Il
nostro paese sta accelerando la corsa verso una compiuta forma di
fascismo: credo che ci sia bisogno di una risposta immediata. Un pride
incosciente di tutto ciò può essere solo una dichiarazione di
incapacità politica di rispondere a quanto sta avvenendo, una
regressione all’epoca pre-movimento lgt.
E
spiego subito chi, secondo me, è responsabile dell’introduzione del
fascismo in un paese, della produzione di pogrom, dell’omicidio di
vittime innocenti: è responsabile il piccolo o grande dittatore di
turno, ma anche i suoi ministri-fantoccio; è responsabile il generale
che ordina di uccidere ma anche il soldato che esegue quell’ordine, è
responsabile il picchiatore che uccide un ragazzo per strada, ma anche
chi si volta dall’altra parte. _ E’ responsabile quel veronese che in
autobus grida “vicino a sto negro no me sento” (trad: non mi siedo), ma
anche chi non interviene e non si scandalizza (episodio raccontato dai
compagni di scuola di uno degli assassini veronesi di Nicola).
Credo che tutti/e noi che ci definiamo antifascisti/e,
ma – a maggior ragione – il movimento lgt, avremmo dovuto inorridire e
denunciare il nazismo, l’orrore, la violenza che trasudavano dalle foto
delle trans e delle ragazze rincorse fra gli sterpi dai poliziotti e
insultate da una folla di teppisti l’altro giorno a Roma. Oppure
togliamo il “t” dalla sigla, visto quanto siamo stati/e bravi/e ad
assumerci una scena che troppo da vicino ricorda le foto dei nazisti
all’opera nei primi anni 40.
Ero a Verona, sabato 17 maggio, e anche a me, seppure
lesbica, ha dato noia che l’arcigay pensasse di essere parte di uno
spezzone glbt che invece non c’era proprio. Quella era una manifestazione che voleva denunciare che il tiro si
era alzato, che ad essere colpiti/e non erano più solo i/le migranti,
i/le rom, i/le trans, le lesbiche, i gay.
Che voleva dire che a Verona – laboratorio di destra – il
fascismo
aveva già alzato il tiro e aveva ucciso un ragazzo qualsiasi. Prima
ancora che lesbica io a Verona volevo essere una donna, una qualsiasi
donna: solo come tale posso porre il mio corpo contro la barbarie che
ci apprestiamo a vivere. Io a Verona non ero la lesbica Graziella, io a
Verona ero Nicola, perché lo avevo preso sul serio lo striscione di
apertura.
A Verona nel ’95, con il Comitato “Alziamo la testa”,
contribuii ad organizzare una precedente manifestazione per denunciare
l’attacco fascista contro gay e lesbiche portato avanti da
quell’amministrazione di destra, molto simile all’attuale. Fin da subito abbiamo avuto chiara una cosa: che alla barbarie
non saremmo bastati/e noi, non sarebbe bastata la scomparsa delle
lesbiche, dei gay, dei/delle trans da Verona e dal mondo.
Fin da allora avemmo chiaro che la battaglia
prioritaria avrebbe dovuto essere per il diritto di tutti/e a non
essere linciati/e da quella folla inferocita che alcuni/e di noi
avevano e avrebbero visto da vicino, istigata da inviti all’omicidio
pronunciati in consiglio comunale, che solo con una battaglia politica
generale avremo potuto cercare di salvare la nostra dignità, la nostra
autodeterminazione, la nostra stessa vita.
E la linea di demarcazione
oggi sta lì: l’orrore nazista del
secolo scorso ci insegue da vicino, e mie/i/* compagni/e di percorso
politico possono essere solo coloro che non temo si trasformino domani
in una folla che mi vuol linciare o in una folla che si gira dall’altra
parte.
Non importa di quale delle due folle si fa parte:
il fascismo ha bisogno di entrambe per vincere, e oggi, in Italia, le
sta trovando. Purtroppo anche in quello che si definisce movimento lgt
che, mi spiace dirlo, ma di fronte a quelle trans con la pelle
strappata dai rovi, con le mani dei poliziotti addosso, con la folla
che godeva del loro dolore, rischia di girarsi dall’altra parte.
Me compresa, in un assurdo tentativo di nasconderci nella folla
che non vede. Perché è troppo doloroso, o perché non siamo stati/e noi
– in quel momento – ad essere alla gogna.
Da più parti si invita il movimento lgt al pragmatismo, alla ricerca del dialogo, anche con rappresentanti delle istituzioni che si ispirano ad ideologie fasciste.
So di non sembrare pragmatica, eppure credo di esserlo, e molto. Ma
il pragmatismo e il dialogo sono utilizzabili in un contesto civile,
mentre quello che vedo oggi è tutto fuorché civile.
