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L’Affair Bertozzo: tutto per uno striscione.

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Sabato a Bologna abbiamo vissuto un Pride bello, festoso, con ottimi presupposti e grandi risultati. L’avevamo vissuto quasi in testa al corteo, assieme alle Lucciole, alle Sexyshock, alle Figlie Femmine, a molte donne della rete bolognese, dietro un fantastico striscione di pizzo rosso con su scritto *Ci riguarda tutte*. L’avevamo raccontato qui.

Un’altro gruppo ha vissuto il pride: la rete queeringbo che, assieme a facciamo breccia e lo spezzone femminista e lesbico promosso dalle fuoricampo, non hanno aderito o meglio hanno dato una adesione critica alla manifestazione. Ne hanno criticato infatti vari aspetti, dalla campagna grafica – con quell’Italo (sfottò di un fascio frocio) che è diventato un caproespiatorio buono per attribuire giudizi sulla base di un pregiudizio – alla tipologia di alcune adesioni.

Insomma, come spesso accade, ci sono stati dei contrasti ma anche lo spezzone critico ha annunciato la sua partecipazione in coda al corteo. Lì hanno dato vita ad azioni pacifiche, a momenti di interazione con le tante persone con le quali sono stat* a contatto, hanno caratterizzato in senso strettamente antifascista e antirazzista, antisessista quello spezzone fino ad arrivare a piazza VIII agosto.

Il palco era trincerato dietro le transenne e tanti/e volontari/ie svolgevano compito di filtro eseguendo – pare – le indicazioni ricevute dalla organizzazione. A loro sarebbe stato detto di non fare passare gente senza pass. Un gruppo di Facciamo Breccia avrebbe comunque provato a svolgere una azione di comunicazione per salire sul palco ed esibire il loro striscione. Sono riusciti a passare tutt* meno che Graziella Bertozzo (e Massimo Mele del Mos), bloccata da alcune volontarie.

Ci sarebbe stato uno scontro le une contro le altre, ciascuna a dire che è l’altra ad aver cominciato, e quando la questione è degenerata – non si capisce per chi – una volontaria avrebbe chiamato la polizia. Dicono che un agente avrebbe provato a fermare Graziella e che lei abbia rotto a lui un menisco (la Bertozzo in formato wonderwoman mi torna difficile da immaginare). Dopodichè sarebbe intervenuta un’altra truppa di poliziotti che ha portato Graziella in questura è l’ha rilasciata – solo dopo un intervento di luxuria e di alcune persone del comitato promotore del pride, mentre dal palco spiegavano che si era trattato di un equivoco – con una denuncia per resistenza e lesioni ad un poliziotto.

Questo secondo una sintesi tratta da racconti che vengono da più parti. Io ero andata via prima che accadesse tutto questo e l’ho scoperto solo il giorno dopo: per darvi una idea del clima che si respira vi passo – tra un po’ – i comunicati di Facciamo Breccia, del Comitato Organizzatore e dell’Arcigay e Arcilesbica sull’accaduto. Prima però dico un po’ di cose.

E’ mia opinione che se non si aderisce ad una manifestazione, ai suoi contenuti, alla stessa radice comunicativa e politica che l’ha generata, poi diventa incomprensibile il perchè si voglia salire a prendersi una fetta di visibilità dal palco (pensate se componenti non antagoniste o non aderenti avessero voluto partecipare o avessero espropriato il palco – semmai ve ne fosse stato uno – a chi ha organizzato la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne del 24 novembre: immagino che sarebbero state cacciate via in modi più o meno diretti. oppure dobbiamo essere dell’idea che le manifestazioni sono di tutt* e che ciascuno può rivendicare lo spazio che vuole in ogni luogo). Piuttosto io avrei approfittato dell’immensa folla di gente e con l’ausilio di quello stesso drappo rosa usato nell’azione al cassero, o di un megafono o di altri espedienti avrei invitato le persone a realizzare un percorso antifascista, una marcia tra preti e consultori chiusi, una sfida a disfarsi del groviglio rosa, verde, blu, come volete, che stritola le nostre vite. Conquistare il palco è una pratica che sa di spodestamento dei territori, di colonie antagoniste, di machismi alla conquista del west o dell’ovest. Ma questo è quello che penso io e in ogni caso non giustifica nulla di quanto accaduto.

D’altra parte ho letto vari interventi di persone – in liste, blog e forum – che auspicavano l’intervento della polizia o che lo ritenevano necessario e immaginavano persino fosse plausibile un TSO per inchiodare quella che in qualche caso è stata definita come una specie di matta scatenata, ovvero la Bertozzo.

Graziella è una persona con la quale ho discusso, con calma o vivacemente, e mi sono scontrata, in termini politici. Lei assieme ad altre persone di Facciamo Breccia. C’e’ una diversità di contenuti, metodi e pratiche. Alcune volte sono d’accordo con lei e spesso proprio per niente. Però Graziella non è matta. Ha molte volte idee diverse dalle mie, probabilmente da quelle di altre persone, ma non è matta. Eppoi che cosa vuol dire che è matta. Non si può mica dare un giudizio psichiatrico su una pratica politica.

Una azione comunicativa è una azione comunicativa. Si squatta un palco, si prende la parola. Si prende visibilità. Al di la’ dei meccanismi di coerenza che generano quella azione o dei perchè e percome – dato che sul palco non c’erano esemplari di forza nuova ma compagn* di percorso – resta comunque una azione pacifica che non dovrebbe subire processi perchè non toglie niente a nessuno a meno di non farne effettivamente una questione di principio. Perciò io Graziella l’avrei fatta passare perchè si trattava di uno striscione e non di una bomba. L’avrei fatta passare perchè la sua idea vale tanto quanto la mia e perchè il diritto di espressione e di parola, specie per tutt* quelli che lottano più o meno nella stessa direzione, è sacrosanto. Certamente non avrei risolto i contrasti politici chiamando la polizia perchè quando si chiama la polizia accadono cose brutte, incidenti che segnano la vita delle persone, che schiacciano i confronti che dovrebbero essere politici dentro un’aula di tribunale, che consegnano la "risoluzione" dei conflitti alla polizia e ai giudici. Accadono violazioni del corpo di una persona che viene presa, stritolata, ammanettata, abusata in ogni centimetro della sua pelle. Tutto questo semplicemente non si fa. E’ una regola elementare che evidentemente la inesperta volontaria (Che ha commesso un errore. Amen!) non conosce, perchè tutto finisce sul penale, perchè non si può mandare in galera una persona perchè voleva esibire sul palco un cazzo di striscione. Questa cosa è contraria ad ogni norma di buon senso. Questa cosa è indicativa del fatto che qualche volta si perde davvero il senso della misura (chiamare la polizia per evitare il pericoloso srolotamento di uno striscione, mah!). Questa cosa non si può fare in un contesto nel quale si combatte anche la repressione ai danni di persone lgbt. Come quella polizia che ha tirato per i capelli quella trans a Roma sostenuta dall’applauso di ignobili persone animate da spirito di linciaggio. Come quella polizia legata a Stonewall.

