Non so se avete visto la fiction di ricostruzione della vicenda di
Graziella Campagna. A me in parte è piaciuta perchè alcune cose le ha
descritte davvero bene. Del film era stata bloccata la trasmissione,
anche su richiesta di mastella, perchè riportava delle scene in cui
si vedeva che tra le tante figure paesane conniventi con la mafia, a
coprire i responsabili dell’omicidio di Graziella Campagna, c’era anche
il prete. Quelle scene sono sparite. Nel film non c’e’ più traccia
dell’esistenza di un prete, in un paese in cui è impensabile che un
prete non abbia un ruolo.
Diventa una omissione grave perchè in
sicilia, soprattutto negli anni ottanta, quando avvenne il fatto, molti
paesi periferici diventavano effettivamente comodi rifugi per latitanti
di ogni risma, che si rifacevano una nuova identità, con nuovi documenti ottenuti grazie a compiacenti burocrati locali. Riciclavano denaro,
acquistavano esercizi commerciali e proprietà e in quanto portatori di piccioli diventavano referenti primari di sindaci, giunte comunali,
con la complicità del sempre fedele brigadiere di turno e del
pretonzolo locale. Graziella è morta vicino Villafranca Tirrena (in provincia di Messina) perchè ha scoperto per caso un
documento che svelava le attività e la vera identità di un latitante la cui presenza faceva
comodo a tanti notabili del paese che l’hanno coperto e aiutato. Il
delitto fu commesso nel 1985. La condanna in primo grado per
l’assassino ci sarà solo nel 2004 (tutt’ora il processo è in appello).
Quegli
anni in sicilia si viveva proprio così: si rompevano i tabu’ della mafia
tradizionale, si ammazzavano donne, bambini, "civili" che non dovevano
essere lasciati in vita a testimoniare quello che avevano visto o
saputo. Ma il problema grave era la complicità di interi paesi, i
livelli di connivenza, la impunità, l’arroganza.
La chiesa non
era lontana da questo contesto ma era spesso direttamente responsabile
di stimolare gradi di omertà profondi. I preti siciliani che hanno
provato a ribellarsi, malgrado le prudenze di cardinali e vescovi, che
spesso sfilavano in prima fila nei funerali di stato di vittime di
mafia assieme ai diretti responsabili di quei delitti, sono morti. Si
tratta di un’altra storia difficile da raccontare, per i livelli di
complessità che è necessario applicare nella lettura di questi
avvenimenti.
Certo è che fatto un prete antimafioso non abbiamo
ottenuto un prete rispettoso dei diritti delle donne (contro la mafia ma anche contro l’autodeterminazione femminile) e dunque nessun
recupero in termini culturali di una categoria che insiste con
l’interferire nella vita laica di questo stato indicando con chiarezza
i candidati per cui votare. Bagnasco dice che "serve un soprassalto d’amore".
Accolgo questa notizia con stupore, qualunque cosa lui voglia intendere
con "soprassalto d’amore". Me l’immagino un po’ come il percorso in una
strada dissestata dove – ooops – ogni due passi è tutto un soprassalto,
uno scuotimento di tette traballanti e un dondolio di massa cranica
ancorata ad un collo ballerino.
Me l’immagino come l’incontro
con qualche tale che mi viene da dietro e che mi tappa gli occhi per
lanciarmi un bubusettete che dovrebbe lasciarmi sorpresa e
amorevolmente soprassaltante. Ma chi lo sa di che si fanno nel mondo
ecclesiastico. Se io andassi alle poste, adesso, in questo preciso
momento, a parlare di "soprassalto d’amore" sono convinta che
chiamerebbero la neuro. Invece Bagnasco insiste nel riferirsi alla vita
e alla leggiadra bellezza della famiglia e a questo proposito decido di
indagare per far emergere il donna sicula pensiero.
Il
femminismo visto da quaggiù è veramente un’altra cosa. Sa di sole e di
mare (d’inverno) e soprattutto va ripassato al filtro dei codici di comunicazione
locali. Così mi sono avventurata in conversazioni sperimentali con
donne che vivono altri ritmi e respirano un’altra aria.
La
signora delle granite si lascia colpire da un raggio mattutino e poi mi
racconta il suo punto di vista sull’uomo di Taranto che ha ammazzato due figlie adolescenti e la moglie. Quest’ultima lo stava buttando fuori di casa perchè accusato di molestie
nell’ospedale in cui esercitava la professione di medico. Il suo
commento è secco: "lei doveva prendere le figlie e se ne doveva andare,
non poteva sperare che lui la lasciava stare senza fare niente…".
