Sapete che la chiesa non sposa i paraplegici? A Viterbo è successo che la chiesa non ha celebrato il matrimonio perchè lui è un paraplegico e quindi non sarebbe utile ai fini riproduttivi. Dall’apparato clericale di zona si giustificano dicendo che lo hanno comunicato con gentilezza, con tutta la delicatezza richiesta dal caso e allora mi chiedo quale mai potrà essere questo modo gentile di dire ad un paraplegico che se non può riprodursi non serve a nulla. E’ come dire "sei una nullità" con un sorriso e una carezza. Come quando un datore di lavoro ti comunica che non servi al bene dell’azienda e quindi devi un po’ andartene ‘affanculo con una stretta di mano e tanti saluti.
Funziona così: per la chiesa se non riproduci non produci e allora eccolo il girone dell’inferno nuovo di zecca per gli apparati genitali improduttivi. Che poi da un certo punto di vista devo pensare che ben gli sta. Nel senso che io in chiesa non mi sarei sposata e che non mi interesserebbe nulla del giudizio di un prete tutto utilitarismo dei peni e diritto canonico della copulazione. Ma chiunque dovrebbe poter fare quello che vuole e quindi, in nome dell’autodeterminazione di ogni persona presente e futura, vorrei ricordare assieme a voi come la chiesa e la società si prendono cura della sessualità dei paraplegici.
Credo di avervi già detto di avere una parente che ha questo gran problema. Quello che non vi ho detto è che presso ogni unità spinale esiste una specie di suora/psicologa che vorrebbe convincere colui o colei alla quale capita di incorrere in una lesione del midollo spinale del fatto che in fondo si tratta di una sciocchezza, che si può sempre sperare in un miracolo e che se è successo è perchè l’ha voluto dio.
Nel frattempo si fa marketing pro lourdes e in attesa di un nuovo messia c’e’ un sacco di gente ridotta maluccio che si trascina in quei supermercati dei miracoli fasulli per portare soldi alla azienda più redditizia al pari della mafia: la chiesa cattolica.
La mia parente, laica e pure abbastanza comunista, ha cacciato la suorina un bel po’ di volte fino ad arrivare ad una sorta di rassegnata e ironica visione di quel mondo e attendere gli show quotidiani della volontaria immaginando che fosse il momento più divertente della giornata.
Nel frattempo seguiva i corsi di sessualità per paraplegici ed eccolo il grande tabu’, quello di cui nessuno deve parlare perchè non c’e’ un sesso più "inutile" del sesso tra paraplegici. Proprio così. Per la chiesa non serve a nulla e dunque la società neppure lo considera. Come se le persone paraplegiche finissero di desiderare, amare, voler toccare ed essere toccate.
Riconosco di sicuro che è una questione davvero difficile. Complicatissima. Quasi impensabile per me. Il punto però è che più spesso non si lotta per i diritti sessuali di chi non riproduce. E’ gente da mettere in cantina. Pene e vagina da appendere al chiodo.
Invece c’e’ da distinguere: secondo i livelli di paraplegia, secondo lo stato di salute della persona paraplegica, secondo l’energia che ha. Come per tutt*.
Vi spiego: una paraplegica sta in sedia a rotelle. Può succedere che non senta più nulla a partire da metà schiena. Niente culo, niente cosce. Quando le donne affette da paraplegia si toccano una gamba è come se toccassero quella di qualcun’altra. Tutto resta dall’addome in su. Così avranno tanto seno, tanto collo, tante braccia, mani, bocca, naso, occhi, testa. E parlano anche, e pensano e volendo rompono anche parecchio le ovaie. Come tutt*. Solo che non possono camminare, non possono andare in giro a fare antifascismo militante perchè la vita è fatta di troppi gradini, grandi, piccoli, talvolta invisibili ma per loro letali. E’ un popolo di militanti costrette a casa a misurare la propria giornata tra un catetere e un pannolone, una piaga da decupito e la frustrazione per non poter prendere da sole quel libro che vorrebbero tanto leggere ma che sta nell’ultimo scaffale in alto a destra. Nessuna possibilità di autonomia in un mondo fatto solo per chi produce e cammina e sforna figli per la patria.