Ecco, questo è quello che mi lascia sgomenta in questi giorni. Il fatto che per alcuni versi c’e’ chi applaude o addirittura incita al linciaggio della Bertozzo che avrebbe fatto a testate con il mondo per esibire uno striscione. Per attuare una forma, una e non LA forma, di resistenza civile. Per rubare un pezzo di spazio e piazzarci un’idea. Se è vero quello che dicono, io non avrei fatto così perchè l’avrei considerata una prevaricazione, il mio pensiero che vuole rubare la scena ad un’altro, la mia idea che si impone arrogantemente su persone che non ho riconosciuto come interlocutrici, quel fare un po’ machista di chi va alla conquista di un territorio per piazzarci una bandiera. Ma non è questo il punto.

Il punto è che esiste una soglia di buona risoluzione dei conflitti politici che è stata superata in una pessima direzione. Anzi in una direzione che produce rotture, separazione e non solo evidentemente nel mondo glbt. Io penso al movimento delle femministe e lesbiche, perchè mi riguarda e mi interessa, dove già è sufficiente la tensione esercitata senza che vi sia bisogno di misurarsi in una diatriba così grossa che vedrà alcune contro altre e tutte a schiacciare i contenuti politici in una dimensione oramai priva di quegli stessi contenuti politici e strapiena di questioni personali. In una dimensione che parlerà il linguaggio astioso, viscerale di questi giorni.

In questi giorni c’e’ anche il bisogno di trovare un colpevole a tutti i costi e quindi quello di dare dell’infame a chi avrebbe provocato o sostiene quanto è accaduto e non ne prende le distanze. Come se questo fatto facesse da spartiacque tra il bene e il male, tra il nero e il bianco. O con noi o contro di noi. Penso che tant* di noi si sentano così. Dilaniati, schiacciati da una situazione di merda che porta con se’ altra merda. In un susseguirsi di comunicati che accusano e insistono e rilanciano e trovano nemici e poi ancora altri nemici, alzando il livello dello scontro che è già sufficientemente alto e che non richiede vittime tra i carnefici ne’ di esaltare martiri. La opinione di quelle "di mezzo" viene triturata e uccisa. Come dire: sarebbe tempo di schierarsi, quello che pensate non ci interessa.

Permettetemi, a me non interessa questo livello di scontro che parrebbe accendere i riflettori su zone politiche meno visibili, impraticabili e disastrose. Voglio continuare a parlare con tutt* perchè – per amore della complessità – non vado alla ricerca dei e delle cattiv*. Bisogna – secondo me – trovare il modo di risolvere questa faccenda – in termini pratici – senza che ciascuno insista nella demonizzazione dell’altro, che non è utile ne’ produce un risultato politico e/o concreto. Tanto, di sicuro, non interverrà super-trans con il suo raggio laser a eliminare l’una o l’altra componente del pianeta glbt. Continueranno – a buon diritto – ad esistere entrambi, entr-terni, entr-quaterni, entr-cinquine, e così via frammentando.

Voglio continuare a parlare con tutt* perchè penso che le compagne di arcilesbica meritano stima come le compagne dei gruppi antagonisti, al di là dei metodi e delle pratiche che condivido o che non mi piacciono perchè io penso si tratti – più spesso – di persone che non campano di militanza ma che la vivono perchè ci credono. Mi piacerebbe esistesse una zona neutrale dove si possa continuare a ragionare di politica e di tutto quello che ancora avviene fuori dal nostro piccolo mondo. Perchè non tutto inizia e finisce con questa faccenda e abbiamo bisogno di fare altre mille rivoluzioni senza scannarci prima di arrivare a domani. Insomma, alzate la cornetta e telefonatevi o fatevi reciproche visite e concordate un piano d’azione concreto per uscire da questo "equivoco" senza creare ulteriori fratture nel movimento e senza stare a perdere tempo a togliervi reciprocamente credibilità e a mirare all’obiettivo di sconfiggere politicamente l’altro. Risolto l’equivoco poi ci sarà tempo e modo per sfancularsi su ogni dettaglio e sfumatura sapendo che l’esistenza di uno non si misura sulla non esistenza dell’altro e arrivare al punto di fare le manifestazioni in dieci non sembra un gran risultato politico (anzi si potrebbe dire che con tutte ‘ste lotte intestine: i fasci ringraziano. Stiamo facendo tutto da sol*).

Io credo che tutt* si prendano un po’ troppo sul serio e che il pride sia stata una grande iniziativa che ha visto tante energie, tante forze belle marciare insieme per lottare e rivendicare diritti, ciascuno a proprio modo, perchè non c’e’ un modo più giusto di un altro. Semplicemente bisogna trovare quello che ci permette di esprimerci nelle nostre mille pratiche senza prevaricazioni, linciaggi, abusi, violenze tra noi in un corpo a corpo o in un diluvio verbale o scritto che non è giustificato da niente, ne’ dall’esigenza di entrare in un posto "vietato" ne’ da quella di impedire l’ingresso ai non "autorizzati". L’unica cosa che conta è che si tratta di una questione politica e culturale e forse è di quello di cui dovremmo parlare qui fuori, perchè non dovremmo fare nessun processo ne’ alle modalità politiche di Graziella, ne’ a quelle di chi ha organizzato il Pride (che non credo abbia ordinato ai volontari di sparare a vista o chiamare la polizia se ne avevano voglia). 

Di questa iniziativa resta il senso di una cosa che è riuscita bene. Dello scontro politico resta invece una denuncia a carico di una persona che al di la’ di tutto non può ancora essere accusata in pubblico di aggressione al mondo intero mentre la diligente polizia continua a prendere appunti per trovare altri elementi a supporto della denuncia. 

E ora leggetevi i comunicati e lasciate stare quello che ho scritto io. Come ho già detto, non c’ero e sono solo cazzate sparse senza importanza. L’importante è che Graziella non sia processata solo perchè pensa cose diverse da quelle che pensano altre componenti del mondo glbt. Questo sarebbe grave.

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Il Comunicato di Facciamo Breccia:

Facciamo Breccia esprime sconcerto e preoccupazione politica per quanto avvenuto ieri, 28 giugno 2008, alla conclusione del pride di Bologna, a Graziella Bertozzo, nostra compagna di lotta e figura storica del movimento lgbt italiano.

Durante gli interventi conclusivi, mentre parlava Porpora Marcasciano, vicepresidente del MIT e attivista di Facciamo Breccia, il nostro coordinamento saliva sul palco per aprire uno striscione con la scritta: “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, prima sede assegnata da un’istituzione pubblica al movimento, poi restituita nel 2001 alla Curia.

