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Manifestazione stampa rinviata? Noi non ci veniamo

http://www.youtube.com/watch?v=lfqTnbXP7JA 

Leggo su Il Paese delle Donne e dopo averne scritto – arrabbiata – a mia volta condivido una opinione che mi trova perfettamente d’accordo. Come ho già scritto uno dei motivi per andare alla manifestazione del 19 era proprio quello di dissentire dalla stampa stessa, dissentire dal potere che ha di censurare la libera opinione delle persone, di renderle visibili e invisibili a suo piacimento.

Tutto ora appare ancora più assurdo. Le testate che chiedevano solidarietà, quelle che hanno montato il teatrino delle foto dei farabutti, quelle che utilizzano la strategia del terrore (è dittatura! è la fine della democrazia!) per attirare folle di lettori e autoproclamarsi paladini delle libertà universali, quelle che non hanno il coraggio di scrivere le verità vere su un sacco di poteri, quelli del governo, della pseudo opposizione, delle varie massonerie, della chiesa, quelle che si sentono eroi perchè hanno dato ripetutamente, per settimane, noiosamente, dimenticando tutto il resto e provando a farci dimenticare tutto il resto, del puttaniere ad un premier le cui abitudini sessuali sono l’ultimo dei suoi e dei nostri problemi.

Quelle testate lì – per nulla distinguibili da ogni altra testata filoimperialista – poi non trovano di meglio che prendere tutti quei farabutti, la gente che hanno manipolato e aizzato contro il potente e gettarla in mare, metterla a cuccia, perchè anche il dissenso evidentemente secondo loro deve essere a comando. Perchè si decide arbitrariamente che il dissenso non possa "disertare" quando il potere chiama.

Quando in uno stato esiste qualcuno che reprime il dissenso non c’è democrazia.

Quando in uno stato esiste qualcuno che addomestica e dirige e usa e rimette in riga – militarmente parlando – e riconduce al motto dio/patria/famiglia il dissenso per i propri scopi di visibilità propagandistica non c’è democrazia.

Questo è quello che avviene quando la stampa segue ragioni altre che non corrispondono alle libertà collettive. La manifestazione aveva ottenuto tante adesioni. Decidere di rinviarla è una prevaricazione, un delirio di onnipotenza di chi evidentemente si è sentito depositario delle volontà collettive, di chi evidentemente ritiene di poter sistemare tutto ammansendo le folle con un breve sondaggio online.

Gli accentratori di dissenso sono pericolosi tutti, nessuno escluso.

Se e quando scenderò in piazza per manifestare sarà anche contro questo tipo di stampa. Di certo non ci sarò il 3 ottobre. Buona lettura!

Preferirei di no

di Cristina Papa

E così la FNSI e gli organizzatori hanno deciso, “con profondo rispetto verso i caduti, nell’espressione di un’autentica, permanente volontà di pace” come si legge sul blog della manifestazione, di “rinviare ad altra data la manifestazione per la libertà di stampa programmata a Roma per sabato prossimo”.

A quanto pare, oltre alla manifestazione, sarà rinviato anche il dovere di informare correttamente quelle persone che con tanta enfasi erano state convocate per difendere alcune testata dagli attacchi del proprietario di altre testate, che occasionalmente è anche il capo del governo.

Repubblica, ad esempio, così preoccupata dalla violazione dell’Art. 21 della nostra bistrattata Costituzione da raccogliere 350.000 firme in sua difesa, titola corredando di grande foto di soldati che misurano "la scena del crimine" (una via di mezzo tra C.S.I. e dei semplici geometri) “Afghanistan, attacco ai militari italiani. Uccisi sei parà della Folgore, 4 feriti".

Le vittime afghane nell’occhiello ci sono, ma non nella notizia, dove, invece con sollievo apprendiamo che Cristina Balotelli, giornalista di Radio24-Il Sole 24 Ore che aveva viaggiato con alcuni militari non era nemmeno salita sul blindato. Come dire: una notiziona.

L’altra paladina della libertà di stampa, l’Unità, diretta da Concita De Gregorio, che apre una rubrica sul sito intitolata “Siamo tutti farabutti”, non si sforza di più, titolando Attentato kamikaze Strage di italiani a Kabul Uccisi 6 parà, 4 feriti, ma almeno (sensibilità femminile?) cita fin dal sommario che tra gli afgani ci sono stati 30 feriti e 2 morti e correda con la foto di un militare che fa un gesto di disperazione che, volendo, non esclude le vittime non italiane.

