Appena pochi giorni fa a Niscemi, paese in provincia di caltanissetta un consigliere dell’Mpa chiedeva l’istituzione delle ronde. Ne abbiamo parlato a lungo e abbiamo spiegato perchè in quel posto, più che in qualunque altro, la ronda antimmigrato farebbe veramente ridere.
Oggi leggo di una maxi operazione di polizia chiamata "Crazy Horse" (cavallo pazzo) che riguarda proprio quel paese. A parte la normale ilarità che suscitano i nomi dati alle operazioni poliziesche ci sono altri particolari che vale la pena mettere a fuoco.
Ricordo che nell’attivismo antimafioso portato avanti in quella zona eravamo così abituati al far west, alle sparatorie, ai coprifuoco, ai mafiosi che ti fottevano anche l’anima, tanto che eravamo persino riuscit* a sviluppare uno humour noir che poi per fortuna è servito a tanti di noi.
L’ironia è cosa fondamentale se vuoi sopravvivere a chi si prende troppo sul serio. E fu proprio l’ironia che ci permise di capire che Niscemi, come tanti altri luoghi, era una sorta di terreno sperimentale. Un posto in cui tutti si esercitavano a separare il bene da male per fare intendere che senza dubbio vinceva il bene.
Per capirci: interpretare la realtà dei microcosmi è veramente utile. Tutto ciò che accade in un piccolo luogo non è che il bonsai di quello che accade all’albero di trenta metri.
Il male era fatto di ignoranti e rozzi individui ai quali si accreditava un quoziente intellettivo infinitamente superiore alla media e una capacità di organizzazione che rasentava l’impossibile. Il bene era identificato nei soggetti che facevano i monaci con un vestito adatto. Erano i colletti bianchi, quelli non si capiva mai perchè venissero sparati in faccia.
Nei primi anni novanta mentre in giro per la sicilia c’era il delirio a niscemi fior di politici raccoglievano voti dalla mafia. Accadde in un attimo che il consiglio comunale fu sciolto e che proprio il presidente democristiano della commissione regionale antimafia al parlamento siciliano fu arrestato e poi condannato per voto di scambio. L’attimo dopo veniva forza italia e recuperava gli indagati siculi per eleggerli al parlamento nazionale.
Dicevo dello humour: erano gli anni ottanta e il tempo trascorreva tra un faida toto cadavere – oggi muore tizio, domani ammazzeranno caio – e una mappatura dei luoghi dei delitti. Bar, piazze, strade, vicoli, tutti da inserire in un coprifuoco per evitare le pallottole. I nomi delle operazioni di polizia erano sempre parecchio curiosi e altrettanto curiosi erano i nomi dei personaggi coinvolti nelle inchieste. Nomi che si prestavano al folklore e che nutrivano un immaginario di coppole e lupara e marranzano (nningalarruni).
Creare quegli stereotipi era funzionale allo status quo di chi voleva continuare a fare sporchi affari altrove, in giacca e cravatta, sotto identità protette. Si puntava alla manovalanza, alla coda senza mai beccare la testa. Si puntava alla coda per non beccare mai la testa.
Ancora oggi si parla di asse criminale vittoria-niscemi-gela, stidda e cosa nostra e siamo nella norma. Il copione è sperimentato e quindi va tutto bene.
Solo, la prossima volta, vi prego: potreste scegliere come protagonisti della storia uomini con nomi più autorevoli?
Come si fa a non ridere se due dei soggetti arrestati nella operazione crazy horse sono soprannominati saru cavaddu (saro cavallo) e peppe vureddu (peppe budello)? Nomi buoni per una macelleria e per richiamare la morbosa curiosità della stampa nazionale. Ma che ridere, ragazz*.
Ci vorrebbe una operazione anti-stereotipi con una sfilza di nick-name di quelli giusti. Suggerite se avete qualche idea.