Graziella Bertozzo, a differenza delle altre e degli altri attiviste/i di Facciamo Breccia, viene fermata all’ingresso del palco da una volontaria del Comitato Bologna Pride e da questa additata ad un uomo in borghese che non si è qualificato in nessun modo e che solo dopo avremmo appreso che era un funzionario della Digos. Graziella viene spintonata a terra e quindi cerca di rialzarsi (non sapendo che l’uomo che l’aveva fermata era un funzionario di polizia), intervengono allora altri poliziotti in divisa, la ammanettano e la trascinano fuori dalla piazza tenendole una mano sul collo, abbassandole la testa verso terra, la caricano a forza su un cellulare e la portano via a sirene spiegate. Altri compagni di Facciamo Breccia cercano di intervenire e altre persone presenti al pride o affacciate alle finestre gridano che la “signora” non aveva fatto niente e che la situazione era incomprensibile. Graziella viene rilasciata dopo tre ore di fermo, indagata per “Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni finalizzate alla resistenza”.

Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che rientrava nei contenuti che Facciamo Breccia ha scelto di portare in piazza al pride di Bologna, mostrando uno striscione che due ore prima, durante il corteo avevamo aperto davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt che in questo periodo le destre e il Vaticano stanno tentando di oscurare e criminalizzare in ogni modo, per ridurre nuovamente le nostre soggettività al silenzio.

Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte.

Siamo sconcertate/i che, alla conclusione di un grande corteo che pacificamente e festosamente voleva rivendicare diritti e cittadinanza per tutte/i, sotto il palco sia potuto accadere un simile fatto ai danni di Graziella Bertozzo, una delle prime lesbiche visibili del nostro movimento, per anni alla direzione di Arcigay – Arcilesbica, da sempre impegnata in tanti percorsi per i diritti di lesbiche, gay e transessuali e, tra le altre cose, una delle organizzatrici del Forum Sociale Europeo di Firenze del 2002. Non si era mai vista la polizia legittimata sul palco di un pride: il concetto di “sicurezza” messo in opera, – in una manifestazione dal clima del tutto pacifico – è risultato un’azione violentemente repressiva e diffamatoria contro un’attivista riconosciuta da tutte e tutti. Chiediamo oggi a tutte le componenti del movimento lgbt italiano e a tutte le soggettività politiche che si riconoscono nelle istanze di autodeterminazione, cittadinanza, diritti di assumersi la gravità di quanto avvenuto e di prendere posizione in merito ad accuse paradossali comminate ad una nostra compagna. Chiediamo a tutte e tutti, ed in particolare al Comitato Bologna Pride, di spendersi affinché la questione giudiziaria si chiuda immediatamente rendendo chiaro che l’azione di polizia è stata causata da un abnorme “equivoco”.

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Il Comunicato del Comitato Promotore del Pride 2008

A conclusione di un Pride straordinario e partecipato oltre ogni  aspettativa, durante gli interventi alla fine del corteo, è successo  ciò che non ci saremmo mai aspettati di vedere in quella che è  sempre stata una manifestazione pacifica e rispettosa a partire da  noi stessi e dalle relazioni interne tra chi il Pride lo costruisce  e lo vive.

Graziella Bertozzo, militante del movimento LGBT, e appartenente alla rete Facciamo Breccia, dopo avere chiesto in prima battuta il "permesso" di attaccare alle transenne uno striscione recante la  sigla Facciamo Breccia, non ai rappresentanti del Comitato organizzatore, ma a Porpora Marcasciano che glielo aveva negato, ha ripetutamente tentato di accedere al palco senza averne titolarità, lei, come tanti altri militanti ed esponenti di associazioni, che infatti sul palco non c’erano nè hanno chiesto di accedervi. In seguito al rifiuto delle giovani volontarie che stavano gestendo gli  ingressi, ha assunto atteggiamenti pesantemente offensivi e fisicamente violenti, supportata da altri componenti di Facciamo Breccia. L’improvvisa e incomprensibile violenza, tanto più incomprensibile perché espressa da una lesbica all’interno di un contesto pacifico come il Pride, ha fatto precipitare la situazione, rendendola ingestibile e costringendo una delle volontarie a  richiedere il supporto delle forze dell’ordine. Secondo quanto raccontato da testimoni oculari, l’arrivo della polizia ha reso la Bertozzo ancora più aggressiva e violenta determinando il suo fermo da parte della polizia appunto e il trasferimento in questura.

Il Comitato Pride ha dato notizia di questo fermo dal palco invitando la questura a un rilascio immediato della Bertozzo. Poco dopo, il presidente del Comitato Pride, e una dei tre portavoce, sono stati in Questura per cercare di facilitare il rilascio, attendendo l’uscita della Bertozzo avvenuta circa tre ore dopo. In questi due giorni il Comitato ha ascoltato alcuni diretti interessati, testimoni oculari del fatto. Il dato che emerge con più forza è la carica di aggressività perpetrata da una militante storica e da altri esponenti di Facciamo Breccia nei confronti delle giovani volontarie, coperte di insulti e sedicenti accuse di atteggiamento fascista, proprio da chi stava compiendo una vera e propria azione di sopraffazione.

L’intenzione della Bertozzo era probabilmente di raggiungere altri attivisti di Facciamo Breccia che erano riusciti a intrufolarsi e che, durante l’intervento di Porpora Marcasciano in rappresentanza  del MIT, reggevano un loro striscione sul palco. La Rete Facciamo Breccia non ha né aderito al Pride Nazionale 2008, né partecipato alla sua definizione politica e alla sua organizzazione, né lo ha  sostenuto attivamente.

Gli organizzatori hanno cercato di coinvolgere Facciamo Breccia nell’elaborazione del documento politico di questo Pride nazionale accogliendo anche alcune istanze poste durante l’ultima assemblea del movimento LGBT da diverse soggettività che fanno parte anche della Rete e che dopo averle poste in quella sede si sono rifiutate di collaborare direttamente alla loro integrazione, come gli era stato proposto. Ci è risultata incomprensibile la mancata chiara adesione di Facciamo Breccia al  Pride Nazionale, sostituita a due ore dal termine ultimo della chiusura delle adesioni da una lettera che si limitava a comunicare  la partecipazione al corteo, peraltro già nota al Comitato Pride in virtù della presenza del loro carro.

Quello striscione non era previsto, nel senso che nessuno degli organizzatori sapeva che sarebbe apparso: Facciamo Breccia ha scelto di non aderire, ma ha voluto "parlare" dal palco comunque senza condividere questa "scelta" con nessuno degli organizzatori o dei  responsabili politici. Scelta per noi assolutamente incoerente, irrispettosa e prevaricante.

Siamo certi che entrambe le situazioni avrebbero potuto essere discusse e risolte con modalità diverse, senza arrivare nè al  coinvolgimento delle forze dell’ordine nè alla "presa" simbolica del  palco, quasi si trattasse di un luogo del potere istituzionalizzato da contrastare e conquistare, mentre eravamo semplicemente noi, pezzi del movimento LGBT.

