Non ho una notizia. Non sono in Palestina. Non sono una di quelle bambine spaventate che a Gaza stanno crepando di infarto. Non vivo la guerra. Sono arrabbiata e mi sento impotente. Provo a immaginare come deve essere e vorrei andare oltre la retorica e non so se sono in grado di farlo.
Quando penso alla guerra mi viene in mente la parola “mancanza”. Forse è un momento in cui ti manca tutto. Senza preavviso. Ti mancano le cose, le tue cose, il tuo ossigeno, il tuo letto, la tua televisione, il tuo phon, i tuoi occhiali. E io davvero non saprei come vivere senza i miei occhiali. Una cieca. Ecco cosa sarei.
Ti mancano gli assorbenti e penso al sangue che scorre a fiotti lungo le gambe perché le mestruazioni non seguono il tempo della guerra e della pace. Il sangue non si inibisce alla vista di altro sangue.
Ti mancano le culle perché le donne incinta prima o poi dovranno pur “sgravare”, come animali che non potranno fermare le doglie e proveranno a schivare i colpi senza interessarsi agli altri morti e proveranno a raggiungere un buco, un riparo, un appiglio per buttare il proprio figlio tra i detriti e i cadaveri. Ed è sicuro che rimarrà lì, ucciso alla vista di tanto orrore prima che per colpa dei proiettili.
Ti manca lo shampoo, perché sono certa che a qualcuno mancano le cose più sciocche, e senza lo shampoo i capelli puzzano. Non potrei restare un solo giorno con i capelli puzzolenti.
Ti manca il calore della tua stanza, le foto della tua festa di compleanno, quella dove eri così bella, con il vestito nuovo che ti aveva regalato tuo padre. Ti manca tuo padre, perché nel frattempo qualcuno ha deciso che la vita di quell’uomo era superflua. Un effetto collaterale ragionevole.
Ti manca l’elettricità e non puoi ricaricare la batteria del tuo cellulare. Senza quello non sai come comunicare. Non puoi trovare gli altri che forse soffrono della tua mancanza.
Ti mancano gli elettrodomestici. Quelle cose stupide trattate con disprezzo in giornate ordinarie. Quando sbattevi lo sportello del tuo frigo perché eri arrabbiata per qualcosa o prendevi a botte la tivu’ perché non si sintonizzava sul canale che ospitava il tuo cantante preferito.
Ti manca il quotidiano, un giornale, quello che potrebbe dirti cosa sta succedendo e ti mancano i libri perché il fuoco e le bombe non risparmiano proprio niente, neppure la cultura.
Ti manca la vista della tua città dall’alto. Con le case oramai sventrate e il mare che sembra ribollire come se qualcuno lo avesse racchiuso in una pentola messa sul fuoco per la cena.
Ti manca un bagno, una doccia, uno specchio, un pettine, un rubinetto per lavarti le mani. Odio sentire sporco sulle mani. Ti manca un cesso per poterci pisciare dentro. Per poter depositare merda. Eppure non c’e’ merda sufficiente se non hai mangiato abbastanza. Perché quello che hai visto tutt’attorno non lo hai digerito ancora. Ti manca la carta igienica e senti il culo che ti prude perché non c’e’ neppure l’acqua e tenersi la pelle sporca ti fa sentire un tutt’uno con le macerie. Sei polvere, sei carne marcia, quasi morta, come tutto il resto.
Ti manca il cibo. Hai sete e fame. Quanti giorni potrei resistere senza profanare un corpo per bere il suo sangue e nutrirmi con la sua carne?
Ti mancano quelle scarpe che ti piacevano tanto e passi una intera giornata a scavare tra i resti della tua casa distrutta perché se ritrovi quelle scarpe la tua vita ricomincia anzi ritorna com’era. Esattamente uguale al giorno in cui quasi l’hai perduta.
Ti manca quella vicina stronza che ti ha sempre messo in croce per i vestiti che indossavi. Te lo ricordi? Come l’hai presa in giro, povera donna, mentre ti diceva di coprire le gambe e i capelli e le spalle.
Ti manca anche la carezza di quel ragazzo che un giorno hai incontrato e non conoscevi il suo nome ma ricordi bene il suo viso e non avresti immaginato di vederlo davanti alla tua porta, con un fucile spianato che puntava dritto alla tua faccia.
Ti manca un appiglio mentre trovi qualcuno che approfitta del caos per farti quello che forse non ti avrebbe fatto in altri momenti. Perché anche agli uomini manca qualcosa e non esitano a prenderlo.
Quando si sopravvive si pensa di avere il diritto di trasformare ogni mancanza in furto. Così a me verrebbe in mente di cercare il pane, a qualcun altro invece può venire in mente di stuprare te.
Ti manca l’aver paura perché quando ti abitui alle esplosioni, alla vista dei cadaveri, alla puzza di carne bruciata, smetti di aver paura. La paura ce l’hai nelle vene e nella pelle. E’ già diventata parte di te e non ci sarà più modo di liberartene.