"Insomma – le dico io – ma se lei non aveva un’altra casa per lei e le sue figlie, comunque doveva lasciarla a lui?"
"Certo
– mi dice senza alcun dubbio – un marito non si fa buttare fuori
casa!". Così, mentre mi godo il lungomare, ripeto mentalmente le parole
della mia interlocutrice. Intraprendo una nuova conversazione con la signora del
panificio e lei aggiunge un particolare sui doveri dell’essere moglie:
"se un uomo sta affrontando un’accusa di molestie, la moglie gli deve
restare a fianco per dimostrare che non è vero!". "Come Hillary Clinton
con suo marito?" – tento di approfondire io. Lei non capisce e si
dedica ad un’altra cliente. Semmai mi avesse risposto avrei voluto
capire se il rischio di infangare il prestigio di un "medico" possa essere
paragonabile al rischio di impeachment per un presidente degli stati uniti d’america. Mi tengo la
curiosità e completo il giro passando dal supermercato.
La
signora alla cassa parlava di altre cose ma io riesco ad attaccare
bottone con una che nella fila stava prima di me. Su cinque donne: due
dicono che i bambini non c’entrano. Penso: invece sarebbe corretto
ammazzare le mogli? La domanda mi muore in gola, è pretestuosa. Altre
due parlano del dovere della moglie di assistere il povero marito che
le ha dato lustro (riferendosi sempre alla professione) e che a causa
della depressione stava attraversando un momento di difficoltà. Come
dire che quando c’hai per le mani un buon partito te lo devi sucare a
prescindere dal fatto che poi ti massacra. Come fosse una specie di
effetto collaterale al buon matrimonio.
Una delle due si spinge
fino al punto di dire che una donna non può privare le figlie del
padre, specie se si tratta di un "onesto" "dottore", per questioni che
riguardano vizi e avventure. "Le donne per i figli devono perdonare…"
conclude. La guardo. Ha sicuramente meno di trent’anni. Parla un
italiano televisivo ma è anche possibile che sia scolarizzata,
diplomata, forse persino laureata. Un portamento da siciliana
"cittadina", carina. Però sembra posseduta da sua madre o magari da sua
nonna che parlano tutte insieme attraverso lei.
Solo una scuote
la testa e dice che "le donne non si toccano neppure con un fiore" e
mentre lo dice io sono veramente molto depressa perchè per manifestare
una opinione di condanna di uno dei tanti esempi di femminicidio, usa la
retorica delle parole di un gentleman paternalista. Si dichiara
comunque contraria e alla fine se la prende con la famiglia,
sottintende la "madre", che evidentemente non lo ha educato bene.
La
cassiera è troppo presa dai conti e si astiene dal commentare. Si
limita ad annuire o a scuotere la testa in segno di dissenso.
Indifferentemente manifesta opinione contraria o favorevole a seconda
di quello che dicono le altre donne. Le clienti hanno sempre ragione,
una buona cassiera non può permettersi il lusso di contraddirle.
Risalendo
verso casa mi lascio attirare dalla farmacia. Ho bisogno di una crema
solare che il biancume è eccessivo e il sole è già troppo forte persino per
me. La tappa successiva sarà, come sempre, l’edicola. Incontro un
conoscente e in due minuti gli vomito addosso tutta la chiacchiera
mattutina. Lui mi capisce, lo so, voglio sperarlo. Poi mi dice che la madre davanti al
telegiornale è stata lapidaria: la colpa era di quella zoccola che lo
ha denunciato per molestia. Al peggio non c’e’ mai fine.
Ho
bisogno di ricordare che da queste parti le donne hanno fatto le
barricate contro i fascisti e che hanno occupato le terre, si sono
fatte stuprare per difendere le proprie figlie e hanno lottato per
l’acqua, la casa, qualunque cosa. Ne ho bisogno perchè altrimenti
dimentico quali sono le corde che mi hanno motivata, i motivi che mi
hanno fatta crescere e smetto di stimare queste mie conterranee che so
bene quanti sacrifici e quanto coraggio impiegano per vivere. Ho
bisogno anche di pensare che molte sono soltanto la cattiva imitazione
di veline berlusconiane che cancellano lo stereotipo della donna
vestita di nero senza rimettere in discussione gli antichi modelli
culturali che semmai vengono tutelati e nascosti dietro una apparenza
di finta modernità.
