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Fidati, te la do gratis – update

Vi avevamo parlato della pubblicità "Fidati te la do gratis…la montatura" ampiamente criticata dalle Dumbles di Udine. C’era stata una risposta della ditta e il dibattito è continuato. Lo riportiamo qui assieme ad altre foto.

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Di seguito la risposta
della ditta Spacciocchiali e le lettere pubblicate dal Messaggero
Veneto in relazione al linguaggio pubblicitario contestato dalle donne
del presidio dell’otto marzo.
(8 marzo )

10 marzo —————————————————————-

«Quella pubblicità non voleva offendere, solo far sorridere»
La ditta di ottica sui cartelloni contestati: l’unico intento era comunicare un’offerta commerciale con ironia
La ditta di ottica che, per promuovere un’offerta commerciale, ha
realizzato e affisso per le vie di diversi centri friulani un manifesto
che è stato contestato rispedisce al mittente le pesanti critiche che
gli sono state rivolte. E spiega anche perchè.
«Ringraziamo le sottoscrittrici del documento (che non sono “le donne”,
sono alcune donne) – spiegano dall’ufficio marketing di Spacciocchiali
– per averci espresso la loro opinione che, ovviamente, rispettiamo, ma
non condividiamo. Stiamo cercando di offrire ai nostri clienti quanto
più possiamo, fino a dare gratuitamente la montatura (questo è il
termine tecnico per definire il supporto delle lenti) a fronte
dell’acquisto di due paia di lenti progressive delle quali il cliente
ne pagherà solo una. Possiamo garantire che l’unico fine è quello
espresso. Possiamo garantire – sottolineano i responsabili della ditta
– che non vi è assolutamente alcun intento di offesa della dignità
delle donne, degli uomini, nè di altri. Ci auguriamo che l’ironia abbia
ancora la forza di sconfiggere certi pregiudizi. Del resto, leggendo
fino in fondo, l’equivoco si svela con immediatezza». Poi la ditta, a
proposito delle accuse che si è sentita muovere, osserva: «Le parole
utilizzate sono pesanti, molto più che “Fidati..te la do gratis la
montatura!” ed il riferimento agli stupri diventa un accusa gratuita
che non accettiamo. La gravità dei fatti che capitano da sempre, ed
evidenziati in particolare in questo periodo, è indiscussa ed
indiscutibile e va punita con il massimo della pena altro non c’è da
dire. Per fortuna, il libero arbitrio ci permette di scegliere se
sorridere o meno. Noi scegliamo di sorridere, perché siamo puliti. Noi
abbiamo riscontri positivi da uomini e donne. E’ ingiusto volere vedere
il male anche dove non c’è. Soprattutto quando si ha la presunzione di
rappresentare tutte le donne. Proprio per far capire il tono della
campagna fino in fondo – concludono i responsabili dell’ufficio
marketing – ricordiamo che la campagna pubblicitaria è composta da
diverse immagini, alcune delle quali hanno anche come protagonisti
uomini».

10 marzo—————————————————————–

PUBBLICITÀ
Un parallelo
fuori posto
Leggendo
l’articolo indignato del presidio di donne per la giornata dell’8
marzo, riguardante il manifesto pubblicitario di una ditta di occhiali,
si evince come paradossalmente esse incorrano nell’errore di usare lo
stesso linguaggio offensivo e volgare che vorrebbero censurare. Detto
presidio mette in parallelo l’argomento pubblicità con l’argomento
ronde (ma cosa c’entra?) e rappresenta come abbietti e compiacenti i
sostenitori delle ronde per la sicurezza; non si capisce con quale
criterio di valutazione e con quale presunta superiorità se non la
stessa che ha ispirato il sentimento maschilista della reclame. Si
rivela così, con paragoni a sproposito e interpretazioni personali
preconcette, il vero motivo del loro fastidio «la richiesta pressante
di tutela e sicurezza» specialmente per le fasce deboli della
popolazione. Non si capisce perché detta richiesta, legittima e ovvia,
nell’immaginario di una certa area evochi lo spettro del liberticidio,
eppure finora le limitazioni alla libertà, le aggressioni e i
danneggiamenti ci vengono da tutt’altra parte; infatti dobbiamo
sacrificare le nostre abitudini di vita per evitare dispiaceri e a
volte non basta. Questo non interessa le signore del presidio che
sembrano ferme a ideali del passato, un po’ per nostalgia un po’ per
comodità.
Giovanna Comino
segretaria sezione Lega Nord
Udine