Il comunicato scritto da Facciamo Breccia strumentalizza consapevolmente l’accaduto assegnando ruoli di vittime e carnefici del tutto aleatori. E’ falso parlare di polizia sul palco: non c’era, ma era presente nel backstage, che era un’area estesa del Parco della Montagnola, controllato su responsabilità della Questura. E’ vergognoso attribuire a una volontaria intenti repressivi di qualunque natura: i volontari e le volontarie hanno lavorato duramente per quasi un anno con l’unico scopo di contribuire in prima persona alla riuscita del Pride avvicinandosi alla militanza attiva LGBT. E’ disonesto intellettualmente focalizzarsi sulle presunte logiche securitarie che avrebbero  animato il Comitato Pride, sviando l’attenzione da quello che è il vero problema, e che in questa occasione è emerso in tutta la sua drammaticità: la mancanza di rispetto da parte di Facciamo Breccia  nei confronti di chi, all’interno del movimento LGBT, ha altre  pratiche politiche e altri modi di agire. Ringraziamo tutte e tutti coloro che hanno partecipato al Pride in modo pacifico e non violento, contribuendo al suo straordinario successo.

Direttivo Comitato Bologna Pride

Paola Brandolini
Lorenzo "Q" Griffi
Flavia Madaschi
Elisa Manici
Flavio Romani
Emiliano Zaino

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Il Comunicato di Arcigay e Arcilesbica

Arcilesbica e Arcigay giudicano assolutamente inqualificabili le ripetute provocazioni nei confronti degli organizzatori da parte di Facciamo Breccia, rete che non ha aderito al Pride nazionale di Bologna. Dalla performance davanti a Porta Saragozza con parole d’ordine e modalità fuorvianti la realtà storica, all’aver voluto salire sopra il palco con uno degli striscioni utilizzati appunto durante l’azione svolta davanti al Cassero, mentre stava parlando Porpora Marcasciano a nome del Mit e non di Facciamo Breccia. E in questo senso ci stupisce e ci addolora l’atteggiamento avuto da Marcella Di Folco, presidente nazionale del Mit e portavoce del Pride, che ha permesso che ciò accadesse.

Facciamo Breccia non ha partecipato in alcun modo né all’elaborazione politica, né all’organizzazione del Pride nazionale di Bologna. Nonostante questo, esponenti di Facciamo breccia, non paghi delle scorrettezze e delle manipolazioni della realtà e quindi con la volontà di lasciare ad ogni costo un segno negativo su un Pride che è stato stupendo, hanno strumentalizzato un episodio fatto scattare non dagli organizzatori né tantomeno dai volontari del Pride, ma dall’atteggiamento gratuito di sfida di Graziella Bertozzo nel pretendere di essere fatta passare oltre le transenne attorno al palco. A coloro di Facciamo breccia che chiedevano "Ma come si fa a non sapere chi è Graziella Bertozzo?" rispondiamo che ci dispiace ma al di fuori della sua cerchia non tutti ne possono conoscere l’identità, i passati ruoli o l’attività attuale.

Ci sentiamo offese ed offesi dalla strumentalità del comunicato emesso da Facciamo Breccia e rispediamo al mittente insinuazioni ed accuse gratuite. La verità è che si è voluto scientemente cercare l’incidente, per tentare di mettere in difficoltà un Pride che probabilmente dava fastidio fosse partecipato ed allegro. Graziella Bertozzo non è una neofita e le sue azioni ed atteggiamenti aggressivi e violenti verso le volontarie del Pride e gli agenti di Polizia poi hanno portato al fermo e alle conseguenti denunce. Per carità di patria e per non alimentare nella piazza scoramento rispetto al fatto che sul palco si capiva che era in atto un grave problema, abbiamo fatto appello alle forze dell’ordine perché rilasciassero la Bertozzo. In nessun modo però vogliamo esprimere solidarietà nei confronti di una militante storica del movimento che invece del dialogo e delle modalità non violente, ha scelto di prendersela con ragazze volontarie, una persona che invece di richiedere agli organizzatori di salire è data in escandescenza pretendendo dalle volontarie che la lasciassero passare per salire su un palco dove non avrebbe avuto diritto di essere, data la continua campagna di Facciamo breccia contro lo svolgimento del Pride nazionale di Bologna.

Nondimeno, il presidente del Comitato Organizzatore (nonché presidente di Arcigay Emilia-Romagna) si è recato in Questura, accompagnato dagli avvocati contattati dagli organizzatori, da Vladimir Luxuria e Paola Brandolini (segreteria nazionale Arcilesbica) e ha fatto sì che la Bertozzo fosse rilasciata, così come sempre avvenuto in situazioni analoghe e così come è stato da subito assicurato agli esponenti di Facciamo breccia presenti al Pride.

Ciò che è gravissimo è che Facciamo Breccia ometta di dire che Riccardo Gottardi è stato preso a schiaffi da Elena Biagini e altri militanti gli hanno messo le mani addosso in segno di sfida. Il Segretario nazionale di Arcigay è stato minacciato e tutta l’associazione insultata, nella migliore tradizione del fascismo violento. Per quanto riguarda Arcigay ed Arcilesbica non è a questo punto possibile intrattenere alcun rapporto politico con una rete che indipendentemente dalle proprie posizioni politiche, si pone in posizione di scontro violento a priori con l’organizzazione di un Pride nazionale e con le principali associazioni lgbt italiane. Un atteggiamento ingiustificato politicamente e frutto di astio e rancori che dovrebbe essere discusso più appropriatamente in una seduta psichiatrica, non certo fatto oggetto di una battaglia politica pretestuosa e priva di fondamento, portata avanti da personaggi inaffidabili e non credibili.

Per quanto ci riguarda la non violenza è la discriminante per poter appartenere a pieno titolo al movimento lgbt e non intendiamo in alcun modo retrocedere né farci intimidire. Denunciamo, quindi, davanti a tutto il movimento ciò che è realmente accaduto, che per quanto ci riguarda avrà immediate e ferme conseguenze politiche oltre che giuridiche. Tutta la nostra solidarietà va alle persone ed ai volontari fatti oggetto di insulti, minacce, aggressioni verbali e fisiche che hanno lavorato indefessamente per la buona riuscita del Pride e si sono adoperate a che la natura festosa e non violenta del Pride non venisse snaturata.

*Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay Francesca Polo Presidente nazionale Arcilesbica*

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Il comunicato di risposta di Facciamo Breccia

*Dissidi politici? Risposta repressiva!*

*Facciamo Breccia esprime la propria indignazione su quanto accaduto sabato scorso a Bologna e  rigetta le insinuazioni calunniose contenute nel comunicato di Mancuso e Polo e in quello del Comitato Pride Bologna. Solidarietà a Graziella Bertozzo*

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L’espressione del dissenso è una normale pratica nella dinamica politica che non c’entra niente con la violenza. L’uso della polizia per la gestione del dissenso interno ad un movimento è la fine della politica, significa scivolare verso lo stato di polizia.