Nella notizia parla dettagliatamente dei corpi smembrati dei soldati (i civili invece dovevano avere un bell’aspetto). Riporta infine il cordoglio di Napolitano e di Berlusconi (senza neanche una parola di critica alla nostra presenza in Afghanistan)Anche le associazioni che si apprestavano a scendere in piazza per difendere la nostra libertà di essere informati ed informate degnamente sembrano condividere l’opportunità di rinviare a sabato prossimo.

Le Acli non fanno in verità cenno alla manifestazione a cui pure aderiscono, e quindi neanche ne prendono le distanze.

L’Arci, protagonista di tante marce per la pace “Perugia Assisi” ed altro titola “Cordoglio e dolore per gli italiani uccisi in Afghanistan" ma nomina le vittime civile già alla 3a riga, e almeno si pone il problema "Muoiono i civili, massacrati dalle bombe occidentali, dalla violenza talebana e dei signori della guerra. Muoiono gli armati su tutti i fronti, impegnati in un conflitto senza sbocco. Muoiono ogni giorno di più le speranze di pace e diritti. La democrazia figlia dell’occupazione è una finzione, come denunciano gli osservatori dell’Unione Europea dopo le ultime elezioni. Di fronte a questo nuovo lutto chiediamo ancora una volta al Governo Italiano di guardare in faccia la realtà e di dire, finalmente, la verità. Perché stiamo in Afghanistan? Cosa stiamo facendo lì?" Forse non capisce ma comunque si adegua alla scelta della FNSI di rinviare la manifestazione.

La CGIL, altra colonna dell’organizzazione della rinviata manifestazione, per bocca di Epifani fa sapere dal suo sito “La segreteria nazionale della CGIL, a nome dell’intera organizzazione, esprime il suo più profondo cordoglio alle famiglie dei sei militari rimasti vittime di un attentato kamikaze a Kabul. Si augura la più pronta e piena guarigione dei militari feriti ed esprime il suo cordoglio per tutte le altre vittime dell’attentato. Adesso è il momento del dolore e della solidarietà”. Nessuna solidarietà per le famiglie delle vittime civili afghane, che infatti neanche sono nominate, solo l’esigenza di una riflessione. Ma si sa, ciascuno ha i suoi tempi. In ogni caso non propriamente una bella prova per chi aveva baldanzosamente comunicato la propria adesione alla manifestazione dichiarando che “la CGIL intende partecipare a questa mobilitazione, a sostegno dell’articolo 21 della Costituzione, con l’impegno straordinario che una iniziativa a tutela di fondamentali diritti di democrazia richiede” .

A dire il vero, articolo per articolo, anche la sistematica violazione dell’Art. 11 della Costituzione, che recita "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" non sembra avere tanti difensori. Ma tant’è, come dice Epifani, "Adesso è il momento del dolore e della solidarietà".

Articolo 21 esce da ogni ambiguità e titola “Giusta decisione rinvio manifestazione ma presto nuova data. Anche in queste ore attacchi a giustizia e informazione“ mentre Giulietti, che di Articolo 21 è portavoce afferma “Non si può certo far finta di nulla. Ed è necessario che l’intera comunità nazionale osservi un momento di silenzio e di sobrietà da parte di tutti. Quella sobrietà non molto diffusa in questa stagione…”. Giusto sobrietà è quel che ci vuole.

Da questa breve panoramica appare evidente che il vero pericolo per la libertà di stampa è costituito dalla stampa stessa che, senza nemmeno aspettare che qualcuno glielo chieda, si imbavaglia da sé. Non c’era alcun motivo per rimandare la manifestazione: rivendicare la libertà di informare non costituisce offesa per i soldati morti, né per i civili afghani coinvolti nell’esplosione.

Si potrebbe semmai dire che il silenzio sulle vere ragioni della nostra presenza in Afghanistan costituiscono un offesa alle vittime e a noi che stiamo qui sforzandoci di dare e darci voce contro gli stereotipi, gli oscuramenti e i disconoscimenti della "stampa amica".

Non c’è altro da dire, mi sembra che tutto parli da sé.

Per parte mia, non andrò alla riconvocata manifestazione perché mi appare evidente che dopo l’ulteriore auto oscuramento di questi paladini della libertà di informazione chiunque abbia a cuore l’art. 21 della Costituzione non può che rispondere al loro invito a condividere la piazza, con le parole di Bartleby lo scrivano: preferirei di no.

—>>>Sempre dal Paese delle donne leggi "Che senso ha non aver manifestato?" di Anna Picciolini 

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Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Alberto says

    E se i compagni e le compagne organizzassero lo stesso una manifestazione di protesta per il prossimo 19 settembre, dimostrando di non avere padroni, magari una manifestazione dedicata contemporaneamente sia alla difesa dell’art. 11 della costituzione, sia alla difesa dell’art. 21 ?
    E’ una proposta valida ?