12 marzo—————————————————————–

Due parole sulla pubblicità
offensiva delle donne di cui si parla nell’articolo del Mv di domenica
8 marzo, della replica dell’azienda e della lettera della signora
Giovanna Comino segretaria della Lega Nord del 10 marzo. Credo che sia
meglio evitare di far sorridere utilizzando doppi sensi, che anche la
signora Comino identifica come ispirati da “sentimento maschilista”.
Personalmente mi assale il disgusto per quella pubblicità, come del
resto per molte altre che utilizzano il corpo della donna in modo
dispregiativo e volgare per vendere un prodotto, così come per
qualsiasi altro tipo di palese strumentalizzazione, anche quella che
deve vendere un prodotto politico.
Le “ronde”, lanciate a livello nazionale e riprese localmente, non sono
forse questo? Quando «la richiesta pressante di tutela e sicurezza» per
quanto riguarda le donne e i minori è legata a violenze che si compiono
soprattutto dentro casa? Lo dicono i dati del Viminale, dell’Istat,
dello sportello Zero Tolerance del Comune di Udine e quant’altro.
Mi auguro che a queste argomentazioni non si risponda come quel signore
che passando al presidio dell’8 marzo in piazza Matteotti disse:
«Quando violenteranno vostra figlia, non venite a lamentarvi», perché è
della cattiveria intrinseca di quella frase e della falsificazione dei
problemi che dobbiamo temere. L’ideale delle donne lì presenti era ed è
quello passato e presente della propria autodeterminazione che si
realizza nel rispetto, anche del linguaggio (prima forma di
educazione), anche di quello pubblicitario, anche di quello politico.
Dovremmo avere fiducia nella matrice “celodurista” dei rondisti? Io no.
Marinella Bergagnini
presente al presidio di donne dell’8 marzo

12 marzo—————————————————————–

L’8 marzo abbiamo visto
sul giornale l’articolo con cui il mondo femminile, nella ricorrenza
della giornata della donna, stigmatizzava una volgare pubblicità di una
ditta di occhiali che suona più o meno così: “te la do gratis”, in
grande e, molto più in piccolo, “la montatura degli occhiali”. Ennesimo
esempio di becero maschilismo, frutto di una sottocultura ancora molto
diffusa che vede nella donna solo un oggetto, magari da abusare. Non si
può non associarsi a questa protesta. Però questo episodio ci
suggerisce un’ulteriore riflessione a proposito dei “due pesi due
misure” che vengono spesso adottati in questo Paese. Nei mesi scorsi
tutte, dicasi proprio tutte, le agenzie che curano la pubblicità sugli
autobus urbani d’Italia hanno rifiutato uno slogan proposto dalla
nostra associazione, l’Unione degli Atei, agnostici razionalisti – Uaar
–, perché ritenuto offensivo di una non meglio precisata morale comune.
In realtà lo slogan, più o meno: “Ci sono due notizie: Quella cattiva è
che Dio non esiste, quella buona che ne puoi fare a meno”, è del tutto
innocuo e non offende assolutamente nessuno. Eppure su questo si è
abbattuta la censura, su quelli realmente volgari, come quello citato
in precedenza, nessuno ha avuto nulla da dire. Non resta che invitare
tutti a una serena riflessione su questi episodi. Inutile dire che
l’Uaar sta valutando la possibilità di citare in giudizio le ditte di
pubblicità che hanno rifiutato il nostro slogan.
Le donne dell’Uaar
Udine

15 marzo ——————————————————-

PUBBLICITÀ
Una pessima
trovata
Ma che cattivo gusto!
Questo
è quello che ho pensato quando attraversando Udine sono incappata nei
megacartelloni pubblicitari della ditta di ottica, di cui si sta
discutendo su queste pagine negli ultimi giorni. Non ho pensato che
bella trovata, non mi è venuto da ridere e nemmeno da sorridere, anzi
piuttosto il contrario, un sentimento quasi vicino all’avvilimento.
Momentaneo per fortuna, perché qualche giorno dopo scopro di non essere
stata l’unica a non trovarci niente di divertente, leggendo il
comunicato delle donne riunite in presidio per l’8 marzo a Udine.
Ho deciso di scrivere questa lettera, però, solo dopo aver letto la
risposta della ditta interessata, che sembra proprio che il punto della
questione non lo “veda”, nonostante tutti gli sforzi per rendere chiara
la vista agli altri.
Mi passino, anche loro, il simpatico gioco di parole. Io non metto in
dubbio che la ditta venda occhiali e non altre cose, che non sia sua
intenzione inneggiare allo stupro, ma se si decide di usare uno slogan
di questo tipo il cui contenuto allusorio è innegabile ed evidente per
diversi motivi (vedi grandezza caratteri oltre al linguaggio usato
eccetera), ci si deve prendere la responsabilità sociale annessa e non
si può far finta di cadere dalle nuvole se qualcuno ce lo fa notare.
Bisogna rendersi conto che in questo modo si alimenta, rinforza quel
comune immaginario che vede la donna come un oggetto, da avere e da
prendere! Sottomessa a un destino di possesso. L’ironia in questione
non smantella i pregiudizi come vorrebbero far intendere i responsabili
della ditta, ma li perpetua.
Non riuscire a capire perché non fa ridere o non trovare niente di male
a far ridere in questo modo è anche peggio, ma noi donne “non ci stiamo
più”!
Benedetta Bassi
Brazzano

