Avevamo commentato qui. Vi invitiamo a leggere ora questo commento di Barbara Spinelli che analizza il dettaglio del decreto.
Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori: il decreto legge emanato dal Governo
Link al provvedimento: http://www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=42034
N.B.: Il testo del provvedimento è provvisorio fino al momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Governo, con decreto legge del 20.02.2009 ha emanato il decreto legge contenente “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, anticipando in tal modo alcune misure ancora in discussione in Parlamento ed introducendole di nuove.
Il fine del decreto legge esplicitato dal Governo è “assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto dei delitti di violenza sessuale e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati, all’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori, ad una più efficace disciplina dell’espulsione e del respingimento degli immigrati irregolari, ad un più articolato controllo del territorio”.
La nostra Costituzione prevede che il decreto legge possa essere emanato dal Governo solo in casi di necessità e urgenza, in quanto solo in via straordinaria il Parlamento può “cedere” all’Esecutivo il potere di legiferare.
La sussistenza dei presupposti di cui all’art. 77 Cost. (casi straordinari di necessità ed urgenza) viene valutata dal Governo “sotto la sua responsabilità”.
In questo caso, tanto leggendo il fine del provvedimento, esplicitato nel decreto legge, quanto vagliando le dichiarazioni rilasciate dal Governo alla stampa, a mio avviso i presupposti della necessità e dell’urgenza per l’adozione del provvedimento sono del tutto insussistenti, e pure faziosa mi pare l’imposizione attraverso decreto legge di misure che, per quanto concerne l’allungamento dei tempi di permanenza nei CIE (Centri di Identificazione e Espulsione), erano state bocciate in Senato pochissimo tempo fa. Per quanto concerne invece gli atti persecutori le misure erano in discussione in questi giorni e stavano per terminare il regolare iter legislativo: quasi si potrebbe parlare di “appropriazione indebita” del potere legislativo da parte dell’esecutivo, al solo fine di rimarcare la presenza del Governo nel dettare i tempi dell’agenda parlamentare, e batterli sul tempo.
Pare illegittimo lo strumento scelto pure per le misure che introduce, che vanno a derogare a principi generali dell’ordinamento, ed a toccare materie fondamentali e delicatissime come quelle concernenti la privazione della libertà personale, la privacy, il potere di controllo del territorio.
La Corte costituzionale, se adita dai magistrati nell’applicazione del decreto legge, potrà, anche nel caso di specie, dichiarare l’illegittimità costituzionale del d.l., qualora ritenga insussistenti i presupposti sulla base dei quali è stato adottato. Non sarebbe la prima volta: già nel 2007 la Corte aveva annullato un d.l. per carenza evidente dei presupposti e aveva definito questa assenza un vizio insanabile perché incide non solo sul rapporto politico fra Parlamento ed Esecutivo, ma anche sulla separazione dei poteri. Un uso strumentale e iniquo di questo potere sarebbe un vero e proprio attentato ai fondamenti della democrazia.
Le novità introdotte con il decreto legge:
1) Il reato di atti persecutori e tutte le misure contenute nel progetto di legge approvato dalla Camera (vedasi qui il commento sempre nella sezione “Diritti delle donne” al progetto di legge che già era stato approvato dalla Camera ed era in discussione al Senato).
2) Il decreto legge sembra (e l’esecutivo si vanta di) aver introdotto la pena dell’ergastolo per l’omicidio commesso in occasione di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, o violenza sessuale di gruppo: in realtà così è già di prassi -si veda art. 576 comma 5 c.p. e la giurisprudenza costante sul punto-, per cui non vi è nulla di nuovo sotto il sole in tale disposizione.