La sicilia dei femminismi è più cittadina,
più universitaria, più colta o appartenente ad una classe
intellettual-borghese. Le vecchie contadine non ci sono più. Le
brigantesse, le partigiane, le donne del popolo stanno nelle periferie
dormitorio delle città con centinaia di costruzioni abusive. Lottano
per avere l’allaccio idrico, fognario, elettrico. Cacciano via la polizia che va a sgomberarle o si affezionano al
politico che garantisce quello di cui hanno bisogno e se ne fregano di tutto il resto.
La coscienza di genere qui è comunque roba rara.
Urge una voce di femmina
solidale. Ne sento una che sta a parecchi chilometri di distanza e poi
ne sento un’altra che sta ancora più lontano, in spagna, ed esulta per
la vittoria di zapatero invitandomi per l’ennesima volta a prendere
armi e bagagli e a trasferirmi per respirare un filo di aria laica (anche se la chiesa ha dichiarato guerra al programma laico del vincitore e dati i toni da crociata violenta della questione mi viene da pensare se non dobbiamo aspettarci prima o poi attentati da guerra santa).
Ho
bisogno di un bagno di femministe. Vicino l’edicola, alla ricerca della cosa che più si avvicini ad un quotidiano di sinistra (non arriva Manifesto, Liberazione, l’Unità e mi consolo perchè per fortuna non arriva neppure Il Foglio), mi trovo davanti la faccia di mio
padre che a quasi ottanta anni, dimenticandosi del suo modo di essere
stato un padre padrone alla siciliana, non può fare a meno di dirmi che
uno che molesta altre donne e poi uccide moglie e figlie è solo un gran
bastardo. Non so se si rende conto del fatto che tanta sua cultura ha la
stessa radice di quella del femminicida, ma non posso fare a meno di
sentirmi sollevata. In tutta la mattina c’e’ una persona, almeno una, che mi ha mostrato di avere un minimo di senso etico. Da queste parti è così. Spesso bisogna accontentarsi.
“tu obbligheresti una donna a spostarsi con le figlie facendo vivere loro tutti i disagi che questo comporta?”
FikaSicula, ti rigiro la domanda: tu obbligheresti de* figli* a spostarsi, con tutti i disagi che questo comporta, pur di non lasciarl* a casa con il padre?
Vedi, il fatto è che mi sembra che tu dia per scontato che i/le figli* debbano comunque stare con la madre. Questo, a mio modo di vedere, è uno dei dogmi della cultura paternalistica che stigmatizza la donna nel ruolo di colei che si occupa della prole.
Ed è uno dei luoghi comuni più difficili da estirpare se, come mi sembra, anche tu lo dai per scontato.
Poi, se il comunicato dell’MFPR corrisponde al vero, cioè che l’uomo viveva già in un’altra casa, la cosa assume tutto un altro aspetto, ovvero non più della lite finita in tragedia (cosa comunque deprecabile per chi ha portato il litigio verbale al livello dell’aggressione fisica), ma somiglia più ad un omicidio premeditato.
COMUNICATO DEL MFPR TARANTO
Ieri a Taranto un marito ha massacrando a colpi di martello la moglie e due figlie di 11 e 15 anni.
Un marito persona “per bene”, medico e la famiglia “per bene e normale” – come si sono affrettati subito a dire televisioni e giornali – ha fatto un’altra strage; un’altra donna e due figlie sono state uccise non da qualche bruto, possibilmente emigrato, per strada, ma in quella sacra famiglia e in quella casa che dovrebbe “proteggere”.
Alle prime notizie, come da copione, sono seguite le prime “giustificazioni”: l’uomo soffriva di depressione, è stato un raptus seguito ad una lite.
Ma poi via via si scoprono ben altre cose:
Lui il 27 febbraio scorso era stato rinviato a giudizio per molestie sessuali verso una paziente dell’ospedale dove operava.
La moglie, anche per questo, aveva deciso di separarsi dal marito tanto che da un po’ di tempo lui abitava da solo in una villetta al mare. Ma la donna, Anna Maria, aveva manifestato paura e preoccupazione per l’atteggiamento del marito.
Tutta la terribile sequenza della strage dimostra che sono stati assassinii premeditati e “punitivi”:
l’uomo è andato di mattino presto e si è introdotto nella casa della donna, l’ha spogliato nuda e legata al letto, prima di massacrare lei e le figlie.
Come diceva uno striscione alla manifestazione del 24 novembre: “l’assassino non bussa alla porta, ha le chiavi!”.