20 marzo ——————————————————-

PUBBLICITÀ
Azioni concrete
delle consumatrici
Prendo
spunto dagli articoli dei giorni 8 e 9 marzo «Noi donne offese da
quella pubblicità» e mi permetto una personale valutazione. Da quando è
nata la pubblicità diversi prodotti, per attirare l’attenzione del
consumatore, venivano reclamizzati accompagnati da figure femminili
senza usare volgarità o doppi sensi come purtroppo accade oggi.
Assistiamo sia in televisione sia sui giornali a un accanimento nella
volgarizzazione dell’immagine femminile e alla troppa libertà che
rasenta l’indecenza e l’immoralità. Alcune voci si appellano al libero
arbitrio per una comoda ed errata valutazione della libertà infatti, il
comportamento odierno viene considerato alla stessa stregua sia in casa
sia in chiesa, al teatro e in altro luogo.
Non metto in dubbio la buona fede della pubblicità, ma sarebbe più
opportuno che la sensibilità avesse il sopravvento onde evitare
l’inevitabile reazione da parte della clientela che sente di essere
strumentalizzata e offesa. Per concludere, onde conoscere se la
protesta è stata effettuata da alcune donne a nome delle donne, cosa
succederebbe se, come consumatrici ed econome dei bilanci familiari, le
stesse disertassero i negozi che vendono prodotti reclamizzati in modo
poco decente e irritante? Sono convinto che la pubblicità in genere
acquisterebbe la morale e il rispetto che le compete.
Domenico Cipolla
Udine 

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali.


4 Responses

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  1. Denise says

    Approvo la contestazione, ma penso che ci sarebbe da contestare un buon 95% di messaggi pubblicitari, che ad oggi traggono la loro più proficua essenza da l più sfrenato e deliberato sessismo. lo slogan in questione, infatti, non fa che verbalizzare questa tendenza altrove espressa tramite immagini e video, con la violenza delle figure ma senza l’inequivocabile chiarezza delle parole.
    Le tette e il culo delle femmine che si prestano per le promozioni Intimissime sono uno degli schiaffi più violenti alle rivendicazioni femministe, che vale a dire al riconoscimento della dignità femminile.

  2. Rosa says

    ecco il link è questo:

    http://www.zeroviolenzadonne.it/…f404eef7e35.pdf

  3. Rosa says

    Aggiungo: l’azienda dice che lo stupro va punito con il massimo della pena. solo?
    Ma ovviamente ritiene opportuno alimentare la cultura che lo istiga. e poi si ritiene pulita..a se è volgarissima! mah nn ho parole..io non rido mi viene vomito e diarrea! x fortuna che io sono libera invece di dire che la pubicità mi fa schifo e nn aderire a certi avvilenti modelli
    ciao ciao 🙂

  4. Rosa says

    io mi chiedo perchè la comicità debba offendere le donne.
    Anche le barzellette in certi programmi sono sempre mirati al sessismo. Ma deve fare ridere chi?
    Perchè a noi donne non fa tanto ridere. io redo che dietro questa presunta comicità ci sia l’intento di alimentare una cultura sessista.
    Evidentemente non conoscono il codice di autodisciplina pubblicitaria, in particolare l’articolo 10 che dice esplicitamente che non vanno offese la dignità di un individuo.

    Sai fikasicula, io sono andata pochi giorni fa ne sito e ho socperto che la maggiorparte delle pubblicità censurate dal codice di autodisciplina violavano l’art 10 e offendevano le donne. E’ una cosa tristissima che molte aziende siano legititmate ad offenderci. E’ un po’ come lo stupro. C’ è il reato ma tutti sono lo stesso leggittimati a commerlo. Che ci sia alla base dello stupro una cultura che a sua volta lo istiga?

    Io mi chiedo l’assurdità del nostro paese, voler ribadire che sono solo gli stranieri a offendere le donne, voler risolvere tutto con le ronde e poi nn ci si accorge di questi particolari!

    Io ho sempre pensato che i nostridiritti sono solo sulla carta.
    Ps. hai senito dell’ennesima storia di pedofilia avvenuta a torino da padre e figlio (o fratello? nn mi ricordo) su figlie?
    Anche di qst cose come al solito non se ne parla mai. xke noi donne siamo roba loro che possono permettersi di offenderci. Che tristezza 🙁