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Un ospedale sotto casa, please

La sanità siciliana è un gran casino. Sono passati pochi mesi dall’approvazione del nuovo piano regionale che realmente non dice nulla di nuovo a parte il riconoscimento delle aziende ospedaliere provinciali e l’istituzione dei cup, ovvero dei luoghi di prenotazione territoriale. Per il resto è incantevole il passaggio in cui si fa divieto di esternalizzazione di incarichi per poi riconoscere le strutture private, aventi certi requisiti, come convenzionabili a tutto campo.

Il piano regionale viene dopo anni di inchieste, controinchieste, denunce. Roba da far rabbrividire a tal punto che il presidente Lombardo per placare gli animi ha nominato quale assessore alla sanità un magistrato invece che uno che ne capisse qualcosa di ospedali e salute delle persone.

Insomma è venuto fuori questo piano e tra le questioni in sospeso c’è il probabile declassamento di una serie di ospedali situati in piccoli centri che risulterebbero essere troppo costosi senza garantire altrettanti introiti. Tra questi anche gli ospedali di Mazzarino e Niscemi.

Prima di arrivare al punto però è bene chiarire che ogni ospedale chiuso significa licenziamenti, trasferimenti e perdita di ruolo dei primari che se inseriti altrove non potrebbero comunque rivendicare le posizioni di prestigio ritagliate apposta per loro nei piccoli centri. Da anni, periodicamente, vi sono state iniziative di ogni tipo tutte mirate ad ottenere il mantenimento di strutture che spesso – per l’appunto – servono solo "ppi fiùra", come si dice alla palermitana. Per figura, per l’apparenza.

Prendi un ospedale di paese: non funziona il pronto soccorso, se funziona comunque non si rintraccia l’anestesista o non c’è il medico. Non sono dicerie ma tutte cose vissute per davvero.

In un ospedale così io ho partorito. La sala parto era in rifacimento, faceva un freddo cane, l’infermiera fumava con la finestrella aperta (delicatissima!) e leggeva una rivista. Il suo unico intervento di assistenza fu l’introduzione di un arto in vagina per rompere la placenta. Fuori il liquido amniotico mi lasciò a morire di dolore per un paio d’ore finchè, con comodo, non arrivò il medico di turno, quando era già mattina, e una inserviente madre di cinque figli. Citarla non è un vezzo descrittivo ma una necessità giacchè fu lei che realmente mi permise di partorire forte della sua esperienza di nascite in casa, si lanciò a braccia conserte all’altezza del mio diaframma in coincidenza di una contrazione. Fece schizzare fuori mia figlia che era rimasta asciutta, senza ossigeno, a scurirsi nell’utero mentre quella stronza dell’infermiera continuava a fumare la sua stramaledetta sigaretta.

Altra esperienza: ricoverano una ragazza per forti crampi allo stomaco. Sembrano coliche. Fanno una radiografia. Il medico diagnostica un tumore. Vuole operare d’urgenza. Il padre della ragazza per fortuna non si fida e decide di accertarsi della cosa prima di fare mettere le mani dentro la sua prole. Una ecografia chiarisce che si tratta di un ingrossamento e di una infiammazione acuta ad una ovaia. Nulla più di questo.

Ancora: una conoscente si ricovera con gravi dolori di pancia. E’ sera, le danno sedativi buoni per ogni evenienza. Lei non sente più dolore ma l’antidolorifico attenua il sintomo e non la causa. Il giorno dopo, con comodo, arriva il medico che visita la ragazza. E’ in fase di peritonite grave. Opera con urgenza. Se non si interveniva subito sarebbe morta per una cazzo di appendicite.

Un’altro: parto cesareo. Tutto sembra andare bene. La signora si sente di nuovo molto male. Sempre peggio. Da una radiografia si vede qualcosa dentro di lei. Avevano dimenticato lì garza e forbicine.

Un signore si fa visitare al pronto soccorso. Dicono che ha una influenza. Muore di cancro dopo qualche settimana. Un altro si visita per blocco intestinale. Muore in poche ore.