Ma in questo sistema sociale più le donne vengono violentate e uccise in famiglia e più la famiglia viene esalata da Ratzinger a Casini, ecc.; alimentando a livello di massa una ideologia fascista, maschilista in cui l’uomo consideri normale che la moglie, i figli siano sua proprietà e in cui non è ammissibile che la donna possa lasciarlo e decidere un’altra vita, in cui la famiglia deve apparire all’esterno per bene e normale mentre cova le peggiori brutalità.
E’ di oggi un’altra terribile notizia, sempre nella nostra città: di abusi sessuali di un padre verso le sue due figlie.
Ma c’è un altro aspetto in questo massacro: l’uomo ha potuto “tranquillamente” ammazzare 3 donne in un palazzo di “gente per bene” senza che nessuno abbia messo il naso fuori dalla sua porta.
L’humus “securitario” che vuole spinge la gente a rinchiudersi ognuna nelle quattro mura è l’opposto della sicurezza sociale, è l’insicurezza permanente che uccide.
All’acuta contraddizione che sempre più viene avanti: tra necessità per le donne di liberarsi dalle catene mortifere di questa istituzione “famiglia” ipocrita, oppressiva, e un sistema sociale, politico, culturale che invece vuole rafforzare queste catene per fare di esse sempre più un puntello della società capitalista di moderno fascismo; alla violenza maschilista che assume forme sempre più aberranti, dobbiamo rispondere con la violenza liberatoria e collettiva delle donne. Questa è la nostra lotta per la vita contro la morte.
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
Francesco ma io riferivo di chiacchiere, curtigghi, pettegolezzi di persone che si sono spinte ben oltre le notizie date dai giornali. a meno che non avessero visto tutte uno dei tanti servizi insulsi di italia uno 🙂
per il resto io posso dirti che se avessi un problema del genere farei le valigie e me ne andrei io, subito e senza chiacchiere. se però ci sono di mezzo figlie che non puoi trasportare come pacchi postali immagino che cercherei un accordo con il padre chiedendogli di allontanarsi per lasciare le figlie nel loro ambiente.
tu obbligheresti una donna a spostarsi con le figlie facendo vivere loro tutti i disagi che questo comporta?
non lo so, dipende dai rapporti. quando ci sono relazioni serene, anche se c’e’ una rottura io dubito si arrivi a strappi di questo genere. non butterei mai una persona fuori casa specie se le voglio bene, e l’affetto non finisce di sicuro perchè finisce la passione o perchè ci sono dei disaccordi, ma piuttosto immaginerei di concordare insieme una soluzione…
se le relazioni non sono serene a volte non subire, non tenersi un uomo a casa, provare a prevenire il pericolo può salvarti la vita. questa donna non c’e’ riuscita. è morta lo stesso e sono morte anche le due figlie. col senno di poi forse si potrebbe dire che ogni donna dovrebbe seguire il suo istinto. se l’uomo che hai accanto lo senti pericoloso bisogna fare qualcosa, andare via o buttarlo fuori… subito, senza perdere tempo a preparargli la valigia.
FikaSicula: veramente facevo le ipotesi su quello che avevi scritto tu. Neanch’io c’ero per sapere com’è andata davvero.
Poi è ovvio che nessuno si aspetta di venire ammazzati, specialmente dalla persona che abbiamo sposato e con cui abbiamo avuto de* figli*.
“se una donna dice che è finita non sarà un tribunale a dover dettare i tempi della separazione e se la casa appartiene ad entrambi e ci sono figli di mezzo, tu dici che è la donna che deve fare le valige e andarsene?”
Non necessariamente, ma non è neanche escluso. Sta ad un* giudice, appunto, stabilire chi mantiene l’affidamento e quindi la casa.
“io dico di no. questione di opinioni.”
Le liti nascono appunto dalla differenza di opinioni. Per questo serve l’intervento di una terza persona delegata dallo Stato a derimere la questione.
Però mi viene da chiederti: perchè no?
In questo caso particolare ti darei ragione: dato che uno dei due genitori era accusato di molestie, in via cautelativa sarebbe stato logico affidare i figli all’altro genitore fino al termine del processo.
ciao 🙂
scusate se rispondo a singhiozzo ma in questo momento ho connessione veramente bruttina e soprattutto coi tempi un po’ ristretti…
Le Viole: sarebbe bellissimo fare una cosa insieme il 12 dicembre prossimo. Spero che la vostra proposta sia accolta anche da altre donne che in giro per la Sicilia fanno un lavoro straordinario.