3) L’art. 275 comma 3 prima prevedeva la custodia cautelare in carcere per i reati associativi di stampo mafioso di cui all’art. 416 bis c.p. nel caso fossero ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza, e salvo che non fossero acquisiti elementi tali da cui risultasse insussistente la necessità di misure cautelari. Nel decreto legge, in presenza degli stessi presupposti (sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, mancata acquisizione di elementi tali da cui risulti insussistente la necessità di misure cautelari), si dispone venga applicata la misura cautelare della custodia in carcere, per i reati di associazione a delinquere diretta alla riduzione e mantenimento in schiavitù, tratta, acquisto e alienazione di schiavi, e ancora per i reati di riduzione e mantenimento in schiavitù, tratta, acquisto e alienazione di schiavi, associazione mafiosa e criminale, sequestro di persona a scopo di estorsione, traffico illecito di stupefacenti, reati commessi con finalità di terrorismo, omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo volto allo sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale di gruppo, violenza sessuale tranne i casi di minore gravità, atti sessuali con minorenne tranne per i casi di minore gravità, e tranne se commessa da genitore, ascendente, o comunque con abuso di potere nei confronti di minore infrasedicenne.
4) Arresto in flagranza per i reati di violenza sessuale di gruppo e violenza sessuale, tranne che per i casi di minore gravità.
5) Benefici penitenziari (art. 4 bis o.p.): I detenuti o internati (oltre a quelli già previsti, anche) per i reati di:
– induzione-favoreggiamento-sfruttamento della prostituzione minorile,
-pornografia minorile,
– violenza sessuale (tranne i casi di minore gravità),
– violenza sessuale aggravata,
– atti sessuali con minorenne (ma non se commessi con abuso di relazione di potere su maggiore di sedici anni e nei casi di minore gravità),
– violenza sessuale di gruppo,
possono godere dei benefici penitenziari solo se, con sentenza irrevocabile, viene provata l’esclusione di collegamenti attuali con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, se è impossibile la collaborazione con la giustizia, o se viene concessa l’applicazione di una delle circostanze attenuanti previste dall’articolo 62, n. 6.
Invece, chi è detenuto o internato per il delitto di associazione a delinquere finalizzata a compiere i reati di :
-induzione-favoreggiamento- sfruttamento della prostituzione minorile,
– pornografia minorile,
– iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, a
– atti sessuali nei confronti di minorenne (commessi da ascendente, genitore, di lui convivente, tutore, con abuso di relazione di potere nei confronti della vittima)
può godere dei benefici penitenziari solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
Quindi, lo stupratore di una ragazza minorenne che ha compiuto anni 16 e che sia un suo ascendente (padre, nonno, anche adottivo), o il marito/convivente di sua madre, o il tutore, o chi comunque abusi dei poteri connessi alla sua posizione nei confronti della ragazza, non è soggetto alle restrizioni di cui all’art. 4 bis, tranne se compie gli atti sessuali con la minorenne non da solo ma nell’ambito di una associazione a delinquere.
6) Patrocinio a spese dello Stato per tutte le persone offese dai reati di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo, anche se hanno un reddito superiore a quello previsto dalla legge per poterne usufruire.
7) Innalzamento fino a 6 mesi del periodo di trattenimento in un centro di identificazione per l’espulsione (permanenza temporanea e assistenza dello straniero) dell’extracomunitario sottoposto a provvedimento di espulsione o di respingimento.
8) 100 milioni di euro annui a Forze di polizia e Vigili del Fuoco per predisporre un “Piano straordinario di controllo del territorio”
9) Le ronde: “ I Sindaci possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati, previa intesa con il Prefetto che ne informa il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle Forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Le associazioni sono iscritte in apposito elenco tenuto a cura del Prefetto . Con decreto del Ministro dell’interno, da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, sono determinati gli ambiti operativi, i requisiti per l’iscrizione nell’elenco e sono disciplinate le modalità di tenuta dei relativi elenchi.”
10) Autorizzazione ai Comuni all’uso di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana. I dati, le informazioni e le immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione .
Pare evidente che, in barba agli studi ed alle Raccomandazioni provenienti dagli organismi internazionali a tutela dei diritti umani, il Governo italiano, per l’ennesima volta, sia addivenuto ad un provvedimento populistico, che reprime senza prima aver analizzato il fenomeno che vuole contrastare.