La presenza, non prevista, di alcuni/e attivisti/e di Facciamo Breccia "intrufolatisi" sul palco del pride per aprire uno striscione che, ricordiamo, recitava "28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia" – per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, sede poi "restituita" nel 2001 alla Curia – intendeva con ogni evidenza esprimere dissenso politico utilizzando pratiche di movimento e pacifiche. Lo stesso dissenso che Facciamo Breccia aveva cercato di esprimere nei mesi scorsi avendo difficoltà a riconoscersi in un pride, a nostro avviso, troppo blando e "neutrale", tutto giocato sulla trasversalità politica, senza un chiaro posizionamento antifascista (nonostante l’importante adesione dell’ANPI), arrivando a proporre come uno dei pupazzi che campeggiavano su manifesti e cartoline la stilizzazione di un gay neofascista partecipante al pride.

Alla fine Facciamo Breccia aveva scelto di aderire al pride di sabato 28 giugno esprimendo però, in un documento intitolato "Adesione al Bologna Pride", tutte le proprie perplessità, riserve e contrarietà. L’adesione critica non è stata accettata dal Comitato Bologna Pride che non ha mai spiegato ufficialmente il rifiuto. Inoltre il Comitato Bologna Pride ha scelto di non permettere di intervenire sul palco alle realtà che non avevano formalmente aderito, scelta legittima ma non includente anche a fronte di altri eventi quali il Biella Pride dove il Coordinamento organizzatore ha dato la parola a tutte le soggettività lgbt che lo richiedessero, al di là della posizione di queste sulla piattaforma o sull’adesione. Ugualmente Facciamo Breccia ha partecipato al Bologna Pride, organizzando uno spezzone collegato allo spezzone lesbico e femminista e portando in piazza molte persone, contribuendo così alla riuscita della manifestazione. Durante il corteo abbiamo organizzato un’azione di comunicazione politica che avrebbe dovuto avere il suo epilogo nell’apertura dello striscione sul palco come espressione pacifica di dissenso: avevamo aperto lo stesso striscione davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt.

Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte in centinaia.

Ma la conclusione del pride per noi è stata inverosimile: l’area del palco (backstage lo chiama il Direttivo Comitato Bologna Pride), cioè l’area interna del palco, delimitata da transenne, era "protetta" da volontari/e insieme a poliziotti, alcuni in divisa, altri (avremmo scoperto in seguito) in borghese, presenza che, se non è stata richiesta dal Comitato Bologna Pride, è stata da questo per lo meno avallata.  Questo in una manifestazione politica non si era mai visto movimenti: la sicurezza interna gestita dalla polizia di stato. E questa è stata la prima causa di quello che Aurelio Mancuso sul palco (evidentemente senza crederci) definiva il terribile "malinteso" che ha fatto fermare e ammanettare Graziella Bertozzo, leader storica del nostro movimento certo (lo rivendichiamo a lettere chiarissime) e riconosciuta come tale da tutte/i (o quasi), ma che non ha assolutamente usato la sua storia per presentarsi nell’area palco: Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che voleva esprimere il dissenso di cui sopra. Le altre e gli altri "si sono intrufolati/e" tranquillamente mentre Graziella (che non aveva certo chiesto niente a Porpora Marcasciano visto che in quel momento teneva il suo intervento e con la quale in precedenza aveva parlato – essendo compagne di percorso – ma certo non le aveva chiesto il permesso per salire su un palco di cui Porpora non aveva la gestione). Rimane da capire la ragione per la quale solo la persona più rappresentativa di Facciamo Breccia sia stata fermata all’ingresso del palco, mentre le altre venivano lasciate passare. Inoltre Facciamo Breccia non attacca nessuna volontaria ma condanna fortemente il ruolo della polizia sul palco ed il fatto che sia stata chiamata per risolvere un dissidio politico, rifiutando ripetutamente, anche di fronte a esplicita richiesta di attivisti/e di Facciamo Breccia, di evitare il fermo di polizia. Chi ha scelto questa modalità? Chi non ha colto l’occasione offerta da Facciamo Breccia con il comunicato reso pubblico in data 29 giugno di agire tutte/i per evitare di fare di Graziella un capro espiatorio di un conflitto tutto politico, e sta invece cercando di farla finire strumentalmente in tribunale invece di riportare il dibattito sul piano  politico? Il Comitato Bologna Pride, che ha già finito il suo "processo" ascoltando "alcuni diretti interessati, testimoni oculari del fatto". Non certo "la condannata" Graziella Bertozzo… A questo punto la responsabilità è chiara e dichiarata. E’ questa riteniamo che sia il risvolto più vergognoso della vicenda: l’attacco ad una persona, una lesbica, un’attivista in carne ed ossa, cercando di screditarla, diffondendo calunnie, usando contro di lei tutte le armi che la repressione ha sempre usato contro le lesbiche e le donne in generale: l’accusa di isterica violenta. E così è stata consegnata una componente del nostro movimento alla polizia, una lesbica dichiarata in mani a poliziotti che non hanno certo tardato, com’era presumibile, a cercare di piegarla psicologicamente e fisicamente. A Graziella oltretutto è stata tesa una trappola: un uomo in borghese che mai si è qualificato l’ha aggredita, lei ha cercato con le sue forze di non farsi prendere, non sapendo che fosse un pubblico ufficiale, come qualunque donna nelle mani di un uomo che l’aggredisce avrebbe fatto. Quindi non esiste nessuna resistenza a pubblico ufficiale né tanto meno esistono le lesioni visto che il sedicente lesionato è stato visto da decine di testimoni pronti/e a testimoniare sul palco e fuori prendere di peso Graziella e camminare tranquillamente prima e dopo il fermo. Le altre e gli altri di Facciamo Breccia hanno dovuto insistere accoratamente perché il terribile fatto fosse annunciato sul palco e per sapere dove era stata portata, davanti a esponenti del Comitato Bologna Pride e di Arcigay che continuavano a rispondere che se l’avevano fermata (quando loro stessi avevano chiesto il fermo additandola come pericolosa) sicuramente aveva fatto qualcosa di male, con la stessa logica che porta molti a dire che se una donna è stata violentata qualcosa avrà fatto, se lo sarà meritato, se lo sarà cercato.

Facciamo notare che tra le firme del Comitato Bologna Pride manca quella di una delle tre portavoci, Marcella Di Folco, che non ha sottoscritto il documento, oltre, ovviamente, a quelle di tutte le realtà aderenti al Comitato stesso che non fanno parte del Direttivo.

