    Per quanto ne so io un cartellone pubblicitario deve essere comprensibile proprio attraverso uno sguardo distratto e superficiale, non dovrebbe aver bisogno di un testo di iconologia per essere interpretato.

    “Questa volta abbiamo voluto “puntare” su un messaggio più elaborato, su un atteggiamento non scontatamente “pubblicitario”. Ma forse la nostra cultura pretende messaggi più standard”

    Se davvero quanto spiegato è quello che avevate in mente di trasmettere con quella pubblicità, dovreste ringraziare la ragazza che si è presa la briga di scrivervi segnalandovi che la vostra campagna non è chiaramente comprensibile, e non offenderla velatamente insinuando la sua superficialità e incapacità di elevarsi dalla media per cogliere messaggi elaborati.

    Veramente patetici.

  6. fikasicula says

    eleonora a me sembra che la loro risposta sia una campionario di paraculaggini niente male.
    quindi sarebbe la ragazzotta che loro chiamano “grassottella” ad avere complessi che loro risolverebbero? e da dove dovremmo arguire tutto ciò? dal culetto scolpito o dal pretendi di più?

    il messaggio è chiarissimo e il pretendi di più si riferisce all’obiettivo fissato nelle foto di corpi scolpiti che loro promettono di esaudire. non c’è altro.
    e non c’è alcun merito nel portare su cartelloni corpi finalmente normali se lo hanno fatto per disprezzarli.
    le immagini sono discriminatorie e offensive. la girino come gli pare ma questo è.

    cambiassero lo slogan e mettessero tutti i nobili significati intrinseci che loro dicono di aver nascosto tra i pixel di quelle immagini.

    ps: ovvio che se una cosa non piace la colpa è sempre di chi la guarda e non di chi non sa fare comunicazione (o di chi la fa usando i soliti stereotipi di merda, salvo poi dire che abbiamo capito male). imparassero il mestiere e non ci prendessero per il culo dicendo cavolate a chi di comunicazione se ne intende per sfuggire all’accusa di sessismo.

  7. Eleonora says

    Ciao!
    Ho scritto un’email di protesta alla palestra incriminata ed ecco la loro risposta:

    “Gentile Eleonora,

    mi dispiace sinceramente che si senta offesa dalla nostra pubblicità il cui senso – se lei guarda bene – è esattamente l’opposto di quello da lei percepito. L’immagine raffigura una donna grassottella che si guarda allo specchio sognando un “sederino” da modella (messo in evidenza da un “ingrandimento” e chiaramente sproporzionato rispetto al resto del corpo). In pratica si tratta di una donna che pensa di non poter guardarsi allo specchio se non immaginandosi più magra. Il nostro slogan iniziale era proprio “i muscoli non sono tutto”, ma poi abbiamo scelto “pretendi di più”, nel senso di: “non accontentarti di chi ti promette solo un figurino snello, o qualche centimetro di meno qua e là; il benessere non ha a che vedere con un fisico perfetto, ma con una condizione interiore di relax e soddisfazione”. Lo slogan è fatto per contraddire l’immagine non per supportarla, portando contemporaneamente nella pubblicità un’immagine diversa dalle solite “donne patinate”. Perché qualunque donna (o uomo) che si guarda allo specchio, non dovrebbe farlo con la frustrazione di non avere un sedere perfetto o una muscolatura scolpita, ma con la convinzione di trovare in se stessa una bellezza che non ha niente a che fare con quella fisica.

    Purtroppo siamo abituati a guardare alle cose, soprattutto alla pubblicità, senza attenzione ai particolari. Ci facciamo cogliere dalla prima sensazione, da codici superficiali: uno sguardo d’insieme è sufficiente per entusiasmarci o deluderci. Questa volta abbiamo voluto “puntare” su un messaggio più elaborato, su un atteggiamento non scontatamente “pubblicitario”. Ma forse la nostra cultura pretende messaggi più standard: figure perfette che pubblicizzano soluzioni miracolose per diventare come loro….

    Cordiali saluti
    Marketing GetFIT”