Nel decreto legge si distingue tra violenza “normata d’emergenza” di serie A, (lo stupro e le violenze sessuali), che desta allarme sociale e necessita di provvedimenti immediati e di stanziamenti di fondi, di “tutela” e “misure di protezione” urgenti per le vittime, e violenza “taciuta” di serie B (maltrattamenti in famiglia, violenza economica, violenza assistita, mobbing sul lavoro), che poiché avviene tra le mura domestiche, nel privato, nei confronti di maggiorenni e non lascia segni tangibili, non desta allarme sociale, non necessita di “misure di protezione” adeguate, né di stanziamenti speciali.
E’ evidente: se viene stuprata la ragazzina diciassettenne dal genitore, o dal convivente della madre, questo “uomo perbene”, secondo i ministri-legislatori (e le ministre-legislatrici) compie un reato meno grave, è un delinquente comune, e a differenza dello stupratore "sconosciuto" può accedere a tutti i benefici penitenziari. Svista del legislatore?
Come peraltro esplicitato nel decreto legge il bene giuridico tutelato attraverso le misure repressive introdotte non è certo la dignità della donna in quanto Persona e la sua sfera di autodeterminazione sessuale, o il suo diritto a vivere libera da ogni forma di violenza, ma è piuttosto “la sicurezza della collettività”, questa sì (e non il corpo della donna) messa a repentaglio dall’”allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale”.
Peccato, per l’ennesima volta si ricordano statistiche improprie (il 70% degli stupri denunciati avviene in casa per mano di familiari, il 30% su strada) e sono rimaste inascoltate le linee guida in materia, le Raccomandazioni al Governo Italiano per l’applicazione della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW).
Nella Raccomandazione numero 32 si sollecitava già dal 2005 il Governo italiano ad “accordare un’attenzione prioritaria all’adozione di misure onnicomprensive per affrontare la violenza contro le donne e le bambine in conformità alla relativa raccomandazione generale 19 sulla violenza contro le donne”. Il Comitato per l’applicazione della CEDAW già allora sottolineava “la necessità di attuare appieno e monitorare l’efficacia delle leggi sulla violenza sessuale e domestica, di fornire centri d’accoglienza, servizi di protezione e consultori per le vittime, punire e riabilitare i colpevoli, e provvedere alla formazione e sensibilizzazione dei pubblici funzionari, della magistratura e del pubblico”.
Quanto ancora dovremmo aspettare perché il fine primario delle politiche di pari opportunità e della destinazione dei fondi pubblici sia effettivamente questo?
Credo che ci siano livelli diversi di responsabilità. Nei paesi “privilegiati” da livelli elevati di democrazia, le donne che appartengono alla internazionale emancipata tendono a dimenticare che potenzialmente o parzialmente sono trattate o potrebbero essere trattate come una minoranza tacitata, inferiore, che non ha piena autonomia e pieno potere e quindi si dimenticano di vigilare, di chiedere, di influenzare, sia a livello pubblico che privato perchè gli spazi fisici e quelli simbolici del potere e della autonomia garantiscano eguaglianza piuttosto che pregiudizi sessisti.
La mancata vigilanza sulla piena e non ambigua attuazione delle leggi che dovrebbero garantire pari opportunità ad esempio, è un segno di ottimismo irrealistico di cui soffrono proprio le donne emancipate.
Non dobbiamo dimenticare che il nostro paese, dai tempi di Franca Viola e dai crimini del Circeo invece di ancorare ai servizi sociali e alla formazione permanente nelle istituzioni e nel sistema formativo il cambiamento culturale necessario per abbassare la incidenza della violenza domestica e prevenire la violenza fuori della porta di casa, ha accumulato invece un deficit di conoscenze e di pratiche anche a livello della pratica giuridica, che candidano chi ha già subito danni per anni a ulteriori sofferenze e maltrattamenti istituzionali.
Il campo della richiesta di un cambiamento è proprio quello del linguaggio e dei media. Se e quando linguaggio e media sarranno costretti a cambiare, forse anche le agende politiche…