Ti manca la tua medicina contro l’asma. Quella che ti viene per l’allergia alla polvere. Che di polvere ce n’e’ così tanta che non c’e’ proprio modo di trovare un angolo pulito.
Ti manca il coraggio di rifiutare l’invito dei nemici di fare la spia, ma ti manca anche la fantasia per inventarti dei terroristi da dargli in pasto per salvarti la vita. Quando c’e’ terrore dappertutto esiste solo un aggressore e qualcuno che resiste per difendersi.
Ti manca il respiro perché ti abitui a trattenerlo così a lungo ‘ché per non morire è bene fingere di essere già morte. E trattieni e ritrattieni capita che smetti di respirare e diventi trasparente, quasi l’ombra di te stessa. Poi impari a non essere più neppure quella. Allora ti manchi tu o quel fantasma che eri diventata e cominci a stancarti di soffrire di mancanze. E vuoi morire per davvero o vuoi vivere in cima a tutto.
Io non vivo la guerra, ma quando ci penso mi viene in mente la parola “mancanza”. Dal luogo sicuro nel quale mi trovo mi manca la capacità di capire come può un popolo che ha subito la shoah fare la stessa cosa ad un altro popolo. I palestinesi non hanno più uno Stato e se qualcuno mi privasse del diritto di vivere dove voglio sono certa che potrei perfino affezionarmi al concetto nazionalista di patria, che odio e che non mi appartiene.
Togliere qualcosa a qualcuno procura la sublimazione del ricordo. Persino gli arabi non integralisti finiscono per innamorarsi dell’adorazione di allah. Anche se è una religione che somiglia a quella cattolica e che toglie diritti ai laici, in qualunque parte del mondo essi si trovino. Anche se considera le donne come fossero niente. Persino le donne possono vivere la tentazione di emulare gli uomini imitando le loro pratiche.
Ecco cosa manca, più di tutto: l’umanità e la pace. Perché in tempi di pace i laici non sono schiacciati dal dovere di schierarsi tra una parte e l’altra. Perché in tempi di pace i laici e le laiche possono essere liber* di esistere. Perciò sia chiaro che le vittime di questa guerra non stanno solo in Palestina.
Consigli di lettura:
—>>>uno splendido post di Fastidio sull’estetica della guerra israeliana.
—>>>Il libro memorabile di Céline *Viaggio al termine della notte*.
—>>>L’altro libro memorabile di Vonnegut *Mattatoio n°5*.
—>>>Tutto quello che trovate di Hannah Arendt, ogni suo scritto val la pena di essere letto.
>>>^^^<<<
Alcune iniziative a Firenze in solidarietà con la Palestina:
PRESIDIO in piazza della repubblica, dalle ore 16 alle 17,30, nei
giorni di martedì 6, mercoledì 7, giovedì 8 e venerdì 9 gennaio; CORTEO
REGIONALE sabato 10, concentramento alle ore 15,30 in piazza S. Marco.
E’ prevista inoltre una manifestazione nazionale per sabato 17 gennaio. E’
importante garantire la massima partecipazione al corteo del 10. QUI potete leggere di altre iniziative in altre città.
grazie ivan 🙂
certo che non dobbiamo mai smettere di credere nelle utopie.
ho sempre pensato che dobbiamo determinare la nostra vita sempre. dipende da noi. l’utopia è il nostro desiderio e i desideri non si toccano.
Sei riuscita a trasportarci con l’immaginazione dove nessuno vuole andare, perchè l’orrore della guerra nessuno lo vuol conoscere. Sebbene ieri fossi a Firenze e sabato sarò a Roma, sebbene sento la causa Palestinese come un diritto inalienabile all’esistenza umana non ero mai riuscito ad immaginarmi l’orrore della guerra come lo hai descritto tu, perciò grazie.
Trovo di estremo interesse questo blog che oggi ho scoperto per caso e a cui mi sono già affezionato.
Un’ultima cosa, è proprio dalle utopie che nascono alternative alla realtà, non smettiamo mai di crederci per migliorare la nostra esistenza!
Ivan
grazie vito :*
ma non farmi i complimenti su questo argomento perchè non c’e’ merito nel descrivere l’orrore.
provo soltanto a farlo diventare familiare a chi legge. così forse anche i più insensibili possono capire…
chissà se ci riesco.
e ti assicuro che cancello, correggo e ripubblico anch’io mille volte.
complimenti anche a te per i tuoi spazi altri. chi sa crearne ha il merito di far sopravvivere le utopie e noi sappiamo quanto ce n’e’ di bisogno.
grazie. 🙂
Complimenti per l’articolo (tutti sono molto belli) e per il blog.
Sei invidiata da uno come me che ci mette tre anni a buttare giù una cosa di testa sua e che la cancella e ripubblica per correzioni almeno 7 volte.
Complimenti. 🙂