Francesco: ti prego non fare pure tu le ipotesi su quello che dicono i giornali. Io non so com’e’ andata. so solo qual’e’ l’esito finale. in ogni caso posso dirti che se sto con uno con cui ad un certo momento non riesco più a stare e se gli chiedo di andare via mi aspetto che lui se ne vada e basta e non che mi ammazzi. se una donna dice che è finita non sarà un tribunale a dover dettare i tempi della separazione e se la casa appartiene ad entrambi e ci sono figli di mezzo, tu dici che è la donna che deve fare le valige e andarsene?
io dico di no. questione di opinioni.
ciao
Indipendentemente dall’esito tragico della vicenda, se qualcuno cerca di cacciarti di casa, è normale che ne segua una lite; e questo non ha nulla a che fare con il sesso delle due parti in causa.
Anche tu, Fikasicula, se la persona con cui ipoteticamente dividessi casa cercasse di cacciarti via, accetteresti la cosa di buon grado o cercheresti di opporti?
In questo caso bisognava fare una separazione o qualcosa del genere, in modo che poi un giudice avrebbe assegnato figli (e quindi casa) ad uno dei due coniugi.
… quando abbiamo organizzato, con altre associazioni di Villafranca T., il 12 dicembre di Graziella una delle difficoltà maggiori è stata nel trovare un prete che officiasse messa assieme a Don Ciotti… telefonate, scomodamenti… giri e giri che un certo SUD conosce bene…
La Chiesa è una potenza e agisce da potente.
La Chiesa vede, sente, si muove, mangia e beve, ma non parla.
E le chiese sono affollate. Sempre. Piene.
*
Siamo state nei tre giorni intorno all’8 marzo, nelle piazze sicule.. pochi incontri autentici tra donne, molti con ruoli-madre, ruoli-figlie, ruoli-mogli…
Scene ripetute: lei che si fermerebbe a parlare, a confrontarsi, fosse solo a prendere volantini, lui che tira dritto e se la trascina, più o meno metaforicamente.
TU che tenti una risposta: placchi lei, zittisci lui: non vedi che parlo con lei, che vuoi tu?
Poi, ti zittisci anche tu e lasci ognuna a percorrere il percorso che vuole, più o meno trascinata.. e ti chiedi come arrivare donna a donna?
Quale il mio compito e le mie responsabilità?
E ripeti, da donna a donne, che ci sei, il tuo dire diventa il tuo fare, ci sei nei centri antiviolenza, nei luoghi di smascheramento della cultura patriarcale… ci sei con un tè, una cena, un libro, un film, chiacchiere e sorrisi, lacrime e ascolto, ci sei con un lavoro ai ferri e un volantino… ci sei ad accudire bambini e proporre gite…
ci sei con modi diversi, smascheranti, instancabili…
Ma.
Un centro antiviolenza, il tuo modo di lottare contro questo sistema violento e maschilista, fin quando si può reggere sul volontariato?
Fino a quando riesci a conservare energie per portarlo avanti e preservare quelle energie dalle fatiche e compromessi che pur devi fare per tenere in vita queste creature di lotta?
Inseguimenti alle istituzioni, presentazione di progetti a bandi che tutto finanziano tranne la concreta possibilità di agire, ma convegni, pubblicità, blabla di informazione e formazione…
E l’energica forza sovversiva di un centro antiviolenza si svilisce e soffoca nel tuo di precariato… eppure quella lotta è la tua ragion di essere, perché che resta a noi donne per donne?
**
Le viole propongono un incontro nazionale sui femminismi e sulla cooperazione sociale, sui modi di vita e sostegno ai centri antiviolenza… 1, 100, 1000 centro antiviolenza…
E vi invitano qui, in Sicilia, qui a Messina, confine del confine, città di correnti e vortici, eppur dove tutto stagna… città della MADRE di tutte le DONNE DI FORA… terra di fuoco e di acqua…
..qui dove c’è ancora carbone vivo negli occhi di alcune donne…
QUi dove 100 anni fa un terremoto, forza di terra e di acqua, spazzò via un’intera città… qui dove il tempo si è sospeso… Le Viole invitano a ridiventare quel terremoto.. 100 anni dopo non a celebrare un centenario fasullo di un 8 marzo politico che serve a smuovere bandiere, ma a rivivere una forza primordiale, femminea…
SOPRASSALTO D’AMORE?!!
Il 28 dicembre 1908, qualche giorno prima di un po’ di anni dopo, il 12 dicembre 1985 Graziella viene uccisa da due Y a sangue freddo…
Incontriamoci qui, in questa terra sporca di sangue eppur vitale di acqua e correnti, il 12 dicembre aspettando il 28…
E’ una proposta. Ce la ascoltate?