E allora le pragmatiche operazioni di giocarsi
visibilità nelle manifestazioni o sui media (cosa che anch’io in altri
tempi ho fatto) oggi mi sembrano ridicole di fronte a quanto sta avvenendo.
E ridicolo mi sembra un “movimento lgt”che invita Alemanno al cinema o la Carfagna ai pride e che vorrebbe spiegarle cos’è la discriminazione, o che scherza sull’abbigliamento che ci viene
richiesto, e intanto lascia sole quelle persone di fronte alla folla.
Non mi importa parlare alla Carfagna, vorrei tanto –
invece – trovare parole per quelle trans, per quelle ragazze, e
trovarle con voi, a cui scrivo questa lettera aperta. Vorrei ricordare che quelle sono – come noi – le compagne di strada di cui ci ha lungamente parlato Ornella Serpa, la cui morte abbiamo pianto solo pochi giorni fa.
Tutti/e al pride con un bel triangolo rosa, ma non
messo da noi, messo da loro. Ma per 365 giorni all’anno, quel
triangolo, e non tutti/e in gruppo, ma nei nostri paesi, nelle nostre
città, sul posto di lavoro. Come le trans trascinate via a Roma
e fotografate come un trofeo. Questo è quello che rischiamo.
Un pride incosciente di
tutto ciò può essere solo una dichiarazione di incapacità politica di
rispondere a quanto sta avvenendo, una regressione all’epoca
pre-movimento lgt.
L’imbarazzo che ho provato di fronte alla promozione
del pride con tono festaiolo nella circostanza veronese è qualcosa di
più di semplice imbarazzo: è la paura di perdere dignità e
autorevolezza come movimento glt di fronte a quelle poche realtà
rimaste dalla nostra parte. Non dalla parte lgt, ma dalla parte della
dignità umana, della civiltà, della laicità, del rispetto,
dell’autodeterminazione.
E’ la paura che dimostrare tale debolezza e incapacità
politica ci porti ad essere le prossime vittime, esattamente come nella
notte dei lunghi coltelli. Se ci sono gay, lesbiche o trans che fanno parte delle folle che si girano
dall’altra parte e vogliono venire al pride, per quanto mi riguarda possono pure venire, la strada è di tutti/e.
Io starò fisicamente accanto a loro, ma non camminerò
con loro. Oggi in Italia c’è bisogno di dire altro dal “siamo tutti
uguali”. Uguali a chi? Alla maggioranza?
No, io non sono uguale,
anche se a volte rischio di esserlo: io non mi voglio girare dall’altra
parte, la voglio guardare in faccia quella trans della foto. Voglio
riconoscere in tutte le altre persone presenti in quella foto i suoi
aguzzini.
Voglio riconoscere la violenza fascista che ha prodotto quel dolore:
riconoscerla è l’unico modo per potermi definire antifascista,
altrimenti sono l’antifascista della domenica, esattamente come i
cattolici della domenica.
Quando nel 1994 si fece il primo pride a Roma, io ero
molto orgogliosa di
appartenere a un movimento di donne e uomini coraggiosi/e che, per la
prima volta in Italia, sfidavano la paura degli scarsi numeri per
gridare non il proprio essere uguali, ma per l’appunto il proprio
essere diversi, ma non in quanto lesbiche, gay o trans, bensì in quanto
donne e uomini che non abbassavano la testa.
Ecco, abbiamo bisogno di ancora più coraggio, e di
intelligenza, per resistere, come movimento e come singoli/e: non
possiamo permetterci di cullare nelle beate saune e discoteche proprio
nessuno, e non possiamo permetterci di avere accanto delle persone
inaffidabili che credono di vivere nel migliore dei mondi possibili, e
che le unioni civili magari ce le dà questo governo.
Può essere che ce le dia, ma solo se siamo ariani e abbiamo almeno 50.000 euro di reddito l’anno.
E intanto linciamo i/le rom e le trans brasiliane, così siamo fino in fondo uguali a tutti quell’altri.
Il 7 giugno prossimo ci sarà il pride di Roma e ci voglio essere, ci voglio essere con un cartello al collo con scritto “sono una trans brasiliana” perché oggi in Italia c’è davvero bisogno di una nuova Stonewell, ma anche di una nuova resistenza.
E non mi basterà sfilare per le vie del centro, ma vorrei tanto andare in quel luogo dove atti di barbarie si stanno compiendo sugli stessi soggetti che diedero vita al
primo Stonwell.
Credo che sia un dovere morale di chi si ritiene
movimento lgt e/o antifascista non concludere il pride di Roma 2008 a
ballare o a divertirsi, ma portando un segnale di civiltà in quei
luoghi dove anche quella sera ci saranno persone in balia di
picchiatori fascisti.