Non abbiamo, invece, niente da aggiungere riguardo al comunicato di *Aurelio Mancuso, Presidente nazionale Arcigay e di Francesca Polo, Presidente nazionale Arcilesbica visto che si tratta solo di un lungo elenco di falsità e diffamazioni, caso mai da dirimere a mezzo querela visto che questo sembra essere il piano scelto dalle due associazioni nazionali. Facciamo Breccia viene screditata perché ha da sempre avuto il coraggio di rendere nota la lotta verso quelle nicchie di privilegio di cui certe associazioni si nutrono e sopravvivono. Accusare Facciamo Breccia di violenza, maschilismo e slealtà  è solo una ridicola baggianata (dimostrata tra l’altro dagli ottimi rapporti istaurati con gli organizzatori e le organizzatrici di tutti gli altri pride), che dovrebbe solo far arrossire chi lo scrive. Semmai ci appelliamo a tutte le socie ed i soci di Arcigay e Arcilesbica  e i loro circoli perché si dissocino da tali infamie. Speriamo invece che queste associazioni dimostrino altrettanta violenza alla prossima aggressione omofoba e fascista di quanta ne hanno dimostrata nel loro comunicato contro Facciamo Breccia, dato che siamo sicure/i che la tradizionale piagnulocosità che dimostrano in tali occasioni non sia utile.*

Noi siamo tutte/i con Graziella insieme a centinaia di donne, uomini, lesbiche, gay, trans,  femministe, attivisti/e e soggettività politiche, oltre che a decine di testimoni oculari come dimostrano le molte mail di solidarietà arrivate a Graziella, e consultabili sul sito www.facciamobreccia.org

Noi abbiamo scelto la politica, le pratiche di movimento e di non abbassarci mai all’uso del paradigma  securitario né tanto meno alla rinuncia della politica e dell’azione in nome dello stato di polizia.

Coordinamento Facciamo Breccia.

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La lettera di Porpora Marcasciano

Carissime e carissimi
Ho tanta voglia di scrivere! Ho proprio voglia di scrivere e senza farmi troppe seghe mentali ho acceso il computer e comincio perché così scrivo di pancia e non di testa…del resto il mio stile è questo! Non vengo da una scuola di partito ma dalla scuola favolosa della vita, da quella che, attraverso percorsi o "transiti" difficili e faticosi, mi ha portato qui dove sono adesso a scrivervi, dove ero sabato 28 Giugno 2008 su un palco del "Nostro Orgoglio": del mio, del vostro, degli organizzatori, delle tante e tanti che favolosamente gioivano per le strade di Bologna! Tante e tanti che sono fuori dalle contorsioni che ci affliggono, che affliggono di calcoli, di strategie,  di piani, di chiacchiere questa nostra triste realtà italiana, quella realtà sempre più lontana dai miei/nostri sogni, da quell’idea di mondo in cui io contino a credere.

Ero lì, che ci crediate o no, a dirlo "favolosamente" senza nessun calcolo e senza nessuna strategia se non quella di festeggiare al meglio il nostro Pride (il nostro, non il mio o quello del MIT o di Arcigay o di Elisa Manici o Marcella Di Folco o Elena Biagini) il NOSTRO … chiaro come concetto? Non ho mai creduto che un Pride sia monopolio di chi lo organizza e mai ci crederò, perché fa parte del mio percorso, della mia pratica, nello spirito di Stonewall! Sono rimasta sul prato (il Bakstage come lo chiamano gli organizzatori), a chiacchierare e divertirmi felice e spensierata con tutt* coloro che li stavano: Francesca Polo, Paola Brandolini, Vanni Piccolo, Beppe Ramina, Daniele Del Pozzo, Valerie, Nicole e tante/i altri. Ribadisco spensierata perché fino a quel momento non avevo nulla di cui preoccuparmi….per farvi capire…non c’era nulla di cui dovevo preoccuparmi se non dell’ emozione che avevo (come tutti gli altri) del dover parlare dal palco.

Ricordo di aver detto a Francesca Polo che sembrava di essere a Woodstock! Forse, se avessi avuto qualche piano diabolico come si tenta di far passare, non avrei pensato di stare a Woodstock bensì  a Genova durante il G8! Ma ero tranquilla, come lo erano tutt* i e le trans che mi avevano raggiunto (nel famoso bakstage) per condividere con me la favolosità (che a voi piaccia o no). Vladimir mi presenta e io salgo sul palco del NOSTRO PRIDE con tanto di tacco a spillo in mano per ricordare quello che Sylvia Rivera (la conoscete vero?!) scagliò contro i poliziotti e che noi tutt* stavamo lì a festeggiare….eppure incredibilmente una nostra compagna proprio li sotto viene arrestata perché qualcuno si è sentito aggredito dalla sua favolosità! Ho visto Graziella li sotto insieme a Massimo Mele (gli unici brecciaroli presenti al varco) esattamente 15 minuti prima che venisse portata via violentemente e non era ubriaca, né fuori di testa….aveva solamente tanta voglia di festeggiare il NOSTRO PRIDE!  Peccato che la sua favolosità è stata scambiata per pericolosità (questo il clima dell’Italia che da i suoi frutti) mentre ricordavo quel 28 Giugno 69, veniva srotolato alle mie spalle uno striscione con su scritto 28 Giugno 1982 indietro non si torna a firma Facciamo Breccia, che ricordava (guarda un po’) la presa del Cassero. Le trans che lo reggevano erano orgogliose per riuscire a dare un contributo e essere visibili in quel favoloso scenario. L’immenso pubblico della piazza ha visto questo e non le contorsioni che ci avete visto voi. Non abbiamo seguito il protocollo e abbiamo rotto il giocattolino proprio a chi, del contenuto di quello striscione, doveva essere orgoglioso!

La vita è proprio strana, paradossale, veramente assurda! E pensare che anche nell’ufficialissimo parlamento è diventata quasi una prassi srotolare striscioni mentre a Bologna tutto ciò diventa un attentato al Pride. E lì sotto Graziella Bertozzo veniva arrestata, senza che in tutto questo ci fosse stata quella regia o premeditazione che parte degli organizzatori ci hanno voluto vedere.  E che cosa abbiamo fatto di tanto grave? E che cosa ha fatto di tanto grave Graziella? Vi prego portatemi davanti la tipa che ha chiamato la polizia per curiosità, perché mi piacerebbe farle alcune domande….la prima delle quali è se aveva scambiato Graziella per Swarzenegher….chissà, forse nell’agitazione della giornata! Ma ce l’avete presente la Bertozzo, lo chiedo a Francesca e lo chiedo a Aurelio! E avrebbe rotto una gamba al poliziotto, aggredito le security girls e magari fatto un doppio salto mortale sostenuta da Massimo Mele!?

In altri tempi, tutto quello che sto dicendo, sarebbe stato impensabile…non il contenuto, ma il fatto stesso di dirlo, il fatto di dirlo ai rappresentanti delle massime associazioni italiane. Ledere la maestà mi sarebbe parso fuori luogo, ma davanti a quello che sta succedendo carissimi Aurelio e carissima Francesca la mia coscienza me lo impone. Lo so che non ci credete o non vi piace crederci, ma dietro a tutto quello che è successo non c’era nessun piano, nessuna premeditazione che neanche lontanamente si avvicina alle strategie di cui parlate. Rilassatevi! I nostri nemici sono altri! Lo abbiamo dimostrato tante volte, in quelle che voi definite pratiche violente e maschiliste (grazie Aurelio Mancuso, grazie Francesca Polo, grazie organizzatori lo abbiamo fatto anche per voi), fino ad ora nei nostri appening non ho mai visto una rissa come purtroppo si assiste spesso nelle serate del Cassero (quel posto che occupammo il 28 Giugno 1969 come scritto sullo striscione), dove chiamare la polizia sembra sia diventata una pratica usuale (dovreste rispondere anche di questo no! E ve lo chiede una che quel posto ha contribuito a prenderlo).

