A proposito dell’11 settembre Susan Faludi nel suo "Il sesso del terrore" scrive:
"Non importava che tra le vittime di quel giorno la proporzione fosse di tre uomini e una donna e che la maggior parte delle impiegate del world trade center (come i loro colleghi uomini) si misero in salvo da sole scendendo con le loro gambe le scale delle torri. La maggior parte delle vittime messe in mostra avevano visi femminili. *Non dimenticheremo mai le loro fotografie, il ragazzo robusto con l’elmetto in testa che porta in braccio la ragazza ferita* scrisse Charlotte Allen, commentatrice conservatrice, all’inizio del 2002, una delle tante che rimase impressionata da quelle presunte immagini di salvataggio. In realtà, ce n’erano poche di quelle immagini da ricordare, come rivelava il maldestro passaggio dal plurale al singolare di Allen.
Nel numero successivo all’11 settembre, Newsweek pubblicò la foto di un vigile del fuoco con un bambino in braccio, accompagnata dalla didascalia "Horror at home". Ma si trattava di una foto che risaliva all’attentato dinamitardo di Oklahoma City del 1995.
In assenza di vittime femminili sul luogo, i media le sostituirono con casalinghe prese in ostaggio dalla paura nelle periferie e piccoli bambini traumatizzati dal girato televisivo. Secondo il copione revisionato, la minaccia non era diretta ai nostri centri commerciali e governativi, ma al focolare domestico."
Il libro parla di come si costruisce la figura del macho, come si rafforza il mito del john wayne nelle situazioni di tragedia. Come si rafforza il concetto di sessualità "premio o punizione" prescindendo dal desiderio femminile. Come si rappresenta uno stato paternalista in cui le donne possono essere solo damigelle da salvare o soldatesse al servizio della causa del padre padrone. Come si alimenta la percezione del pericolo in una situazione di insicurezza derivante da un pericolo esterno specularmente imprevedibile e sconosciuto. Come si approfitta di una tragedia per rafforzare una deriva autoritaria. Dove l’imprevedibilità e la mancata prevenzione di un rischio lasciano spazio ai rambo salva-vittime che arriveranno puntuali, successivamente ogni tragico evento, per dire fermi tutti "arrivo io". Troverete molte analogie che si prestano a interpretare quello che accadrà in questi giorni.
Come dice Carla Ravaioli, un terremoto mette in moto l’economia, incrementa il pil, il meccanismo delle ricostruzioni funziona meglio del "piano casa" paventato dal governo. Il "dolore degli altri" aggiunge mercato al mercato, è business della tragedia: pioggia di finanziamenti, sanità, farmaci, energia, numeretti pro solidarietà che arricchiscono le compagnie telefoniche, conto correnti attivati in tempo record, sciacallaggi di ogni genere. I media registrano picchi di audience altissimo. Le tivvu’ "realtà" cercano carne da dare in pasto al pubblico: un padre o una madre che hanno perso figlio o figlia, un uomo che soffre perchè cerca il genitore, una donna che è sgomenta perchè ha perso tutto. Gli spot televisivi vengono quotati in zona di massimo ascolto anche se la fascia oraria non è prima serata.
Come dice Susan Faludi, una tragedia unisce un paese, lo ricompatta sotto il braccio forte del padre padrone, quello che sbeffeggia con termini sessisti le sue ministre, che è accompagnato da ministri che condannano le donne inesorabilmente tacciandole in base al sesso di assenteismo (per fare la spesa, disse brunetta), o da ministre che parlano di pari opportunità senza avere la più pallida idea di cosa significhi vivere, studiare, avere un lavoro senza passare dai casting di mediaset.
Una tragedia rafforza il modello patriarcale. Sottolinea i miracoli della maternità eleggendo ad eroine quelle che hanno salvato con il proprio corpo i figli. Crea differenze, sensi di colpa, educa, induce, guida. Perciò vedremo il presidente berlusconi tronfio, magari con l’elmetto da vigile del fuoco, in una foto speciale che lo immortala mentre abbraccia una sopravvissuta o estrae una donna o un bambino vivi da sotto le macerie.
Le vie dei totalitarismi sono infinite. Nel frattempo non si capisce perchè ad essere incriminato per procurato allarme sia l’unico che ha previsto il terremoto, che un ospedale nuovo di zecca si sia accartocciato, che studenti e orfani sono quelli che ne fanno le spese. Sarebbe questa l’italia del mattone, dei ponti, delle grandi costruzioni sulle quali dobbiamo investire?
Ps: Molte donne dell’aquila si sono messe in salvo da sole, hanno aiutato tante persone, hanno scavato a mani nude, stanno organizzando punti raccolta, provando a razionalizzare coperte, cibo, acqua da bere. Tutto ciò mentre l’esercito e gli uomini di bertolaso continuano a dire a tutti di fermarsi e aspettare i loro soccorsi. Fermi tutti, arrivano gli eroi. Menomale che le donne di questi ordini dei machi in divisa se ne fregano.
Leggi anche
Shock economy, neoliberismi da tragedie
Modelli di virilità ed economia della ricostruzione
Abruzzo: prove tecniche di occupazione militare
Oggi lutto nazionale. E ora, consigli per gli acquisti
Sciacallaggi
Nazionalismi da tragedie
Purtroppo quello che dici è giusto, ma non è vero.
Un uomo in divisa è socialmente riconosciuto da uomini e donne.
Se il machismo esiste è perché piace.
La ministra che fa il casting a mediaset è l’espressione di buona parte della società.
Che facciano tutti a gara a mettersi elmetti da pompieri e giubbotti da sommozzatori è evidente . Si tratta di cancellare l’immagine del “premier” che fa il buffone a Londra in tempi di tragedia. Cosa che richiede poche altre immagini.
Mi sembra uno schematismo opposto ad un altro schematismo.
Del resto a vedere quelle specie di telegiornali che raccontano i loro 40 minuti di particolari morbosi sulla tragedia abruzzese, sembra che solo DUE uomini possano far qualcosa per tutti i feriti, gli sfollati, forse anche per i morti: il cavaliere, naturalmente, e il suo cavalier servente Bertolaso… Anche questo disastro è diventata un’occasione di autocelebrazione.
Tra il pianto, le preghiere e l’urlo, scegliamo il ‘fare’.
Siamo vere e concrete, legate alla vita nel senso più resistente possibile. Non è questione di prossimo o di solidarietà, non permettiamo che scambino la forza, la capacità di reazione, di vederci chiaro, per virtù. Sono strumenti, strategie e risorse che scopriamo ogni volta inesauribili.
Ma…la prossima volta il disastro sarà maggiorato del 20%?