E’ un invito, un invito a resistere forse poco
pragmatico, ma siamo totalmente dentro ad un regime da cui sarà
possibile uscire solo dopo tante altre morti, che saranno via via più
barbare e più generalizzate, e non credo che abbiamo molti altri
strumenti che non si chiamino antifascismo e resistenza.
—>>>Su Il Paese delle Donne potete seguire un interessante dibattito che si è sviluppato a commento di questa lettera.
ciao a tutt*
scusate per la latitanza ma stiamo a fare un po’ di cose in giro 🙂
grazie per i commenti e i contributi.
mi limito a rispondere alla storia della “b” perchè l’ho chiesto direttamente all’autrice della bella lettera che abbiamo pubblicato.
quello che lei mi ha detto lo trovo abbastanza logico.
semplicemente lei dice che cita le identità con le quali si è ritrovata a fare politica, a marciare in un corteo dietro uno stesso striscione, a lottare per una stessa causa. non le è capitato di trovarsi a fianco di bisex perciò il fatto di citarli le sembrava un formalismo.
per quello che mi riguarda penso che la questione della b in questo caso pare un pretesto per puntare sul dito invece che sulla luna.
il testo della lettera rileva cose importantissime che io condivido. come l’egocentrismo e l’incoerenza di certo mondo gay, come lo spostamento a destra e l’assenza di una riflessione sull’antifascismo in un contesto in cui fioccano inviti ad alemanno o alla carfagna a partecipare al pride.
credo che la lettera dica in modo comprensibile delle cose importanti. basta leggerla e volerla comprendere.
baci a tutt*
wè pure io voglio sapere perchè non c’è la “b”
se si vuole spedire la lettera alle sezioni locali dell’ ANPI , questo il link dove prendere alcuni indirizzi:
http://www.anpi.it/sedi.htm
sempre dell’ ANPI, segnalo la festa nazionale di giugno:
http://www.anpi.it/festa_08/index.htm
e sono davvero interessati ad avere quanta più gente possibile.
secondo me, nel Paese c’è una schifosa deriva autoritaria ed intollerante ma, sfottò a parte, è altra cosa rispetto al fascismo (che era anche un dato sistema socio-economico e politico)
sul Pride c’è stato anche questo interessantissimo dibattito :
http://illuminismo.ilcannocchiale.it/…ts/1908450
Ecco, volevo ben dirlo, che a me viene in mente anche solo sentendo il nanuzzo malefico inneggiare alla difesa dei centri per lo smaltimento rifiuti napoletani, pena incarcerazione a chiunque faccia un passo di troppo.
Concordo con quello che dici.
Quanto tempo passa prima che ricomincino balilla e figli della lupa?
Corriamo ai ripari, prima che sia tardi.
Due cose: si, si sta riflettendo un pò tutti sul fatto che il vero Pride non si fa per strada una volta all’anno, ma tutti i giorni nel nostro mondo (sul blog Famiglia Fantasma si sta sviluppando un dibattito simile). Bisognerebbe cominciare -per esempio- con lo stoppare subito chiunque cominci a dire cose tipo “io ho tanti amici gay, ma…”, oppure “io non sono razzista, ma…”… STOP! Se non sei razzista (leggi anche: fascista) quello che stai per dire non ha alcun senso, alcuna coerenza. E’ con quel “ma” che ci fregate da sempre. Basta!
Altra cosa: perché parli di movimento lgt e non lgbt? La b che fine ha fatto?
Un saluto (magari ci si becca al Pride di Roma, e/o a Bologna)
giorgio said: mamma mia
23/05/2008, at 00:54 [ Replica ]
>Mi sembra che i vari “pride” non vengano molestati da nessuno, anzi ci va tanta gente divertirsi. Che cavolo c’entra il fascismo, di cui gente come te non ha la minima idea ?<
Come volevasi dimostrare: gli inviti alla riflessione su ciò che sta accadendo e ad una risposta organica non vengono proprio capiti. E’ più facile dire che tutto va bene, è più facile dire che c’è ancora democrazia, che le nostre menti sono lbere di sceglie piuttosto che guardarsi allo specchio e rendersi conto della merda che quotidianamente ci buttano addosso!
Concordo con te, cara fika sicula: sono una trans brasiliana anch’io!
Ci stanno togliendo il senso critico perfino dell’umanità e sull’umanità .
Se non è fascismo questo!
invece tu ne sai tanto di fascismo a quanto pare… per tua informazione i pride non sono uno show per far divertire la gente. sono manifestazioni in cui si chiedono diritti per persone da sempre discriminate. qualche giorno fa a roma sono state braccate e trattate come bestie due trans davanti ad una folla inferocita che applaudiva. questa cosa, se tu non lo sai, si chiama fascismo.
Mi sembra che i vari “pride” non vengano molestati da nessuno, anzi ci va tanta gente a divertirsi. Che cavolo c’entra il fascismo, di cui gente come te non ha la minima idea ?