Per rinfrescarvi la memoria vorrei elencarvi qualcuna, e non tutte, delle pratiche maschiliste e violente di Facciamo Breccia (spesso insieme anche a compagne di Arcilesbica) durante le quali di solito ci prendiamo fermi e denunce: sit in di tre mesi contro Don Benzi alle ore 6 del mattino al Sant’Orsola, Sit-in davanti alla cattedrale di Bologna il 17 Maggio 2007, sit in con aggressione da parte dei fasci davanti alla chiesa dell’opus Dei nel giorno della santificazione dei martiri franchisti, orgoglioso antifascismo a Catania per rispondere a Forza Nuova che aveva bloccato il Pride….continuo? Sit in davanti al congresso sulla famiglia organizzata dalla Bindi, i vari Non Vat (osteggiati e offuscati chissà da chi). Sentirsi dire fascista e maschilista non ci stò….il mio orgoglio FROCIO si ribella.

Ritornando al nostro orgoglio, quello del 28 Giugno 2008 quello che è successo è veramente incredibile…alla festa della nostra liberazione viene fatta arrestare una compagna che ha speso la sua vita per quella liberazione. Di questo dovete rispondere e non delle tante bugie che avete inventato per trovare una scusante al suo arresto. Mi dispiace dire queste cose ma dopo aver letto i vostri comunicati diffamanti, come trans, come gay, come libertaria, come orgogliosa e soprattutto favolosa vi chiedo di ripensarci. E di tutto questo sicuramente ne riparleremo perché fa parte della nostra storia…. come dire: i nodi vengono al pettine!

Nello Spirito di Stonewall
Porpora Marcasciano 

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*Chiarezza su fatti, parole e intenzioni*

*Con questo documento il Comitato Bologna Pride intende fare chiarezza su fatti, parole e intenzioni che dalla serata conclusiva del Bologna Pride a oggi si sono susseguite attraverso documenti, email, blog e strumenti di varia natura, dando luogo a interpretazioni e posizionamenti che vanno ben oltre gli accadimenti di sabato 28 giugno.*

Desideriamo innanzitutto tenere separati in modo netto la vicenda che ha visto coinvolta Graziella Bertozzo e l’azione di Facciamo Breccia sia sul palco sia dopo il pride.

Posto che:

il Comitato Bologna Pride, come è ovvio, anche se, visto il tono di alcuni interventi degli ultimi giorni, evidentemente serve ribadirlo, possiede e si assume ogni responsabilità politica e organizzativa del pride verso terzi e non mette in discussione che l’intervento della polizia nelle manifestazioni di movimento debba essere assolutamente scongiurato, cercando, per quanto
possibile, a meno di non correre rischi per la propria incolumità, di sciogliere le divergenze che sorgono, attraverso la dialettica politica; la presenza della polizia e la sua collocazione, all’interno di un contesto di manifestazione, è imposta dalle norme di pubblica sicurezza, come noto a
chiunque abbia mai organizzato una manifestazione, e il potere di contrattazione dell’organizzazione è limitatissimo, attenendo solamente ad aspetti logistici del corteo e non incide minimamente sul modo con cui l’autorità pubblica decida di controllare la manifestazione;

a posteriori comprendiamo che sarebbe stato indubbiamente utile ed opportuno affiancare il servizio di gestione della zona transennata attorno al palco, svolto con grande coraggio e impegno dai volontari/e neomilitanti, che ancora una volta ringraziamo per il lavoro svolto, con militanti esperti – così come abbiamo fato per gli ingressi – non solo e non tanto di manifestazioni, ma delle dinamiche e pratiche politiche interne al movimento, al fine non solo di gestire nel modo migliore eventuali problematicità, ma anche per non esporre le/i volontarie/i neomilitanti, a situazioni rispetto a cui non potevano avere i necessari strumenti di valutazione, e per salvaguardare quindi la loro stessa incolumità (morale e fisica);

in un pride, i militanti, nuovi o di lungo corso che siano, non dovrebbero mai sentirsi minacciati, da nessuno, nemmeno, da componenti del movimento LGBT tanto da trovarsi nella condizione di dover chiedere l’intervento della polizia lì presente, come ultima possibilità per gestire una situazione che
appare loro ingestibile; e se ciò avviene significa che la questione di una rispettosa e pacifica convivenza tra pratiche politiche diverse non è stata opportunamente trattata, compresa e gestita né a livello dei singoli individui, né a livello di elaborazione complessiva e generale di movimento nelle molteplici sedi che più volte ci siamo dati per discutere;

sarà opportuno riflettere quanto prima sulla questione dell’aggressività, di varia natura, che, letta e interpretata in modo diverso da soggetti diversi, è interna a questo movimento, che ha pertanto il dovere di interrogarsi su di essa;

al comitato bologna pride è stato consegnato il mandato di organizzare ilpride nazionale, sia nel  gennaio 2007 – quando si decise il pride a Roma quell’anno e a bologna nel 2008 – sia nel novembre 2007; è stata individuata un’unica piattaforma politica per i pride grazie allo sforzo degli
organizzatori del pride di Bologna e dei pride di Roma Milano Biella Catania; è stata realizzata, su proposta del comitato Bologna pride, una presentazione congiunta della piattaforma rivendicativa che ha presentato al paese un movimento "alleato" di fronte a chi ci vuole aggredire e opprimere.

Riteniamo che:

il comitato bologna pride ha condotto il palco e il pride a partire dalla consapevolezza che ogni pride appartiene alle lesbiche ai gay alle trans ai bisessuali del paese e oltre, appartiene alla diversità di coloro che vi portano il proprio messaggio di liberazione;

gli organizzatori si sono prodigati fino allo sfinimento affinché tutti i numerosi e complicati passaggi che attengono ad una manifestazione di questa portata si svolgessero nel modo più sereno possibile, cercando la condivisione fra tutti i soggetti direttamente interessati che hanno deciso
o meno di compiere un percorso comune sia politico sia organizzativo;

stare fuori da questo percorso è una scelta legittima e degna di rispetto; il dissenso è scelta legittima e degna di rispetto; la convivenza all’interno del movimento merita però che la pratica del dissenso venga esplicitata, nel movimento, senza prevaricazioni, che invece Facciamo Breccia in questo caso ha agito; merita quel dialogo che con le istituzioni, laiche o religiose, si può anche scegliere di non avere. Il Comitato bolognapride non è il G8, non è il governo Berlusconi, non è il papa, ma è composto da associazioni che pur con modalità differenti da FB lottano per
l’identico fine della liberazione della popolazione LGBT.

Il Comitato Bologna Pride, pertanto:

come ha già dimostrato il 28 giugno sia dal palco sia in questura, ribadisce e chiarisce che è a completa disposizione affinché la vicenda in cui è rimasta coinvolta Graziella Bertozzo si risolva velocemente e positivamente per lei.