Una mia parente ha una grave emorragia interna. La preleva l’ambulanza. In ospedale non c’è il necessario per aiutarla. Sta rischiando la vita, tuttavia l’ambulanza non può trasferirla da un ospedale all’altro e dunque se lei vuole andare altrove o ci va con le sue gambe o ci si fa portare da altri con un mezzo privato. Dopo una contrattazione di ore la trasferiscono per farle "un favore". Arriva in un altro ospedale attrezzato almeno quattro ore dopo l’inizio della faccenda. E’ oramai gravissima. Viene operata al più presto e le salvano la vita. Le conseguenze di quel ritardo però restano indelebili sulla sua vita. Lei non cammina più.

Un ospedale di un paese siciliano a stento ti offre un posto letto. Materasso e lenzuola te le porti da casa, così come la carta igienica e mille altre cose che ti saranno utili.

In quel tipo di ospedali c’è quasi sempre un reparto di medicina generale, uno di pediatria, uno di ostetricia e ginecologia, uno di chirurgia (per interventi di routine), un anestesista, uno di radiologia, a volte un oculista e un otorinolaringoiatra che si guadagna il pane tirando via tutte le tonsille che può.

Qualunque sia il problema che avete, ricordate sempre che in sicilia andare in uno di questi piccoli ospedali è una perdita di tempo. Rischiate la vita. Bisogna invece andare immediatamente in uno degli ospedali in città: a palermo il migliore è senza dubbio l’ospedale cervello. Di catania conosco il cannizzaro. Se ci sono altri ospedali utili in altre città – se non vi sono obiettori di coscienza meglio – segnalateli e così facciamo una scheda salva-vita per tutti/e.

Perchè mai parliamo di tutto ciò? Perchè la mia parente che non cammina più oggi ha tentato di percorrere la caltanissetta-gela ed è stata bloccata un bel po’ di volte da gruppi di persone che chiedevano la non chiusura dell’ospedale di mazzarino. 

Il piano regionale sanitario prevede, come si diceva, il declassamento di alcuni ospedali di paese a seconda del numero di utenti che vi si recano. Immaginate voi le lotte che non sono diverse da quelle che vengono fatte da chi esige il marchio doc o docg per una tipologia di vino, con tutto il contorno di interessi che questo comporta.

A Mazzarino al momento hanno chiuso il pronto soccorso, la sala operatoria, perchè pare che non ci sia personale. Un ragazzo ha avuto un incidente. Non sono riusciti ad aiutarlo a Mazzarino e hanno provato a portarlo al sant’elia di caltanissetta. Non ce l’ha fatta.

Dopo il funerale il padre del ragazzo assieme ad altre tre persone si è incatenato sotto l’ospedale per chiedere giustizia. Gli altri chiedono che non sia declassato l’ospedale e che non sia costretto a chiudere. Tanti cittadini solidali hanno preso trattori e automobili e hanno bloccato ogni bivio della caltanissetta-gela. Così la stampa si è accorta di loro.

Non so se la ribellione sia veramente spontanea o è organizzata da chi ha preso la palla al balzo per i propri interessi. Sta di fatto che ora se ne parla.

Si parla anche di un’altra vicenda. Trenta donne incinta hanno occupato il reparto di ostetricia e ginecologia a niscemi perchè era stato chiuso per ferie. I problemi sono sempre gli stessi e le donne rivendicano di non voler fare nascere i loro figli altrove, di non voler ricorrere ad altri luoghi, con costi diversi, meno raggiungibili per chi dovrebbe assisterle e sono così riuscite a fare funzionare almeno il day hospital. Da chiarire che il reparto secondo le nuove norme non potrebbe restare aperto a meno di non avere almeno 400 nascite. In questo momento tra nati vivi, morti e spero non anche le interruzioni spontanee di gravidanza (non vi si praticano aborti e non esiste un consultorio) ne contano 350. Come dire che pur di tenere aperto il reparto sarebbero disposti anche a sedare le donne e fecondarle nel sonno. 