Eppure hanno un sesso anche loro e badate che non vanno osservate come fareste con i lombrichi. Non si tratta di una puntata di Rieducational Channel (mitica Vulvia!). Non si tratta del documentario dell’accoppiamento di due mosche tze tze. Sono come noi ma hanno una zona che non funziona più.
Nella maniera di comunicare ai paraplegici la gestione della loro sessualità inizia così tutto un pianeta di doppi sensi, di sessismi incrociati, di misoginie definitive.
Il maschio deve averlo diritto e dunque, anche a costo di indurgli un infarto, va pompato a suon di viagra. Per i più fantasiosi è consigliato l’uso delle protesi. Una donna etero va soddisfatta con un pene turgido che indaga nel profondo. E’ deciso. Neanche quando il pene è insensibile possiamo dunque sperare che vi sia una educazione sessuale che induca a lavorare di fantasia, di accessori, di mani, di lingua. Ma non sarebbe più carino dire ai paraplegici che una donna abbastanza spesso viene spontaneamente con la stimolazione della clitoride? Non li farebbe sentire finalmente sgravati del peso opprimente di cotanto massiccio e doveroso uso del pene?
Non so, in fondo si tratta di sessualità maschile, della sensibilità di un sesso che è rincitrullito attorno all’utilità del proprio "coso".
Per le donne già la questione si fa più complicata. Hanno tre buchi, come tutte: uno per defecare, uno per fare sesso, uno per inserire un catetere. Prima di un rapporto sessuale devono lavorare su tutti e tre.
La paraplegia non ti lascia la capacità di sentire quando devi fare pipi’. Quindi bisogna spremere la vescica. Poi stimolare il retto per evacuare anche da quella zona, infine va lubrificata la zona di accoglienza del pene, perchè non si dilata, non si eccita, non esiste.
Nel corso insegnano un sesso del dovere. Il dovere di penetrare e il dovere di essere penetrata. Nessuna alternativa. Nessuna deroga a generi diversi da quello etero. Un sessismo nefasto, completo.
Immaginate un uomo che da sempre è convinto che tutta la sua virilità risiede nella capacità di sfondamento. Cosa ne sarà di lui se la sua donna non mostrerà grande piacere mentre sarà sfondata?
Niente fantasia, nessuna idea originale. Lei non serve più e per lei la società non ha costruito un viagra dilatatore. Non c’e’ una protesi clitoridea da piazzare sotto l’ascella. Resta la frustrazione di una donna che vuole essere toccata e che spesso viene solo maneggiata per scopi terapeutici. Resta il pregiudizio che non riesce a immaginare una passione priva di pene neppure quando il pene non serve.
Siamo fatti così. Perciò non c’e’ sorpresa per quel vecchio prete che applica il diritto canonico. Evidentemente essere paraplegici è una colpa, altrimenti perchè si dovrebbe fargliela pagare così cara…
—>>>L’immagine viene da qui
io e mio marito paraplegico ci siamo sposati in chiesa19 anni fa senza alcunissima difficoltà! Dopo 10 anni abbiamo adottato una bambina africana.
Ok da oggi in poi, tutti gli uomini che vogliono sposarsi in chiesa devono presentare un certificato che attesta:
1) che la parte anatomica sessuale funziona
2) che è in grado di procreare
E per tutti intendo tutti!
Andiamo proprio di male in peggio….sigh
Don Giuseppe Curri, il parroco di Santa Maria di Grotticello (Viterbo), dichiara a Vittorio Capuano, su “Metro”: “Il vescovo ha solo applicato la legge. Ci si dovrebbe indignare con lui se non l’avesse fatto. Il diritto canonico stabilisce questo, lui si è limitato ad applicarlo. In caso contrario, sarebbe stato come se un vigile ti ferma mentre sei senza cintura e poi ti dice: ‘Non le faccio la multa’.”
A parte il fatto che una disabilità viene paragonata ad un’infrazione (!!), questa dichiarazione fa un po’ ridere in bocca a chi dovrebbe applicare, in linea teorica, solo la legge del “ama il prossimo tuo come te stesso”. Fa un po’ piangere, invece, se si pensa che quel “ha solo applicato la legge” ricorda eventi tragici che hanno avuto come vittime anche le persone diversamente abili.
http://noirpink.blogspot.com/…o-negato-e-la.html