Auspichiamo che la pratica dell’assunzione di responsabilità diventi un nuovo contesto di lavoro per tutti/e noi, e che venga agita coerentemente e con beneficio da parte di tutte le molteplici soggettività che fanno di questo movimento quello che oggi è.

In bocca al lupo a Catania! In bocca al lupo a tutte e tutti noi!

Comitato BolognaPride

—>>>La foto in cima a tutto viene dall’album di Arcilesbica Nazionale 

Posted in Corpi, Pensatoio.


4 Responses

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  1. eleonora says

    salve.
    ho seguito con non poca preoccupazione i fatti legati all arresto della Bertozzo. il tamtam su ellexelle è stato incessante e non nascondo che scovare la sciocca di turno del servizio d ordine è stato un piacere. il mio sconcerto nasce da fatti più recenti.
    morte di Riso in incidente aereo.
    Parte una lettera firmata da Concia- La Delfa e udite..udite… mancuso e la polo.
    lettera pubblicata sull’unità….
    sorge spontanea una domanda: ma come si fa a prendere le distanze dalle dichiarazion di mancuso e della polo e poi firmare insieme una lettera????
    Mancuso ha da insegnare qualcosa a qualcuno?
    ma quand’è a parte gli appoggi politici che lo si manda a casa ??

  2. says

    Ciao, rifletto scrivendo.
    Sulla possibilità di lasciar (addirittura) parlare chi non ha aderito formalmente faccio un esempio utile. Il 25 Nov 2006 a Bologna c’è stata una grande manifestazione contro la violenza sulle donne, alla quale hanno aderito molte persone, partiti, sindacati, insomma gruppi “misti” per tornare alle “cose nostre”. Per questo motivo alcuni gruppi femministi e lesbici non aderirono ma parteciparono in modo critico in uno spezzone separatista. In quello che sembrava alla rete delle donne lo spirito di una manifestazione di quel tipo decidemmo di lasciare il microfono aperto dopo gli interventi politici “autorizzati”. Così parlammo tutte, anche chi non aveva dato un’adesione “formale” quando sappiamo bene che in un movimento la formalità strutturale deve stare alla larga. Al Pride non si è presa questa decisione, va bene. L’adesione formale era dirimente…va bene. Facciamo Breccia non poteva assolutamente salire sul palco e l’ha fatto…va bene. Ma gli attacchi pesanti che si leggono nei comunicati e in tanti altri interventi sono davvero incomprensibili, sembra che sì, si prendano troppo sul serio, sembra che giochino alla “piccola casa bianca” o robe del genere. Forse esagero ma sono sconvolta dai toni dello scontro che l’arci sta utilizzando, sembra stessero covando da un pezzo questi malintesi!
    Ma bisogna pensare al futuro! Non certo a dividere un movimento!
    Un appello ad Arcigay, torna sui tuoi passi e ammetti che chiamare la polizia è un errore, sennò per difendere la singola iniziativa della volontaria inesperta vi pigliate delle responsabilità politiche poco poco poco condivisibili!
    Lungimiranza, questo è quel che si chiede in tempi bui.

  3. Felipe says

    Anch’io ho dovuto andar via prima e non ho visto niente. Quindi sull’episodio non dico niente.

    Posso solo dire che è esattamente questo che detesto nel mondo dei gruppi e associazioni lgbt e laici in genere: le divisioni. Che cosa stupida! Non mi pare siamo nelle condizioni di permetterci il lusso di fare a gomitate per un posticino al sole, l’esempio dei capponi di Renzo è banale e non lo farò… ma il senso è quello.

    Qualche giorno prima del No-Vat di febbraio (o dopo?) era ancora in piedi l’idea di Arcigay e associate di fare una manifestazione per la laicità, che avrebbe dovuto chiamarsi “Liberaitalia” e tenersi a marzo, più o meno un mese dopo il No-Vat, idea poi accantonata (forse per non ‘danneggiare’ la candidatura di Grillini a sindaco di Roma?).

    A me sembrava stupido, stupidissimo fare due diverse manifestazioni sullo stesso ‘tema’ a così poca distanza temporale l’una dall’altra, espressi questa mia perplessità via mail a Facciamo Breccia, mi risposero (conservo ancora la mail) che condividevano ma che quelli dell’Arci volevano la ‘loro’ manifestazione. Poi, alla commemorazione di Alfredo Ormando a S. Pietro chiesi la stessa cosa a Marrazzo dell’Arcigay di Roma, il quale mi diede risposta uguale e contraria (dando cioè la responsabilità a F. Breccia.

    E’ solo un piccolo esempio, ma vedo che stiamo ancora lì…

  4. Adriano says

    il primo comunicato di Facciamo Breccia era decisamente conciliante, si parlava di un “equivoco” e cercava di riportare il tutto a toni civili di discussione politica. Interessante notare come i comunicati arcigay/arcilesbica (che arrivano addirittura a disconoscere l’azione sotto il cassero vecchio!) e comitato promotore (che dice falsita’ palesi quali una presunta discussione tra Graziella e Porpora che in quei momenti stava parlando dal palco e che “casualmente” non riporta la firma di Marcella Di Folco) abbiano alzato i toni, puntato il dito su Graziella accusandola di essere una pazza isterica e su Facciamo Breccia tutta.

    Tra l’altro sia gay.it che gaynews.it e arcigay.it hanno pompato la questione riportando praticamente solo il punto di vista arcigay/arcilesbica/comitato pride e parlando addirittura di “rissa” alimentando una certa visione della faccenda e riportando elementi falsi (il poliziotto non si e’ rotto nessun menisco a detta di decine di testimoni che lo hanno visto camminare tranquillamente). E’ in atto un tentativo di criminalizzare Graziella e Facciamo Breccia con pratiche repressive (chiamare la polizia) e politiche infamanti e soffiando sul fuoco laddove in un primo momento altri avevano cercato di mantenere un tono decisamente piu’ “calmo”.

    Di questo qualcuno ne dovra’ rendere conto politicamente, una attivista lesbica e’ stata arrestata durante un pride dalla polizia chiamata dalla sicurezza del palco che incapace di gestire politicamente una questione politica ha preferito la via repressiva affidandosi ai poliziotti.

    Infine, giusto per amore di chiarezza, Facciamo Breccia non ha fatto alcun intervento dal palco, l’intervento l’ha fatto Porpora ed era stato autorizzato e preventivato. Facciamo Breccia ha semplicemente srotolato uno striscione durante tale intervento. Se uno striscione (tra l’altro decisamente poco “aggressivo e totalmente in linea con il Pride) e’ un elemento tale da giustificare l’arresto di una persona e un tale attacco mediatico e politico condito da falsita’ palesi e insulti lo lascio decidere a voi.

    Non era un assalto al palco, non era una volonta’ di fare un intervento, non era una dissociazione dal pride, non era un attacco al comitato organizzatore, non era chissa’ cosa, era semplicemente uno striscione srotolato dietro ad una persona che era autorizzata a parlare da quel palco dagli stessi organizzatori che voleva ricordare un pezzo della storia del movimento italiano e bolognese.