Tuttavia, che si rivendichi la gratuità di un servizio è sempre una cosa utile. Stando ben attente comunque a non fare un favore ad altri che su queste vicende speculano per alzare il prezzo, ricattare chi dovrebbe decidere se chiudere o meno un ospedale. 

Mi  chiedo? E se una di queste donne dovesse partorire di notte?

Insomma, il punto è che in sicilia non si riesce a mettere in discussione neppure un edificio non sicuro sequestrato dal prefetto. L’ospedale di agrigento pare sia stato costruito senza rispettare le norme antisismiche e altre nuove strutture si dice abbiano subito la stessa sorte. 

Volendo pastrocchiare con le cifre: ma se invece che finanziare i luoghi privati si rimettessero in piedi i pezzi di sanità pubblica in giro per la sicilia?

Almeno così i siciliani sapranno che gli ospedali non funzionano o chiudono perchè la logica scelta e votata è quella della privatizzazione e della speculazione economica. Sperando che si rendano conto che chiacchierare di ronde in sicilia (pare che i fascisti si stiano organizzando a siracusa) è come chiacchierare di enormi, superflue, idiozie in un luogo di guerra giacchè in sicilia le denunce sociali da fare sono quelle che nessuno farà mai.

Tu pensa: nella sicilia in cui ogni diritto diventa un favore il politicante locale non riesce a tenere aperto il nosocomio del suo paese. Certo ‘sti politici collusi non sono più quelli di una volta. Il liberismo economico ha tramortito anche loro. Il principio è che i soldi valgono più della vita delle persone. Questo è quello che hanno votato certi siciliani. Non io. Questo è quello che avete voluto voi. Perciò non si capisce davvero ora di cosa vi lamentate.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà.


2 Responses

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  1. fikasicula says

    certo matteo, bisognerebbe averci più luoghi possibili. quello che però avviene è che esistono strutture inadeguate e portare lì la gente in regime di soccorso significa perdere tempo che potrebbe essere usato per portarla altrove.

    a che serve mantenere aperta una struttura in quelle condizioni? per fare un favore a chi?

    se gli ospedali chiudono forse la gente si ribella. fanno una serrata, sciopero, non so.

    ma così è un massacro senza fine.

    inoltre, pur essendo perfettamente d’accordo con te, spesso in questo genere di ospedali accadono cose inspiegabili che accadevano anche prima tant’e’ che si sono aggiudicati la palma d’oro dei servizi inaffidabili. perciò la gente emigra al nord per farsi curare.

  2. DOCMAG says

    Solo chi detiene il potere politico e i parassiti profittatori aziendali (con evidenti colpe anche di settori di sigle sindacali mediche) vogliono tenere gli occhi chiusi dul fallimento dei progetti nazionali di chiusura ospedali e centralizzazione.
    Parla un Primario ospedaliero dimessosi dopo estenuante battaglia contro l’azienda pur di poter assicurare i livelli minimi consentiti di sicurezza per le persone.
    Anestesisti dirottati su ospedali più grandi,ma meno efficienti,disposizioni di razionalizzazione delle risorse umane a scapito di un bene essenziale indispensabile:
    il medico anestesista di guardia “attiva” per fronteggiare l’urgenza-emergenza per 24 ore per sette giorni su sette.
    Allora per giustificare l’assenza di un servizio di guardia attiva si ricorre a “viaggi della speranza” in ambulanza o elicottero (e purtroppo muoiono pazienti e operatori spesso).
    Per non parlare dei parti a rischio a qualsiasi ora del giorno,senza che vi sia uno specialista a supportare le funzioni vitali di qualche neonato asfittico.
    Questa è la Sanità vluta politicamente e accettata dai cittadini.
    Mantenere tutti i piccli presidi di comunità e non chiuderli :questa è l’unica risposta se abbiamo bisogno..o sarà sempre troppo tardi.
    Matteo